RACCONTARE DIO AI BAMBINI Don Gianattilio Bonifacio sbobinatura non rivista dal relatore

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1 RACCONTARE DIO AI BAMBINI Don Gianattilio Bonifacio sbobinatura non rivista dal relatore E il tema di cui ci occuperemo oggi. Partiremo dal riflettere sull immagine che abbiamo di Lui e vedremo poi la relazione fra l essere credenti e il modo di comportarsi. La domanda è seria: cosa muove un certo modo di comportarsi, un tipo di atteggiamento esistenziale? La questione è complessa perché ci possono essere molti motivi. Quello che cercheremo di vedere oggi è qual è secondo il Vangelo il motivo per cui il credente deve assumere alcuni comportamenti, atteggiamenti e modi di pensare che siano conseguenti al messaggio evangelico. Importante è capire il criterio che permette di dire come posso assumere atteggiamenti che siano coerenti con questo messaggio, e aiutare conseguentemente anche gli altri. Vedremo che uno degli aspetti essenziali, quello che Gesù difende strenuamente, è che non si possono assumere atteggiamenti coerenti e conformi al Vangelo se si ha alle spalle un immagine distorta di Dio. Tutto il modo in cui si muove Gesù durante il suo ministero è quello di promuovere un volto di Dio, un modo di pensarlo che sia tale da determinare alcuni atteggiamenti conformi e coerenti. Vedete che è una modalità pedagogica che Gesù assume; egli aiuta i discepoli a riflettere sul cammino fatto, sull idea che hanno in testa in modo che l atteggiamento non nasca da un imposizione, ma da una maturazione interiore: se queste sono le premesse, ne escono conseguenze di un certo tipo. E una vera pedagogia che Gesù attiva con i suoi, in modo che possano reinterpretare la loro esperienza religiosa che sia significativa e coerente con quello che viene annunciato. Marco, ad esempio, mostra continuamente Gesù che istruisce i suoi: quando i discepoli mostrano di non capire, ecco Gesù che si ferma, li chiama da parte e spiega ancora. Ora se vogliamo capire quali immagini per noi mettono in moto atteggiamenti, il primo lavoro da fare è verificare quale immagine di Dio abbiamo in testa, perché, in fondo, è su questa precomprensione di base che poi di fatto si lavora. A volte la precomprensione non è espressa, ma non per questo è meno incisiva. Anzi, a volte le motivazioni a livello non cosciente sono molto più efficaci perché agiscono senza controllo. Per questo vi propongo un lavoro: ognuna di voi ha tre pezzetti di carta su cui scrive un aggettivo che descriva Dio: a gruppi di 4/5 mettete in comune le definizioni scartando quelle che risultano essere doppioni. Riportiamo su un foglio le definizioni date, abbinandovi un atteggiamento conseguente, coerente e logico con questo dato. Poi riportiamo tutto in assemblea. Su quello poi lavoreremo e alla luce di un brano del Vangelo vedremo quali atteggiamenti Gesù propone. Alla fine del lavoro di gruppo i dati vengono riportati sulla lavagna. Lettura del relatore. Vediamo che in queste definizioni c è un filo conduttore, un modo comune di rappresentare Dio: è di tipo positivo, sostanzialmente relazionale (paternità, accoglienza, perdono, amore ). Sostanzialmente l immagine che abbiamo di Dio è l immagine di una persona estroversa, attenta, disponibile. Questo modo di rappresentare Dio è del tutto corretto o lascia in ombra alcuni aspetti? Mancano, secondo voi, dati importanti e significativi? Vediamo che ci sono due piani essenziali: cosa Dio è in sé, e non ci è accessibile. E come per l inaccessibilità delle persone, quello che uno è si può conoscere tanto in quanto si manifesta; quello che noi conosciamo di Dio è nell incarnazione di Gesù. Quindi a noi interessa soprattutto quanto l A.T. e poi Gesù ci ha mostrato: questo diventa significativo per noi, perché ci permette di relazionarci con il Dio di cui Gesù ci ha parlato. Ora, a partire da questo, c è qualcosa che Gesù racconta di Dio che non è compreso nell elenco? Proviamo a pensare come avrebbero descritto Dio i nostri genitori: forse sarebbe uscita una descrizione diversa sul giudizio, sul controllo del peccato. C era in passato un modo di raccontare Dio come uno che controlla e dà una serie di leggi che bisogna eseguire. Questo aspetto aveva elementi di problematicità, ma vedete che qui non emerge. Il confronto fra due diversi tipi di formazione potrebbe portare qualche vantaggio. Qui è uscita un immagine sostanzialmente positiva frutto di una narrazione catechistica che ha dei pregi, ma c è un aspetto che risulta problematico, a

2 mio avviso, ed è quello della responsabilità di fronte a Dio. Tutto sommato può nascere l immagine di un Dio bonaccione che alla fine chiude gli occhi. E vero che Gesù difende strenuamente l immagine di un Dio misericordioso, ma è altrettanto vero che Gesù mostra anche un altro aspetto. In Marco 8,34 troviamo scritto: chiunque vuole essere mio discepolo deve rinnegare se stesso, prendere la propria croce e seguirmi. Il verbo rinnegare è odiare se stessi: Gesù domanda un ordine di importanza che prevede un criterio problematico. Chi non odia suo padre e sua madre non è degno di me ; questa radicalità che Gesù domanda, come si concilia con questo elenco? E ancora, in Mt 18, quando Pietro chiede quante volte deve perdonare, 7 volte, Gesù gli dice no, non 7 volte, ma 70 volte 7 (qui c è citazione indiretta di Genesi; in Genesi 4 c è un figlio di Caino che dice: io per una percossa ho reagito uccidendo 70 persone). Gesù dice che c è un altra logica: quella della reazione innescata dal figlio di Caino e quella proposta da lui del perdono. Poi Gesù racconta la parabola dei due servi, quello a cui viene condonato il debito dei talenti e poi non riesce a condonare il piccolo debito al suo compagno. La parabole finisce prendete questo servo malvagio poi Gesù la applica: così sarà anche per voi, per chi non perdona di cuore a suo fratello. Gesù presenta un Dio che sa perdonare, ma la sanzione che pone è radicale così sarà fatto a voi Ed è quello che diciamo nel Padre nostro (rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ) Ci sarebbe da mettersi la mano sul cuore, se non leggessimo queste parole alla leggera. Se la misura con cui perdoniamo diventa quella con cui Dio perdona a noi, non è semplice. C è, secondo me, un corretto modo di raccontare la fede che è sostanzialmente coerente: il fatto che Gesù usa immagini parentali mostra Dio protettivo che si prende cura. Dall altra parte però c è una radicalità di conseguenze che Gesù tira parlando di questa paternità. C è il rischio che, accentuando in maniera eccessiva l aspetto positivo si riesca a cogliere meno il risvolto esistenziale che pure Gesù ha presentato. Non dimentichiamo che Gesù per la coerenza con questa immagine è morto. E dice, Gesù, se hanno trattato così il maestro, il discepolo non è da meno. Da una parte c è il filone che radicalizza l aspetto relazionale, Dio non è chiuso nel suo tempio, e nemmeno è lì a controllare chi sbaglia (critica ai Farisei). Dall altra parte, però, questo modo di raccontare Dio è molto più esigente come conseguenze di quello dei Farisei ed è questo, secondo me, un passaggio essenziale. Gesù critica i Farisei perché si sono fatti di Dio un immagine di colui che ci dà delle regole da seguire (le regole rabbiniche erano 613). Ecco perché si chiede a Gesù qual è il comandamento più importante, perché era un dibattito vivace a quel tempo. Gesù rimprovera ai Farisei l adesione alle regole perché è un modo per anestetizzare Dio, perché una volta che hai osservato un certo numero di regole, il bilancio è positivo. Gesù critica questo modo di vedere Dio che controlla, che spunta atteggiamenti come se fosse un ragioniere, ma in qualche modo non è pervasivo, non coinvolge tutta l esistenza. La modalità con cui Gesù presenta Dio è molto più radicale, perché non da misura dell amore, che c è o non c è. Pensiamo a Luca 18, il pubblicano e il fariseo. Il fariseo elenca atteggiamenti che lui vive, paga le decime, digiuna, tutto questo per essere coerente con le richieste della Torah. Ma, dice Gesù, se ne va non giustificato perché non si può misurare la relazione con Dio su regole. Se Dio è un padre questo comporta che non posso decidere anticipatamente cosa fare. Pensiamo al buon Samaritano. Il sacerdote e il levita tirano diritto; non potevano toccare il sangue perché sarebbero diventati impuri. Ma quando Gesù chiede chi è stato il prossimo per la persona che ha incontrato i briganti, lo scriba è costretto a dire: quello che ha avuto compassione. Dov è che emerge come esemplare il Samaritano? Alla domanda chi è il mio prossimo il Samaritano non fa un elenco di categorie, ma è il bisogno dell altro a determinare la prossimità. Mentre il fariseo ha una serie di regole per cui può decidere se quello è prossimo o no, Gesù dice che l unica regola è che quello ha bisogno. Vedete che Gesù presenta un Dio disponibile, ma le conseguenze esistenziali sono molto più radicali di quelle dei farisei. Loro, finita la spunta, sono a posto, ma così non è per il credente

3 perché la misura è l atteggiamento di fondo che viene attivato. Non c è più misura perché la sua misericordia pone in questione continuamente le scelte che tu fai. Gesù disegna un Dio buono e misericordioso, ma l atteggiamento che ne nasce è di altrettanta disponibilità tanto che dice con la misura con cui misurate sarete misurati. Credo che questo sia un aspetto estremamente importante. L immagine di Dio che Gesù racconta ha delle caratteristiche che domandano implicazioni radicali negli esiti che conseguono. Gesù è molto radicale, esaspera le posizioni per farsi capire, ma difende tenacemente la sua immagine di Dio e le relative conseguenze. Siccome Dio è Padre tu non puoi non comportarti da fratello. Questo comporta delle conseguenze dal punto di vista esistenziale: pazienza, disponibilità, cura delle situazioni, attenzione agli atteggiamenti. Diventa pervasivo; non c è più spazio, perché la misura non è la legge, ma l amore. Non si può attivare un orario d amore: se c è ha determinate conseguenze. Ora vedremo attraverso un testo famoso, il cap. 15 di Luca, quello delle parabole della misericordia, come Gesù attiva un comportamento conseguente ad un immagine di Dio. Luca mette insieme tre parabole con cui mette a tema le conseguenze esistenziali di un tipo di immagine di Dio. Le tre parabole sono quella della 100 pecore di cui una si perde, la dracma smarrita, i due figli di cui uno si perde. Se vedete le parabole hanno una logica evidente di tipo numerico (1:100 1:10 1:2) e una anche di tipo assiologico: una pecora vale meno di una dracma e una dracma meno di un figlio (le dracme erano monete di grande valore, una dracma equivaleva a circa tre mesi di lavoro, ma vale evidentemente meno di un figlio). Quindi Gesù costruisce questo racconto in convergenza, partendo da un esempio di minor valenza emotiva per arrivare ad uno di grande impatto valoriale. Per renderci conto del punto di partenza di questo testo leggiamo le righe introduttive: Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo Sono persone ben qualificate. I pubblicani erano quelli che riscuotevano le tasse per conto dei romani. Erano visti male essenzialmente per due motivi: prima di tutto perché collaboravano con i nemici, ma anche a causa del modo di raccogliere le tasse, che era un sistema di appalti. L ispettore delle tasse romano valutava in un paese, vedendo le attività produttive e gli esercizi commerciali, quanto poteva rendere al fisco (ad esempio talenti l anno). Il governo romano chiedeva: chi mi anticipa i talenti? I romani riscuotevano sempre le tasse in anticipo, poi garantivano a chi aveva l appalto la protezione dell esercito per la riscossione. E chiaro che l esattore aggiungeva alle tasse dovute all erario una quota per lui e, benché ci fosse la regola di quanto raccogliere, alcune persone esose caricavano la cifra in modo eccessivo, per cui erano visti come affamatori del popolo. Quindi Gesù avvicinava questi due gruppi: peccatori in genere e i pubblicani che sono contro il popolo, che collaborano con l invasore e sfruttano le persone. Di fronte alla frequentazione di questi gruppi i Farisei mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro. La reazione dei Farisei è molto corretta dal punto di vista della legge, perché la legge di Mosé dice che un pio ebreo non può condividere la mensa con i peccatori, è contro la Torah. Luca però, nel descrivere questa reazione, usa il verbo mormorare. E un verbo che ritorna frequente,mente nel libro dell Esodo quando il popolo si lamenta con Dio perché non c è acqua, non c è cibo Lì ogni tanto il popolo mormora contro Dio e contro Mosè. Luca, ricorrendo a questo verbo, mostra come la reazione dei farisei è la stessa che ha subito Mosè nel suo annunciare la novità di Dio che libera, e già questo mette Gesù in una certa luce. Come reagisce Gesù: egli non difende in modo formale il suo comportamento, ma reagisce raccontando le tre parabole. Di fronte alla mormorazione degli scribi e farisei Gesù non elenca una serie di motivi ma dice: faccio così perché e racconta le parabole. Le tre parabole partono dall esperienza quotidiana della gente e la applicano a una idea di Dio; attraverso esse Gesù racconta chi è Dio secondo lui. Il racconto comincia così: Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? La reazione davanti

4 alla perdita e poi al ritrovamento è di gioia. Il ritrovamento della pecora determina la gioia del pastore, però quando Gesù esce di metafora dice: C è più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.quindi dice Gesù: c è un atteggiamento di Dio in cielo che è di gioia rispetto alla scoperta del ritorno a casa della pecora perduta. Quando la donna spazzando trova la dracma, Gesù dice come commento: vi dico, c è gioia fra gli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte. C è una piccola diversità fra la prima e la secondo; nella seconda si concentra sul peccatore, spariscono addirittura i giusti. Quello che sta a cuore a Dio, quello che determina la gioia di Dio è il fatto che una persona data per persa ritrova la comunione con Dio e con i fratelli. Gesù mostra questa progressione per cui nella prima c è il paragone uno a novantanove, nella seconda l affermazione è assoluta: c è gioia per un peccatore che si converte indipendentemente da quanti sono i giusti. Questo è un primo modo per raccontare perché Gesù si comporta così: non lo dice in maniera formale, ma attraverso il racconto. E chiaro che il gioco della parabola è sullo smarrito/cercato, cioè sulla volontà che ha il pastore, o la donna, di cercare ciò che era smarrito. Sia per la pecora che per la dracma non si danno motivi per lo smarrimento, semplicemente sono persi. Il terzo racconto invece mette a tema non solo la reazione del pastore o della donna, e quindi di Dio, ma anche i motivi che spingono i due fratelli a reagire al padre. Vediamo ora il messaggio di questa parabola che è molto nota. Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto (in realtà, in greco, c è vivendo senza speranza di salvezza). Prima scena: un padre ha due figli e il minore compie un atto legittimo da parte sua; dice dividi le sostanze Alcuni commentatori osservano che il figlio tratta il padre come fosse morto, chiedendo di dividere i beni, in realtà era legale come richiesta. Questa divisione dei beni ha come conseguenza la fine della dipendenza del figlio dal Padre: dopo pochi giorni egli se ne va da casa e parte per un paese lontano. In poche battute si dice la reazione del figlio di fronte al padre che gli consegna la sua parte di eredità. Si allontana e vive in un modo che non porta salvezza. Vive in una condizione lontana da una vita che sia gradita a Dio e che porti salvezza. C è una doppia divisione che nasce nell atteggiamento del figlio minore: si allontana dal padre e da Dio. In questo viveva da dissoluto si insinua che egli si stacca da due affetti, da quello del Padre e dalla modalità religiosa di vivere il rapporto con Dio. In questa situazione si crea una crisi: Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamati tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. E molto interessante come Luca descrive la reazione. Questa persona vive in un paese straniero. Questo è chiaro per il fatto che ci sono i porci; una delle leggi del Talmud che non si possono allevare i maiali, anche se poi non si mangiano. Questo figlio quindi si trova costretto a piegarsi ad usanze che sono contrarie alla sua identità di Giudeo, e contro la sua identità di status, perché lui era figlio del padrone e diventa il servo dei servi. Quindi il suo deterioramento è a livello religioso, vive in un modo pagano, ma vive anche una situazione di degrado personale e sociale perché da status di figlio decade a quello di servo. Questa degradazione è messa in evidenza dal bisogno che nasce. Lui ha fame e non riceve neanche il cibo dei porci: è un degrado progressivo. Da figlio che ha il diritto ai beni progressivamente diverta servo senza nemmeno il diritto di alimentarsi.

5 Questa situazione che Luca descrive è importante per capire il motivo che spinge il giovane a tornare a casa: il motivo è pessimo, infatti egli pensa per non morir di fame vado a casa, rinuncio allo status di figlio e divento servo di mio padre che è un padrone migliore di questo. Il motivo non è per niente nobile; il modo di comportarsi non è esemplare e non è da usare a cuor leggero nelle celebrazioni penitenziali. Il motivo è la fame: ha toccato il fondo e va a casa. Il risultato della sua riflessione tuttavia è tremendo: rinuncia allo status di figlio e chiede di essere trattato come un servo. Già qui c è una prima allusione ad un immagine di Dio che non riesce a recuperare una relazione compromessa (che è quello che i Farisei rimproveravano a Gesù quando parla con pubblicani e prostitute, persone irrecuperabili dal loro punto di vista). L atteggiamento del figlio minore è un cattivo atteggiamento per due motivi: perché il rientro è dato dalla necessità e perché non ha nessuna attesa di relazione nei confronti del padre, per bene che vada lo tratti come un servo E questo il modo con cui prospetta il ritorno a casa. Vediamo allora che anche chi si allontana da Dio ha dei passi da fare in avanti, perché l immagine, il modo per cui si attivano non è buono. Il figlio, tornando, si appella al padre come tale, ma riconosce che il suo comportamento fa decadere il suo status. In ciò si può vedere, forse, anche un aspetto di umiltà, ma è una umiltà senza alternativa. Se dicesse mi sono reso conto che mi sono comportato male sarebbe un altra cosa. Qui manca il motivo interiore. Luca insiste sull esteriorità del motivo per cui il figlio minore si attiva per il ritorno. La prima sorpresa è la reazione del Padre: Quando era ancora lontano (non è solo riferito alla lontananza fisica, ma rispecchia anche quella interiore) il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ancora insiste nel suo pensiero, anche se il Padre gli ha già dimostrato il contrario: gli va incontro e lo bacia. Nemmeno di fronte a questo il figlio cambia posizione, ma ribadisce l suo pensiero di partenza. Il Padre reagisce tacitando il figlio e dice ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è ritornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Vedete che l uso dei verbi è impersonale, era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato da chi? E allusione alla continua disponibilità del Padre anche davanti alla mancanza di prospettive del figlio. Qui c è un primo livello di risposta: di fronte a quelli, pubblicani e prostitute, che voi ritenete persi, io vi dico che, anche se loro stessi non pensano di poter riallacciare la relazione con Dio, l immagine di Lui che io ho in testa garantisce insospettate possibilità anche a loro. Gesù dice: attenzione! Se anche per voi e per loro stessi sono irrecuperabili, ciò non vuol dire che sia così anche per Dio. Il Padre della parabola ha un modo di fare che sorprende in maniera straordinaria anche il figlio. E chiaro che qui Gesù forza l immagine perché, se ci pensate, un padre così è uno che non censura il comportamento dei figli. In realtà nella struttura educativa occorre censurare. Gesù qui tralascia questo aspetto che è comunque importante per mostrare un padre che fa percepire l asimmetria fra quello che viene raccontato e l esito. La parabola mostra adeguatezza all uomo perché è comprensibile, ma anche un asimmetria che ci deve essere perché non parla di un padre come tanti ma vuol parlare di Dio. La parabola si apre ad una prospettiva ulteriore perché vuole di fatto rispondere a coloro che hanno contestato il suo modo di fare. Nella II parte, tuttavia, Gesù chiama in causa in maniera più diretta gli interlocutori da cui è partito il ragionamento. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: E tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.

6 L appellativo tuo fratello non è casuale; il servo evidenzia che la paternità ha conseguenze inevitabili sulle relazioni che ne nascono. Questo che torna è tuo fratello. Se anche io voglio essere servo intelligente devo riconoscere che la paternità ha dei risvolti nelle relazioni fraterne. Il risultato però è che il fratello si arrabbia. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Vedete che il padre fa due movimenti: va incontro al minore e anche qui va incontro al maggiore: si attiva due volte. Ma lui rispose a suo padre vedete come si insiste sulle relazioni Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi avere con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Vedete allora che anche il figlio maggiore che nella sua prospettive era integerrimo presenta dei problemi di percezione della sua relazione con il padre. Si appella a lui come padre, però descrive un atteggiamento che di filiale ha poco. La conseguenza di questo suo rapporto scorretto col padre, ridotto a padrone, ha come conseguenza che non riconosce la fraternità. Questa seconda parte della parabola è per chi crede di avere un rapporto filiale con Dio, ma in realtà ha con Lui un rapporto servile. Questo rapporto servile ha come conseguenza la corrosione dei rapporti interpersonali. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me, e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. Il padre gli dice che lui lo considera a tutti gli effetti un figlio e c è comunione di beni. Il loro rapporto non è a livello di prestazioni, ma a livello di status. Il padre mostra la sua prospettiva che prima ha sorpreso il minore, ora sorprende anche il fratello maggiore perché gli mostra che il suo modo di fare è scorretto. Tu ti comporti da servo, ma io ti considero figlio. Non c è fra noi il rapporto do ut des. E interessante quando dice: bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita. Cosa manca alla parabola? Noi non sappiano se il figlio maggiore è entrato oppure no. Luca volutamente sospende la fine perché per entrare bisogna riconsiderare come si pensa Dio; allora si decide se entrare o no. La parabola è sospesa perché sta a te lettore dire da che parte stai, sarai tu a decidere. Vedete che con questo racconto Gesù risponde all obiezione di scribi e farisei. Non risponde elencando una serie di motivi, ma spiegando che il comportamento che ritiene di dover assumere è questo perché ha una certa immagine di Dio in testa. La parabola non è sul figliol prodigo, ma sull immagine di Dio, infatti il titolo è Il padre misericordioso, perché Gesù fa leva sull immagine di Dio che lui difende per far comprendere il suo modo di stare con quelle persone. E uno dei criteri essenziali con cui Gesù domanda adesione al Vangelo rivendicando continuamente un immagine di Dio che ha delle conseguenze esistenziali ben precise. Se guardiamo dal punto di vista puramente formale, il padre è fuori squadra e il figlio maggiore ha ragione: il suo sbaglio non è a livello del comportamento formale, ma sulla modalità con cui imposta la relazione con il padre, che è degradato a padrone. Ciò che fa il maggiore è esattamente quello che vuole fare il minore: sono identici. Paradossalmente lo sono anche se arrivano allo stesso esito per due strade opposte. Se il padre è degradato a padrone ciò ha due conseguenze: o si pensa, come il figlio minore, che davanti ad un grosso sbaglio la relazione è irrecuperabile oppure, come il maggiore, si può pensare a Dio come a una specie di ragioniere davanti al quale conta l atteggiamento formale. Entrambi i figli, comunque, distorcono la relazione con il Padre che è degradato a padrone. L unico che riconosce la relazione è il servo che dice: Tuo fratello. Ora noi abbiamo in testa un immagine di Dio che ci siamo costruiti col tempo. Gesù insiste su questo: alcuni atteggiamenti sono tali in virtù delle modalità con cui si vivono i rapporti con Dio. La conseguenza di questa parabola è che se tu hai un modo evangelicamente corretto di concepire Dio non funziona più la giustizia nel senso tecnico del termine. Il perdono non è più

7 commisurato ma diventa una condizione esistenziale assoluta, strutturale. E per questo che il Vangelo è molto più radicale della legge. Gesù prende sul serio il rapporto fra l immagine di Dio che lui difende e le conseguenze che essa ha, che sono conseguenze che sfidano le convenzioni e anche i rapporti di giustizia. Se è vero che queste persone hanno commesso degli sbagli per cui sono emarginate dalla via sociale, è altrettanto vero che tu non hai alternative alla loro accoglienza. Se le rifiuti distruggi il Dio in cui credi. Un immagine di Dio distorta ha come conseguenza un atteggiamento fraterno disintegrato e, viceversa, un comportamento fraterno non corretto ha come radice una visione distorta di Dio. Vedete come la radicalità evangelica è la correlazione stretta fra il Dio che hai in testa e che annunci, e come ti comporti. Si mostra come c è stretta conseguenza fra l idea di Dio e come ci si comporta, e da come si agisce si vede il nostro modo di pensare Dio. Vedete che Gesù non risponde in modo formale, perché ciò darebbe l impressione all uditore di sentire una predica. Dal punto di vista catechetico, ha una modalità narrativa che implica l esperienza di vita. Il secondo aspetto è che Gesù non fa leva sulle cose da fare, ma sugli atteggiamenti da assumere. La critica che si sente spesso è che la gente non sa più cosa fare, non ha più regole; ma non è conoscendo le regole che si fa quello che è da fare. Agostino diceva ama e fa quello che vuoi ma il verbo non è amo-amas ma il verbo dilige, diligere vuol dire da una parte prediligere, ma c è anche la valenza di scelta, il prediletto è uno scelto fra tanti. Agostino quindi dice: se tu scegli la cosa importante puoi fare quello che vuoi e questo non ti sfugge. Non vuol dire segui le tue inclinazioni, ma se tu hai un criterio da seguire, la cosa più importante protegge la verità di ciò che fai. Se tu custodisci la cosa più preziosa questo illumina il tuo fare. E quello che dice Gesù: se tu hai una corretta idea di Dio il tuo fare sarà conseguente. Brevi considerazioni sulla didattica. E il nostro modo di pensare Dio che esito didattico ha? Chi educa ha una doppia operazione da fare: curare la qualità a livello soggettivo (la qualità soggettiva) e quella oggettiva, cioè in relazione al servizio che andiamo a fare. E un idea che domanda una continua rielaborazione; c è una modalità evolutiva da tener presente. Dio non è fossilizzabile, è un idea che mette in gioco la qualità della relazione. Le mappe di significato che abbiamo in testa hanno degli esiti, e noi selezioniamo idee che ci sembrano coerenti, senza esserne consapevoli. Per questo le nostre immagini vanno controllate, perché ciò che è inconscio agisce senza che ce ne rendiamo conto Non possiamo dare per scontato un impianto dato una volta per tutte: Dio è amore, la sua assolutezza è la relazione e questa domanda continua rielaborazione, è automatica ma progressiva.

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