Cassazione Penale, Sez. 4, 11 aprile 2011, n Caduta dall'alto e assoluta mancanza di dispositivi di sicurezza

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1 Cassazione Penale, Sez. 4, 11 aprile 2011, n Caduta dall'alto e assoluta mancanza di dispositivi di sicurezza - Dispositivo di Protezione Individuale - Informazione, Formazione, Addestramento Responsabilità del responsabile del reparto (Omissis) presso la ditta M.C.T. s.p.a., per colpa consistita in imprudenza, imperizia e negligenza nonchè nella violazione della disciplina antinfortunistica: l'imputato prima ordinava ad un dipendente della s.p.a., di monitorare il display dei containers frigoriferi posti ad un'altezza di mt. 4,50 (unitamente ad altro dipendente A. N.) senza fornirgli direttive sull'esecuzione del lavoro in sicurezza poi ometteva di fornire al dipendente le precauzioni necessarie per svolgere il lavoro in sicurezza ed in particolare gli aveva fornito solo una scala portatile in vetro resina (modello Frigerio VOBO/12 lunga mt. 3,60) non dotata di dispositivi antisdrucciolevoli e tiranti in acciaio, un paio di guanti e scarpe dielettriche; ometteva, invece, di dotare il dipendente di cinture di sicurezza provviste di cordone e moschettone e di scala con montanti provvisti di dispositivi di sicurezza (necessari in quanto il display da leggere era posto ad un'altezza superiore a mt. 2,50) che il C. avrebbe potuto utilizzare per salire sulla parte più alta del container in modo da poter leggere in sicurezza la temperatura riportata sul display. Con i predetti comportamenti cagionava al suddetto lavoratore una caduta in terra da luogo rialzato che gli provocava incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni superiori ai 40 giorni in quanto riportava "trauma contusivo spalla dx, escoriazioni multiple gamba dx e sx, frattura composta trachite omero dx". 1 / 6

2 Ricorso in Cassazione - La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente ai punti concernenti il riconoscimento dell'attenuante prevista dall'articolo 62 c.p., n. 6. La prima censura, nella quale si deduce il vizio motivazionale in ordine alla sussistenza del nesso causale tra evento e condotta dell'imputato, poichè, ad avviso del ricorrente, l'infortunio si verificò a causa di una distrazione del lavoratore è infatti infondata. La Corte afferma che nella sentenza impugnata viene richiamato "l'errato posizionamento del piede" proprio per ribadire che lo scopo primario della normativa di sicurezza ed antinfortunistica è la predisposizione degli strumenti antinfortunistici necessari (cioè la cintura di sicurezza e il relativo moschettone): questo infatti avrebbe scongiurato il detto "errato posizionamento" del piede e, quindi, il sinistro. Del resto, si deve osservare che, come più volte questa Corte ha ribadito, perchè la condotta colposa del lavoratore faccia venire meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, che esuli dalle normali operazioni produttive e che esorbiti rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 2 / 6

3 SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere Dott. MASSAFRA Umberto - rel. Consigliere Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1) D. G. R. N. IL (Omissis); avverso la sentenza n. 1710/2009 CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA, del 16/03/2010; visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/03/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA; udito il difensore avv. Coltella Guido del foro di Genova il quale chiede l'annullamento della sentenza impugnata. Fatto 3 / 6

4 Ricorrono per cassazione i difensori di fiducia di D. G. R. R. avverso la sentenza in data della Corte di Appello di Reggio Calabria che in parziale riforma di quella in data del Giudice monocratico del Tribunale di Palmi, dichiarava l'improcedibilità in ordine a due contravvenzioni perchè estinte per prescrizione, rideterminando la pena per il residuo delitto di lesioni colpose aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro in danno di C. S., in mesi due di reclusione. In particolare, secondo l'imputazione, al D. G. era contestato (in concorso con altro imputato), in qualità di responsabile del reparto (Omissis) presso la ditta M.C.T. s.p.a. con sede in (Omissis), per colpa consistita in imprudenza, imperizia e negligenza nonchè nella violazione della disciplina antinfortunistica, prima ordinava a C. S. dipendente della predetta ditta, di monitorare il display dei containers frigoriferi presenti nell'area "(Omissis)" posti ad un'altezza di mt. 4,50 (unitamente ad altro dipendente A. N. ) senza fornirgli direttive sull'esecuzione del lavoro in sicurezza poi omettendo di fornire al dipendente le precauzioni necessarie per svolgere il lavoro in sicurezza ed in particolare gli aveva fornito solo una scala portatile in vetro resina (modello Frigerio VOBO/12 lunga mt. 3,60) non dotata di dispositivi antisdrucciolevoli e tiranti in acciaio, un paio di guanti e scarpe dielettriche, ometteva, invece, di dotare il dipendente di cinture di sicurezza provviste di cordone e moschettone e di scala con montanti provvisti di dispositivi di sicurezza (necessari in quanto il display da leggere era posto ad un'altezza superiore a mt. 2,50) che il C. avrebbe potuto utilizzare per salire sulla parte più alta del container in modo da poter leggere in sicurezza la temperatura riportata sul display posto a mt. 4,50 di altezza, cagionava al C. - che nello scendere dalla scala in vetroresina dopo aver letto la temperatura sul display - una caduta in terra da luogo rialzato che gli provocava incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni superiori ai 40 giorni (dal (Omissis)) in quanto riportava "trauma contusivo spalla dx, escoriazioni multiple gamba dx e sx, frattura composta trachite omero dx". Si deduce il vizio motivazionale in ordine alla sussistenza del nesso causale tra evento e condotta dell'imputato (del quale era stata riconosciuta la responsabilità perchè il C. usò una scala inidonea, in quanto più bassa di quella che avrebbe dovuto utilizzare e, soprattutto, operò senza cinture e moschettoni), mentre l'infortunio si verificò a causa di una distrazione del lavoratore come dallo stesso dichiarato a dibattimento (nello scendere aveva "messo male un piede"). Si lamenta, inoltre, la violazione dell'articolo 62 c.p., n. 6, non essendo stata concessa la detta attenuante, avendo a ciò provveduto un terzo (la società da cui dipendeva l'imputato). Si rappresenta, infine, il vizio motivazionale, avendo la Corte omesso di esaminare la possibilità di convertire la pena detentiva in quella pecuniaria e di addurre qualsiasi vera motivazione circa la misura della pena. 4 / 6

5 Diritto Il ricorso è parzialmente fondato e merita accoglimento per quanto di ragione. La prima censura è infondata. Giammai la sentenza impugnata adombra, come insinuato dal ricorrente, la disattenzione del lavoratore quale causa dell'evento: al contrario viene richiamato (a pag. 3) "l'errato posizionamento del piede", proprio per ribadire che lo scopo primario della normativa di sicurezza ed antinfortunistica, poichè la predisposizione degli strumenti antinfortunistici necessari (cioè la cintura di sicurezza e il relativo moschettone) avrebbe scongiurato il detto "errato posizionamento" del piede e, quindi, il sinistro. Del resto, si deve osservare che, come più volte questa Corte ha ribadito, perchè la condotta colposa del lavoratore faccia venire meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, che esuli dalle normali operazioni produttive e che esorbiti rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute (cfr. ex multis: Sez. 4, , n , Rv , e ciò ancora con la n del , Rv ; n. 727 del , Rv ). In altre parole, la condotta del lavoratore, per giungere ad interrompere il nesso causale (tra condotta colposa del datore di lavoro o chi per esso, ed evento lesivo) e ad escludere, in definitiva, la responsabilità del garante, deve configurarsi come un fatto assolutamente eccezionale, del tutto al di fuori della normale prevedibilità (v. ex plurimis: Cass. pen. Sez. 4, n. 952 del , Rv ) secondo cui il datore di lavoro è esonerato da responsabilità soltanto quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che o sia stato posto in essere da quest'ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli -e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro- o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro). E tali connotazioni non presenta certo la condotta del lavoratore, del tutto prevedibile e scongiurabile. E' fondato, invece, il secondo motivo di ricorso. Infatti, premesso le sentenze nn del 2004 di questa Sezione, del 1991 della 5 / 6

6 Sezione 3, 5941 del 2009 delle SS.UU. nonchè quella n. 138 del 1998 della Corte Costituzionale richiamate sia nell'impugnata sentenza sia nel ricorso, poco si attagliano al caso in esame, va rilevato che recentemente questa Corte si è orientata condivisibilmente nel senso che ai fini della sussistenza dell'attenuante di cui all'articolo 62 c.p., n. 6 il risarcimento, "ancorchè eseguito dalla società assicuratrice, deve ritenersi effettuato personalmente dall'imputato tutte le volte in cui questi ne abbia conoscenza e mostri la volontà di farlo proprio" (Fattispecie relativa ad omicidio colposo da incidente stradale) (Sez. 4, n del , Rv ). A fortiori, dunque, deve ritenersi che l'attenuante in questione possa operare laddove il risarcimento sia stato effettuato dal comune datore di lavoro dell'imputato e del lavoratore persona offesa. E' appena il caso di sottolineare che le ulteriori censure in ordine alla misura della pena vengono assorbite dall'accoglimento di quella relativa all'attenuante del risarcimento del danno. E' fondata, altresì, la censura relativa alla mancata sostituzione della pena detentiva (come da richiesta formulata con l'atto d'appello, in fine) essendo stata omessa ogni motivazione sul punto e non essendo possibile desumerla nemmeno in via implicita dal contesto delle complessive argomentazioni addotte in sentenza. Consegue l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente ai punti concernenti il riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 62 c.p., n. 6 e la sostituzione della pena con rinvio per nuovo giudizio su tali punti alla Corte di Appello di Reggio Calabria. Il ricorso dev'essere, nel resto, rigettato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai punti concernenti il riconoscimento dell'attenuante prevista dall'articolo 62 c.p., n. 6 e la sostituzione della pena e rinvia per nuovo giudizio sui punti indicati alla Corte di Appello di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso. 6 / 6

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