La filosofia antica Emanuele Severino Rizzoli editore Milano 1984 I punti ritenuti essenziali. A cura di Marzio Bonferroni.

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1 1 La filosofia antica Emanuele Severino Rizzoli editore Milano 1984 I punti ritenuti essenziali. A cura di Marzio Bonferroni. La filosofia greca, nata nel VI secolo a.c. sta all inizio e al fondamento dell intera storia del pensiero filosofico. Essa apre lo spazio alle forme della cultura occidentale, alle istituzioni sociali, al comportamento stesso delle masse. La filosofia tende oggi a confluire nella scienza, ma solo ricordando ciò che la filosofia è stata, si può comprendere il senso della scienza e della stessa civiltà che sul suo fondamento sta costruendosi. I primi pensatori greci, per la prima volta nella storia dell uomo, escono dall esistenza plurimillenaria guidata dal mito, da una verità non innegabile ma soltanto accettata (mythos = sentenza, annunzio, rivelazione), per andare verso un sapere che fosse invece innegabile poiché esso stesso capace di respingere idee avverse. Philo-sophìa = aver cura del sapere, della verità (saphés = chiaro, evidente). La critica filosofica del mito diventa necessariamente una critica della società che si basa su di esso. Scoprendo che il mito non ha verità, la filosofia scopre che il mito è una guida fallace dell esistenza e che solo la verità può essere una guida sicura. I pensatori Greci si rivolgono per la prima volta alla totalità delle cose, così nasce la filosofia. Il Chàos è la dimensione più ampia che il mito greco sia riuscito a pensare. Tutti gli Dei e tutti i mondi si generano al suo interno. Manca il motivo di base per escludere che qualcosa si trovi al di fuori di esso. La filosofia porta il suo interesse al tutto, a tutte le cose, che si trovano così di fronte alla necessità di esprimere ognuna la propria verità incontrovertibile. Kòsmos è l insieme delle cose uscite dal Chàos, in altre parole è il mondo ordinato in contrapposizione al disordine.. I primi pensatori Greci, sono anche i primi metafisici, in quanto riferiscono ogni cosa al tutto. Fisica (Physis), per Aristotele è la realtà diveniente, intesa anche come natura, ovvero ciò che diviene. Physis è anche ciò che appare come l essere, che s illumina e che s impone per la sua forza intrinseca, contro chi la nega. La verità incontrovertibile e luminosa dal proprio interno poiché esiste di luce propria è dunque espressa dalla parola Physis. La verità s impone per se stessa e non è imposta dal mito e dalla fantasia mitica. La filosofia ricerca la luminosità della verità innegabile, che tende a rivolgersi al Tutto e a scorgere il niente, ovvero il non-essere oltre il Tutto. La concezione mitica vede la composizione del Kòsmos in diverse unità tra di loro contrastanti. La concezione filosofica vede nel Tutto, l unità d origine e di arrivo. Secondo Eraclito tutte le cose sono uno, ammettendo così l identità del diverso, in quanto ogni cosa è una frazione del Tutto. Sempre secondo Eraclito, da tutte le cose si compone l uno, e dall uno nascono tutte le cose. Nella dialettica Hegeliana, ritroviamo l identità del diverso come sostanza del nucleo del suo pensiero. Arché = punto dominante, principio, centro di irraggiamento. Fu Anassimandro per primo a pronunciare questa parola, che poi divenne usuale per i primi pensatori greci, per indicare l unità da cui tutte le cose provengono e in cui tutte ritornano. E il principio eterno, il Divino al quale ritornano tutte le cose e che governa tutte le cose. Conoscere la verità è possibile, lasciando parlare le cose del mondo, senza imporre loro un senso fabbricato dall uomo, ma lasciando che esse stesse s impongano per la loro verità. ( l uomo può scoprire solo quello che già esiste ndr) La produzione mitica poetica del senso del mondo, impedisce la produzione reale, perché impone alle cose un senso loro estraneo. Logos (ragione) è la parola greca che, sin dall inizio del pensiero filosofico, indica la manifestazione spontanea e vera delle cose, che tutte insieme sono uno (Eraclito).

2 2 Sophìa = il sapere, la saggezza, consiste nel dire cose vere e nel farle. Molti vivono come se avessero una loro saggezza privata (mito). Essendo i miti quindi molti e diversi, si generano conflitti fra gruppi contrapposti. Ciò che rende gli uomini comunità, è il logos, ovvero la verità oggettiva che esiste in ogni cosa e che è comune per tutti gli uomini. Bisogna quindi agire con Sophìa. La filosofia delle origini stabilisce ciò che sarà chiamata etica (morale), che è un agire che intende farsi guidare dalla verità, con saggezza (sophìa)., e non da convinzioni soggettive e destinate a consumarsi o a cambiare rapidamente per opportunismi e per tornaconti personali. Quando un pensiero umano ritorna al mito, si perde la saggezza, l oggettività, la verità, e l uomo perde il coraggio. Il rischio in questo caso è il dominio della soggettività stolta e non rivolta al bene comune. Parmenide si rivolge all identità del Tutto, superando la concezione puramente fisica, in una visione che prenderà il nome di metafisica o filosofia prima. Infatti, compiendo l indagine filosofica esclusivamente sui principi materiali, di fatto si restringe a una parte del Tutto. La filosofia si rivolse nei primi tempi anche alla ricerca dell elemento unificatore di tutti gli elementi diversi (tutte le cose), che fanno parte della stessa regione del Tutto. Per Talete (VI sec. a.c.), considerato il primo filosofo, l elemento unificatore e il principio di tutte le cose è l acqua. Con questo intendeva esprimere la certezza che in ogni cosa vi fosse un elemento unificante, appropriandosi dell acqua come metafora di questo elemento unitario e originario. Tutto ciò che si genera deve in qualche modo preesistere nella realtà originaria, altrimenti dovremmo ammettere che dal nulla si può generare qualcosa. Pertanto Anassimandro, probabile discepolo di Talete, arrivò a questa conclusione: dal nulla non può nascere nulla. Ciò che tutto avvolge e tutto sorregge non può dunque essere che l infinito, che non nasce, non muore e non invecchia (Aristotele). Àpeiron, è il non limitato, il non finito, l originaria unità degli opposti che nel loro divenire si annullano reciprocamente (guerra e pace, giorno e notte, ecc.), per cui ogni cosa che nasce ne porta altre al disfacimento e alla distruzione. Ma questo concetto è soltanto negativo. Come si definisce àpeiron? (la domanda la pone Anassimene nella seconda metà del VI sec. a.c.). Anassimene porta alla luce la necessità di conoscere la causa che determina la trasformazione dell arché in tutte le cose. Per Anassimene questa causa che governa la trasformazione di àpeiron in tutte le cose, è l aria. Secondo Anassimene l aria, unità originaria infinita invisibile e incorporea, rarefacendosi e condensandosi diventa visibile e origina il fuoco, l acqua e la terra e, di conseguenza tutte le cose. Riportando il senso dell aria all anima che ci governa, Anassimene rende esplicito che il governo dell àpeiron sia un principio conoscente e vivo e non un qualcosa di cieco e insensibile. Ma la domanda cos è l àpeiron? rimane ancora senza risposta. L aria è intesa come anima, ma la metafora, come nel caso dell acqua di Talete, non regge tutto il peso della domanda. Eraclito (tra il VI e il V secolo), riflette esplicitamente sull identità degli opposti, riconoscendone l identità proprio nell armonia delle opposizioni. Le cose dunque sono identiche proprio perché si contrappongono e si evolvono trasformandosi. L Arché dunque diventa il luogo di origine di tutte le cose, dove le stesse sono raccolte nell unità assoluta, che riunisce all origine tutti gli opposti. Dall Arché proviene dunque il divenire cosmico. Dal caldo il freddo, dalla guerra la pace, dalla notte il giorno, dalla gioventù la vecchiaia, ecc. Con Eraclito per la prima volta diventa esplicito il concetto che l amore per la verità (Philosophìa) è la legge fondamentale che deve guidare la vita dell uomo. La Filosofia stabilisce un rapporto essenziale con la vita e per la vita dell uomo, per la ricerca della verità oggettiva e quindi comune a tutti gli uomini. In questa ricerca, il contrasto fra le cose è la stessa condizione dell armonia e dell unità del Tutto. Eliminare i contrasti sarebbe la fine della vita e del Tutto. Il sapiente quindi è colui che sta in ascolto del Logos, e dice e fa cose vere.

3 3 Pitagora conduce all interno della filosofia il mondo dei numeri, ovvero dei rapporti quantitativi tra le cose. Per Pitagora gli elementi dei numeri sono gli elementi di tutte le cose, per cui tutto l universo è armonia e numero. Parmenide scorge che ciò che è identico in ogni cosa è l essere; e l essere è ciò che si oppone al niente. L essere attraversa tutte le cose raccogliendole in un inviolabile unità L unità assoluta è il Tutto che non manca di nulla poiché ha in sé ogni possibile essere. Il divenire cosmico può prodursi solo se alcune parti dell essere non sono e dove dunque l essere non è. Zenone (prima metà V sec a.c.), discepolo di Parmenide, riflette sull impossibilità ad ammettere l essere e la dicotomia, ovvero divisione dell essere, in quanto la divisione o dicotomia diventa impossibile per il frazionarsi di parti sempre più piccole all infinito, tra un punto di partenza e un punto di arrivo, per cui dal punto di partenza è impossibile procedere fino all arrivo senza soffermarsi sulle tappe intermedie, appunto infinite. Quindi, la ragione impediva di considerare l essere divisibile e molteplice, mentre l esperienza e la percezione dimostravano che questo è in pratica possibile. Il problema dell antitesi tra esperienza e ragione, diviene pienamente esplicito. Diventa progressivamente più esplicito il tema che, nel divenire cosmico, gli enti non si generano dal niente e non si corrompono nel niente, ma che il loro stesso divenire non può essere determinato dal niente, ma da un sistema di forze (Amicizia e Discordia), che producono e distruggono le diverse configurazioni delle cose, che a loro volta ritornano sempre nell unità (Arché), che si ammette essere anche la forza che governa tutte le cose. Melisso, discepolo di Parmenide, ammette che gli elementi che si trasformano nel divenire che si percepisce, non possono essere elementi eterni come l essere, altrimenti sarebbero anch essi immutabili. Solo l essere è immutabile, e ogni trasformazione ritorna poi all unità dell essere. Ma anche il non-essere è, se si ammette che nel divenire, l ente si riduce ad una frazione minima della divisione che non è così infinita, ma che si ferma all elemento base dell essere: l atomo, non più divisibile, e che permette la visibilità evidente del non-essere. Nasce così la concezione atomistica che concilia l essere e il non-essere nel suo divenire. Pertanto si arriva a concepire che ogni cosa nascente preesisteva già nei suoi elementi atomici, ed ogni cosa che muore, continua ad esistere negli stessi elementi atomici. La filosofia arriva dunque a conciliare la ragione con l esperienza, ammettendo quindi l essere nel non-essere. Nasce la sofistica (arte della sapienza), in questo diverso modo di affrontare le cose, come esplicita autocritica del sapere filosofico. Con la sofistica, s inizia a manifestare che l essere non si manifesta nella verità assoluta, bensì nelle discordanti opinioni, nelle contraddizioni, nella discordia, nella logica dei contrari. Pertanto la stessa conoscenza della realtà è in contrasto con se stessa e quindi non può diventare verità assoluta. Il sofista, rinunciando alla ricerca della verità assoluta, sposta le sue ricerche sulla capacità di persuadere, conformemente a dei fini, coltivando l arte di eccellere nella vita. Protagora (V sec. a.c.) mostra come ogni logos è sempre contrastato da un logos contrario, procedendo così oltre la convinzione della verità assoluta. Ciò avviene nella vita pratica e quindi nell esperienza, campo in cui l esperienza tende a individuare ciò che è e ciò che non è, per il fatto che appaiono in un certo modo. Gorgia (seconda metà del V sec. a.c.), mette in evidenza il carattere contraddittorio dei risultati del pensiero filosofico e di ogni altra conoscenza umana. A ogni individuo le cose appaiono diverse da come appaiono a qualunque altro individuo. In questa prospettiva, dominano la convenienza, gli istinti e la forza, se lo scopo della vita è il godimento dei piaceri, con il rischio che la giustizia diventi il dominio dei forti sui deboli.

4 4 So di non sapere Socrate ( a.c.), traccia una linea di demarcazione con i filosofi del passato, ponendo le basi per una ricerca della verità assoluta. Infatti realizza il metodo maieutico che si basa sulla necessità di capire ciò che è vero partendo dal niente (so di non sapere), per arricchirsi progressivamente di ciò che è vero, eliminando progressivamente ciò che si presenta come falso. Gli altri filosofi non sapevano di non sapere. Sapere di non sapere, significa essere nella verità. La sua critica alla società diventa così radicale e la società, che si sente minacciata, lo condannerà a morte. La verità esiste in una persona soltanto se questa la riconosce come tale, e Socrate insegna la gran verità del conosci te stesso. La verità per Socrate si determina dunque nella coscienza individuale, e lui ci ha insegnato non una verità da trasmettere, ma il metodo, la maieutica, per tirar fuori la verità da noi stessi, eliminando progressivamente dal nostro intimo le verità non vere. Nella maieutica, Socrate dice di non insegnare niente, ma di voler soltanto chiedere il significato e la giustificazione di quello in cui una persona crede, costringendola a razionalizzare progressivamente gli elementi in cui crede davvero, soprattutto ammettendo i propri errori, i propri limiti, le proprie incapacità. Chi ammette in coscienza i propri errori e riconosce la verità in cui crede davvero, è sulla strada del progresso personale verso una verità che continuerà a cercare e a rinforzare. E dovrà ringraziare Socrate di averci dato lo strumento per illuminare la nostra coscienza. Socrate ci fa scoprire che la verità non è da ricercarsi nel particolare o nel sensibile delle cose, bensì in una dimensione diversa che s identifica come il concetto delle cose, riconoscibile da tutti come elemento universale, permettendo così un accordo tra persone diverse, nella verità espressa dal concetto, che è oggettivo ed esterno alle persone ed anche esterno alle cose, pur determinandole. Per Socrate, l agire male è agire per avere un piacere, non avendo piena coscienza del fatto che le conseguenze del piacere ricercato porteranno a un male superiore a tale piacere. Pertanto raggiungere la verità, significa evitare il male e quindi essere salvi dallo stesso. Pertanto con Socrate la filosofia afferma nel modo più chiaro il rapporto essenziale tra la verità e la vita. La verità che Socrate ricerca è dunque la misura del bene e del male, ovvero quella verità che lui dice di non possedere ancora e di andare dunque ricercando in profondità. Socrate intuisce che, non conoscendo a priori la verità, è possibile lasciarsi guidare da una voce divina che trattiene da compiere certe azioni. Con Socrate s inizia a delineare ciò che sarà chiaro dopo la venuta di Gesù Cristo, ovvero il conflitto tra il bene e il male che è prima di tutto in noi stessi e che possiamo risolvere riconoscendo l esistenza di un Creatore supremo che ci lascia liberi di scegliere, ma che ci da anche la percezione nella coscienza del bene e del male. Per sapere definitivamente cosa è il bene per noi, si deve conoscere quanto piacere e dolore futuri siano connessi rispettivamente al dolore e al piacere presenti, basandosi sulla percezione sensibile delle cose ed anche su quanto la ragione ci proietta nella mente come conseguenza futura certa o probabile delle nostre azioni.

5 5 Platone ( a.c.), vede nella concezione Socratica del concetto, la capacità di indicare il senso autentico del Tutto, concepito, pensato, intelleggibile e quindi al di fuori da soggettivismi e illusioni. Il concetto è l elemento unificatore del molteplice, e può conciliare l esperienza e la ragione. Il concetto è per Platone intelleggibile e comprensibile oggettivamente da tutti nello stesso modo, e quindi l intelleggibilità dell essere che è in ogni cosa (ente), diventa una componente essenziale del principio unificatore del molteplice. Infatti, in ogni cosa se pur diversa nella molteplicità del divenire, vi è una componente unificante, che è appunto il concetto intelleggibile, che è al di fuori dalle sensazioni soggettive e dalla conoscenza del particolare. Platone si trova a dover affrontare il problema del rapporto che esiste tra il contenuto del concetto, e il contenuto della conoscenza non concettuale, ovvero del particolare e sensibile presente in ogni singola cosa. Il significato, il contenuto del concetto, ciò che in ogni concetto è concepito, per Platone è l idea, immutabile ed eterna, e quindi essere per eccellenza. Per Platone lo sguardo che vede l idea è quello della conoscenza concettuale, non visibile, che vede il significato, l essere stesso che nasce dal concetto e che è tutt uno con esso. Si direbbe che l idea sia la forma che dà significato comprensibile a tutti, poiché derivante dal concetto. L essere così identificato non può incominciare e non può cessare di esser essere. Era, è e sarà sempre se stesso. L idea quindi è il significato che mostra che cosa è un determinato ente. Si vedono e si toccano le manifestazioni del significato immutabile, manifestazioni sempre diverse. Il mondo delle idee è il mondo della conoscenza concettuale e dell essere incorruttibile, eterno e divino, mentre il mondo sensibile è il mondo della conoscenze particolari e sensibili, che hanno come contenuto un essere diveniente e corruttibile. Per Platone il mondo delle idee è hyperuranio (al di là di ouranòs, la volta celeste), mentre entro la volta celeste c è l intero mondo sensibile. L idealismo Platonico quindi è nell affermazione che l essere è l idea. Per Platone il mondo sensibile è in quanto l idea è. Platone così concilia l esigenza della ragione che porta all immutabilità dell essere, con l esigenza della percezione e dell esperienza, che porta al divenire, alla molteplicità, alla corruzione delle cose e del loro essere diveniente. ( Il tentativo di conciliazione era stato iniziato già da Empedocle, Anassagora e Democrito). Con Platone, il mondo sensibile è composto da esseri derivati da un essere che preesisteva e che continuerà ad esistere anche dopo la scomparsa degli esseri derivati. L essere delle cose sensibili, dunque, è già compreso nell essere preesistente e immutabile. Tutto ciò che è sensibile, è dunque copia e immagine dell essere da cui deriva, e che preesisteva al sensibile, essendone così la causa. Tutto ciò che nasce, può nascere solo in quanto partecipa all essere intelleggibile e immutabile. La suprema forza, che conosce tutto il mondo intelleggibile ed eterno delle idee di ogni essere, e che può assumerlo come modello nella produzione delle cose sensibili, questa suprema potenza della sapienza, questo Demiurgo (artefice) del universo è chiamato da Platone DIO. Il sensibile dunque è immagine dell idea, ma l immagine può esistere se è costituita da qualcosa che prende forma per effetto della volontà creatrice che trasferisce l idea al mondo sensibile, come immagine della stessa. Esiste quindi una natura materna (chora ovvero spazio), che è trasformata in immagine dell idea dalla volontà creatrice. Si tratta del chàos preesistente, che è trasformato in kosmos ordinato, dalla forza creatrice dell intelligenza divina. E così generato da Dio il mondo sensibile, derivato dalle idee, principio di ogni bene, creato dal chàos, principio di ogni male. La creazione appare quindi il risultato di un atto di dominio del bene sul male, che n è plasmato. La creazione appare anche come risultato del contrasto tra bene e male, e frutto di una contrapposizione.

6 6 La verità come scienza (epistéme), è conoscenza dell idea, del sapere incontrovertibile, al di fuori del mondo sensibile, in quanto n è causa. I più conoscono soltanto le immagini della verità, dei vari esseri, ritenendo che esse siano la verità. Quindi vivono come in un sogno, nella non-verità. Con Parmenide, anche Platone chiama opinione (Doxa), questo sogno in cui avviene la conoscenza comune del mondo sensibile. Per Socrate la verità era nel sapere di non sapere, mentre per Platone riacquista un contenuto positivo, quale conoscenza dell identità dell essere, dell idea oltre che del concetto dell essere. Diventa il sapere di sapere. Le immagini dei vari esseri che si percepiscono, sono non vere in quanto non sono esseri, ma sono vere se le consideriamo non-esseri. L opinione della gente comune ha quindi come contenuto qualcosa di intermedio tra l essere e il niente: si tratta della realtà sensibile, che in quanto diveniente, partecipa sia dell essere che del non-essere e che è destinata a cominciare e poi a cessare di essere, nel suo divenire. (ad esempio le onde del mare, rispetto all acqua da cui nascono e in cui ritornano). La filosofia è la via che conduce gli uomini dall opinione alla verità. La ricerca della verità coincide con la ricerca delle ragioni che sono alla base delle opinioni di cui siamo convinti. La verità e la scienza (epistéme), si costituiscono solamente nell ambito della conoscenza concettuale. Per arrivare a questa, la conoscenza deve liberarsi da ogni conoscenza ipotetica in modo da portarsi al principio non ipotetico di ogni cosa, che è assoluto in quanto esiste nella propria verità. Questo processo di oltrepassamento di ogni conoscenza priva di verità assoluta, è chiamata da Platone dialettica, e porta alla forma suprema dell intelligenza umana in cui si manifesta la verità prima e fondamentale. Essa si chiama nous (mente, intuizione). Il principio non ipotetico da cui dipende tutta la conoscenza del mondo intelleggibile, è l idea del bene, in quanto ogni cosa è un certo bene in quanto è un certo essere, ed è il supremo vertice dell essere. E la causa per cui ogni essere può essere conosciuto nella verità, ed è contemporaneamente la causa per la quale ogni essere conoscibile è. L idea del bene ha la caratteristica di poter unificare verità sempre più grandi espresse in enti particolari, oppure di partecipare a enti sempre più piccoli. (Ad es. l idea di corpo è partecipata da uomini, animali, cose). L affermazione dell esistenza del molteplice, esige l affermazione dell esistenza del non-essere, in quanto entità diversa dall essere, ma peraltro lo stesso esistente nella molteplicità delle cose Platone mostra dunque che può esistere non solo l essere ma anche le determinazioni dell essere che pur essendo non essere, sono, esistono anch esse, pur nella loro dimensione limitata e transeunte, carattere della molteplicità diveniente. L ontologia è la scienza dell ente. Il Demiurgo genera i concetti da cui derivano le idee e dalle idee si determinano gli enti sensibili, plasmandosi così la materia informe (dal Chaos il Kosmos). Gli enti sensibili ritornano poi alla materia informe e all essere da cui derivano. L ente sensibile quindi è (esiste) ed è anche fatto di materia sensibile, avendo al suo interno la matrice di un idea, che a sua volta deriva da un concetto, che a sua volta deriva da una creazione originaria, eterna ed esterna al mondo sensibile. L idea è sia il che cosa è dell ente sensibile, sia il che cosa è di se stessa. L épisteme è la scienza che conosce con quali idee ogni idea può congiungersi e con quali no. (uomo + bianco, si - uomo + cavallo, no). L idea appartiene alla struttura del principio unificatore del molteplice, in quanto rende intelleggibile e determinato ogni ente. Il contenuto della verità, ovvero l eterno essere dell idea, è colto dal pensiero e non dai sensi e quindi chi ama la verità non pone come scopo della propria vita il godimento del mondo sensibile.

7 7 Il superamento definitivo della non-verità della vita corporea, si ottiene dunque ammettendo che esista una causa intelleggibile vera, cioè eterna in quanto verità oltre la non-verità. E impossibile che l anima muoia, in quanto essa determina la vita in ogni ente vivente, ritornando poi a far parte della condizione di causa dalla quale si determina il divenire di un ente che ha un inizio e una fine. Le cose sensibili ci portano a capire l idea intelleggibile che esiste in esse. Se arriviamo a capire l idea immutabile, questa era già dentro di noi nel nostro essere, che noi chiamiamo anima. E come ricordare ciò che già sappiamo. Pertanto la nostra anima già conosceva, quanto noi arriviamo a ricordare, conoscendolo nel mondo sensibile durante la nostra vita. E se l anima già conosceva l elemento intelleggibile, l idea delle cose sensibili, vuol dire che essa preesisteva alla nostra stessa persona, e che continuerà ad esistere anche dopo la nostra scomparsa fisica. L anima ha delle componenti razionali e delle componenti emotive e passionali di cui dobbiamo tenere conto, per riuscire a dominarle. Il dominio delle passioni e dell emotività che ci indirizzano a opinioni soggettive, porterà il filosofo, ovvero la persona che ricerca la giustizia e la verità, a ricercare la verità oggettiva e incontrovertibile, che è insita nelle idee immutabili, preesistenti agli enti che si evolvono, che nascono e muoiono. La pura e piena contemplazione della verità è garantita al filosofo dalla sua giustizia e dal fatto che solo un filosofo può essere giusto. Lo scopo supremo della vita è produrre nell uomo la contemplazione della verità. Il filosofo che tenta di liberare le persone dalla menzogna, viene considerato inevitabilmente un intruso. Temperanza è la virtù che per mezzo della ragione impedisce ai beni sensibili di dominare la nostra esistenza. Fortezza è la virtù che permette di realizzare ciò che la ragione prescrive. Sapienza è la virtù che si fonda sulla conoscenza del bene e che ci permette di guidare noi stessi e coloro che ci sono stati affidati, verso la verità. La giustizia è la virtù suprema, per la quale ogni persona e ogni classe realizza la propria missione secondo il principio di verità. Non esiste vero bene e vera felicità, senza verità. La filosofia, come amore per la verità, è la via che conduce al massimo bene e alla massima felicità. Sia come via di organizzazione individuale che come via per l organizzazione dello Stato. Con Platone l epistéme può affermare che il puro essere è, ma anche le determinazioni dell universo sono. Per Parmenide invece solo il puro essere é. Platone libera il pensiero. La conoscenza di un ente determinato permetterà con Aristotele di arrivare ad un processo unificatore del molteplice. In esso l ente è l elemento unificatore. Per il principio di non contraddizione, un ente non può essere contemporaneamente qualcosa di diverso da se stesso. Dal nulla non può nascere nulla altrimenti il nulla sarebbe essere. Pertanto per il principio di non contraddizione si arriva ad ammettere l esistenza del divino. La metafisica porta a considerare come dagli elementi divenienti sia possibile e necessario guardare all assoluto delle idee eterne che sono state, sono e saranno il riferimento costante degli elementi divenienti e molteplici. Un ente è determinato da un idea che lo rende ente determinato, come è determinata la scienza dell ente specifico in quanto tale, con una sostanza che è strutturata e definita per lo stesso ente determinato. Possiamo dichiarare quindi che un ente è essere ente. Secondo Aristotele, ogni ente è in relazione alla sua stessa sostanza. Il nulla non produce l essere, altrimenti il nulla sarebbe l essere. Tutto ciò che si genera è già da prima nell arché, da cui tutto procede e in cui tutto ritorna. Tutto ciò che diviene deve essere già prima del suo sopraggiungere, perché non può divenire dal nulla. Il nulla non produce l essere, altrimenti il nulla sarebbe l essere.

8 8 Tutto ciò che è, è già prima nell arché, da cui tutto procede e a cui tutto ritorna. Socrate ha mostrato la possibilità di costruire la definizione concettuale degli oggetti, ovvero la definizione che contiene la proprietà comune a una molteplicità di enti sensibili. La dialettica Platonica è il sistema delle definizioni concettuali della totalità degli enti. E rispecchia il sistema in cui l essere stesso consiste. Dall ordinamento piramidale delle idee si sviluppa la logica Aristotelica (o analitica). La logica è una disciplina distinta dalla filosofia, ed è considerata matrice della matematica. Il sillogismo, secondo Platone, è l illazione, la deduzione, il raccogliersi insieme di elementi concettuali diversi, che ci porta verso la sintesi platoniana. La dialettica platonica si riferisce soprattutto alle idee, enti universali e immutabili, separati dagli enti sensibili. Economia significa alla lettera amministrazione della casa. I bisogni non sono illimitati e quindi l economia non deve avere obiettivi illimitati ma lo scopo di procurare la felicità alle persone che vivono nella casa, permettendo loro di vivere bene. Bene significa conformemente alle virtù dell anima, fine ultimo dell uomo. Se lo scopo dell economia diventa l accumulo indefinito della ricchezza, trasformato così da mezzo a fine, l uomo si allontana dal fine ultimo della sua esistenza. Nessuno può essere giusto, saggio e sapiente, e quindi felice, per fortuna o per caso.

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