La Scuola Arti e Mestieri Cardinal Salotti

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1 Sua Ecc.za Mons. Luigi Boccadoro La Scuola Arti e Mestieri Cardinal Salotti origine - finalità - storia Montefiascone

2 PREMESSA Il progetto della nuova fabbrica in costruzione Terminato (li pubblicare il suo ultimo scritto, fresco ed o- riginale, sui colossali lavori effettuati negli anni cinquanta e sessanta alla basilica di S. Margherita, riportando alla luce quello stupendo santuario bramantesco di S. Lucia Filippini, sono ritornato alla carica ed ho sollecitato Sua Ecc.za Mons. Boccadoro a descrivere come è nata, cresciuta e qual'è la finalità di Villa Card. Salotti, oggi Scuola Arti e Mestieri Card. Salotti o più semplicemente la "Cardinal Salotti". Da piccolo, studente del Seminario di Montefiascone, sono andato, negli anni '40, più d'una volta a far visita al Card. Salotti, che veniva a passare qualche giornata di ferie in quella villetta, oggi rimasta ancora come simbolo del passato ed o- spitante la Direzione ed i vari uffici dell'ingente opera. 2

3 E il Cardinale ci raccontava sempre tante storie e tante barzellette da farci desiderare il suo ritorno a Montefiascone l'anno successivo. Poi con la sua morte tutto finì. Il fratello, Mons. Latino Salotti, mio predecessore parroco della basilica di S. Margherita, cedette la villetta alla Diocesi di Montefiascone perché vi sorgesse un'opera sociale. Il Vescovo, Mons. Boccadoro, riuscì ad accjui- Grotte di Castro - Tomba del Cardinale Salotti Don Latino Salotti starla e a trasformarla in ciò che costituisce ancora oggi: l'istituto più imponente e dei più importanti della nostra città. Lascio ora la parola a Lui, Mons. Luigi Boccadoro, che ha vissuto da protagonista quegli inizi, fondando una struttura che rimarrà nei secoli. Agostino Ballarotto 3

4 INTRODUZIONE Il 14 giugno 1951, mentre ero > «Parroco di San Siro in San Remo, mi capitò un fatto inimmaginabile che mi colse di sorpresa e impreparato del tutto. Il Vescovo di Ventimiglia, il mio Vescovo, Mons. Agostino Rousset mi convocò per dirmi che il Papa - Pio XII - mi aveva eletto Vescovo di Montefiascone e di Acquapendente, due Diocesi che univa nella mia umile e modesta persona. - Lasciare San Remo, concluse il Vescovo, saranno dolori per te, per me, per la città, ma al Papa occorre che tutti ubbidiamo -. Dopo qualche giorno di riflessione e preghiera scrissi al Papa la mia accettazione che consegnai al San Remo - La basilica di S. Siro Vescovo. Il 21 giugno festa di S. Luigi Gonzaga e mio onomastico, la notizia data dalla radio divenne pubblica. La città di San Remo esplose di entusiasmo ché non era mai capitato a un Parroco di San Siro un così grande onore. Oggi, passati ormai quarantuno anni da allora scrivo "onere". Scelta la data della consacrazione (8 settembre) festa della Natività di Maria, attesi con trepidazione, sicuro che Maria, "madre mia e fiducia mia", mi avrebbe fatto nascere nell'episcopato non come abortivo ma come figlio suo prediletto. Fu un'estate calda e in tutti i sensi quella del 1951, piena di spiritualità, di ansietà, di preghiera, Parroco a S. Siro con i giovani di Azione Cattolica di lavoro; i due 4

5 mesi, di luglio e agosto, furono i più fervidi e operosi della mia vita. Lasciar San Remo fu duro perché quella comunità per i quattordici anni ( ) che vi avevo passato tra i quali i nove anni di guerra in cui essa conobbe così devastanti Vescovo in mezzo ai suoi chierichetti bombardamenti, era divenuta una vera famiglia in cui più che padre ero stato figlio tanto amato. Era stata quella comunità fervorosa a formarmi all'attenzione, alla accoglienza, alla dedizione. E dovetti dimostrarlo a sua tutela e salvezza quando i tedeschi mi presero e mi imprigionarono come ostaggio a copertura della loro ritirata. In quei lunghi e interminabili mesi passati con altri prigionieri nel fondo della caserma dei carabinieri dapprima e poi nell'internato dell'ospedale, la comunità ed io, suo figlio e suo "prevosto", dovevamo provare il nostro intenso e reciproco affetto. Ma con la partenza da San Remo dovevo gettarmi tutto alle spalle. Dio con la prigionia mi aveva dato quella fortezza. Quando il treno si mosse e la Condannati a morte, salvati da Mons. Boccadoro (1944^5) f o l l a a PP l a u dlva, fui costretto a piangere. Piansi fino a Genova furtivamente. Poi voltai pagina. San Remo non era che un ricordo e il taglio fu netto e deciso. Altra gente mi attendeva, ad altre persone dovevo ora guardare, in altri luoghi, con la Parola di Dio, dovevo generare figli spirituali. 5

6 Due culture La cultura ligure ha per consegna: - fai da te - con le tue forze affronta l'alto mare e l'abisso-sii tenace e per-severante - non mollare. Mi aveva detto un illustre figlio di Bagnoregio, romanziere e poeta ben noto - Bona- San Remo ventura Tecchi - che passava le sue vacanze a San Remo, che nel Lazio vigeva ben altra cultura e comportamento; che la consegna era: Ma chi te lo fa fare? Stai bóno - è il governo a doverci pensare! - A distanza di anni intensamente vissuti da ligure e da laziale, devo dire che queste "consegne" sono esagerazioni anche se in radice contengono qualche verità. Montefiascone Santa Lucia Filippini di origine ligure mi aveva preceduto ed era, nella missione avuta, riuscita e con buon successo. Mi avrebbe indicato le strade, assistito onde percorrerle bene; dovevo ispirarmi al suo esempio. Capivo però che mi sarei trovato qualche volta in conflitto nel modo di concepire e attuare le cose e perciò giungendo qui, mi cercai subito un confessore. 6

7 Lo trovai nella persona di un santo cappuccino, Odorico da Latera, Padre Guardiano del Convento di Acquapendente. Lo incontravo ogni martedì quando mi recavo là e ne cavavo sempre un gran bene. Le due diocesi di Montefiascone e Acquapendente, venivano per la prima volta a trovarsi unite nella persona di un solo Vescovo. Un pastore unico doveva assumersene il ministero e servizio. Dovevo pertanto studiare subito come si erano diportati i due predecessori. I due Vescovi Predecessori Cripta di S. Lucia Filippini - La tomba di Mons. Giovanni Rosi - Mons. Giovanni Rosi di Crema, a 84 anni, era deceduto il 5 aprile Era stato Vescovo per 40 anni e aveva governato con chiarezza e fermezza, riprendendo e incrementando il progetto del Vescovo Barbarigo e della Filippini, di debellare cioè, attraverso le Maestre Pie e una ben organizzata scuola parrocchiale di cate-chismo, l'ignoranza reli-giosa rinascente qui come effetto della rivoluzione francese per la quale solo la ragione umana conta. Riportare in onore e far osservare e vivere le verità salvifiche era riprendere il progetto di S. Lucia. Il regime fascista, in cui il Vescovo Rosi era capitato, aveva addormentato le coscienze e arrestato il passo alla pastorale ed egli non era uomo di compromesso, ma, austero con se stesso, era esigente con gli altri. Godeva della universale stima, ma non era ripagato dalla generale benevolenza. Un pastore integerrimo e inflessibile quale i tempi richiedevano e che aveva portato agli onori dell'altare Lucia Filippini coadiuvato mirabilmente in questo processo dal suo Vicario Generale, Mons. Tommaso Leonetti allora Vescovo di Ferentino, morto Arcivescovo di Capua i cui resti mortali riposano nel Santuario di S. Lucia accanto alla tomba, come volle, del suo 7

8 Vescovo. S. Lucia aveva aiutato quel solerte e vigile pastore che lasciò la Diocesi in buone condizioni religiose tanto che, venendo, mi fu assai facile raccogliere tutta l'eredità nell'ordinamento catechistico diocesano, rendendo d'obbligo e statutario il metodo del Vescovo Rosi giusta il comando del Signore di ricordarmi sempre di coloro che fra noi hanno rigenerato la Chiesa mediante la Parola di Dio. - Mons. Giuseppe Pronti era stato l'altro predecessore. Umbro, reggeva la Diocesi di Acquapendente da 12 anni quando fu trasferito nella sua Nocera e Gualdo. Più volte ero stato a trovarlo là e avevo partecipato ai suoi funerali. Uomo buono e pastore amabile, godeva della confidenza e fiducia del suo clero e di tutto il popolo nel quale e per il quale aveva vissuto nella povertà totale i duri anni della guerra fino a dover vedere attraverso le lagrime la distruzione della sua Cattedrale, la rinomata chiesa del Santo Sepolcro. A queste due esemplari immagini di Vescovi dovevo aggiungerne una terza. - Mons. Agostino Rousset il mio Vescovo, quello che avevo lasciato: un valdostano chiaro e forte come le quercie del suo Piemonte; di poche parole, di grande concretezza, accostandolo si sentiva che ti amava. Andavo a trovarlo, oltre le urgenze, una volta il mese e tutto per me, per i miei interessi pastorali, nei pomeriggi quando aveva più tempo. Sembrava mi attendesse; posava pronto il breviario a quell'ora del Vespro ed esordiva: - dimmi, dimmi - più sollecito e ansioso di ascoltare che di parlare. Gli avevo sempre aperto l'animo e gli dicevo tutto di me. Non avevo segreti per lui; gli aprivo l'animo fino in fondo perché lo sentivo amico vero e padre buono; e concludeva con una parofa sola e non ùna di più di quella essenziale, ed ora ne sentivo la mancanza. 8

9 I problemi Più che le immagini dei Vescovi alle quali ispirarmi dovevo studiare i problemi, trovare le soluzioni più urgenti, esaminare le necessità spirituali; misurare le forze per impiantare una nuova pastorale adeguata. Erano i tempi della ricostruzione del dopo guerra, i tempi dell'ente Maremma che acquistava i terreni delle proprietà troppo grandi, li bonificava, ne faceva quote proporzionate e le distribuiva alle famiglie che li avevano lavorati. Si stava operando una vera rivoluzione pacifica e sconvolgente: il vecchio mezzadro diveniva piccolo proprietario. Era la civiltà contadina, così benemerita che mortificata per tanto tempo, risorgeva a nuova vita. Venendo avevo trovato qui un prete che tutti chiamavano Don Giovanni - Mons. D'Ascenzi ora Vescovo di Arezzo - che, conoscitore profondo dei problemi della gente dei campi alla quale apparteneva, era il promotore, animatore delle cooperative agricole: ne aveva creato e fatto crescere un considerevole numero e le seguiva con illimitata pazienza, infinito amore e competenza vera. Esse con il contributo dello Stato potevano acquistare le terre che avevano lavorato e ridistribuirle fra i propri membri. Anche questa rivoluzione era in atto e costituiva un bene incommensurabile. Lasciai piena libertà a D. Giovanni che tutti stimavano e ne accettavano la severità e l'autorevolezza. Erano queste, dell'ente Maremma e delle cooperative le due realtà in atto, capaci, come avvenne, di modificare il volto sociale e fisico della nostra terra. Sua Ecc.za Mons. D'Ascenzi mentre celebra, insieme ad amici sacerdoti, per la festa di S. Margherita (1993), ricordando il suo giubileo sacerdotale 9

10 Dovevo scegliere dove dormire ché in quanto al "dove" stare, stavo sulla Cassia e su tutte le strade. Scelsi Montefiascone perché più centrale e passo obbligato per Viterbo sede provinciale. La residenza Vescovile Acquapendente: Seminario Vescovile Gli Acquesiani se l'ebbero a male e giustamente, ma andavano compresi. Si vociferava che già la Pretura traslocasse ed essi temevano per la città. Considerarono poi sventura la Acquapendente: il Duomo chiusura del Seminario e avevano ragione anche qui, sebbene vedessero subito che forza maggiore imponeva quel sacrificio. Il ridottissimo numero di alunni non consentiva più una formazione adeguata né giustificava quel carico economico. Li avrei ricompensati con l'andare due giorni la settimana ad Acquapendente ove nel frattempo avevo mandato le Maestre Pie per la scuola materna e l'insegnamento del catechismo. Fui fedele all'impegno del martedì e del venerdì acquesiani fino alla nomina di Amministratore a Viterbo e ne nacque con gli Acquesiani una grande, soave, dolce amicizia, sia col clero che col popolo che tutt'ora dura e commuove. 10

11 La gioventù! Ecco il problema. I problemi veri, pastorali, erano ben altri di questo della residenza del Vescovo. Era tutta la gioventù a preoccupare. Essa, inerme e debole, subiva tre attacchi ad un tempo. Il primo era quello sociale dovuto all'automazione del lavoro di campagna. Non occorreva più mano d'opera e ciò creava per essa un avvenire incerto. II problema professionale poi, in quanto i giovani, liberi dal lavoro della campagna che avrebbero fatto? Qui vidi i sacrifici immensi dei genitori per l'avvenire dei figli nell'incamminarli allo studio. I due rami accessibili ad essi erano solo l'istituto Magistrale e quello Geometri che vidi affollatissimi e ne intravidi la futura crisi per mancanza di posti. Figli di lavoratori, nel lavoro in primo luogo dovevano trovare il loro sfogo ché nel lavoro era tutta la loro attitudine. Una Scuola quindi che producesse operai ben formati e qualificati in un'arte e mestiere, in quell'artigianato ora in declino, ma nel quale i giovani si erano già rivelati nel passato maestri veri e facitori insuperabili di opere nel ferro, nella terracotta, nel cuoio. E così fu e avvenne anche per la risoluzione del terzo problema che in realtà, per l'animo del pastore era il primo, quello religioso. II problema religioso si avvertiva universalmente da parte dell'onesta gente. La gioventù che aveva sostenuto la guerra, licenziata dagli eserciti in disfacimento e dalle bande dei partigiani, non era più quella di prima. Tormentata e delusa nei suoi ideali, preoccupata e incerta per il proprio avvenire, inerte e oziosa, si allontanava sempre più dalle chiese, si lasciava attrarre dalle "balere" e dalle nascenti discoteche che proliferavano assordanti e attraenti come chimere. Non si parlava ancora apertamente di droga, ma i giovani delle famiglie emigrate romane, tornando per fine settimana, portavano notizia di certe sigarette che a fumarle davano il paradiso. Occorreva dunque un centro di formazione cristiana e professionale ad un tempo che colmasse questa lacuna e meglio provvedesse alla gioventù necessariamente e improvvisamente venutasi a trovare inoperosa. Lo studio del problema mi riportava ogni tanto notizia di giovani che non trovando qui occupazione di sorta, sentendo forte l'attrattiva per Roma, si incamminavano, sprovveduti, verso quella ventura. Si sentiva però di alcuni che finivano distrutti o delusi all'ospedale o nelle carceri e ne ebbi talvolta diretta esperienza. Il problema pertanto si faceva ogni giórno più urgente ed esigeva, anche a rischio, una soluzione rapida. 11

12 La Villa del Cardinal Salotti Per attuare il progetto di una scuola formativa dell'operaio, Provvidenza volle che, dopo varie ricerche di luoghi adatti, si posasse l'occhio sulla villa che il Cardinale Carlo Salotti aveva acquistato qualche anno avanti per le vacanze estive, dall'ing. Codini alla periferia della città, in località Coste sul territorio della parrocchia del Corpus Domini. Il Cardinale vi aveva soggiornato assai raramente e in quei saltuari ritorni vi riceveva il Vescovo Rosi o dei Sacerdoti o laici in visita al "personaggio". Il Card. Salotti in visita alla città di Prato Lo era davvero e di spicco, "grande in tutto" come si era espresso Papa Pio XI nell'elogio funebre; con la sua oratoria forte, fluente, irruente, era stato in Roma un irriducibile e pubblico avversario e oppositore del regime fascista. Dotato però anche di eccellenti qualità umane e di eccelse virtù cristiane si era rivelato pastore vero e lungimirante. Venne quassù di rado e morì troppo presto. 12

13 L'erede in Montefiascone sia di tanto capitale morale che dei scarsi beni materiali era il fratello Sacerdote, Don Latino Salotti, Decano- Parroco della Cattedrale. Persona altrettanto versatile e di altrettanto zelo, dovevo fare con lui per venire in possesso della villa o- ve non si era più recato disgustato della devastazione che vi aveva operato il comando tedesco che la aveva scèlta per sede. Mons. Latino Salotti Per cancellare questi brutti ricordi e dare un centro alla formazione u- mana, cittadina, professionale, sembrava proprio, era anzi chiaro, che si dovesse eternare il nome all'illustre Cardinale che, nato a Grotte di Castro, era stato vanto della Diocesi e aveva riempito di sua attività la Chiesa universale. 13

14 Sono le autorità presentì alla inaugurazione della Scuola Arti e Mestieri Cardinal Salotti. Presente Mons. Latino Salotti Don Latino si dichiarò propenso a vendere alla Diocesi, ma a esclusivo vantaggio della gioventù, la villa del Cardinale al prezzo conveniente anche allora (1953) di cinquemilioni di lire che egli avrebbe utilizzato per la parrocchia di S. Margherita. Ma una sera - e fu una brutta sera - venne per dirmi che non se ne sarebbe fatto più nulla. Rimasi male e gli manifestai sorpresa e dolore e più, dissi, per la mancata parola di un sacerdote al proprio Vescovo che per la villa che veniva meno. Chiesi i motivi di quel ripensamento e mi rispose che confratelli gli avevano messo in testa che quel "disperato Vescovo" non aveva né avrebbe potuto mai disporre di tanto denaro. Non avevo infatti ancora meritato fiducia e scarse erano le mie capacità o inesistenti di persuadere della bontà del progetto. Il denaro invece era giunto. La Provvidenza quando manda ispirazioni, se accolte con retta intenzione, non manca mai di dare anche l'aiuto. Tirai il cassetto della scrivania ove gettavo alla rinfusa le offerte nel frat- 14

15 tempo giunte a tal fine; vi affondai le mani e gettai sotto gli occhi di Don Latino quelle cartacce. Vi erano molte "am-lire" del tempo. Ne rimase allibito. Poi aggiunsi: - E domani alle 8 il contratto. E così avvenne. All'indomani gli contai il denaro. Non v'era un soldo di più. Benedetta Provvidenza di Dio. Se Dio non paga il sabato, nel tempo che sceglie non lascia mancare un centesimo. La Provvidenza voleva in questo modo farmi comprendere che la fede, semplice, assoluta, ferma doveva essere il fondamento, la rupe, la base su cui edificare la "Scuola Arti e Mestieri Cardinal Salotti". Questo è il nome scelto: avrebbe dato rinomanza alla Scuola alla quale ormai guardavano con fiducia numerosi giovani e dalla quale qualche migliaio di operai qualificati sarebbero usciti con passò sicuro verso il mondo del lavoro che aborriva ormai, già in quel dopo guerra, dalla manovalanza generica. L'occupazione delle terre da parte dei contadini, anche se generava qua e là episodi di esuberanza, mai di violenza estrema, era un segno che non dovevamo perdere tempo in troppe considerazioni, ma affrontare, qualsiasi rischio comportasse, quanto di ispirazione la Provvidenza ci aveva messo in mente a favore della gioventù. Era quello il proposito con il quale ero nato nel Sacerdozio e sentivo che Dio concorreva a mantenere al primo posto quella predilezione che Gesù sentiva e trasmetterla per gli adolescenti. I corsi di qualificazione Si iniziò pertanto in quel lontano 1953 nella vecchia villa con dei corsi di falegnameria ottenuti dal Ministero del Lavoro, istruttore Mario Benedetti, tuttora vivo, in pensione e ben là con gli anni. Voglio ricordarlo perché fu il primo istruttore con il quale si diede l'avvio all'opera. Alunni ne vennero molti anzi troppi per lo spazio disponibile, segno che la via era giusta. Il gruppo fu affidato al Sacerdote Angelo Pulicari che fece a quei primi giovani tanto del bene e che ancora ricordano e che ora vanno a trovare a Marta ove è Parroco. Alla cucina attendeva "mamma Lucia" che Mario Benedetti 15

16 Don Angelo Pulicari, primo rettore della Scuola Cardinal Salotti Mamma Lucia Pulicari era sua madre, che si rivelò madre provvida, operosa e solerte e che gli ex a- lunni ancora ricordano. Tutto si svolgeva all'insegna della povertà e la povertà si rivelò come grande e insostituibile educatrice alla vita. 16

17 Le richieste delle famiglie di avviare a questa Scuola pratica e accessibile, crescevano e costrinsero con mia somma gioia a costruire la prima fabbrica. Del progetto incaricai l'architetto Orseolo Fasolo che con il fratello Furio e il ben rinomato padre, Vincenzo, avevano ricostruito in Acquapendente la Cattedrale del Santo Sepolcro semidistrutta dai bombardamenti. La prima fabbrica La nuova casa Orseolo e Furio Fasolo, architetti della Scuola, con la fune per le risultò di sobria ed e- misurazioni della seconda grande fabbrica legante architettura, molto razionale e accogliente e si volle materiale di prima qualità. Vedo ancora le ampie sale, il vialone di accesso, il grande refettorio, la cucina, la dispensa, ma ri- ' cordo anche il trattore gettare in aria le viti - quelle viti di ottima uva da tavola così ben curate - per fare spazio alla fondazione e vedo lo sguardo esterrefatto di Peppe, l'antico colono, che ci guardava sospetto e vedendoci esultanti diceva che eravamo tutti un po' matti. Ma le richieste crescevano sempre e vi contribuiva, con la propaganda 17

18 che ne faceva, il nuovo Rettore Don Aldo Bellocchio, chiamato a sostituire Don Angelo Pulicari trasferito Parroco a Celleno ov'era in costruzione il centro parrocchiale. Don Aldo, nativo di Capodimonte, proveniva dai Fratelli delle Scuole Cristiane ed era già ricco di belle esperienze apostoliche fra la gioventù di Pompei. Il Signore lo chiamò dai "Carissimi" a divenire sacerdote e lo inviai nel Seminario di Torino perché, in vista di affidargli la Scuola Salotti, si educasse in un ambiente operaio. E il suo fu, alla Scuola, un servizio fecondo. Don Aldo Bellocchio La seconda fabbrica Sotto la pressione delle famiglie e ormai anche dei dirigenti la scuola e della commissione disciplinare ed e- conomica cui si era dato vita, occorreva ingrandire lo spazio; uno spazio ampio e definitivo e si chiese all'architetto Fasolo un secondo progetto che offrisse comoda o- spitalità a qualche centinaio di alunni. Venne fuori la seconda fabbrica che si erge maestosa e imponente, che si fa ammirare tutt'oggi e riempie il panorama cittadino. Essa si erge quasi a protezione e tutela dei laboratori che frattanto erano sorti ciascuno per le esercitazioni di un'arte e forniti di macchinari propri e attrezzature adeguate. Quando si esaminò il progetto non si disponeva di un centesimo, ma fat- 18

19 to un atto coraggioso di fede si partì sicuri. Ricordo quel "Padre Nostro" che si elevò dai cuori dei circostanti e che dovette attirare su quelle carte la benedizione dall'alto. Ci si impegnò con la ditta e- dile Oliviero Saraca a pagare stati di avanzamento. Si ebbero consensi e offerte; esse erano modeste ma estese e frequenti, segno evidente che l'opera se la costruivano i poveri. Col crescere della fabbrica cresceva in tutti i cuori la fede e quando la sera, finite le lezioni, ci si soffermava a guardarne il progredire, nel cuore degli alunni e degli istruttori cresceva anche l'entusiasmo. Oliviero Saraca Monumento a Maria

20 Sala macchine Capivo quanto avevo letto nella storia medioevale: - Se vuoi che il popolo riabbia o accresca la fede, dagli da costruire una cattedrale. E del resto Ambrogio rispondeva al filosofo Massimino... - Eppure sono le pietre a dare la fede, a fare i cristiani. La "cattedrale" del lavoro riempiva il cielo e appariva, come udii in un discorso, una "Rerum Novarum" scritta sopra una collina falisca, ma questa volta, in pietra e cemento. Non posso fare a meno qui di ricordare due persone che seppero dare forza e coraggio indomito. Giovani al lavoro 20

21 Sono i capannoni attrezzati per ospitare le varie specializzazioni Angelo Frigo, un antesignano insuperato nel campo del lavoro in città e provincia. Era un uomo, avevo sentito, che si era fatto dal nulla e che con la sua attività e la tenacia di chi crede in quel che fa, si era imposto con le sue imprese alla universale stima. Conosceva solo il lavoro e, vedendo sorgere qui una scuola per il lavoro, venne da me e, compiacendosi, mi pregò di accettare degli assegno firmati e senza cifre "nel caso mi fossi trovato male". Provvidenza volle che non vi dovetti mai ricorrere, ma il fatto mi commosse fino alle lagrime e quando vidi quell'uomo, eretto nella persona, scendere le scale, lo benedissi. Avevo sentito che il "Sor Angelo", sempre riservato e di poche parole, sapeva compiere gesti fecondi. Angelo Frigo 21

22 Antonio Taffi era allora Nunzio Apostolico in Guatemala. Fece lo stesso gesto di Frigo e in più mi lasciò erede delle sue cose. Era un Vescovo saggio, di grande fede, viva pietà e amore verso questa sua terra. Anche qui la Provvidenza dispose che non dovessi mai ricorrere a questa liberalità e che, quando in sua morte, disponevo delle sue cose, tutto per intero passassi alla Parrocchia di Farnese, luogo del suo battesimo, e tutto e subito fosse consegnato al Parroco di allora, Don Ercoli Nazzareno che doveva provvedere a urgenze di lavori in corso. La Schola Cantorum - diretta da Mons. Antonio Patrizi. All'armonium D. Nazzareno Ercoli, mentre il cantore è P. Eligio Bachiorrini, dietro di lui Crocetti Vinicio (+) 22

23 Papa Pio XII 23

24 Non tenni nulla, non il più piccolo oggetto, ma dal cuore potrà mai cancellarsi il ricordo, la memoria di Confratello così generoso? Ma v'è sopra tutti uno cui deve andare imperitura memoria, Pio XII. Mi voleva tanto bene ed io lo a- mavo come padre e più di mio padre. Quando il bisogno stringeva ed urgeva pagare e non sapevo come fare, gli scrivevo e, a stretto giro di posta, mi faceva giungere l'aiuto. La lettera, accompagnatoria dell'assegno, portava la firma di "Giovanni Montini, Sost.". Una ben venerata firma oggi. Quel "Sost." voleva dire Sostituto e per me "sostituente" il Papa cui sarebbe poi succeduto con il nome di Paolo VI. Le lettere firmate Montini esistono ancora negli archivi. Per questa via, per il coraggio donatomi dalle persone nominate, per l'aiuto di uno stuolo di benefattori che Dio conosce e compensa, la fabbrica toccò il tetto. Papa Paolo VI 24

25 I convegni Ormai la Scuola si e- ra collocata al centro dell'interesse apostolico diocesano che vi celebrava frequentissimi convegni. II parco e il giardino brulicavano allora di persone di ogni età e di ogni provenienza e di ogni paese. Erano gli annuali convegni dell'azione Mons. Osvaldo Belardi Cattolica fiorente in tutte le parrocchie il cui Assistente Spirituale zelante e laboriosissimo era Mons. O- svaldo Belardi divenuto poi Vicario Generale delle Diocesi unite. Non poteva mancare un convegno del genere per l'inaugurazione della nuova seconda fabbrica. Era presente l'assistente Generale dell'a.c.i., Mons. Ismaele Castellano. I partecipanti quel giorno furono qualche migliaio. La fatica del fare, dell'organizzare era tanta, ma le consolazioni e i frutti erano evidenti. Preparava quei convegni attraverso la stampa, Don Francesco Martinangeli e l'osservatore Romano della Domenica, che egli dirigeva e le Maestre Pie diffondevano, aveva più di un migliaio di abbonati. Lo spazio della Scuola, anche se vasto, in quelle occasioni era tutto occupato. La Scuola toccava cinquecento presenze giornaliere. Era divenuta un paese cui dovevo dare il suo completamento con la Chiesa del villaggio e il palazzo scolastico. Mons. Osvaldo Belardi 25

26 D. Emilio Marinelli, D. Francesco Martinangeli e D. Armando Iacoponi D. Francesco ricevuto in udienza dal Papa Giovanni Paolo II 26

27 La Chiesa L'architetto Fasolo provvide al progetto di lina chiesa a "Cristo Liberatore dell'operaio" come annunzia la scritta in lettere a ferro battuto eseguita dagli alunni e posta sul suo frontale. Ne risultò un'architettura elegante e originale; una nave che solca, con! M La Chiesa dedicata a "Cristo Liberatore dell'operaio" <4 p i? fi»! - fi i n *» y. li f fife f f.i fs? f Os>» I ; <s F / y A Una parte della vetrata, lato sinistro rispetto all'altare la sua chiglia in alto, come mare il cielo e con la sua tolda rovesciata protegge i marinai in viaggio, oranti e fidenti verso l'altra riva. Una tolda sorretta da colonne esili che dividono la nave centrale dagli ambulacri. La vetrata in vetrocemento ne percorre come asola tutta la parete perimetrale, cantando in rosso e azzurro l'opera creativa dei sette giorni biblici dovuta a un pittore tedesco, Ernesto Tross, esordiente in quell'arte e già rinomato. 27

28 Le scritte: "in principio era il Verbo - abitò fra noi - a Lui la gloria nei secoli" e la mano benedicente dell'uomo che vi si affaccia grato a Dio della vita, risultano efficaci, ma soprattutto e- ducative alla fede. Lo scultore Dante Ruffini di Cremona provvide alla pala che si eleva sull'altare marmoreo con un bronzo che descrive con efficacia drammatica l'opera redentiva di Cristo spezzante le catene dell'operaio, per ridargli la nativa Il tabernacolo Il bronzo che si eleva sull'altare dignità ed elevatezza del lavoro. Lo scultore Ruffini provvide anche a una deliziosa porticina del Tabernacolo in cui si affaccia la Madonnina per presentare Gesù. Era nelle intenzioni che la chiesa fosse il cuore centro del villaggio e là si provarono da parte di tutti insostituibili consolazioni spirituali. Ricordo di quei lontani anni i primi venerdì del mese nei quali la folla degli alunni vi si dava convegno per le confessioni alle quali i Parroci della città provvedevano con la loro ambita presenza. La chiesa fu finanziata 28

29 Chiesa diroccata della Madonna del Riposo con l'importo dei danni di guerra della chiesa distrutta della "Madonna del Riposo" vicina al Seminario. Si divise la somma del danno computato dal Genio Civile in dieci milioni con la costruzione di una seconda chiesa nella borgata Fiordini. Cinque più cinque milioni per due chiese, due servizi di culto, Scuola Salotti e frazione Fiordini. Erano i miracoli del "far da sé" quando si riusciva a fare direttamente. Andando ora così sovente a spasso per la campagna, l'occhio e lo sguardo a- mante si sofferma sulle due chiese e sempre prego che siano curate e tenute con lo stesso amore con cui furono costruite. L'avanzare e l'assestarsi della fede si misurano sempre da questa cura per gli edifici sacri. Ed è questa una misura che non sbaglia Chiesa della Madonna del Riposo ai Fiordini mai. 29

30 Il palazzo scolastico Il palazzo scolastico risultò un altro miracolo. Il progetto si era presentato al ministero con scarsa fiducia che fosse messo a contributo; era un progetto razionale ed elegante, spazioso e pieno di luce. Si ottenne invece quasi subito, inconsuetamente, il contributo di ben ottanta milioni quasi sufficienti per la costruzione cui si mise mano immediatamente. Meraviglie delle meraviglie. Non era mai avvenuto che si riscontrasse tanta sollecitudine. Non sapevamo allora che Ministro era l'on. Donat Cattin, e i- gnoravamo che egli, come arti- L'On. Donat Cattin 30

31 gliere avesse fatto il soldato qui durante la guerra, né che vi fosse poi tornato con la sua famiglia in vacanza. Se ne ebbe notizia a costruzione avvenuta dalla famiglia dell'insegnante Neri che lo ospitava. Perciò tardivamente dopo la sua scomparsa ne scrivemmo su "La Voce". Il palazzetto che si affaccia per tutta la sua lunghezza sul campo sportivo appena allora finito, risultò tra i più belli e razionali della provincia; dal lunghissimo e ben largo corridoio di smistamento si staccano a distanza regolare gli ampi capannoni per le esercitazioni. Il campo sportivo fu il risultato delle ruspe che mandarono all'aria la restante vigna e demolirono il resto della collina. Il rettorato Un Sacerdote devo ricordare qui che fu l'anima della Scuola, dapprima delle costruzioni e poi della reggenza dell'opera, che aveva dato alla realizzazione tempo, vita, salute: Don Alfio Battistoni. Nel periodo della costruzione e- ra di servizio alla segreteria vescovile chiamatovi dalla sua Proceno; si recava alla scuola a piedi ogni giorno qualunque tempo facesse per sorvegliare i lavori; e qui talvolta l'inverno è inverno vero. Don Alfio per questo doveva dive- Don Alfio Battistoni La folla presente nel giorno dell'inaugurazione. Sulla sinistra, dietro il comm. Perugini e il cav. Gino Lozzi, il direttore Emidio Lanciotti. 31

32 nire il Rettore che più a lungo abbia servito la Scuola. Essa aveva nel Rettore il suo capo che moderava e coordinava tutte le attività. Il Centro Professionale era affidato a un direttore tecnico e il suo primo Direttore e finora u- Giusti ^S^" 0 al lavoro nico, era ed è il Dr. Emidio Lanciotti che, coadiuvato da istruttori, provvedeva egregiamente con pazienza, esempio e capacità alla formazione professionale. Avevo notato e ricordo che col Rettore, il Direttore, gli istruttori e assistenti si era creata una vera famiglia, un reciproco, fiducioso, esemplare accordo e collaborazione che non poteva non incidere sui numerosi alunni. Fra gli Istruttori voglio ricordarne alcuni veramente meritevoli: - Giusti Righetto, un vero maestro del ferro battuto, un artista al quale si deve l'esecuzione delle inferriate delle finestre, una quercia con seicento foglie e le lampade pensili che tutti, devoti e turisti, ammirano nel Santuario di S. Lucia, sottostante il Duomo. Righetto Giusti, Franco De Bernardi e Lorenzi presenti nella foto. C'è da ricordare anche Pennesi Luigi (Viterbo) e molti altri. - Franco De Bernardi,che chiamai da Genova Sestri per avere un meccanico da quella zona industriale, si rivelò di primordine, di pazienza infinita, di qualità didattiche più che universitarie. 32

33 Antonio Moscatelli salito da Viterbo, confidente e amico degli alunni che sapeva educare minutamente alla vita come li formava nel campo dell'elettronica. Dovrei ricordare tanti altri istruttori che non ho dimenticato e ai quali e- sprimo ancora la mia gratitudine senza confini. La Scuola Media trovò più tardi spazio alla Scuola e ne fu preside quell'anna Carelli che tutti ancora ricordano per le sue capacità e doti umane e virtù cristiane. Colpita da lunghissima malattiàmi confidava, quando mi recavo a trovarla, che parte delle sue sofferenze a- troci le soffriva per la Scuola che a- veva tanto amato. Alla costruzione della Scuola avevano contribuito tanti piccoli benefattori. La Diocesi vi aveva contribuito soltanto destinandovi come pre- 33

34 La visita dì Sua Ecc.za Von Streng, vescovo di Basilea stito all'inizio, alcune somme derivanti dalla vendita di terrenelli delle confraternite e- stinte di Celleno, ma la Scuola estinse poi con Celleno il suo debito. La O.D.A. - Opera Diocesana Assistenza, oggi Caritas, devolveva alla Scuola l'avanzo della colonia marina "Gli Oleandri" costruita a Porto S. Stefano. Don Luigi Picotti che ne era il Direttore, in quegli anni, era puntuale nella consegna degli avanzi di gestione; le opere infatti devono essere sorelle. La Scuola come opera faceva capo all'amministrazione Diocesana che ne controllava l'economia; il Centro Professionale invece dipendeva economicamente dall'ufficio del Lavoro cui dava annualmente conto della gestione. 34

35 Da questa parte la Scuola, oltre i corsi, non ebbe mai il più piccolo aiuto. Fu piuttosto il Centro Professionale ad avere più tardi urgente bisogno di aiuto quando decise di affidarsi, ai fini di maggiori e più sicuri contributi, ad un ente nazionale denominato Cnipa e ciò per non dover rinunziare alla propria attività. Dovette però soddisfare le proprie pendenze che ammontavano a ottanta milioni ed anche qui la Provvidenza fece il suo ennesimo miracolo. Statuto - Regolamento L'andamento della Scuola era regolato da uno Statuto-Regolamento che lungo le ore del giorno scandiva le attività e le operazioni della numerosa famiglia degli alunni sempre in vista di raggiungere l'alta finalità educativa della formazione cristiana e professionale. Lo Statuto era stato frutto di un attento esame dei vari Centri che in quel dopoguerra sorgevano ovunque e a- veva in sé un valore pedagogico di cospicuo valore. Scuola Cardinal Salotti - Inaugurazione 35

36 Ma urgeva anche ora, ora che tutto funzionava a dovere, pensare di dare una stabilità all'opera intera e al suo avvenire e si ottenne mediante un Decreto del Presidente della Repubblica. Il Decreto Ministeriale firmato dal Presidente della Repubblica, riconosceva la personalità giuridica a tutti gli effetti, riconoscendone la finalità educativa cristiana e professionale da raggiungersi anche con i corsi di addestramento del Ministero dei quali stabiliva il diritto ad ottenerli. E ciò per chiarire una volta per sempre che tutto ciò che era stato fatto, e- ra stato fatto e realizzato per la gioventù e che nessuno in avvenire avrebbe potuto mutare in altro modo la realtà statutaria dello sforzo fatto; di quanto esisteva alla Scuola Salotti doveva esserne beneficiaria soltanto la gioventù e sempre all'esclusivo fine della sua formazione cristiana e professionale. Scuola Cardinal Salotti - Inaugurazione: Corpo dirigenti 36

37 Un popolo in cammino Schiere e schiere di giovani sono usciti dalla Scuola atti al lavoro qualificato e in condizioni di potersi creare una famiglia. Molti ne ho incontrati per le vie del mondo fieri di esserne stati alunni. Di quei primi ho visto famiglie e figli; ne ho visto aggirarsi là fra i pini, sostare nella cappella, giocare sul campo, fieri "quei padri" di far vedere ai figli il luogo della loro educazione. Giunto alla fine del cammino, fra i numerosi motivi che ho di ringraziare Dio vi è questo, non ultimo, della Scuola Salotti per la quale Egli si è servito della mia pochezza per realizzare le sue meraviglie. Spesso mi recavo là in quegli anni nei quali essa cresceva e si sviluppava; là spiritualmente godevo e pregavo sempre che i giovani fossero nella vita fedeli al Signore, ché chi è/edele a Dio è sempre felice, salvo in terra e beato in cielo; era questo il tema espresso in mille modi diversi di ogni predica e di ogni mio conversare. Scuola Cardinal Salotti - Inaugurazione 37

38 La nomina a Viterbo Poi venne la nomina a Viterbo ove fui chiamato da Paolo VI a succedere all'arcivescovo Adelchi Albanesi, dopo di esserne stato durante la lunga sua malattia, Amministratore Apostolico. Non potei più quindi recarmi alla Scuola a mio piacimento ché era necessario per me il tempo della libera scelta. L'unica realtà di cui non potevo proprio disporre era il tempo. Dovevo consumarlo solo ove fossi stato chiamato a servire. Scuola Cardinal Salotti - Inaugurazione: alunni e cittadini t 38

39 Il desiderio di vedere persone e luoghi dovevo seppellirlo in cuore per sempre, per sempre obbedire a chi mi avesse dato un ordine o porto un invito. E ciò tanto più che era di quel tempo l'amministrazione Apostolica della Diocesi di Pitigliano, la meno popolosa, ma territorialmente, la più vasta d'italia, un servizio quindi che si estendeva da Viterbo a Grosseto. Pensando a quegli anni non so, anche se disponevo di un Vescovo Ausiliare nella persona amabile di Mons. Renato Spallanzani, come ne sia uscito vivo e vegeto; tutto ciò rendeva preziosi anche i minuti; conosco bene le capriole che si dovevano fare negli imprevisti come quando dovevo visitare un Sacerdote infermo o andare a salutare i genitori malati. E' vero che salivo quassù a Montefiascone ogni venerdì, passando quel giorno nella solitudine della casa, ma dovevo pur pregare più a lungo, meditare per me, dedicarmi allo studio. Ma in quei venerdì sacri al ritiro, salivo anche sulla Rocca e di là guardavo carezzevolmente tutta l'area della Scuola, il parco, le macchie, il bosco di querce, la chiesa e, infine, il colosso del grande palazzo. Guardando pregavo che Dio continuasse a benedire l'opera Sua. Spesso anche ora ci penso e ogni volta prego. Sua Ecc.za Mons. Boccadoro, dopo aver celebrato in casa di due coniugi anziani. (Taddeo e Costanza Taddei). Continua ancora la sua attività principale di sacerdote. 39

40 In questo atteggiamento si può riassumere la sua lunga e fruttuosa giornata umana! 40

41 Centro di Formazione Professionale Scuola «CARDINAL SALOTTI» NATURA DELL' OPERA La Scuola CARD. SALOTTI - ideata e realizzata nel 1954 da S.E. Mons. LUIGI BOCCADORO, Vescovo di Montefiascone e Acquapendente - è una istituzione sorta per la formazione cristiana, l'educazione morale e civile della gioventù e per la sua qualificazione e specializzazione professionale. E' riconosciuta e dichiarata CENTRO DI FOR- MAZIONE PROFESSIONALE dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Per l'attuazione delle sue finalità, la Scuola è provvista di 7 Reparti-Laboratori, distinti per ij diversi Corsi, con attrezzatura e moderne macchine utensili; di un edificio per le aule scolastiche; di un convitto per l'ospitalità permanente di 300 Allievi; di Chiesa, cortili, palestra e campi di giuoco Per agevolare ai 'futuri lavoratori la necessaria cultura di base, la Scuola è dotata di una Scuola Media Statale, nella quale vengono accolti gli alunni che abbiano terminato le Elementari e che mostrino interesse e inclinazione a continuare poi nel Centro la propria qualificazione. Caratteristica della Scuola è la concreta e intima collaborazione con le famiglie, alle quali rinvia i figli settimanalmente, dal sabato pomeriggio al lunedì mattina, sempre che la partenza e l'arrivo non ledano l'orario delle lezioni teoriche e pratiche o compromettano il profitto scolastico. Esclude pertanto ragazzi di strada e accoglie solo figli di famiglie legittime, ben formate, che abbiano il culto del dovere e del lavoro MACELLERIA scoponi Giorgio Vitella - Abbacchio Vitellone e Polli Carne di prima qualità C.so Cavour 6a - Monlefiascone lei onde offrire la necessaria base morale e la migliore garanzia all'avvenire operaio dei figli. IL CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Il Centro ha il fine di accogliere i giovani destinati al lavoro, e di formarne, attraverso un ciclo triennale, degli operai qualificati. Vi si accettano i giovani: che abbiano compiuto il 15 anno di età o che lo compiano entro il primo anno di permanenza al Centro; che aliano in possesso deha licenza della Scuola Media o almeno abbiano la Licenza della Quinta elementare. I risultati eccellenti conseguiti dal Centro sono ampiamente comprovati dalle crescenti richieste di giovani da parte di industrie e aziende, presso le quali la buona prova offerta dagli Allievi ha (suscitato i più lusinghieri apprezzamenti. I programmi culturali e tecnico-pratici vengono continuamente aggiornati alle esigenze e- ducative e prófessionali. La frequenza ai Corsi è gratuita. Agli aìliievli la Scuola distribuisce gratuita* mente: tutti i libri di testo; gli strumenti individuali di lavoro; il materiale didattico di esercitazione. Gli allievi godono di: assicurazione contro gli infortuni sul lavoro; premio annuale di clessifica per i primi classificaci alle prove di esame. A fine d'anno gli allievi _sostengono gli esami davanti ad una Commissione composta da tecnici di tutte le Organizzazioni Provinciali del Lavoro. Al termine del triennio viene rilasciato un «Diploma di Qualificazione o Specializzazione», convalidato dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Soqjale, che è titolo di preferenza per essere assunti al lavoro. Attualmente i Corsi che si svolgono al Centro riguardano i seguenti settori professionali: MECCANICA - TERMOIDRAULICA - ELETTRO- MECCANICA - RADIO TELEVISIONE. NORME PER L'ISCRIZIONE Gli aspiranti, al Centro di Formazione Professionale dovranno inviare alla Segreteria della Scuola entro il 15 settembre c.a. i seguenti documenti: 1 - MOD. C1 DELL'UFFICIO DI COLLOCA- MENTO 2 - CERTIFICATO DI NASCITA 3 - CERTIFICATO SCOLASTICO 4 - UNA FOTOGRAFIA FORMATO TESSERA Le domande saranno accettate limitatamente ai posti di lavoro disponibili per ogni settore professionale. Nei Corsi triennali sono disponibili: n. 40 posti del I Corso Meccanici; n. 20 posti del I sti del I corsv Elettricisti impiantisti; n. 15 Corso Impiantisti idraulici e Termici; n. 20 poposti del I Carso per Radiotelevisionisti; n. 30 posti nella Scuola Media (Convittuali). L'ammissione definitiva è subordinata all'esito della visita medico-psicotecnica che verrà effettuata all'inizio dell'anno scolastico. Per 'l'ammissione alla Scuola Media dovranno osservarsi le norme vigenti di legge. NORME PER L'AMMISSIONE AL CONVITTO Il Convitto ospita, come grande famiglia, gli allievi del Centro e della Scuola Media per sei giorni la settimana, dal lunedì al sabato. Per tale scopo è stato costruito un complesso grandioso con attrezzature perfette, con una capacità di oltre 300 posti. Il vitto è sano ed abbondante, regolato da una precisa tabella dietetica. Il corredo da portare è il seguente: lenzuola, coperte, federe, asciugamani, tovaglioli, indumenti personali di ricambio e tutto il necessario per l'igiene personale. Albergo " ALTAVILLA di MARZIANTONIO FERRUCCIO Via D. Alighieri 16 - Via del Pino MONTEFIASCONE Tel Camere con bagno Riscaldamento centrale Ascensore ZONA QUIETA E PANORAMICA

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