A CURA DI MASSIMILIANO MONNANNI MARIO MODERNI LA SUA VITA NARRATA DAL PADRE SALLUSTIANA EDITRICE

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1 A CURA DI MASSIMILIANO MONNANNI MARIO MODERNI LA SUA VITA NARRATA DAL PADRE SALLUSTIANA EDITRICE

2 A CURA DI MASSIMILIANO MONNANNI MARIO MODERNI LA SUA VITA NARRATA DAL PADRE

3 La targa marmorea apposta nell atrio dell Aula Magna dell Accademia di Belle Arti di Roma, che ricorda l eroismo di Mario Moderni e l istituzione, per volontà della sua famiglia, della fondazione che porta il suo nome.

4 Sommario Presentazione 7 Introduzione 9 Prefazione 11 La nascita CAPITOLO I 15 L infanzia CAPITOLO II 17 L adolescenza CAPITOLO III 29 La giovinezza CAPITOLO IV 51 La vita militare CAPITOLO V 81 La morte CAPITOLO VI 137 Condoglianze CAPITOLO VII 189 La salma dell eroe CAPITOLO VIII 229

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6 PRESENTAZIONE di Donato Robilotta Assessore agli Affari Istituzionali e agli Enti Locali della Regione Lazio Sono davvero onorato - e di ciò ringrazio la Fondazione Moderni di poter scrivere l introduzione del volume in ricordo del valoroso giovane patriota Mario Moderni. Nella narrazione della vita di suo figlio, il Colonnello Pompeo Moderni descrive e trasmette sentimenti contrastanti: la gioia e l orgoglio per aver avuto modo di condividere con il giovane figlio l amore per la libertà, per la propria Patria ed il coraggio di morire credendo in una giusta causa, il dolore per un vuoto incolmabile ed eterno. L esempio di Moderni mi auguro possa risvegliare il sopito senso della Patria nelle nuove generazioni, arricchendo il bagaglio di valori e di ideali che hanno reso l Italia un paese libero e democratico. La Regione Lazio ha fatto proprio il riferimento a questi valori, difesi con la vita tra l altro dal giovane combattente, ed ha approvato, prima in Italia, una legge regionale sui Valori Nazionali, allo scopo di educare e far conoscere le ragioni dell appartenenza ad un Italia fondata sul sacrificio di tanti e sull unità di ideali. 7

7 Sono sicuro che le attività della Fondazione, ora riprese con vigore dopo un lungo periodo di stasi grazie all azione di rinnovamento impressa dall amministrazione regionale, contribuiranno attivamente, mediante il conferimento di borse di studio a studenti meritevoli, a trasmettere e tramandare la memoria e l importanza del senso della Patria. Saluto quindi con soddisfazione iniziative di tale genere, che sono senza dubbio alcuno la conferma di un ritrovato orgoglio nazionale, alla riscoperta di figure e di valori su cui è fondato il nostro Paese.

8 INTRODUZIONE di Massimiliano Monnanni Commissario Regionale fondazione Mario Moderni Nello scorrere le pagine, appassionate e calde di un intenso amore paterno, con le quali il Colonnello Pompeo Moderni narra la breve vita del suo unico figlio Mario, conclusasi eroicamente, a soli 22 anni, sul fronte di guerra della Val Camenca, si compie un viaggio a ritroso nel tempo, molto più del secolo trascorso, un enorme salto all indietro, in un mondo, intessuto di valori, convenzioni, passioni, amor di patria, del quale sembra essersi smarrito financo il ricordo. Eppure quella società, quei valori, quei fatti appartengono alla storia del nostro Paese, alla nostra memoria collettiva, alle radici culturali e storiche di ognuno di noi. Nel corso della I Guerra Mondiale oltre 600 mila furono i caduti, ed ogni famiglia ebbe un caro o un congiunto da piangere e da ricordare. Cosa resta oggi di tutto ciò? Scrive il Colonnello Moderni nella prefazione alla Vita di Mario Moderni : La ragione prima di questo libro è stata un bisogno imperioso del cuo- 8 9

9 MARIO MODERNI LA SUA VITA NARRATA DAL PADRE re: appena decisa la fondazione di un opera di beneficenza che porterà il suo nome, mi venne il desiderio di scrivere il racconto della sua breve esistenza e di dedicarlo ai suoi beneficati, perché essi, ispirandosi alle sue virtù domestiche, potessero mantenersi buoni ed affettuosi verso i loro parenti, come si è mantenuto Lui, anche in mezzo ad opposti interessi familiari. La sua morte eroica era stata al campo uno splendido esempio di stoicismo e di patriottismo: ho voluto che questo esempio di romanità ed eroismo, si perpetrasse tra i suoi beneficati. E conclude: Esso morendo potè proclamare d aver fatto il suo dovere, ed io auguro a tutti quelli che otterranno le Borse di studio da me istituite, che, ispirandosi alla vita semplice, ma onesta di Mario Moderni, possano, morendo, proclamare altamente anch essi d aver fatto, e sempre, il loro dovere verso se stessi, verso le loro famiglie e verso la Patria. Una funzione pedagogica, dunque, tipica del milieau risorgimentale e positivista, nel quale l intera famiglia Moderni, e quindi lo stesso Mario, era vissuta. Dal nonno francese, combattente per la libertà, al nonno acquisito, cospiratore e garibaldino, più volte decorato, al padre di Mario, arruolatosi a soli 16 anni per combattere la III Guerra d Indipendenza. Tramandare le virtù, i valori, l amor di patria di una famiglia destinata ad estinguersi a causa del suo stesso patriottismo, con l unico mezzo possibile, degna conclusione dell intera sua storia, un opera di beneficenza laica, atta a consentire alle classi popolari l istruzione superiore necessaria a farle costruire un futuro migliore. Questo il grande patrimonio morale lasciatoci in dote dalla famiglia Moderni, che è compito della Fondazione quanto più possibile diffondere e promuovere presso le giovani generazioni del nostro Paese

10 PREFAZIONE del Colonnello Pompeo Moderni Roma, 1 Maggio 1920 lettore, appena preso in mano questo libro, probabilmente si chiederà: Il quale la ragione di esso? Perché Mario Moderni non era un capitano, un alto ufficiale, un diplomatico, un uomo che avesse raggiunto un alta posizione sociale e la cui vita, spenta dalla guerra mondiale, potesse interpretare la storia. La ragione prima di questo libro è stata un bisogno imperioso del cuore: appena decisa la fondazione di un opera di beneficenza che porterà il suo nome, mi venne il desiderio di scrivere il racconto della sua breve esistenza e di dedicarlo ai suoi beneficati, perché essi, ispirandosi alle sue virtù domestiche, potessero mantenersi buoni ed affettuosi verso i loro parenti, come si è mantenuto Lui, anche in mezzo ad opposti interessi familiari. La sua morte eroica era stata al campo uno splendido esempio di stoicismo e di patriottismo: ho voluto che questo esempio di romanità ed eroismo, si perpetrasse tra i suoi beneficati. Esso morendo potè proclamare d aver fatto il suo dovere, ed io auguro a tutti quelli che otterranno le Borse di studio da me istituite, 10 11

11 MARIO MODERNI LA SUA VITA NARRATA DAL PADRE che, ispirandosi alla vita semplice, ma onesta di Mario Moderni, possano, morendo, proclamare altamente anch essi d aver fatto, e sempre, il loro dovere verso se stessi, verso le loro famiglie e verso la Patria. Terminata vittoriosamente la guerra, mentre in ogni parte d Italia, i Socialisti italiani, che durante la guerra avevano, con la loro propaganda tentato d impedire questa vittoria, temendo dovesse essere una disfatta del loro partito, stanno provocando ad ogni momento scioperi e rivolte sanguinose; mentre le masse ignoranti ed ingannate, perduto ogni sentimento nobile di Patria, rotto ogni freno, abolita ogni disciplina, stanno sospingendo il paese nell abisso, in fondo al quale sta la schiavitù economica, mi è sembrato che queste pagine da me scritte, possano con il tempo, avere un valore storico. Io spero ancora che il buon senso naturale degli Italiani salvi la Patria dall estrema rovina, come la salvò dopo la disfatta di Caporetto, conducendola, fra l ammirazione del mondo, alla splendidissima vittoria finale di Vittorio Veneto; ma se questa mia speranza non avesse, disgraziatamente, ad avverarsi, questo disastro che colpirebbe l Italia vittoriosa, sarebbe dovuto alla propaganda infame della lotta di classe, per troppo lungo tempo supremamente sopportata dai vari Governi succedutisi, la quale doveva necessariamente tradursi in odio di classe, e condurre immancabilmente alla guerra civile. Indebolitosi nelle masse, sempre più evolute, il sentimento religioso, per esse non vi può essere altra forza morale che l amor di Patria; e questo amor di Patria, questo sentimento nobilissimo, bisogna spiegare ed inculcare al popolo in tutti i modi possibili, facendogli comprendere che il medesimo, fondato su ben definiti limiti di diritti e di doveri, affratellando tutte le classi sociali davanti ai comuni interessi, non ostacola, ma facilita la ragione di rivendicazioni proletarie, senza sconvolgere la scala dei valori umani, indispensabile al progresso della società civile; unendo a poco a poco, con vincoli di solidarietà, tutti i popoli della Terra. L amor di Patria è quello che ci diede la forza per risorgere a dignità di Nazione; l amor di Patria fu la molla che, nell ultima guerra, fece scattare la nostra gioventù e, quasi disarmata, la scagliò entusiasmata contro il secolare nemico d Italia; l amor di Patria fu il talismano che diede ai nostri ragazzi, usciti dalle braccia delle madri, la forza di resistere a tutti i disagi ed i pericoli d una guerra eccezionalmente lunga, barbara e crudele, affrontando serenamente la morte con un eroismo che ha meravigliato il mondo. Un indebolimento dell amor di Patria, dovuto alla propaganda socialista e clericale nelle trincee dei nostri soldati, fu, quasi certamente, la causa prima del disastro immenso di Caporetto, che per poco non travolse le fortune d Italia: un rafforzamento dell amor di Patria, provocato dal pericolo mortale che minacciava l Italia dopo quella grande disfatta, ci diede la vittoria finale di Vittorio Veneto, la vittoria più grande e più completa che ricordi la storia! L amor di Patria, e solo l amor di Patria, da a noi poveri genitori, orbati dei nostri figli, la rassegnazione di vivere senza di essi, pur chiamandoli ad ogni momento; ci dà la forza per sopportare il ritardo nella riconsegna delle loro

12 salme adorate, le privazioni e la denutrizione a cui una lunga carestia non preveduta, costringe la nostra vecchiaia sconsolata; ci dà la forza per guardare con filosofico disprezzo il tradimento dei nostri alleati, e più specialmente della Francia, da noi salvata al principio della guerra; tradimento, dopo la nostra vittoria, ottenuta per noi e per loro, e contrastante le nostre sante rivendicazioni, per le quali i figli nostri avevano versato il loro sangue generoso. Le generazioni che verranno, constatando che questa grande forza morale dell amor di Patria è quella che, in questo periodo storico, ha salvato l Italia della servitù straniera, e, speriamo, la salverà dalla guerra civile, conserveranno religiosamente questa forza morale, composta di altruismo e sacrifizi, che è la sola, grande e nobile, che può dare ad esse l agiatezza, alla Patria lusso e potenza

13 Il frontespizio del manoscritto del Col. Pompeo Moderni Mario Moderni. La sua vita narrata dal padre

14 CAPITOLO I LA NASCITA Pesava come un incubo su la famiglia Moderni la mancanza di discendenti: dei due figli di Michele Moderni e di Rosa Savelloni, nessuno sembrava dovesse aver figli. Ernesto il figlio minore, ammogliatosi per primo, ma con una donna malaticcia, non permetteva illusioni circa la possibilità di vedere da questo ramo, continuata la famiglia; né miglior sorte pareva dovesse aspettarsi dal matrimonio di Pompeo, figlio maggiore, poiché gli anni passavano ed anche questo connubio restava sterile. In seguito a delle cure speciali e ad una speciale operazione fatte fare a sua moglie, dopo 12 anni di matrimonio, nacque a Pompeo una bambina, ma nata morta; l anno appresso nacque altra bambina, morta anch essa prima di nascere, e finalmente dopo 16 anni di matrimonio, da Pompeo Moderni e da Francesca Conovelle 1 nacque Mario, il 20 luglio 1893, alle ore 7.15, in Via Vittoria n 32 piano III, appartamento a destra su la scala. Fu gioia grande nella mia casa per la nascita di questo bambino, che io, d accordo con mia moglie, volli che non fosse ascritto a nessuna religione, con quella forma coatta che si usa nella società attuale, ma lasciato, senza pre- 1: Il nome di Conovelle è una storpiatura fatta sui registri dello Statuto Civile, dal parroco di San Salvatore in Lauro di Roma, dove fu battezzata la madre di Mario, nata da Lucia Mascetti, romana, e dal marito (un francese) che si chiamava Giovanni Antonio Knoell, forse un Bretone, morto nel 1870 combattendo per la Patria sua

15 MARIO MODERNI LA SUA VITA NARRATA DAL PADRE concetti religiosi, completamente libero di scegliere la sua via, quando, compiuta la propria istruzione e la propria educazione, fosse stato in grado di comprendere l importanza dell atto da compiere, ed avesse potuto riflettere se vi era proprio bisogno di essere ascritti ad una religione o non bastasse semplicemente praticare coscienziosamente la morale, che di tutte le religioni passate, presenti e future è stata, è e sarà la base. Il piccolo Mario non era nato però sotto buona stella: prima di tutto, la sua nascita avvenuta quando io avevo già 45 anni di età, lo minacciava fin dalla culla con il pericolo di potere restare orfano prima di essersi potuto fare una posizione indipendente; in secondo luogo egli era nato con sei dita al piede destro (due mignoli), imperfezione della quale nessuno si accorse per alcuni giorni, ed avrebbe potuto avere conseguenze gravissime, se per disgrazia avesse dovuto aver bisogno di una balia, specialmente se fuori di Roma. Un a dozzina di giorni dopo la sua nascita, mentre io mi trovavo fuori di Roma e la madre lo lavava, una giovane amica di famiglia, Rosina Gordini, che tanta parte doveva rappresentare nella breve esistenza di Mario, accarezzandolo e baciandogli i piedini, si accorse di questa imperfezione.

16 CAPITOLO II L INFANZIA avere sei dita ad un piede non era un grave difetto fisico e soprattutto L non poteva avere conseguenze, ma io mi consigliai subito con il medico di famiglia, Dott. Valeriano Bertarelli, desiderando di far sparire, possibilmente, anche questa lieve imperfezione ed avere perfettamente sano e libero da qualsiasi difetto, il tanto desiderato, e, fin dal suo primo apparire, adorato figliuolo. Il medico lo visitò attentamente parecchie volte e quindi dichiarò che l asportazione del sesto dito non presentava difficoltà e non avrebbe lasciato traccia alcuna, poiché il medesimo potevasi disarticolare. L operazione fu decisa, ma come avvertiva il medico, si doveva attendere che il bambino avesse raggiunto almeno i sei mesi d età. Venne presto il giorno fissato per togliere al mio piccino l imperfezione con la quale era nato: e benchè la Mamma fosse di animo virile, pure non le permisi di assistere all operazione, di udire gli urli di dolore del povero piccino e vedere le sue teneri carni straziate dal ferro del chirurgo. La Signorina Rosina Gordini volle assumersi l incarico di tenerlo su le sue ginocchia mentre il chirurgo operava; io mi assunsi il compito di tenere fer

17 MARIO MODERNI LA SUA VITA NARRATA DAL PADRE mo tra le mie mani il piedino del mio angeletto e l operazione cominciò. Alla prima incisione egli volse i giro gli occhi esterrefatti come per chiedere: perché mi fate del male? Poi cominciò a gridare e quei gridi di dolore, gli unici che abbia emesso in sua vita, li ho ancora nelle orecchie come se li avessi uditi ieri. Il medico aveva sbagliato nelle sue previsioni, me ne accorsi subito, il ditino no era disarticolarizzabile perché i due mignoli erano saldati su lo stesso osso, e dovette tagliare come si poteva. In definitiva, tagliato il sesto dito, rimase al piede una sporgenza laterale dell osso che di poco o nulla migliorava le condizioni primitive. Averlo potuto prevedere, avrei risparmiato al povero piccino quel primo dolore! Dal giorno della nascita, la madre non aveva avuto più che un solo pensiero: suo figlio! Appena nato non le era sembrato bello, ma dopo un paio di giorni, accomodatasi la figura del neonato, essa aveva dovuto cambiar parere. Tra le cure assidue, previdenti ed amorose di una madre affettuosissima, il bambino cresceva diventando sempre più bello e florido, e benchè ci avesse impensierito alquanto il ritardo nel cominciare a pronunciare le prime parole; ma finalmente dalle sue labbruccie scoccò la dolce parola mam-ma e le nostre paure sparirono. Mentre era nel secondo anno d età avemmo uno spavento, che fortunatamente durò poco: la Mamma si accorse che il bambino aveva la febbre ed abbastanza alta. Chiamato il medico questi lo visitò minutamente poi ci disse: ancora non vi è alcun sintomo ma temo trattarsi di difterite. Infatti dopo tre giorni di febbre, delle larghe placche si manifestarono alla gola: eravamo però preavvisati e si stava in guardia; due iniezione successive di siero, fecero sparire ogni pericolo. Grassoccio, roseo, di capelli biondo-oro che gli scendevano in anella su le spalle, occhi color di cielo, a due ani e mezzo il nostro Mario era diventato uno dei più belli bambini di Roma. A quell età gli feci fare un ritratto in miniatura che ricorda la bellezza del bambino. La Mamma ne era fiera! Quando le amiche veniva a trovarla e, mentre accarezzavano il bambino, alludendo alle ritardate gestazioni, le dicevano: ci hai messo molto, ma l hai fatto bello, i suoi grandi e dolcissimi occhi, brillavano di santo orgoglio materno! Eravamo entrambi stati già provati dalla sventura, sapevamo già che cosa fosse dolore, ma allora con il nostro piccolo Mario che ci sorrideva, eravamo felici! L avverso Destino però che mi ha perseguitato per tutta la vita, vegliava su la mia casa, perché la felicità non potesse regnarvi lungamente. I brevi periodi di felicità che da questo avverso Destino mi furono concessi, dovevano servire per farmi poi sentire più acuto il dolore nella nuova sventura che mi preparava. Nel dicembre del 1895 mia moglie si accorse d essere nuovamente incinta e nello stesso tempo le si manifestarono dei dolori al braccio sinistro, che il medico di famiglia definì per una nevralgia, della quale intraprese subito la cura. Avevamo cambiato alloggio: da Via Vittoria eravamo venuti ad abitare

18 in Via Conte Verde n 15, piano II, appartamento a destra su la scala; più grande, più conveniente, più in lusso, ma non così bene esposto come quello di Via Vittoria. Il medico di famiglia non ne fu contento e quando mia moglie si ammalò, esso dichiarò che, l appartamento essendo alquanto umido per mancanza di sole nei mesi invernali, i dolori reumatici da essa avuti qualche mese prima, dovuti appunto alla poca salubrità della casa, si erano mutati in una nevralgia. Il medico si era sbagliato anche stavolta: non si trattava di nevralgia, ma degli ultimi residui di una malattia ereditaria, facilmente curabile; in marzo mia moglie abortì e fece un bel maschio che visse una mezzora ed al quale era destinato il nome di Scipione. La salute della mia buona e santa compagna andò sempre peggiorando; a nulla valsero le cure più affettuose, le medicine le più costose, un consulto fatto troppo tardi; il 5 novembre del 1896, un giovedì, alle ore essa spirò, quasi improvvisamente, fra le mie braccia. Il suo ultimo pensiero dev essere stato per il suo piccino, perché a tre camere di distanza, dove lo avevamo collocato, per il grave stato in cui trovavasi la Mamma, il bambino si svegliò piangendo forte e gridando. Mia madre, che assieme alla signorina Gordini assisteva mia moglie, corse a tranquillizzare il piccolo Mario, rimasto orfano di madre all età di 3 anni e 3 mesi! Fu uno schianto! Io mi sentivo il cuore straziato non solo per aver perduto una compagna impareggiabile, la madre del mio bambino, con la quale per 9 anni avevo diviso gioie e dolori, ma anche dal pensiero che quel povero bambino fosse condannato a non conoscere le carezze di una madre, a non provare le dolcezze dell amore materno, a non essere assistito dalle sue cure, a non bearsi nel profumo dei suoi baci! Altre preoccupazioni si aggiunsero subito a farmi sentire tutta la gravità della perdita che io e Mario avevamo fatto, a mostrarmi le difficoltà gravissime in mezzo alle quali mi trovavo. Non potevo e non volevo affidare il bambino ad una persona mercenaria che si incaricasse della mia casa, tanto più che i miei doveri professionali mi obbligavano a lunghe assenze da Roma, né volevo separarmi dal bambino e consegnarlo a mia madre, come ella mi offriva. Dal giorno che mi era nato quel bambino, avevo inteso subito tutti gli obblighi che ha un padre per l istruzione da impartire ai piedi, per la loro educazione, per la formazione del loro cuore, della loro coscienza, del loro carattere, per l indirizzo del loro cervello; tutte cose che un padre, il quale ama veramente i propri figli, deve curare e sorvegliare da sé e non affidare ad altri, per quanto stretti parenti essi siano. La morte avendomi tolto la mia collaboratrice naturale, ed una collaboratrice su la quale avrei potuto fare sicuro affidamento, i miei doveri di padre si rafforzarono maggiormente nella mia coscienza. Non volendo sbarazzarmi del bambino e consegnarlo a mia madre, bisognava provvedere perché una donna assumesse la direzione della casa e la sorveglianza del povero orfanello, e questa donna non poteva essere che mia madre. Essa però, per la sua tarda età, essendosi ridotta a convivere con mio fratello, non si sentiva più la forza di riprendere la direzione di una casa ed oppose un deciso rifiuto dal quale non fu più possibile smuoverla. Vi sarebbe 18 19

19 MARIO MODERNI L INFANZIA stato un altro mezzo per accomodare le cose, quello cioè di smettere casa ed andare con mio figlio a convivere con mia madre in casa di mio fratello e di mia cognata, la quale ultima però non mi offriva nessuna garanzia né per l educazione, né per la salute di mio figlio, e con la quale, ero certo, non sarei andato d accordo. Intanto, mentre degli amici facevano gli ultimi tentativi per decidere mia madre a prendere la direzione della mia casa, per non andare in un albergo, avevo accettato l ospitalità che mi aveva offerto la signorina Gordini e con il mio bambino mi ero rifugiato in casa sua. Erano passati appena una ventina di giorni dalla morte della Mamma, quando il bambino si ammalò di bronchite e la malattia divenne in breve di una certa gravità. Nuove ansie. Pochi giorni prima della sua morte, mia moglie si era sognata mia Zia, la sorella di mia madre, morta quattro anni prima, dalla quale era amata ed essa riamava teneramente: sembrava che questa nostra buona e da noi amata parente, venisse a prenderla tutta vestita di bianco. Mia moglie nell accingersi a seguirla le domandava: - E Mario, - Lascialo pure Le rispondeva la morta verremo a prenderlo più tardi. Nel vedere mio figlio ammalato seriamente, credetti che il sogno di sua madre fosse stata una visione, un fenomeno di telepatia, e che l ultima ora del mio piccino stesse per suonare. M ingannavo, il Destino mi riserbava un colpo più crudele, una sciagura più grande, un dolore senza possibilità di conforti; ed il bambino pian piano, per le affettuose cure prestategli dalla signorina Gordini, cominciò a migliorare ed in breve ogni pericolo scomparve. Il medico della famiglia Gordini che lo aveva curato, mi avvisò che il mio piccino era entrato in piena convalescenza e appunto per questo aveva bisogno di tornare a casa sua tutta piena di sole, in mezzo ai fiori della grande terrazza, in mezzo a tutte quelle indispensabili comodità che ci mancavano in quella nostra ristretta e provvisoria dimora. Ma a rendere possibile questo ritorno alla nostra casa, si opponeva sempre la mancanza di una parente che assumesse la direzione della famiglia e la custodia del bambino. La signorina Gordini, vistomi nell impossibilità di risolvere questo gravissimo problema, dal quale dipendeva la tranquillità mia e l avvenire di mio figlio, si offrì essa stessa di venire in casa mia a far da mamma al povero orfanello. Accettai subito con riconoscenza l affettuosa proposta. La signorina Gordini conviveva con suo padre, cospiratore e vecchio soldato delle prime guerre dell Indipendenza Italiana, pensionato come mutilato di guerra per tre gloriose ferite riportate sui campi di battaglie; io non avevo più che il mio Angeletto, l appartamento mio in Via Conte Verde n 50, che, spinto dal medico (il quale nella malattia di mia moglie non aveva veduto altra causa che l umidità dell appartamento dove ci trovavamo) ero andato ad abitare, di fronte all altro, otto giorni prima della morte della mia povera moglie, nella speranza di salvarla, era abbastanza vasto per contenere comodamente riunite le due piccole famigliuole; così dopo due mesi, la vigilia di natale del 1896, facemmo ritorno nella casa che era stata così precocemente visitata dalla morte.

20 Non era una casa allegra la nostra! Mario cresceva in un ambiente fatto deserto e muto dalla morte! Il vuoto lasciato dalla povera mamma sua, rapita all affetto nostro a soli 35 anni d età, non era facilmente colmabile! Tuttavia a mio figlio non mancava le cure, le più affettuose: la signorina Gordini, conosceva già l andamento della casa, quindi non le ci volle molto per riassumerne nelle sue mani l amministrazione. Essa conosceva le mie abitudini: donna di cuore buono ed affettuosissimo, entrata in casa, s impose il compito di non fare accorgere a me ed a mio figlio la grave perdita che avevamo fatto e, interrogando la domestica che era stata con mia moglie, consultandosi con mia madre, mettendovi tutto il suo impegno, ci riuscì completamente. Non era passato molto tempo dalla morte di mia moglie e già mio figlio la chiamava Mamma! Dapprincipio quel nome mi faceva male, mi sembrava che si usurpasse qualche cosa che era strettamente dovuto soltanto alla povera morta, ed una sera, preso il bambino per la mano, lo condussi davanti ad un grande ritratto della madre e gli dissi: - Guarda Mario mio, Mamma tua, guardala bene, non te la dimenticare mai; questa è mamma tua non la signorina Rosina. Egli ascoltò quanto gli dicevo mentre guardava attentamente il ritratto poi, dopo un istante di riflessione, voltosi di scatto verso di me come avesse trovato la soluzione di un problema, insegnando con la sua manina, il ritratto della madre mi disse: - Quella è mamma Checchina Poi voltosi verso la signorina Gordini ed afferrandola per la gonna, proseguì concludendo E questa è mamma Rosa. Capii che per il bambino era un bisogno pronunziare quel santo nome e lo lasciai fare come voleva, tanto più che le cure assidue che la signorina Gordini aveva per il mio Mario glielo avevano affezionato talmente, che sarebbe stato impossibile far comprendere a quel bambino, che quella donna non era una sua buona mamma! Stavano per scadere i due anni di lutto stretto che per la morte di mia moglie avevo imposto a me ed a mio figlio, quando altri due avvenimenti vennero quasi contemporaneamente a turbare la tranquillità della nostra esistenza: mio padre, giunto all età di 75 anni, moriva quasi improvvisamente a Roma di congestione, il 29 agosto 1898, mentre noi ci trovavamo, per la bagnatura, nella nostra villetta di Terracina; ma questo avvenimento rimase quasi inavvertito al bambino. L altro invece ebbe una grande importanza per la mia famigliuola: Giuseppe Gordini, padre della signorina Rosina, venne colpito da paralisi progressiva, conseguenza delle ferite riportate in guerra, e perché potesse avere tutte le cure e le assistenze che il suo stato richiedeva, fu collocato in una casa di salute, dalla quale non doveva più uscire. La signorina Rosina, rimasta senza il padre, sola in casa con me, venne a trovarsi in una posizione irregolare davanti alla società. Come rimediare? A separarci non vi era da pensare: tutti e due amavamo Mario, tutti e due avevamo consacrato la nostra vita, ogni nostro pensiero, ogni nostra azione al piccolo orfanello e nessuno dei due avrebbe accettato di separarsene. Non c era quindi che una soluzione: sposarci! A me che alla morte di mia moglie era sembrato impossibile un secondo matrimonio, in questa occasione mi si af

21 MARIO MODERNI LA SUA VITA NARRATA DAL PADRE facciò subito alla mente come un ancora di salvezza e lo proposi alla signorina Rosina. Benché ci fossero 20 anni e mezzo di differenza tra la mia e la sua età, pure essa accettò subito con gioia una proposta che le avrebbe permesso di non separarsi più dal suo Mario. Il nostro matrimonio avvenne il 25 marzo Due amici ci accompagnarono al Municipio ed in una mezzora che legalizzava la presenza in casa mia della signorina Gordini, divenuta signora Moderni, era compiuta. Intanto il mio Mario, a 6 anni compiuti, era entrato nelle Scuole elementari pubbliche, perché non volevo che frequentasse scuole private a pagamento. Il suo piccolo cervello potesse accogliere idee vanitose, tanto difficile a sradicare dalla mente di giovanetti, cresciuti nella convinzione di appartenere ad una casta privilegiata. Prima di entrare alle elementari, aveva frequentato il giardino d infanzia, ed un po qui, un pò con l istruzione impartitagli a casa dalla sua seconda Mamma, quando lo presentammo alle elementari, il bambino era già in grado di entrare direttamente alla seconda classe. Ne avvertimmo infatti, la direttrice della scuola, la quale gli fece delle domande, onde potere accontentare il nostro desiderio, di farlo entrare direttamente nella seconda classe. Ma nel mentre il bambino si era mostrato al giardino d infanzia, d una irrequietezza della quale più tardi dovevamo conoscere la causa, era nello stesso tempo d una timidezza che non ha potuto vincere mai completamente, specialmente nei suoi rapporti con me, quindi alle domande fattegli dalla direttrice, rimase muto come un pesce e bisognò rassegnarsi a fargli perdere un anno, e ripetere cose che sapeva benissimo. Ho detto che nel giardino d infanzia era irrequieto ed irrequieto doveva mostrarsi anche nelle scuole elementari e poi al Ginnasio, ma in casa questo bambino è stato sempre d una bontà eccezionale; nessuno lo ha udito mai piangere, mai avuto di quei capriccetti, di quelle stranezze così comuni a tutti i bambini. La sua seconda mamma, sotto questo punto di vista non ha dovuto faticare molto per allevarlo. Dopo la morte della mia prima moglie, mi ero chiuso in casa, ad occuparmi esclusivamente del mio bambino e dei miei studi, senza più frequentare ne amici, ne divertimenti e specialmente senza mettere più piedi nei teatri. La mia seconda moglie mi fece comprendere che questo stato di cose non poteva continuare all infinito, poiché quel povero bambino sempre chiuso in casa, avrebbe finito per diventare un selvaggio. Quella piccola esistenza che si schiudeva, aveva bisogno di vedere, di capire, di godere, di divertirsi, e siccome si avvicinava il carnevale mi propose di preparare una mascheratura per condurre il nostro figliuolo al veglione dei bambini del teatro Costanzi e di altri teatri, veglioni allora in gran voga. Per il genere di mascheratura non vi era molto da scegliere, se gli si voleva fare un grande piacere, bisognava vestirlo da soldato. Strano atavismo! Da bambino io pure avevo avuto questa specie di frenesia per la divisa militare, ed a 17 anni e mezzo l ho indossata per non svestirla più! Il mio Mario, poteva avere 2 anni e mezzo, sua madre lo conduceva a passeggio, quando in Via Torino, incontrato un corazziere, non potendo e non sapendo in altro mo-

22 do esprimere l ammirazione per l imponente soldato, si mise a gridare: - Mamma me lo comperi, mamma me lo comperi. E ci volle del bello e del buono per calmarlo, mentre i passanti non potevano frenare le risa alla strana pretesa di quel bambino. Fra i ricordi dell infanzia del mio Mario, conservo una di quelle cartoline illustrate che si inviano in occasione delle feste natalizie: è una caricatura di un soldato Francese di Fanteria, sotto alla quale è stampato = Buone feste =. Sul rovescio, Mario, che doveva avere 5 o 6 anni, con la calligrafia tremolante di chi comincia a tracciare le prime lettere mi scriveva: Papà mio Mario ti augura mille anni felici, così vedrai il tuo piccolo Generale; un bacio e ti prometto che sarò buono tanto. La nota militare salta fuori dalla sua penna, appena gli riesce fissare sulla carta un suo pensiero! La mascheratura fu dunque presto trovata e mia moglie si incaricò di confezionargli una divisa da Sottotenente d artiglieria. Niente fu trascurato; dalla sciarpa agli speroni; dalla bandoliera al pentolino con relativo pennacchietto di penne di struzzo; Dragona, pendagli, spalline, sciabola, tutto strettamente regolamentare, mia moglie girando per i negozi, frugando dappertutto, trovò quanto le occorreva, per la sciarpa, la giubba e i pantaloni, le confezionò da sé. Chi può ridire la gioia di quel bambino quando si vide vestito da ufficiale di Artiglieria?! Ed egli non credeva già di essere mascherato, ma la sua piccola testina era convinta di essere un ufficiale sul serio. Benché quel genere di mascheratura non sia di moda, anzi a qualcuno è addirittura antipatica, pure il bambino era così bello, la divisa così perfetta, ed era portata con tanta inarrivabile serietà e disinvoltura, che gli fu accordato un premio. Uscendo dal Costanzi una folla di signore e signori lo seguirono fino in Via Nazionale ammirandolo; ed egli, seccato di quell ammirazione voltosi a me, mentre con la più grande naturalezza sganciava la sciabola dal pendaglio e poggiando l elsa su l avambraccio sinistro, esclamava: Papà, che stupidi, non hanno mai veduto un ufficiale! Mentre, bagnando la penna nel cuore che sanguina io sto vergando queste righe, e mio figlio già da tre mesi riposa nella sua fossa gloriosa, la sua piccola divisa da ufficiale di Artiglieria è ancora religiosamente custodita nella mia casa, il suo ritratto, vestito con quella divisa che mostra con quale baldanza, a 5 o 6 anni sapesse portare la divisa militare, è appeso nella sua camera, diventata il santuario della mia casa! Nelle Scuole elementari, mio figlio procedeva regolarmente, quando nel 1902, mentre frequentava la terza classe, fu colpito da catarro intestinale acuto. Fu un anno di angustie che in qualche momento si 22 23

23 MARIO MODERNI L INFANZIA cambiarono in spavento quando in un consulto uno dei medici espresse il dubbio che, da certi sintomi, si potesse trattare di catarro tubercolare: durante tutta una settimana, finché non si ebbero risultati dell analisi chimica delle feccie, vivemmo in pianto. Fortunatamente non si trattava di catarro tubercolare e mia moglie con cure assidue instancabili, dopo un anno riuscì a debellare questa crudele malattia. A poco a poco il bambino si riebbe, ma non si sta a dieta e cura lattea per un anno intero, specialmente all età del mio povero Mario, senza risentirne delle conseguenze! Da grassoccio che era prima, divenne magrolino e deboluccio, ne fu più possibile vederlo tornare alla primitiva floridezza. Malgrado ciò non perdette l anno di studio, anzi alla fine del terzo anno si meritò due premi, uno per lo studio, l altro per i lavori manuali. Anche la crisi del catarro era passato ed in questo anno di premurose attenzioni materne, per salvarlo al più presto da così terribile malattia, mia moglie si guadagnò veramente il nome santo di madre, che il bambino gli aveva dato fin dai primi giorni. L anno appresso, nel 1903, mentre frequentava, la quarta classe, in seguito ad una passeggiata scolastica, fattagli fare nel gennaio, alle 8 di mattina, in campagna, dopo una forte brinata, e senza la mantellina con la quale era solito andare a scuola, il bambino si mise a letto con febbre e poco dopo si manifestò una polmonite sinistra. Il male si fece subito grave e noi vedemmo con terrore nuovamente minacciata la vita del nostro Mario. Fu chiamato a consulto il Dott. Concetti specialista per le malattie dei bambini, ed benché riconoscesse che il caso era grave pur tuttavia ci dichiarò che non era disperato e che si poteva sperare ancora in una soluzione favorevole. Verso la mezzanotte di quel giorno, mentre mia moglie, pregata da me, si era coricata per riposarsi ed io vegliavo da solo il mio piccolo ammalato, il bambino svegliatosi e voltosi verso di me per chiedere aiuto, mi chiese stentamente: - Papà, non posso più respirare! Credetti giunta la sua ultima ora, calde lacrime mi solcarono le guance, mentre con un altro cuscino gli sollevavo la testina ricciuta perché potesse respirare meglio. Quella notte è rimasta segnata nel mio cuore come uno dei ricordi dolorosi della mia vita! Poco dopo si è riaddormentato e l indomani i medici constatarono un notevole miglioramento nel suo stato: la crisi era passata e, come accade ai bambini, presto fu dichiarato fuori pericolo. Abbracciati, io e mia moglie, salutammo con lacrime di gioia lo scampato pericolo del nostro angeletto. Nulla di notevole gli occorse più mentre frequentava le Scuole elementari di Piazza Dante, dove a suo maestro, nella quarta e quinta classe, ebbe la fortuna di avere Paolo Bardazzi, un uomo di cuore e di mente che avrebbe dovuto essere preso a modello come educatore, e fu perseguitato. Durante il periodo che frequentò le scuole elementari vanno ricordati quattro episodi della sua vita, ai quali sul momento non si diede importanza, ma dopo la sua morte ci sono tornati in mente come indizi rivelatori del suo carattere e del suo cuore. Frequentava la seconda o la terza elementare, quando un giorno in scuola,

24 una maestra nel chiudere una porta, inavvertitamente, gli schiacciò il pollice di una mano. Si comprende facilmente che non dev essere stata una cosa piacevole, e la Direttrice della Scuola fece subito, da una inserviente, accompagnare a casa, il bambino per le cure che fossero state necessarie. Il nostro Mario, passato lo spasimo del primo momento, si presentò in casa tranquillo e senza versare una lacrima! Si lasciò fasciare dalla Mamma, ma senza pianti, senza spavento e senza quelle moinerie così facili e naturali nei bambini. Mentre frequentava la quarta elementare, tornando da scuola, accompagnato dalla domestica, nell attraversare Piazza Dante, una sassata anonima lo colpì in faccia ferendolo. Anche questa volta niente pianti, niente gridi; entrando in casa con la guancia sanguinante, le sue prime parole furono: - Però non mi fa male, sai Mamma! E siccome mia moglie allarmata, mentre gli lavava la ferita, interrogava la domestica sull accaduto, egli continuava ad insistere: - Ti assicuro, Mamma, che non sento alcun dolore. Da questi due episodi rimasti allora inavvertiti, come avviene spesso nelle manifestazioni dei bambini, alle quali si da poca importanza, mentre sono talvolta indizi di quel che quei piccoli esseri saranno più tardi, emergono due cose: la sua forza d animo, quella forza d animo che al momento della morte doveva diventare sublime eroismo, quella sua eccezionale bontà di cuore. Infatti, egli, così piccino, ha la forza di resistere al dolore per non spaventare i suoi cari ed il suo primo pensiero è di assicurare la Mamma che non sente alcun dolore! Però dolore doveva sentirlo, perché aveva riportato una piccola ferita lacero-contusa, di cui gli è rimasta poi una piccola cicatrice, e quelle ferite sono sempre molto dolorose. E passiamo al terzo episodio: in un estate, durante il mese di luglio, trovavasi assieme alla mamma ed a due signorine nostre amiche, nella nostra villetta di Terracina, per i bagni di mare. Non so più quale mancanza avesse commesso, forse era scappato di nascosto in giardino per farsi qualche scorpacciata di frutta, come faceva tutte le volte che gliene capitava il destro: mia moglie non voleva assolutamente che si recasse in giardino senza essere in sua compagnia, perché non solo temeva che le frutta mangiate senza limiti potessero nuocere alla sua salute, specialmente dopo essere stato ammalato di catarro intestinale, ma anche perché il nostro giardino assai vasto (8000 metri quadrati), presentava dei pericoli seri, essendovi dei salti a picco di una diecina di metri, cadendo dai quali, su di un suolo roccioso, vi era da ammazzarsi addirittura. Il fatto sta che, adirata per qualche cosa di questo genere, quando potè trovarlo, si levò una pantofola e lo picchiò sulle spalle e sulle natiche. Lui, buono, se la prese filosoficamente senza fiatare; poi, quando mia moglie l ebbe lasciato e se ne fu andata, una di quelle signorine gli disse: - Scioccone, perché non sei scappato? Quando mamma vuol batterci noi scappiamo e non stiamo li a prendercele. Lui serio rispose: - No, io non scappo, perché quando mamma si arrabbia così, se non si sfoga si sente poi male! 24 25

25 MARIO MODERNI LA SUA VITA NARRATA DAL PADRE Vi può essere una manifestazione di bontà maggiore di quella contenuta in queste poche e semplici parole?! Del resto, da bambino, ha dato rarissime occasioni di doverlo punire, perché è stato di una bontà eccezionale; le ragioni per cui qualche volta lo si è dovuto punire, erano la sua irrequietezza in scuola e le scappate nel nostro giardino di Terracina. Di fronte ad una cinquantina di grandi alberi di frutte diverse, a 160 alberi di prugne, 120 alberi di mandorle, e 250 viti di uve scelte da tavola, quale bambino sarebbe stato fermo?! E non c era da scendere che una dozzina di gradini per essere da casa in giardino! Quando poi era stato punito dalla Mamma, egli afferrava la prima occasione favorevole per avvicinarlese e con le lacrime agli occhi le ripeteva: - Però mi vuoi ancora bene? Mi perdoni? E si capisce che finiva presto con due bacioni! Quando invece era stato punito da me, si metteva appresso alla mamma onde ottenere la sua mediazione per far pace con me, e non la lasciava tranquilla fino a che non aveva ottenuto il suo scopo. Un autunno eravamo a Monte Monaco, paese a 900 metri sul mare, nell Appennino Marchigiano, da alcuni giorni gli tenevo il broncio per una piccola mancanza commessa e Lui non sapeva cosa fare per farsela perdonare: una mattina attendevo il mulattiere alle 6 per una lunga escursione: dovevo salire sul monte della Sibilla, poi scendere nella selvaggia e quasi impraticabile alta valle del Tenna e fare un lungo giro per tornare a monte Monaco; prevedevo che sarei stato di ritorno a notte fatta. Il mulattiere si presentò invece alle 7, ero furente, perché vedevo la mia escursione compromessa; inforcai il mulo e via di buon passo. Quando fui a tre quarti d ora da monte Monaco, m accorsi che avevo dimenticato il mio martello da geologo, ma fortunatamente mi trovavo vicino ad alcune case, dove mi fu possibile farmi prestare un martello da muratore, e continuai la mia strada; dopo un altra mezzora, quando stavo per cominciare l erta del monte della Sibilla, mi parve udire in lontananza, dietro a me, una voce che chiamasse: Papà. Mi volsi e vidi un punto nero che avanzava rapidamente su la mulattiera da me percorsa: indovinai che doveva essere mio figlio, mi fermai ed attesi. Era, infatti, Lui che correva su una strada deserta ed a Lui sconosciuta: in un certo punto si era trovato davanti ad un bivio; una strada scendeva, l altra saliva; egli pensò: Papà va in montagna, dunque sale, ed infilò quella in salita. Arrivò rosso, trafelato e senza dirmi una parola mi presentò il mio martello con la sua fodera: lo guardai commosso e gli chiesi: - Tu vuoi un bacio adesso? Egli mi guardò con i suoi begli occhi che avevano in quel momento un espressione di grande contentezza. Me lo feci sporgere dal mulattiere, lo sedetti sul davanti della sella, lo abbracciai, lo baciai: la pace era fatta. Allora Lui, gettandomi le braccia al collo, mi disse: - Papà, portami con te. La colazione che mi ero portata, per due sarebbe stata scarsa, ma pur di farlo contento, pur di mostrargli il mio grato animo per quella sua premura, avrei trovato modo di farla bastare; ero un vecchio lupo di montagna io! Stavo già

26 per accomodarlo avanti a me sulla sella, quindi mi venne in mente di chiedergli: - Mamma lo sa che sei venuto da me? - No mi rispose. Trasalii ed esclamai: - Se ti porto con me questa sera Mamma la troveremo morta dallo spavento! E impossibile, Mario mio, che possa portarti con me; fermati qui seduto per qualche minuto, poi, senza affaticarti troppo, torna subito a casa. Lo lasciavo poco tranquillo in quel punto deserto, dove se fossero capitati dei cani da pastore me lo avrebbero potuto sbranare, ma non vi era da scegliere. Mi obbedì subito, rassegnato si sedette, mentre io continuavo la mia strada e dal zig-zag che faceva la mulattiera salendo, potei vederlo, dopo qualche minuto prendere la via del ritorno e seguirlo lungamente con lo sguardo finché sparì nella sinuosità della strada campestre. A prima vista, questi atti infantili sembrano di nessuna importanza, ma a chi, come me, ha visto quell esistenza spegnersi a 22 anni; che, come me, costretto dall avverso Destino, affermare il suo pensiero nei termini di quella breve esistenza, trova negli atti infantili gli indizi di quel che sarebbe stato da giovane, come gli atti giovanili ci danno un idea di quel che sarebbe stato fatto uomo adulto. Intanto gli atti infantili avevano rivelato in quel mio angeletto disciplinatezza, bontà di cuore, coraggio e forza d animo, qualità appunto che lo hanno distinto subito nella sua breve carriera militare

27 Mario Moderni a 20 anni

28 CAPITOLO III L ADOLESCENZA Ed eccoci al periodo più movimentato della vita di questo povero figliuolo; al periodo nel quale ha veramente sofferto per compiere un lavoro superiore alle sue forze. Tutti gli anni, dopo i bagni di mare, usavo, nei mesi di settembre e ottobre,di portarlo con me in montagna,dove gli facevo fare delle escursioni che giovavano alla sua salute:l anno che terminò le scuole elementari, lo portai a Leonessa nell Abruzzo Aquilano, a 300 metri sul mare nel gruppo boscoso del Terminillo. Una mia indisposizione avendomi obbligato a chiamare un medico del paese, questi,osservato il mio Mario un po delicatino, volle esaminarlo sommariamente, quindi mi avvertì che quel ragazzo aveva bisogno di prendere molti fosfati, perché aveva le ossa minutissime. Tornati a Roma in autunno, assieme all emulsione Scottò, che era solito prendere tutti gli anni, cominciò a prendere anche degli ipofosfati e all apertura delle scuole entrò al ginnasio Umberto I. Durante tutto il tempo che era stato alle scuole elementari aveva studiato ed analizzato, discutendo anche con conoscenti che si trovavano nelle mie identiche condizioni,quale carriera fosse più conveniente far seguire a mio fi

29 MARIO MODERNI LA SUA VITA NARRATA DAL PADRE glio: quella degli studi tecnici o degli studi classici; Ma dopo lungo riflettere, dopo molte esitazioni, mi convinsi che la carriera più conveniente per mio figlio era quella degli studi classici, perché lasciava maggior tempo per osservare le attitudini del ragazzo, senza compromettere nulla: alla fin fine se avesse avuto voglia di seguire la carriera tecnica, poteva decidersi quando fosse giunto al liceo, mentre una volta entrato alle scuole tecniche non vi era altra via da seguire che quella. Per aiutare il nostro Mario negli studi più seri che andava ad intraprendere, io e mia moglie ci dividemmo le materie nelle quali, ognuno di noi, gli avrebbe fatto le spiegazioni di cui avrebbe avuto bisogno, o fatto ripetere quelle lezioni che il ragazzo avesse dovuto sapere a memoria; malgrado il nostro impegno,fin dai primi giorni ebbi subito cattive notizie dai professori di mio figlio e queste cattive notizie riguardavano lo studio e la condotta: in quanto allo studio i professori si lamentavano che non sapeva quasi mai le lezioni e che rispondeva raramente alle domande che gli venivano rivolte; in quanto alla condotta lamentavano quella sua certa irrequietezza che non gli faceva prestar troppa attenzione alle lezioni, mentre disturbava i suoi condiscepoli, specialmente con la sua smania di parlare. Strano fenomeno questo! Mentre a casa non si riusciva a fargli dire dieci parole in tutta la giornata, in scuola dove avrebbe dovuto tacere, sentiva invece il bisogno di parlare!procurai dapprima a prenderlo con le buone, perché stesse quieto in scuola e studiasse con maggior volontà in casa, ma quando mi accorsi che le cose non andavano meglio, non esitai a ricorrere alle punizioni. Esso si prendeva fisiologicamente le punizioni senza mai fiatare, senza protestare, ma le cose continuavano a non andare bene. Avevo raccomandato a mia moglie di trascurare qualsiasi altra occupazione, pur di dedicare il maggior tempo possibile per aiutare Mario a fare i suoi compiti e studiare le materie delle lezioni che essa si era riservata, onde procurare di rialzarlo nell opinione dei professori: dal conto mio avevo smesso di frequentare le associazioni di cui facevo parte e di non occuparmi d altro che dello studio di mio figlio. Gli avevo stabilito un orario di studio per il quale, dopo cena gli restavano libere una o due ore che permettevano a me di fargli delle ripetizioni o di aiutarlo con i miei consigli a terminare i compiti che gli restavano più difficili. Esso, buono, docile, condiscendente, faceva tutto quello che gli si consigliava, ed il suo contegno in casa contrastava maledettamente con le lagnanze dei professori per il suo contegno in scuola. Di sera non poteva trattenersi a studiare fino a tarda ora; verso le 21 o 21 e 30 gli s iniettavano gli occhi di sangue e bisognava farlo coricare; però di mattina si alzava volentieri di buon ora, e senza bisogno di essere svegliato, per mettersi a studiare. Dopo qualche giorno di studio intensivo, sicuro che i nostri sforzi e la buona volontà del ragazzo avessero ottenuto l effetto sperato, andai a scuola ad assumere informazioni, con la speranza che i professori mi avrebbero dichiarato di aver constatato un miglioramento. Mi venne incontro il professore di Storia e Geografia, il quale al solo vedermi diventò rosso dalla collera e senza lasciarmi il tempo di parlare mi disse: Se non fa studiare suo figlio a ca-

30 sa è inutile che lo mandi a scuola, perché qui diventa lo zimbello di tutti e mi disturba la classe: oggi non mi ha risposto neppure una parola né della lezione di storia, né di quella di geografia. Divenni furente e mi diressi a casa con l intenzione di rimproverare seriamente mia moglie perché quelle lezioni delle quali Mario non aveva saputo neppure una parola, erano appunto materie che essa si era riservata di fargli ripassare, e poi di dare una solenne punizione a mio figlio per deciderlo a studiare con maggiore volontà. Fortunatamente venne ad aprirmi la porta di casa mia moglie stessa, la quale visto alterato, mi domandò subito che cosa avessi le raccontai con parole concitate quanto era avvenuto in scuola. Mia moglie divenne pallida ed impedendomi di avvicinarmi a mio figlio mi rispose: Qui trattasi di cosa seria; tuo figlio deve esser affetto da qualche malattia ed è necessario che tu lo faccia visitare da qualche specialista esso studia di buona voglia; questa mattina alle cinque era in piedi a ripassare le lezioni; prima di andare a scuola me le ha recitate a memoria e le sapeva perfettamente senza un errore, senza nemmeno un impuntatura!. Il giorno stesso presi appuntamento con il Dott. Sante De Santis professore di psichiatria ed il domani vi condussi Mario. Il professore lo esaminò lungamente e minutamente, poi mi espose così i risultati del suo esame. Questo ragazzo è affetto da esaurimento nervoso e corre velocemente verso l epilessia e il Ballo di San Vito: lo studio gli fa male, bisognerebbe che Ella avesse delle campagne e che potesse metterlo a cavallo, facendogli fare una vita attiva all aria aperta. Ad ogni modo bisogna che ella lo tolga immediatamente da scuola, gli prenda un professore privato il quale lo faccia studiare un ora al giorno, non più; bisogna nutrirlo bene, iperalimentazione, trattarlo con dolcezza e fargli fare una cura intensiva di fosforo. Questo per un anno, poi vedremo. Il Destino nuovamente avverso aveva colpito nuovamente me ed il mio povero figliuolo! Avevo riparato la gravissima sciagura della morte della sua buona Mamma, il caso avendomi permesso di trovargliene un altra altrettanto buona quanto la prima,come riparerei ora a questa nuova sciagura?! Era il naufragio completo d ogni speranza mia e di Mario. Avevo quel figlio solo e ad costo di qualunque sacrificio avrei voluto farne un letterato od uno scienziato;un uomo colto infine: Mario anelava di seguire la carriera militare, ed io fingevo di non accorgermene,deciso però a non ostacolare la sua volontà, quando questa con il tempo e con la maggiore età avesse preso la forma di vera vocazione. Tutto sembrava perduto; se una qualche speranza vi poteva essere di salvare mio figlio dalla nuova sventura che lo aveva colpito,questa era risposta nell adempimento scrupoloso delle istruzioni del medico. Tolto immediatamente da scuola, ebbe un professore di Latino per un ora al giorno di studio; feci venire dalla Svizzera medicine speciali e costose per la cura intensiva del fosforo; con delle uova e della carne si cercò di nutrire al meglio il ragazzo, il quale è stato sempre di poco appetito; poco vino, niente caffè e niente liquori; passeggiate in bicicletta brevi e frequenti nei dintorni di Roma, teatri, specialmente diurni per non stancarlo troppo; sospesi i bagni di mare per un anno e prolungata invece la permanenza in montagna

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