Capitolo IX CAPO A DELL IMPUTAZIONE ASSOCIAZIONE ARMATA DI TIPO MAFIOSO DENOMINATA COSA NOSTRA

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1 Capitolo IX CAPO A DELL IMPUTAZIONE ASSOCIAZIONE ARMATA DI TIPO MAFIOSO DENOMINATA COSA NOSTRA Sommario: 1. Cosa Nostra nissena: attualità della permanenza di MADONIA Giuseppe detto Piddu nella carica di capo provincia. 2. Il metodo operativo mafioso accertato dai servizi investigativi tecnici. 3. Finalità associative di cui al comma 3 dell art. 416-bis c.p. 4. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sulla prassi mafiosa della c.d. «messa posto» nel settore degli appalti. 1. Cosa Nostra nissena: attualità della permanenza di MADONIA Giuseppe detto Piddu nella carica di capo provincia. Cosa Nostra siciliana è una istituzione criminale centenaria: la sua capacità operativa e la sua struttura organizzativa, articolata per province mafiose, mandamenti (inclusivi di tre o più famiglie) e famiglie per singoli paesi, così come descritto nel capo A, è stata giudizialmente accertata dai giudicati condannatori definitivi dei Tribunali e delle Corti d Assise dei distretti giudiziari di Palermo, di Agrigento, di Caltanissetta e di Catania (ex plurimis, si cita la sentenza della Corte di Cassazione 30/01/1992, Abbate ed altri; per il distretto di Caltanissetta può invece sicuramente citarsi la sentenza 16/12/1995, confermata dalla Corte d Appello con sentenza 15/04/1999, relativa al c.d. processo Leopardo n. 59/94 R.G.Trib. a carico di VASSALLO Calogero + 116, nella quale le posizioni dei singoli imputati sono esaminate in relazione alle famiglie ed ai mandamenti mafiosi di appartenenza). Le indagini relative al presente processo (operazione Grande Oriente), consistite essenzialmente in servizi investigativi tecnici e dinamici, 493

2 integrati da dichiarazioni di collaborati di giustizia, hanno consentito di accertare: la attualità della permanenza di MADONIA Giuseppe detto Piddu nella carica di capo provincia nisseno, l organigramma di Cosa Nostra nissena (almeno nelle sue linee essenziali), la spaccatura interna a Cosa Nostra siciliana con ripercussioni in Cosa Nostra nissena (nell ambito di un lotta di potere per il controllo del territorio e degli appalti); il c.d. metodo operativo mafioso e il perseguimento di finalità associative tipiche di cui al comma 3 dell art. 416-bis c.p. 2. Il metodo operativo mafioso accertato dai servizi investigativi tecnici. Nel periodo investigativo 1997/1998, il c.d. metodo operativo mafioso, consistente - come noto - nel valersi della forza intimidatrice del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, è ben provato per Cosa Nostra nissena dai servizi tecnici di intercettazione ambientale veicolare, con specifico riguardo alle pratiche estorsive ed al condizionamento mafioso degli appalti. A titolo meramente esemplificativo, si cita la conversazione ambientale del 13/02/1998, tra TUSA Antonio e CALABRESE Salvatore, intercettata a bordo dell autovettura targata AK144WS, in uso al primo, da cui si desume che questi, su direttiva del fratello TUSA Lucio, ed in vacanza della reggenza provinciale a seguito dell omicidio VACCARO (commesso in Catania il 28/01/1998), intende adottare nel territorio di Cosa Nostra nissena il modello operativo di Cosa Nostra catanese nelle pratiche estorsive, elogiato perché ivi gli imprenditori si mettono in regola con il pagamento del pizzo spontaneamente, senza necessità di ricorrere a preventivi atti intimidatori («TUSA Antonio: Minchia! Catania ppi sti cosi è perfetta, perfetta. Minchia! i cristiani mancu s u fannu riri, ci vannu iddi direttamente» - CALABRESE Salvatore: «Cca su mali abituati»). 494

3 Nello stesso dialogo, TUSA Antonio indica la linea politico-mafiosa più opportuna per Cosa Nostra nissena nelle pratiche estorsive per evitare di essere impopolari: esonerare i piccoli imprenditori («TUSA Antonio: Come l imprese finu a trecento miliuni magari... quattrocentu miliuni... CALABRESE Salvatore: a Catania cci nni sunu ca pavunu magari centomila liri u misi... (ride) TUSA Antonio: sarebbe vergognoso fare na cosa i chista CALABRESE Salvatore: ma no! chiddi, di l autra, di l autra squadra... Chiddi no! chiddi i fannu grossi comu a nuautri, fannu sulu chiddi rossi...»). In proposito, all udienza del 09/03/2000, in sede di esame del Tribunale, l imputato MADONIA Giuseppe ha dichiarato: «... io sono stato sempre contrario, signor Presidente, a queste estorsioni e giudico gentaglia coloro che le fanno, perché coloro che vanno a fare le estorsioni a dei poveri cristi, che cercano di sbarcare il lunario con le centomila lire di incasso al giorno... li giudico gentaglia da ultimo stadio». Con specifico riguardo al territorio della famiglia di Gela, il cui reggente al tempo dei fatti è l uomo d onore TRUBIA Rosario (coimputato nel presente processo, sottoposto a giudizio abbreviato in udienza preliminare, definito con sentenza di condanna del GUP del Tribunale di Caltanissetta n. 144/99), è significativa la conversazione ambientale dell 11/12/1997, tra BARBIERI Carmelo ed un anonimo interlocutore, in cui, accennando alla c.d. pratica delle estorsioni a tappeto, il BARBIERI commenta ironicamente: «Saro fino ch i lampadine sa fa» («ANONIMO: Saro TRUBIA va rumpennu i cugghiuna...» - BARBIERI: Saro fino ch i lampadine sa fa» (...) - ANONIMO: e specialmente in un momento di crisi come a chistu cca, ca pani non ci n è ppi nuddu, dei commercianti non sta travagghiannu nuddu, non stanno facendo nuddu nenti, eccezione... eccezione per qualcuno, poi l autri su tutti in mezzo a merda... chi minchia agghiri a fari? quanu c hai luvatu... parlo di un 495

4 negozio di abbigliamento, quannu c hai levatu un vestito (allude alle estorsioni in beni in natura), c ha diri grazie già, e t hai vistutu, ti vestisti gratis, boni cchiù»). Tale conversazione si raccorda perfettamente, per omogeneità tematica, con la conversazione ambientale del 07/01/1998, tra MADONIA Maria Stella, il nipote TUSA Antonio e la sorella Clemenza, intercettata a bordo dell autovettura targata AK144WS in uso al nipote, in cui gli interlocutori commentano negativamente la pratica delle c.d. estorsioni a tappeto in Gela e la spendita del nome del congiunto MADONIA Giuseppe (c.d. Clan Madonia), senza che lui benefici dei proventi: «MADONIA Maria Stella: «Bombette a tutti bbanni mettunu» - TUSA Antonio: «No!, u bello ca rrici... ziu Pippo di cca, ziu Pippu di ddà... e poi fannu i so cazzi» - MADONIA Maria Stella: «Eh, allora. No, ma fannu i so cazzi, Antonio». In realtà, il reggente provinciale VACCARO Lorenzo non mancava mai di erogare lo stipendio mensile anche al capo provincia nisseno («u ziu»), tratto dai proventi estorsivi. Ciò risulta dalla conversazione ambientale del 12/02/1998 (intercettata due settimane dopo l omicidio VACCARO), tra il nipote TUSA Antonio e CALABRESE Salvatore, a bordo dell autovettura targata AK144WS in uso al primo: «TUSA Antonio: Lorenzo cci faceva aviri qualche cosa u misi u ziu. Ora (che il reggente provinciale è stato ucciso) unni minchia cci pigghiamu, boh! Di cca, di unni i pigghiamu? Lassau tuttu così nda l aria, nda l aria completa. Iddu c aveva soddi -... (incomprensibile)... ogni misi a Lorenzo? CALABRESE Salvatore: Eh, di chiddi ca s'hanna ricugghiutu 'ndo misi... o chiddi ca erunu... (incomprensibile)... cci dava a tutti». Nella succitata conversazione ambientale del 07/01/1998, tra MADONIA Maria Stella, il nipote TUSA Antonio e la sorella Clemenza, il metodo operativo mafioso trova concreta evidenza probatoria anche nelle pratiche di condizionamento degli appalti. Da essa emerge che PRANIO Silvio (nato ad Aidone il 01/07/1950), imprenditore di Catania, benché 496

5 vicino ai TUSA, viene sottoposto ad intimidazioni perché diserti l incanto (TUSA Antonio: «si cacau di ncoddu. I truvau riuniti nda na masseria... n ha truvati qualche dieci ddà intra, u ficiunu cacari... stava pigghiannu un travagghiu cca e cci rissunu di ritirarsi»). 3. Finalità associative di cui al comma 3 dell art. 416-bis c.p.. L istruzione dibattimentale ha accertato le seguenti attività illecite, tutte coerenti con le finalità associative tipiche di cui al comma 3 dell art bis c.p.: a) condizionamenti mafiosi di appalti pubblici ed estorsioni in danno delle imprese edili appaltatrici di lavori pubblici (c.d. messa a posto); b) estorsioni in danno di imprese commerciali; c) traffici di sostanze stupefacenti; d) falsificazioni di banconote (in territorio siciliano le attività illecite di cui ai punti a, b e d; prevalentemente in territorio di Genova, Milano e San Giuliano Milanese l attività illecita di cui al punto c) Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sulla prassi mafiosa della c.d. «messa posto» nel settore degli appalti. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, esaminati nel presente processo, per le quali si rinvia al relativo capitolo, hanno consentito di ricostruire con chiarezza: la pratica estorsiva della c.d. messa a posto delle imprese edili; il regolamento dei pagamenti delle tangenti sugli appalti tra province mafiose, avuto riguardo al luogo dell appalto ed alla sede dell impresa appaltatrice; sconti praticati sulle tangenti per le imprese mafiose (di uomini d onore) o colluse con Cosa Nostra. 497

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