Il castrum di Belmonte (TO)
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- Ivo Milano
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1 Il castrum di Belmonte (TO) Il castrum di Belmonte sorge sulla sommità di un rilievo granitico proteso sulla pianura canavesana all'imbocco della valle dell'orco (Fig. 1, p. 141). Sede di insediamenti datati tra il Bronzo Finale e la piena età del Ferro 1, il sito risulta successivamente abbandonato 2 fino al periodo tardo-antico, quando strutture abitative e artigianali sorsero all'interno di una cinta muraria di notevole estensione, accertata lungo l'intero ciglio nordoccidentale del colle e in un tratto di quello meridionale, che verosimilmente doveva racchiudere l'intera area sommitale di circa 2,5 ettari. I settori finora esplorati coprono soltanto una piccola percentuale di tale area insediativa e sono stati in gran parte indagati tra il 1968 e il 1975 da un gruppo di volontari che operava in accordo con la Soprintendenza 3. La ripresa dello scavo archeologico nel 1986, preceduta da provvedimenti di tutela e campagne di documentazione, ha per ora riguardato campioni stratigrafici limitati, i cui risultati non possono ragionevolmente essere ritenuti validi per l'intero complesso 4. Il primo e più ampio nucleo di strutture messo in luce, all'estremità nordoccidentale del colle, ha rivelato la presenza di più fasi edilizie connesse con almeno tre ricostruzioni della cinta, realizzate in posizioni via via arretrate verso monte. All'ultima sistemazione appartengono alcuni vani allineati all'interno e a ridosso del perimetro fortificato 5, nei quali furono rinvenuti numerosi oggetti metallici, vasellame ceramico e in pietra ollare, pesi da telaio e fusaiole 6. L'ampliamento dello scavo verso l'estremità occidentale del colle ha recentemente evidenziato le strutture di altri vani, precedenti la cinta più recente; questi sono delimitati da muri impostati sulla roccia mediante cavo di fondazione tagliato con precisione nel granito, a tratti anche a discreta profondità. [157] Ciò fu reso evidentemente necessario dal ripido declivio della roccia in questo punto, assai sfavorevole allo sfruttamento edilizio dell'area e causa forse determinante dei dissesti subiti dalle strutture. I1 persistente interesse ad occupare anche zone impervie ed il costante emergere di muri in tutti i sondaggi recenti e passati, inducono ad ipotizzare che il vasto insediamento fosse anche densamente abitato. Le tecniche edilizie finora riscontrate non presentano nette caratterizzazioni per fasi: i muri sono realizzati con blocchetti irregolari di granito locale legati da malta molto magra, che nelle strutture più tarde e superficiali risulta scomparsa o già mancante in origine. Grosse buche da palo profondamente scavate nella roccia si allineano in alcuni casi alle strutture più antiche, mentre altre buche di varie dimensioni furono scavate a partire dai successivi piani d'uso, a prova di un diffuso e costante impiego del legno in associazione o meno con murature in pietra. Queste, per la scarsa resistenza data dal legante, dovevano sorreggere parti di elevato in legno o in tecniche leggere 7. 1 Cfr. CIMA L'assenza di una facies di età romana non pare smentita dalle notizie di tombe coperte con laterizi romani riportata da Assandria (ASSANDRIA 1926) in quanto è noto il reimpiego di materiale edilizio antico anche in tombe di età post-classica, né il ritrovamento di pochi oggetti (cfr. BERTOTTI 1988, p. 27) e di minime quantità di frammenti ceramici di età romana è indizio sufficiente di occupazione del sito. 3 CARDUCCI 1970; CARDUCCI ; ZAMBELLI PEJRANI BARICCO 1984 e 1986; PEJRANI BARICCO, GALLESIO La disposizione dei vani lungo il muro di cinta, riscontrata anche in un sondaggio del 1975 sul ciglio opposto del monte, richiama in parte lo schema planimetrico delle costruzioni romane e tardo-antiche del castrum di Duel. Cfr. BIERBRAUER 1987, p. 326, Abb VIOLA 1971; ZAMBELLI Scavi recenti hanno evidenziato anche per il Piemonte l'uso di tecniche costruttive in argilla e in legno già in edifici di età romana, oltre che nell'architettura dei secoli successivi tecniche per le quali si rimanda a Architectures de terre et de bois Per una rassegna sui siti tardo-antichi e altomedioevali dell'arco alpino, in cui è attestato l'uso di pareti a graticcio o in legno su basi in muratura a secco, cfr. BIERBRAUER 1987, pp Si segnala tuttavia che per l'allineamento di buche da palo a ridosso e all'interno delle pareti dei vani, per il momento non si sono reperiti confronti precisi.
2 Frammenti di tegole di tipo romano compaiono in strati di distruzione, ma per ora non si sono individuati veri e propri crolli di tetti 8. Si ha notizia di un solo caso di pavimentazione in lastre di pietra nell'ambito di un generale uso di piani di calpestio in terra battuta 9. Dei due focolari identificati durante i vecchi scavi, uno fu interpretato come relativo ad una fucina di fabbro per i numerosi oggetti di ferro recuperati nelle vicinanze 10. L'attività metallurgica è comunque provata dal rinvenimento di tenaglie e implicitamente dallo straordinario repertorio di attrezzi artigianali, di uso domestico e agricolo, dai quali si può inoltre dedurre una notevole diversificazione e specializzazione delle attività produttive, sostenute probabilmente da un buon livello economico, di cui è sicuro indice la ricchezza di metallo 11.[158] Questi oggetti, di grande interesse ma di difficile attribuzione cronologica, risultano pressoché privi di contesto stratigrafico, come d'altra parte il resto dei materiali dei primi scavi; tuttavia la notevole omogeneità delle classi ceramiche associate, riscontrata anche tra i reperti dei recenti scavi stratigrafici, pare indicare una sequenza ravvicinata di fasi insediative. Il rinvenimento di complementi di abbigliamento e di armi di tipo longobardo (fibbie e puntali di cintura, fibula a croce, scramasax, punte di lancia e di freccia, asce, due umboni di scudo, di cui uno da parata) in parte ritrovati sporadicamente, pur costituendo un documento significativo di una presenza longobarda a Belmonte nel VII secolo, non chiarisce la natura e l'entità di questa occupazione 12. Dagli scarsi dati di scavo non risulta per tali oggetti una provenienza funeraria, tuttavia va prudentemente considerata questa possibilità anche in riferimento alla notizia di tombe, affioranti proprio nella zona del loro ritrovamento, riportata da Assandri 13. Come ad Ibligo-Invillino potrebbe trattarsi quindi dell'occupazione longobarda di un castrum preesistente 14. L'abbandono dell'insediamento dopo i primi secoli dell'altomedioevo appare repentino e quasi totale; il persistere di un luogo di culto, non ancora localizzabile, è indicato dal ritrovamento sporadico di un capitellino datato all'viii secolo 15, ma in seguito mancano documenti sia archeologici sia archivistici fino alla fine del XII secolo, quando Belmonte compare come sede di un priorato benedettino dipendente dall'abbazia di Fruttuaria 16. Luisella Pejrani Baricco La sistemazione dei materiali rinvenuti nel corso degli interventi condotti anteriormente alla ripresa sistematica degli scavi negli anni '80 ha portatoall'inventariazione di 3246 frammenti di ceramica e pietra ollare ed al riconoscimento di 240 pertinenti a recipienti invetriati pari al 7,4%del totale. [159] I problemi relativi alla definizione cronologica del complesso sono a tutt'oggi irrisolti a causa della scarsa quantità di ceramica raccolta nei recenti scavi per la quale risulta ancora improponibile ogni tentativo di seriazione. Tuttavia, seppure con cautela, è possibile un ancoraggio cronologico per la presenza degli oggetti metallici ben datati e per i confronti, non sempre puntuali, ma che illustrano piuttosto una comune affinità di gusto, con contesti meglio datati dell'italia settentrionale tra il V ed il VII secolo ed in particolare con Castelseprio 17. La ceramica invetriata presenta caratteristiche di notevole omogeneità soprattutto per quanto concerne gli impasti tutti di un unico tipo. 8 Il ritrovamento di molti frammenti di embrici è citato (VIOLA 1971, p. 77) in relazione ad un vano del secondo nucleo abitativo individuato durante i vecchi scavi. Si sono notati frammenti di tegole in grande quantità anche nello spesso strato di distruzione sul quale si imposta la più recente ricostruzione della cinta muraria (ZAMBELLI 1978, P. 67), nelle strutture già in evidenza è del tutto raro il reimpiego di frammenti laterizi. 9 VIOLA 1971, p. 77; ZAMBELLI 1978, p ZAMBELLI 1978, p. 68, Fig SCAFILE 1971 e 1972; gran parte degli attrezzi in ferro è stata recentemente riedita da chi scrive nel catalogo della mostra I Longobardi (AA.VV. 1990, PP ). 12 SCAFILE 1970 e 1978; CARDUCCI ; VON HESSEN 1974, p ASSANDRIA BIERBRAUER 1987, pp CASARTELLI NOVELLI 1974, pp FROLA 1911, doc. 11, a. 1197, pp LUSUARDI SIENA-SANNAZARO 1985, p. 31 sgg.
3 Forme Olle (Tav. 1, n. 1) orlo esternamente ingrossato superiormente appiattito, corpo globulare o ovoide e fondo piano. Forme di piccole dimensioni con diametro intorno ai cm 11. Invetriatura all'interno e sul bordo. (Tav. 1, n. 2-3) orlo appena ingrossato leggermente estroflesso su corpo ovoide. Diametro costante tra i cm 10 e 14. Invetriatura interna. In alcuni casi la spalla è decorata da motivi a rettangoli impressi a rotella parzialmente coperti da vetrina. La forma si avvicina alle produzioni in ceramica comune di diametro maggiore, con spalla talvolta decorata. Tav. 1, n. 4) orlo estroflesso, corpo cilindrico. Olle biansate (Tav. 3, nn ) orlo verticale su breve collo, corpo globulare, apoda base piana o leggermente concava. Doppia ansa a nastro sagomata fissata alla spalla e al di sopra del massimo diametro. Può avere decorazione costituita da una doppia solcatura a marcare il collo e la spalla 18. Ciotole (Tav. 1, nn. 5-6) orlo dritto e arrotondato, listello appena accennato con una solcatura verso il bordo, vasca emisferica con fondo talvolta reso ruvido da inclusioni litiche superficiali sotto vetrina. Base apoda. Diametro da cm 15 a 28. Vasi a listello (Tav. 1, nn. 7-8) orlo dritto arrotondato poco marcato, tesa orizzontale, vasca emisferica profonda, base piana con piede a disco appena segnato. [160] 18 Esemplari simili, anche se di forma più ridotta e sagoma schiacciata, sono documentati in contesti tardo romani del Canton Ticino: SIMONETT , p. 271 dis. 158b, in Lombardia: BLAKE 1981, pp , Fig. 1.3; DONATI 1971, p. 9; DONATI 1980, p. 56 Fig. 1.3; MACCABRUNI 1990, pp , 5d.2n, m, l, k, ed in particolare a Castelseprio: LUSUARDI SIENA-SANNAZARO 1985, p. 33, a Bellinzona: MEYER 1977, p. 74 E4-5.
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7 Decorazione sul listello costituita da rettangoli impressi a rotella, in fascia semplice o doppia. Diametro da cm 22 a (Tav. 2, nn. 9-10) orlo arrotondato tesa orizzontale appena rilevata con margine esterno marcato da una solcatura. Profonda vasca troncoconica con fondo reso ruvido da inclusioni litiche sotto vetrina. Diametro di cm (Tav. 2, nn.11-12) orlo appuntito, tesa orizzontale, vasca troncoconica. Caratterizzato da inclusioni litiche sotto vetrina che ne ricoprono interamente la superficie interna. Diametro di ca. cm 16. Olpi (Tav. 2, n. 15) sviluppo del corpo non determinabile (frammenti di parete con scarsa curvatura: forma biconica?), base a disco espansa. In alcuni frammenti decorazione a fascia costituita da triangoli irregolari allungati impressi con punzone consunto. Decorazioni Fasce singole o doppie di rettangoli (vasi a listello, olpi) 21, fasce singole o doppie di elementi a cuneo a gruppi capovolti (olpi) (Tav. 4). Solcature orizzontali a stecca (su listelli, forme chiuse). Impasti Classe impasti metamorfici. Gruppo 10, sottogruppo b (analisi n. 213). Impasto medio-grossolano (tra mm 0.25 e 1.5) con scisti cristallini acidi e moltissime miche. Massa di fondo ferrica o carbonatico-ferrica. Provenienza locale. Le variazioni degli impasti sono minime e riguardano soprattutto la percentuale ed il volume degli inclusi che sono nettamente più radi nelle forme di piccole dimensioni e nelle olpi. Si notano anche variazioni del colore degli impasti che generalmente è quasi bianco 10 YR 8/3 very pale brown ma varia da rosato 7.5 YR 7/5 pink ad arancio 5 YR 7/6 reddish yellow. La colorazione può presentare diversi viraggi anche nello stesso frammento oppure diverse sfumature nelle varianti del grigio nel caso di impasti stratificati. La maggiore attestazione di impasti bianchi o rosati non sembra avere nesso con particolari forme o tipo di rivestimento. Invetriatura L'invetriatura assume caratteristiche leggermente variate a seconda della stesura su forme aperte o chiuse, pur in una discreta omogeneità di caratteristiche che hanno come costante la scarsa coesione all'impasto con conseguente tendenza a scrostarsi. Nelle forme chiuse: densa, trasparente, liscia, lucente (in alcuni casi devetrificata), di colore da verde oliva con sfumature gialle a verde oliva bruno. Stesura non uniforme che lascia campi non coperti; sempre esterna, in rari casi anche interna. sottile, brillante oppure matt, in alcuni casi parzialmente assorbita, sempre bollosa. [164] 19 ALESSIO MANZONI 1985, Tav. XLVII Un confronto puntuale è con Ticineto: GARERI CANIATI 1985, Per il tipo di decorazione cfr. PANTÒ, La media Val Curone, in questo volume nota 8.
8 Nelle forme aperte: densa, trasparente (talvolta con devetrificazioni) presenta notevoli addensamenti sul fondo (fino a mm 7-8), di colore giallo o giallo bruno. densa, trasparente poco brillante, talvolta matt con parziali assorbimenti. In alcuni frammenti si registra la presenza di un sottostante ingobbio bianco. Scarti di produzione Sono stati riconosciuti 11 scarti di produzione fortemente vetrificati con evidenti addensamenti di invetriatura di colore verde. Sembra di poter riconoscere, senza tuttavia averne certezza, un'ansa, il bordo e parte del fondo di un vaso a listello (Tav. 5). Il vasellame invetriato esaminato non presenta una grande varietà di forme anche se sono numerose le varianti nei profili. Tutti i frammenti sono riconducibili a vasellame realizzato al tornio, della cui azione restano evidenti solcature. In molti casi è possibile osservare una accurata lisciatura delle superfici esterne, maggiormente curata nelle forme chiuse, forse realizzata con l'utilizzo di un panno di cui sembra di riconoscere traccia. Nei vasi a listello si registra un aumento significativo degli inclusi litici emergenti dovuto alla loro aggiunta nel recipiente non ancora essicato prima dell'applicazione della vetrina. Ne è evidente anche il distacco e la caduta prima dell'invetriatura. In rari casi il fondo non presenta la superficie a grattugia. Compare solo in un caso il versatoio. [165] Le basi non sono sabbiate o levigate e si notano le tracce del distacco a fune dal piano del tornio. L'invetriatura non ricopre quasi mai perfettamente le superfici. Un frammento di vaso a listello (Tav. 2, n. 9) presenta l'invetriatura che ricopre una estesa scheggiatura procurata all'oggetto dopo l'essicatura. Nelle olle è perlopiù esterna ed interessa solo in parte il bordo e l'interno ma può anche essere sparsa su grandi superfici. Anche nelle olpi l'invetriatura è sulla superficie esterna ma nel frammento decorato ricopre anche l'interno. Il risparmio di vetrina che sembra caratterizzare le forme chiuse e forse ne indica un uso prevalentemente ornamentale, è assente in quelle aperte dove la vetrina ricopre anche con forti spessori la superficie interna con chiazze e sbavature all'esterno. In tre frammenti di
9 diversi recipienti di forme aperte è presente un sottile ingubbio bianco steso al di sotto della vetrina (ad es. n. 9) 22 ed in un caso si è riscontrata la presenza di un ingubbio rosato a rifinire la parete esterna. Centri di produzione di invetriate individuati sulla base di evidenze archeologiche risultano attestati in area nord orientale ed adriatica 23. Appare quindi altamente significativo il dato, confermato dall'analisi degli scarti di fornace, di una produzione ceramica anche invetriata sul colle di Belmonte accanto alla fucina per la forgiatura di utensili in ferro. La diffusione dei prodotti in ceramica doveva essere per uso locale e limitata ad un mercato ristretto per il quale dovevano essere attive diverse fornaci con produzioni miste. Nel vicino insediamento canavesano nei comuni di Torre e di Bairo le invetriate rinvenute corrispondono al gruppo 10, sottogruppo a, degli impasti e quindi non pertinenti alla produzione di Belmonte dalla quale si differenzia anche morfologicamente 24. Le forme chiuse della ceramica invetriata si avvicinano, talvolta puntualmente, alle produzioni in ceramica comune. Tra la ceramica comune (83%) ad impasto grezzo ed a cottura quasi sempre riducente sono testimoniate essenzialmente olle con orlo estroflesso superiormente ingrossato ed appiattito, corpo ovoide, che si avvicinano ad un'olla ad orlo espanso quadrato da Luni 25. Le forme sono costanti ma si hanno variazioni anche sensibili nell'angolazione dell'orlo con il corpo e nel diametro che oscilla dai 16 ai 22 cm. In molti casi l'esterno si presenta decorato con motivi realizzati a stecca anche a più punte con ondulazioni o zig-zag variamente ravvicinati, secondo un modo decorativo consueto anche a Ibligo Invillino 26. [166] Consistente la presenza di bicchieri con orlo superiormente appiattito, parete convessa leggermente rastremata verso il fondo, anch'essi con i motivi decorativi descritti, che in qualche caso occupano interamente la parete. Le dimensioni sono costanti con diametro all'orlo di cm Sono possibili confronti con materiali dai livelli di età longobarda da Castelseprio 27. Alcuni recipienti sembrano imitare il vasellame in pietra ollare con recipienti ad orlo ingrossato, leggermente rientrante e superiormente arrotondato, parete convessa sensibilmente rastremata verso il fondo. Presentano decorazioni esterne costituite da cordonature o solcature orizzontali del tutto simili alla lavorazione della pietra ollare 28. Tra le forme aperte sono attestate ciotole con orlo superiormente appiattito e digradante verso l'interno, parete leggermente convessa e fortemente rastremata verso il fondo, apode a base piana. Ben documentati i catini a listello e corpo emisferico oppure orlo superiormente appiattito e ribattuto verso l'interno, parete convessa fortemente rastremata verso il fondo, listello inclinato verso il basso, dal diametro mai inferiore ai 30 cm. La presenza di catini di forma simile è attestata a Trino tra la fine del IV e l'inizio del V secolo 29 ed a Castelseprio dove hanno diametro maggiore e se ne ipotizza l'uso come contenitori per liquidi, forse per uso collettivo, con il listello per l'appoggio funzionale in un supporto 30. Da segnalare ancora una discreta varietà di ciotole coperchio e qualche frammento pertinente a colatoi, uno dei quali parzialmente ricostruito 31. Le forme chiuse sono scarsamente documentate ed essenzialmente da pareti o anse che non ne consentono la ricostruzione. Percentualmente vicina alla ceramica invetriata è la presenza della pietra ollare (6.4%) a grana media o medio grossa di colore grigio verde con inclusioni di granati. [167] 22 Osservato anche a Castelseprio: LUSUARDI SIENA SANNAZARO 1985, p MACCABRUNI 1990, p CERRATO, in questo volume. 25 BLAKE 1977, p. 649 Tav L'appiattimento delle forme, come qui si registra, è una delle caratteristiche della ceramica comune di transizione dal tardo impero ai tipi medievali: MANNONI 1975, p BIERBRAUER 1987, p. 188 sgg. 27 DABROWSKA-LECIEJEWICZ-TABACZYNSKA-TABACZYNSKY , Fig e Un possibile confronto si ha con il gruppo 13B della ceramica di Luni: MASSARI 1977, p. 507, Tav ; MASSARI-RATTI 1977, p. 600 e CORTELAZZO 1989, p BROGIOLO-LUSUARDI SIENA 1980, p , Fig e DABROWSKA-LECIEJEWICZ-TABACZYNSKA-TABACZYNSKY , Fig e 65.8.
10 La forma meglio documentata è quella del vaso sub-cilindrico con orlo superiormente appiattito e digradante verso l'interno, parete leggermente convessa e rastremata verso il fondo, base piana. All'esterno si hanno decorazioni tornite costituite da solcature o cordonature a rilievo. Le dimensioni sono varie ma sempre contenute entro i 30 cm di diametro al bordo 32. Confronti si hanno con recipienti da Vada Sabatia datati tra il V ed il VII secolo 33, dall'area del Finale datati al VI secolo 34 e da Trino 35. La ceramica fine è attestata da scarsi frammenti (1,1%) tutti di imitazione della terra sigillata chiara soprattutto C e D, tra i quali si segnala una variante della forma Hayes 61. È di importazione l'unico frammento di lucerna rinvenuto riferibile al tipo IIA di Hayes decorato sulla spalla da un motivo di triangoli concentrici gemmati alternati a motivi vegetali cuoriformi, la cui cronologia va dal 420 al Anche a Castelseprio mancano le lucerne di tradizione romana per cui si pone il problema di stabilire quali fossero i dispositivi per l'illuminazione, forse costituita da torce o da altri tipi di lucerne 37. L'assenza completa di contenitori da trasporto e di anforacci potrebbe essere conferma di rapporti commerciali condotti essenzialmente a piccolo raggio. Manca del tutto anche la ceramica a stralucido o a stampiglia tipica delle produzioni longobarde. Bibliografia Gabriella Pantò GABRIELLA PANTÒ - LUISELLA PEJRANI BARICCO AA.VV., 1990, I Longobardi, a cura di G. C. Menis, catalogo della mostra, Milano. Architectures de terre et de bois, 1985, Actes du 2 e congrès archéologique de Gaule méridionale (Lyon 2-6 novembre 1983), a cura di J. Lasfargues, (Documents d'archéologie Française n. 2), Paris. [168] M. ALESSIO MANZONI, 1985, Monteu da Po. Industria. Insula, Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 4, pp G. ASSANDRIA, 1926, Rinvenimento di tombe e ruderi presso al santuario di Belmonte, Atti della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, X, pp G E L. BERTOTTI, 1988, Belmonte e il suo santuario, Torino. V. BIERBRAUER, 1987, Invillino-Ibligo im Friaul I. Römische Siedlung und das spätantikfrühmittelalterliche Castrum, (Beiträge zur Vor-und Frühgeschichte, 33), München. H. BLAKE, 1977, Ceramica comune, in Scavi di Luni II, Roma, pp H. BLAKE, 1981, Ceramica paleo-italiana. Studio in onore di Giuseppe Liverani, Faenza, LXVII, 1-6, pp G. P. BROGIOLO, S. LUSUARDI SIENA, 1980, Nuove indagini archeologiche a Castelseprio, in Atti del VI Congresso Internazionale di Studi sull'alto medioevo, Spoleto, pp C. CARDUCCI, 1970, Gli scavi nello stanziamento barbarico di Belmonte, Ad Quintum, 1, pp C. CARDUCCI, , Un insediamento Barbarico presso il santuario di Belmonte nel Canavese, Atti -Ce.S.D.I.R., VII pp S. CASARTELLI NOVELLI, 1974, La diocesi di Torino (Corpus della scultura altomedievale, VI), Spoleto. M. CIMA, 1986, Belmonte alle radici della storia. Ricerca su una comunità preistorica nelle Alpi occidentali, Cuorgné. 32 Un primo riferimento può essere proposto con la prima fase della periodizzazione indicata dal Mannoni: MANNONI 1976, p. 236, Tav. IIa. 33 LAVAGNA 1986, p MURIALDO-FOSSATI-FALCETTI-BONORA 1986, p CORTELAZZO 1989, Fig HAYES 1972, corrispondente al tipo 1 del Pohl: POHL 1962, p BROGIOLO-LUSUARDI SIENA 1980, pp
11 M. CORTELAZZO, La ceramica tardo antica e medievale, in AA.VV., S. Michele di Trino, (Studi Trinesi, 8), pp M. DABROWSKA, L. LECIEJEWlCZ, E. TABACZYNSKA, S. TABACZYNSKI, , Castelseprio: Scavi diagnostici , Sibrium XIV, pp P. A. DONATI, 1971, Notiziario archeologico ticinese 1969, Bollettino Storico della Svizzera Italiana, 83. P. A. DONATI, 1980, Romanità a sud del Ceresio nelle attuali terre ticinesi, in I Romani nel comasco. Testimonianze archeologiche dalla città e dal territorio, Como. G. FROLA, 1911, Cartario di Santa Maria di Belmonte e di San Tomaso di Buzano, in Cartari minori II/2 (B.S.S.S. XLIII), Pinerolo. E. GARERI CANTATI, 1985, Ceramiche invetriate dal Villaro di Ticineto (Alessandria), in La ceramica invetriata tardoromana e alto medievale, Atti del Convegno (Como 14 marzo 1981), pp J. W. HAYES, 1972, Late Roman Pottery, London. O. V. HESSEN, 1974, Nuovi ritrovamenti longobardi in Italia, in Atti del Convegno Internazionale sul tema: La civiltà dei Longobardi in Europa, Roma, pp R. LAVAGNA, 1986, La pietra ollare dagli scavi archeologici nel territorio salbazio, Riv. St. Lig., LII, 1-4, pp S. LUSUARDI SIENA, M. SANNAZARO, 1985, Ceramica invetriata di Castelseprio, in La ceramica invetriata tardo romana e alto medievale, Atti del Convegno (Como 14 marzo 1981), pp C. MACCABRUNI, 1990, Ceramica invetriata, in AA.VV., Milano capitale dell'impero romano, d.c., Catalogo della mostra, Milano, pp T. MANNONI, 1975, La ceramica medievale a Genova e nella Liguria, Bordighera Genova. [169] T. MANNONI, 1976, Per una storia regionale della cultura materiale: i recipienti in Liguria, Quaderni Storici, 31, 1/4, pp G. MASSARI, 1977, Ceramica comune, in Scavi di Luni II, Roma, pp G. MASSARI, G. RATTI, 1977, Appendice. Osservazioni sulla ceramica comune di Luni, in Scavi di Luni II, Roma, pp W. MEYER, 1977, Il Castel Grande di Bellinzona. Rapporto sugli scavi e sull'indagine muraria del 1967, Bellinzona. G. MURIALDO, A. FOSSATI, C. FALCETTI, E. BONORA, 1986, La pietra ollare nel finale, Riv. St. Lig., LII, 1-4, pp L. PEJRANI BARICCO, 1984, in Notiziario, Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 3, pp L. PEJRAN BARICCO, 1986, in Notiziario, Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 5, p L. PEJRANI BARICCO, S. GALLESIO, 1988, in Notiziario, Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 7, p G. POHL, 1962, Die frühchristliche Lampe vom Lorenzberg bei Epfach, Landkreis, Schonagu, Versuch einer Gliederung der Lampen vom meditewanen Typus, Schriftenreihe zur Bayerischen Landesgeschichte, 62, pp F. SCAFILE, 1970, Due umboni di scudo longobardi, Ad Quintum, 1, pp F. SCAFILE, 1971, Di alcuni oggetti in ferro rinvenuti a Belmonte, Ad Quintum, 2, pp F. SCAFILE, 1972, Di alcuni oggetti in ferro rinvenuti a Belmonte, Ad Quintum, 3, pp F. SCAFILE, 1978, Una fibula longobarda rinvenuta a Belmonte, Ad Quintum, 5, pp C. SIMONETT, , Necropoli romane nelle terre dell'attuale Canton Ticino, Archivio Storico Ticinese, P. VIOLA, 1971, Attività del gruppo , Ad Quintum, 2, pp M. ZAMBELLI, 1978, Gli scavi dell'insediamento barbarico di Belmonte (prima parte), Ad Quintum, 5, pp [170]
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