Produzione di idrogeno e altri vettori energetici da carbone

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1 Università degli Studi di Cagliari DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA INDUSTRIALE XVIII ciclo Produzione di idrogeno e altri vettori energetici da carbone Alberto Pettinau Tutor: Prof. Ing. Daniele Cocco

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3 Università degli Studi di Cagliari DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA INDUSTRIALE XVIII ciclo Produzione di idrogeno e altri vettori energetici da carbone Tutore: Prof. Ing. Daniele Cocco Gennaio 2006 In copertina: Impianto IGCC a carbone Polk Power Station della Tampa Electric, situato presso Polk County, Florida, U.S.A.

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5 INDICE Introduzione 1 Capitolo 1 I processi di gassificazione e di depurazione del syngas Chimica della gassificazione Gassificatori a letto fisso o mobile 11 Il processo Lurgi 14 Il processo British Gas - Lurgi 14 Il processo Wellman-Galusha 14 Il processo Ruhr Il processo Sasol-Lurgi Gassificatori a letto fluido 17 Il processo Winkler 19 Il processo High Temperature Winkler 19 Il processo Kellogg Rust Westinghouse 19 Il processo U-Gas 20 Altri processi di gassificazione in letto fluido Gassificatori a letto trascinato 22 Il processo Texaco 24 Il processo Shell 25 Il processo Koppers-Totzek 25 Il processo Prenflo 26 Il processo E-Gas (Destec) 27 Il processo Bi-Gas 27 Il processo DOW Gassificazione catalitica Gassificazione sotterranea Sistemi avanzati di gassificazione 30 Il gassificatore a trasporto 31 I sistemi di gassificazione parziale con combustione in letto fluido 32

6 1.8 Processi di depurazione del syngas Trattamento del syngas a bassa temperatura 34 Rimozione del particolato 34 Rimozione del composti dello zolfo 35 La sezione di desolforazione del syngas 36 Processi di trattamento degli effluenti gassosi 39 Rimozione degli altri inquinanti Trattamento del syngas ad alta temperatura 41 Sistemi di depolverazione ad alta temperatura 41 Processi di desolforazione interna al gassificatore 43 Processi di desolforazione esterna al gassificatore 44 Desolforazione esterna mediante adsorbimento con ossidi metallici 46 Sistemi di rimozione ad alta temperatura degli altri inquinanti 48 Capitolo 2 Tecnologie di utilizzo del syngas Possibilità di impiego del syngas da carbone 50 Impiego del syngas per la produzione di energia elettrica e termica 50 Impiego del syngas per la produzione di combustibili e chemicals 52 Il problema della separazione della CO Gli impianti IGCC 53 I principali impianti IGCC su scala commerciale 54 Le principali aree di sviluppo delle tecnologie IGCC Impianti IGCC a emissioni nulle Integrazione tra processi di gassificazione e celle a combustibile 59 Principali aree di sviluppo della tecnologia IGFC 61 Principali studi e sperimentazioni sulla tecnologia IGFC 62 Alcune considerazioni economiche sugli impianti IGFC Processi di produzione del metanolo dal syngas 65 Principi fondamentali della sintesi del metanolo 66 I principali impieghi del metanolo 68 VIII

7 I processi convenzionali di sintesi catalitica del metanolo dal syngas I processi di sintesi in fase liquida del metanolo 73 Funzionamento del processo di sintesi in fase liquida 73 Caratteristiche del processo LPMeOH TM 74 Coproduzione di metanolo ed energia elettrica con impianti IGCC Processi di produzione di dimetiletere da syngas 78 I processi convenzionali di produzione e raffinazione del DME I processi di sintesi in fase liquida del dimetiletere 82 Il processo LPDME TM dell Air Products and Chemicals 82 Il processo della NKK Corporation I processi di produzione dell idrogeno 86 Prospettive d impiego per l idrogeno 87 Problemi di trasporto e stoccaggio dell idrogeno Separazione dell idrogeno dal syngas 92 Sistemi di separazione a membrana 92 Sistemi di separazione per assorbimento 95 Sistemi di separazione per adsorbimento i processi PSA Produzione di chemicals da syngas 97 Il processo di sintesi Fischer-Tropsch 98 Caratteristiche dei catalizzatori 99 Tipologie di reattori 100 I processi SASOL 100 Capitolo 3 Analisi modellistica di impianti IGCC con coproduzione di energia elettrica e dimetiletere Configurazioni impiantistiche Lo sviluppo dello studio e i modelli di simulazione Il modello del processo integrato IGCC-DS 106 Il processo di gassificazione del carbone 106 Raffreddamento e depurazione del syngas 109 IX

8 La sezione di sintesi in fase liquida del dimetiletere 109 La sezione di generazione elettrica Analisi del processo di sintesi del dimetiletere Sviluppo del modello del processo integrato IGCC-DS 116 Assunzioni relative al processo di gassificazione 116 La sezione di sintesi in fase liquida del dimetiletere 118 Il ciclo combinato Analisi energetica ed exergetica dell impianto IGCC-DS Valutazioni economiche sull impianto integrato 125 Capitolo 4 Analisi preliminare di una piattaforma pilota per la produzione di idrogeno da carbone La piattaforma pilota Sotacarbo La sezione di gassificazione del carbone La linea di trattamento del syngas 135 I sistemi di depolverazione del syngas e di rimozione di tar e composti alogenati 135 I processi di desolforazione a freddo e a caldo del syngas 136 Arricchimento e separazione dell idrogeno 137 Il motore a combustione interna Analisi del processo di gassificazione 139 Gli effetti dell arricchimento dell aria sul processo di gassificazione I processi di desolforazione del syngas 144 Il processo di desolforazione a freddo del syngas 144 Il processo di desolforazione a caldo del syngas I processi di arricchimento e depurazione dell idrogeno 150 Analisi all equilibrio del processo di CO-shift a doppio stadio 150 Il processo di assorbimento della CO Il sistema di purificazione dell idrogeno Sviluppi futuri del progetto 157 X

9 Capitolo 5 Osservazioni conclusive Dimetiletere dal carbone: analisi di impianti integrati IGCC-DS Idrogeno dal carbone: analisi della piattaforma CO.HY.GEN 163 Lavori e pubblicazioni relativi agli argomenti trattati nella tesi 167 Riferimenti bibliografici 169 Acronimi utilizzati 185 XI

10 XII

11 INTRODUZIONE I sistemi energetici del futuro saranno interamente basati sull energia nucleare e sulle fonti rinnovabili. Tali sistemi, al giorno d oggi, sono però ancora ben lontani da una possibile applicazione su larga scala 1. Nell attuale fase di transizione da un panorama energetico mondiale dominato dalle fonti fossili ai sistemi del futuro è necessario, in ogni caso, rispettare alcuni fondamentali principi di sostenibilità: la protezione dell ambiente, una ripartizione quanto più possibile equa delle risorse energetiche tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo e la riduzione graduale del ricorso alle fonti fossili in relazione alle loro riserve accertate. Le maggiori emissioni inquinanti e di gas serra (prevalentemente CO 2 ) del carbone rispetto a petrolio e gas naturale hanno spinto numerosi Paesi industrializzati a ridurre progressivamente l uso di tale combustibile, nonostante esso sia di gran lunga il più abbondante e il più omogeneamente distribuito del pianeta. Questa strategia, pur efficace su scala locale, non ha prodotto alcun vantaggio su scala mondiale, dal momento che l utilizzo del carbone, con tecnologie spesso inappropriate, è stato lasciato ai Paesi in via di sviluppo. Al giorno d oggi tale situazione sta velocemente cambiando. È noto a tutti che i prezzi del petrolio e del gas naturale stanno ultimamente crescendo in maniera piuttosto preoccupante 2. Ciò è dovuto a due ragioni particolari: anzitutto, come risulta dalla figura 1, oltre il 70% delle riserve mondiali di petrolio e di gas naturale sono concentrate in Medio Oriente e nei Paesi dell ex Unione Sovietica, a differenza del carbone, che è molto meglio distribuito a livello mondiale (in particolare, giacimenti di notevole entità sono presenti in Asia, dove l incremento demografico è piuttosto 1 È presumibile che tali tecnologie non possano essere disponibili per una produzione estesa di energia elettrica prima di una cinquantina d anni. 2 Al giorno d oggi il prezzo di tali combustibili è determinato principalmente da una complessa serie di fattori geo-politici. Si da ormai per certo, però, che, nel giro di poche decine d anni, il progressivo esaurimento dei giacimenti possa portare a un aumento di prezzo non più controllabile, ma determinato dalle sempre maggiori difficoltà tecnologiche di estrazione.

12 marcato, e in aree povere di idrocarburi); in secondo luogo, le riserve accertate di carbone superano di gran lunga quelle delle altre fonti fossili (mentre la produzione annua risulta attualmente minore), per cui la durata convenzionale di tali riserve 3 risulta essere nettamente maggiore (tabella 1). Riserve accertate di carbone Europa ed ex URSS Nord America Sud America 21, t Asia e Oceania Medio Oriente 1, t Africa 55, t 355, t 257, t 292, t 61,5 79,3 123,1 151,8 156,7 1090,0 7,08 7,15 11,84 12,61 56,06 61,04 Riserve di petrolio Riserve di gas naturale (in miliardi di m 3 ) (in miliardi di m 3 ) Fig. 1: distribuzione mondiale delle riserve accertate di carbone, petrolio e gas naturale 4. Riserve [Mtep] Produzione [Mtep/anno] Durata convenz. [anni] Durata fittizia 5 [anni] Petrolio Gas naturale Carbone P tot = Tab. 1: riserve provate di combustibili fossili e loro durata convenzionale all anno Da tale analisi risulta evidente che il carbone è attualmente la fonte meno soggetta a rischi dal punto di vista della vulnerabilità degli approvvigionamenti, ed è la meno esposta alle perturbazioni geopolitiche e di mercato. 3 Per durata convenzionale di una riserva di combustibili fossili (espressa in anni) s intende il rapporto tra la quantità di combustibile presente nella riserva (espresso in Mtep) e la produzione annua corrente (in Mtep/anno). Un tep (tonnellata equivalente di petrolio) corrisponde a 41,868 GJ. 4 Fonte: BP Amoco ( A differenza della durata convenzionale, definita come rapporto tra le riserve provate e la produzione annua, la durata fittizia è data dal rapporto tra le stesse riserve e la produzione totale; in altre parole tale parametro equivale alla durata delle riserve se tutto l attuale fabbisogno energetico da fonti fossili fosse ricavato dal solo combustibile in questione. 6 Fonte: BP Amoco (

13 Le suddette considerazioni, unite al sempre maggiore fabbisogno energetico (in particolare da parte dei Paesi in via di sviluppo) e alla sempre maggiore attenzione alle problematiche di natura ambientale, hanno portato recentemente a un notevole sviluppo delle cosiddette clean coal technologies, ovvero di quelle tecnologie che consentono di estrarre, trattare e utilizzare (in particolare dal punto di vista della generazione elettrica) il carbone in maniera efficiente e con emissioni limitate (Wadhwani et al., 2002). Tra tali tecnologie, quelle che rivestono il ruolo principale nel settore della generazione elettrica possono essere suddivise in tre grosse categorie: gli impianti a vapore supercritici a polverino di carbone, i processi di combustione in letto fluido e i processi di gassificazione; tali tecnologie consentono, al giorno d oggi, una produzione di energia elettrica con efficienze generalmente comprese tra il 40 e il 50% 7. Nel caso dei processi di gassificazione, in particolare, oltre alla produzione di energia elettrica è possibile utilizzare il gas di sintesi per la produzione di vettori energetici ad alta valenza ambientale, tra cui rivestono particolare interesse l idrogeno, il metanolo, il dimetiletere e le benzine sintetiche. L interesse per tali combustibili è oggi sempre maggiore per una lunga serie di ragioni, tra le quali tre rivestono un importanza fondamentale. Anzitutto tali combustibili, derivanti dal carbone, possono essere usati come sostituti dei prodotti derivati dal petrolio o dal gas naturale (soprattutto benzina, gasolio e nafta), con notevoli vantaggi, in prospettiva, dal punto di vista economico 8. In secondo luogo, il recente mutamento del mercato dell energia 9 sta rendendo sempre più interessante il concetto di generazione distribuita, per la quale assumono notevole importanza tutti quei combustibili, ad alta valenza ambientale, che consentano un trasporto efficiente 7 In generale, gli impianti supercritici a polverino di carbone presentano efficienze solitamente comprese tra il 42 e il 47% (Kjaer, 2003). Per quanto riguarda i letti fluidi, si fa generalmente distinzione tra processi atmosferici (AFBC, Atmospheric Fluidized-Bed Combustion), utilizzati in diverse applicazioni industriali con rendimenti che sfiorano il 40% (Rousaki e Couch, 2000; Scott e Carpenter, 1996), e processi pressurizzati (PFBC, Pressurized Fluidized-Bed Combustion), con efficienze che attualmente raggiungono il 45% (Henderson, 2003); per questi ultimi, che necessitano ancora di uno sviluppo tecnologico, si prevede che possano essere raggiunte efficienze del 54% (Karg et al., 2000). Infine, l efficienza tipica di generazione elettrica in impianti di gassificazione integrati con cicli combinati gas-vapore (IGCC, Integrated Gasification Combined Cycle) è del 40 47% (Karg et al., 2000). 8 Tali vantaggi sono legati principalmente al costante aumento del costo del petrolio e del gas naturale, e di conseguenza di tutti quei composti da essi derivati. 9 La liberalizzazione del mercato dell energia ha portato all ingresso, sul mercato stesso, di un gran numero di produttori privati, per cui diventa indispensabile avere a disposizione sistemi di generazione elettrica (spesso di piccola taglia) flessibili e distribuiti sul territorio, in grado di rispondere in breve tempo alle continue variazioni della domanda e di produrre energia elettrica a basso costo. 3

14 ed economico. Infine, l attenzione sempre maggiore per i problemi ambientali, soprattutto nei centri abitati, sta rendendo sempre più interessante, in chiave futura, la possibilità di utilizzare idrogeno 10 o altri combustibili puliti per l autotrazione. Per le ragioni sopra indicate si prevede, per il prossimo futuro, un notevole incremento nell applicazione delle tecnologie di gassificazione (Aiken e Leatherman, 2005) e di produzione di idrogeno e altri vettori energetici a partire dal carbone, le cui possibilità di utilizzo sono schematicamente illustrate nella figura 2. Carbone Processi di sintesi catalitica metanolo dimetiletere Stoccaggio Immissione sul mercato Depurazione syngas chemicals Cicli combinati (impianti IGCC) Generazione distribuita Energia elettrica Gassificazione Carbon sequestration CO 2 CO 2 Arricchimento e separazione idrogeno idrogeno Stoccaggio Generazione distribuita Distribuzione Fig. 2: tecnologie di produzione di idrogeno e altri vettori energetici dal carbone. Con riferimento a tale figura, dal carbone, attraverso un processo di gassificazione, viene prodotto il cosiddetto gas di sintesi, o syngas; esso è costituito principalmente da idrogeno, monossido di carbonio, anidride carbonica e tracce di altri composti, per lo più indesiderati 11. Rimossi questi ultimi, mediante appositi sistemi di trattamento, il syngas, nella maggior parte delle applicazioni industriali, viene utilizzato per la produzione di energia elettrica mediante cicli combinati gasvapore (l integrazione tra processi di gassificazione e cicli combinati costituisce i cosiddetti impianti IGCC, Integrated Gasification Combined Cycles). Parallelamente il syngas (tutto o in parte) può essere inviato ad appositi sistemi di arricchimento e 10 Tale gas, in virtù delle sue caratteristiche in fase di combustione, promette di diventare il combustibile del futuro e il vettore energetico per eccellenza. 11 Oltre a tali sostanze, nel caso dei processi di gassificazione utilizzanti aria come agente ossidante, il syngas presenta notevoli quantità di azoto (altrimenti presente nel syngas solo in tracce), spesso superiori al 50% (in volume). 4

15 separazione dell idrogeno o a sistemi di sintesi catalitica per la produzione di metanolo, dimetiletere e chemicals 12 in generale. Nell ambito delle tecnologie di gassificazione, particolarmente interessante è la possibilità di rimuovere la CO 13 2, che può essere confinata allo scopo di ridurre le emissioni atmosferiche di gas serra. Le tecnologie di produzione di idrogeno e altri vettori energetici dal carbone costituiscono l oggetto principale del presente lavoro. A seguito di un approfondimento bibliografico molto ampio 14, finalizzato a individuare le tecnologie attualmente più interessanti (illustrate in sintesi nei primi due capitoli), è stata focalizzata l attenzione sui processi di sintesi del dimetiletere 15 ; a tale proposito è stata effettuata, sulla base di modelli di simulazione opportunamente sviluppati, un analisi per valutare le prestazioni, in termini energetici ed economici, delle integrazioni tra tali sistemi e gli impianti integrati IGCC 16 (tale analisi è l oggetto del terzo capitolo). Inoltre, il Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell Università di Cagliari sta partecipando al progetto di ricerca CO.HY.GEN (Coal to Hydrogen Generation), finanziato dal MIUR (Ministero dell Istruzione, dell Università e della Ricerca), che prevede la realizzazione di una piattaforma pilota per la produzione di idrogeno attraverso la gassificazione del carbone 17. Nell ambito di tale progetto e del Dottorato di Ricerca è stata effettuata l analisi preliminare della piattaforma pilota (oggetto del quarto capitolo), che ha consentito di individuare le principali prestazioni dell impianto, la scelta delle apparecchiature di trattamento del syngas e la determinazione delle specifiche tecniche che hanno costituito la base per il progetto di dettaglio. 12 Con chemicals si indica tutta una serie di composti chimici che possono essere ottenuti dal syngas, tra cui si possono citare benzine sintetiche, paraffine, alcool, acido acetico, chetoni e così via. 13 Una caratteristica degli impianti di gassificazione è che, soprattutto a valle degli eventuali sistemi di arricchimento e separazione di idrogeno, la CO 2 è presente nel syngas in concentrazioni elevate, per cui può essere rimossa più facilmente rispetto agli impianti di combustione (in cui i gas reflui sono fortemente diluiti dall azoto dell aria comburente). 14 Tale approfondimento ha portato alla stesura di due lavori monografici sui sistemi energetici integrati con i processi di gassificazione (Pettinau e Cocco, 2003) e sulle tecnologie per la produzione di energia elettrica da carbone (Pettinau et al., 2003). 15 Particolare attenzione è stata dedicata ai processi di sintesi in fase liquida, che oggi rappresentano la tecnologia più interessante per la produzione del dimetiletere dal carbone. 16 L integrazione tra gli impianti IGCC e i sistemi di sintesi del dimetiletere è nel seguito indicata con l acronimo IGCC-DS (Integrated Gasification Combined Cycles and Dimethylether Synthesis). 17 Al progetto, per il quale è previsto un costo totale di circa 12 milioni di euro, collaborano Sotacarbo S.p.A. (leader del progetto), Ansaldo Ricerche S.p.A., ENEA e l Università di Cagliari (Dipartimento di Ingegneria Meccanica). 5

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17 Capitolo 1 I PROCESSI DI GASSIFICAZIONE E DI DEPURAZIONE DEL SYNGAS Nell ambito delle cosiddette clean coal technologies, ovvero di quelle tecnologie che consentono di estrarre, trattare e utilizzare il carbone in maniera efficiente e con emissioni limitate (Wadhwani et al., 2002), la gassificazione 1 riveste un ruolo particolarmente interessante per la possibilità di produrre, oltre all energia elettrica, anche combustibili sintetici quali idrogeno, metanolo, dimetiletere, benzine, oltre che altri composti di sintesi, detti, in generale, chemicals. Anche per tale motivo si prevede, per il prossimo futuro, un notevole incremento nell applicazione delle tecnologie di gassificazione, soprattutto del carbone (Aiken e Leatherman, 2005). Nel presente capitolo sono illustrate, in primo luogo, le principali tecnologie di gassificazione e, successivamente, sono presentati i processi di depurazione del gas di sintesi che oggi riscuotono maggiore interesse per le applicazioni industriali. 1.1 Chimica della gassificazione I processi di gassificazione consistono sostanzialmente nel trasformare, mediante opportune reazioni, un combustibile solido o liquido in un combustibile gassoso, detto gas di sintesi o syngas. Il gassificatore è un reattore che prevede fondamentalmente tre flussi entranti e due uscenti: in ingresso si ha il combustibile primario da gassificare, opportunamente 1 L origine dei processi di gassificazione risale alla seconda metà del XVII secolo e, in particolare, al 1682, quando il ricercatore inglese J.J. Becher osservò che, riscaldando il carbone fossile in ambiente privo d aria, si sviluppava un combustibile gassoso, secondo il processo che fu successivamente chiamato pirolisi; già nel 1816 le strade di Londra venivano illuminate bruciando il gas prodotto dalla pirolisi del carbone. Le prime prove sulla gassificazione autoterma del carbone risalgono al 1840,

18 preparato, l ossidante (generalmente ossigeno con alto grado di purezza, oppure aria) e infine acqua (sotto forma liquida o, più frequentemente, come vapore); in uscita, oltre al syngas prodotto, si hanno le ceneri, ovvero il residuo solido delle varie reazioni, le quali possono presentarsi in forme diverse a seconda del tipo di processo. All interno del gassificatore, il combustibile primario subisce quattro processi successivi che, soprattutto nei reattori operanti in controcorrente, hanno luogo in zone ben definite del reattore: preriscaldamento ed essiccazione, pirolisi, gassificazione e combustione (Hobbs et al., 1992). Con particolare riferimento alla gassificazione del carbone, il processo di pirolisi conduce alla formazione di gas, tar (Topping Atmospheric Residue, miscela di idrocarburi pesanti) e del cosiddetto char. Il gas di pirolisi è composto prevalentemente da idrocarburi a bassa massa molecolare, i quali vaporizzano in corrispondenza di temperature relativamente basse. Il tar è costituito da molecole dello stesso tipo, ma caratterizzate da massa molecolare più elevata. Infine il char è costituito dai composti organici del carbone che rimangono allo stato solido dopo la separazione dei composti volatili e del tar; esso può essere considerato carbonio quasi puro. Il char subisce in seguito i processi di gassificazione e di combustione, producendo CO, CO 2, H 2 e CH 4. Il tar e il gas subiscono invece i processi di gassificazione e di rottura dei legami chimici (il cosiddetto cracking ), che conducono alla formazione di CH 4, H 2 e CO. Durante l intero processo si sviluppano numerose reazioni che influiscono notevolmente sulla composizione del syngas prodotto. Tra queste, le principali sono quelle di seguito riportate (Qader, 1985; Cocco, 1993): Composti organici tar + char + gas pirolisi (1.1) Composti minerali ceneri decomposizione (1.2) C + O2 CO2 + H combustione totale (1.3) 1 C + O2 CO + H 2 combustione parziale (1.4) C + H 2 O CO + H 2 H gassificazione (1.5) C 2 H O CO + H H gassificazione (1.6) mentre solo a partire dal 1920 la gassificazione ebbe uno sviluppo notevole, legato principalmente alla disponibilità di impianti per la produzione di ossigeno a basso costo (Cocco, 1993). 8

19 C + CO2 2CO H gassificazione (1.7) C 2 H CH + H idrogassificazione (1.8) CO + H 2 O H 2 + CO2 + H shift conversion (1.9) CO 3 H CH + H O + H metanazione (1.10) n m C n H m + H 2 nch 4 + H 2 hydrocracking (1.11) 2n + m C n H m + nh 2O nco + H 2 H 2 gassificazione (1.12) Le reazioni di combustione, fortemente esotermiche, liberano il calore necessario per innalzare la temperatura del reattore a valori tali da rendere possibili le reazioni di gassificazione vere e proprie. In particolare, un primo innalzamento di temperatura (fino a circa C) consente di liberare l acqua e i composti gassosi volatili contenuti nel combustibile; successivamente, all aumentare della temperatura, avvengono le reazioni vere e proprie di gassificazione. Da un punto di vista energetico, la combustione parziale del carbonio produce solamente il 20 30% del calore ottenibile mediante una combustione totale dello stesso. Il restante 70 80% è così disponibile sotto forma di potere calorifico del syngas. Le reazioni di gassificazione vere e proprie, endotermiche, sono chiaramente quelle di maggior rilievo nell intero processo. È importante notare, tra l altro, che il vapore acqueo presente nel reattore, oltre a rendere possibile le reazioni suddette, è importantissimo come moderatore della temperatura. La reazione di shift conversion riveste notevole interesse per la determinazione del rapporto fra idrogeno e monossido di carbonio contenuti nel syngas, rapporto che è di fondamentale importanza per il funzionamento di diversi apparati dell impianto (come la sezione di condizionamento del syngas o le eventuali unità di produzione di idrocarburi sintetici). La reazione di metanazione è apprezzabile solamente nel caso di reattori che operino a bassa temperatura. Essa risulta fondamentale se il processo di gassificazione viene utilizzato per la produzione del cosiddetto gas naturale di sintesi (SNG, Substitute Natural Gas) anziché in impianti IGCC. 9

20 Ciascuna delle suddette reazioni dipende chiaramente dal particolare tipo di gassificatore e dalle condizioni di funzionamento. In base alla particolare composizione del combustibile da gassificare avvengono inoltre numerose reazioni secondarie, i cui prodotti si ritrovano nel gas di sintesi. I componenti fondamentali che originano queste reazioni sono lo zolfo e l azoto. In particolare, lo zolfo, in atmosfera povera di ossigeno, si converte in idrogeno solforato (o solfuro di idrogeno, H 2 S) e, in minima parte, in solfuro di carbonile (COS); l azoto, nel gas di sintesi, si ritrova invece quasi interamente in forma molecolare (N 2 ), ma sono generalmente presenti anche tracce di ammoniaca (NH 3 ) e di acido cianidrico (HCN). Altre sostanze inquinanti spesso presenti nel gas di sintesi sono i composti alogenati (come HCl), il già citato tar (che non gassifica completamente), gli alcali (sali di sodio e di potassio), i fenoli e il particolato. La presenza di tali sostanze nel gas di sintesi rende indispensabile, subito a valle del gassificatore, un sistema di condizionamento e depurazione del syngas. Tale sistema ha lo scopo di eliminare dette sostanze dal syngas stesso e di modificarne la temperatura. Fra i vari parametri che caratterizzano il processo di gassificazione rivestono notevole importanza i rapporti massici tra ossigeno e carbone e tra vapore e carbone, oltre che la purezza dell ossidante: = massa di ossigeno / massa di combustibile = massa di vapore / massa di combustibile = massa di ossigeno / massa di ossidante (purezza dell ossidante) In particolare, all aumentare del rapporto aumenta il contributo delle reazioni di combustione rispetto alla gassificazione, e quindi diminuiscono le frazioni molari di H 2, CO e CH 4 mentre aumentano quelle di CO 2 e di H 2 O; all aumentare di, invece, vengono favorite le reazioni di gassificazione e di shift conversion, per cui aumentano le percentuali di CO 2, H 2 O e H 2 mentre diminuiscono quelle di CO e di CH 4 ; il valore di, infine, condiziona fortemente la dinamica del processo e la percentuale di azoto nel syngas prodotto. 10

21 In base al loro assetto fluodinamico, i processi di gassificazione possono essere classificati nell ambito di tre categorie fondamentali: gassificatori a letto fisso (o mobile), gassificatori a letto fluido e gassificatori a letto trascinato. 1.2 Gassificatori a letto fisso o mobile Nei gassificatori a letto fisso (fixed-bed gasifiers) o mobile (moving-bed gasifiers) il combustibile solido è disposto al di sopra di una griglia che può essere rispettivamente fissa oppure mobile (in tal caso essa scorre lentamente, verso il basso, in controcorrente con i gas caldi prodotti dal letto). Attraverso tale griglia vengono anche scaricate le ceneri prodotte dal letto. Gli agenti gassificanti, costituiti da vapore e ossigeno (o aria), vengono introdotti all interno del reattore attraverso appositi ugelli disposti al di sotto della griglia o comunicanti direttamente con la zona centrale del reattore. Non appena il combustibile fa il suo ingresso nel gassificatore, da esso si liberano subito gli elementi volatili, che si ritroveranno nel gas di sintesi sotto forma di tar e fenoli. carbone syngas testa del gassificatore carbone gas vapore e fondo del gassificatore ossidante scorie vapore e ossidante scorie temperatura [ C] Fig. 1.1: schema funzionale e distribuzione di temperatura di un gassificatore a letto fisso (cfr. Lozza, 1996). Il passaggio in controcorrente favorisce lo scambio termico fra il carbone (che si riscalda) e il syngas prodotto (che, conseguentemente, si raffredda), per cui l efficienza energetica del processo è piuttosto elevata. Nella zona superiore del reattore si verifica il preriscaldamento del carbone, a spese del calore sensibile posseduto dal gas in uscita; subito al di sotto si ha la zona di pirolisi, seguita, nella 11

22 zona centrale, dalle reazioni di gassificazione e di combustione, con il raggiungimento dei valori più alti della temperatura 2 ; infine, nella parte inferiore del reattore, si realizza il preriscaldamento degli agenti gassificanti, mediante la sottrazione di una parte del calore sensibile posseduto dalle ceneri. Il syngas prodotto si trova a temperature moderate 3 e contiene una notevole quantità di idrocarburi in fase gassosa, mentre è relativamente povero di polveri e di residui carboniosi. A valle del reattore è necessario operare un lavaggio del syngas per eliminare le polveri e gli idrocarburi liquidi in esso sospesi, che vengono poi separati e in genere ricircolati; tali processi di depurazione complicano notevolmente l impianto e ne costituiscono pertanto un punto critico. Una problematica particolarmente importante nel campo dei gassificatori a letto fisso o mobile riguarda i cosiddetti fini di carbone, definiti convenzionalmente come quelle particelle aventi diametro inferiore ai sei millimetri. Generalmente il contenuto massimo ammissibile di fini di carbone è compreso tra il 10 e il 35% della carica totale 4. Grazie all elevata efficienza energetica del reattore, dovuta fondamentalmente agli scambi termici in controcorrente, i gassificatori a letto fisso o mobile richiedono modeste quantità di ossidante e, di conseguenza, il syngas presenta un elevato potere calorifico; d altra parte tali processi richiedono rilevanti quantità di vapore. Il grosso limite dei reattori in questione è dato dalla bassissima potenzialità, legata al fatto che il combustibile permane nel reattore per un tempo compreso fra una e tre ore. Le più diffuse tecnologie di gassificazione a letto fisso sono i processi Lurgi e British Gas Lurgi (BGL) e, secondariamente, i processi Wellman-Galusha (W-G) e Ruhr 100. In particolare, per quanto riguarda i primi tre, la figura 1.2 riporta gli schemi funzionali mentre le principali caratteristiche operative dei processi Lurgi e BGL sono riportate nella tabella Nella maggior parte dei processi a letto fisso, il limite massimo di temperatura è imposto dal fatto che si deve assolutamente evitare la fusione delle ceneri, fatta eccezione per quei particolari processi (come il BGL, che sarà descritto nel seguito) in cui le ceneri vengono rimosse allo stato fuso. 3 Tali temperature variano, a seconda del tipo di combustibile primario utilizzato, tra 300 e 600 C. 4 I valori più bassi del contenuto ammissibile di fini sono relativi ai carboni non agglomeranti, mentre la percentuale aumenta per i carboni altamente agglomeranti. La necessità di gassificare carboni caratterizzati da un notevole contenuto di fini (fino al 50%) ha portato allo sviluppo di tecnologie appropriate quali l agglomerazione delle polveri (sotto forma di pellets o briquettes) o l iniezione diretta in corrispondenza della zona di combustione (sia in forma secca, sia come slurry). 12

23 uscita acqua raffreddamento stirrer uscita acqua raffreddamento camicia ingresso carbone ingresso acqua raffreddamento stirrer syngas grezzo ingresso carbone traslazione verticale rotazione camicia d acqua ingresso acqua raffreddamento camicia aria + vapore ceneri (a) gassificatore Lurgi 5 (b) gassificatore BGL 6 (c) gassificatore W-G 7 Fig. 1.2: schemi funzionali dei gassificatori Lurgi, BGL e Wellman-Galusha. Lurgi dry-bottom BGL Temperatura di gassificazione [ C] Pressione di gassificazione [bar] Pezzatura del carbone [cm] 0,5 5,0 0 5,0 Tempo di permanenza [minuti] Rapporto massico ossigeno/carbone 0,25 1,0 0,5 1,0 Rapporto massico vapore/carbone 1,0 4,0 1,0 1,25 Stato di rimozione delle ceneri Secco Fuso Composizione tipica del syngas [% in volume su base secca] 8 Rosebud Illinois, #6 Pittsburgh #8 CO 30,4 31,2 54,9 CO 2 15,1 17,3 3,4 H 2 41,1 39,1 28,9 CH 4 11,2 9,4 7,1 N 2 1,2 1,2 4,4 H 2 S + COS 0,5 1,1 0,5 Tar 0,5 0,7 0,8 Tab. 1.1: condizioni operative e composizione del syngas per i gassificatori Lurgi e BGL. 5 Fonte: U.S. Department of Energy ( Fonte: U.S. Department of Energy ( Fonte: Pettinau et al. (2005). 8 Il carbone Rosebud è di tipo sub-bituminoso, mentre l Illinois #6 e il Pittsburgh #8 sono bituminosi. Le composizioni del syngas prodotto nel gassificatore Lurgi sono tratte da Rudolph (1972) mentre, per quanto riguarda il processo BGL, sono tratte da Synthetic Fuel Associates (1983). 13

24 Il processo Lurgi Il processo Lurgi 9 utilizza un gassificatore a letto fisso con mescolamento, dotato di una griglia rotante che sostiene il letto di carbone e le ceneri. Il carbone è alimentato al gassificatore per mezzo di un sistema di tramogge ermetiche (lockhoppers) e di un sistema di distribuzione, per uniformare la disposizione del carbone stesso all interno dell impianto; una griglia girevole consente l introduzione, dal fondo del reattore, degli agenti gassificanti e l eliminazione delle ceneri, che vengono inviate a un ulteriore tramoggia situata sul fondo del reattore stesso. Il gas grezzo, contenente tracce di tar, oli leggeri, fenoli, ammoniaca e piccoli residui di carbonio e ceneri, fuoriesce dal gassificatore a una temperatura compresa tra 370 e 600 C, a seconda delle caratteristiche del carbone utilizzato 10. Il processo British Gas Lurgi Il processo British Gas Corporation Lurgi (BGC-L o, più semplicemente, BGL, British Gas Lurgi) non è altro che una evoluzione del processo Lurgi tradizionale. Esso utilizza un gassificatore a letto fisso che necessita di basse quantità di vapore e che è dotato di un sistema, situato sul fondo del reattore, che rimuove le ceneri sotto forma di scorie allo stato fuso (liquid slag). La temperatura operativa del processo è piuttosto elevata, senz altro superiore alla temperatura di fusione delle ceneri, con un conseguente aumento dell efficienza termica (ma anche del consumo di ossigeno). Il processo Wellman-Galusha Il processo Wellman-Galusha 11 (W-G) utilizza un reattore a letto fisso dotato di un agitatore interno che opera una traslazione verticale lungo l asse e una rotazione attorno allo stesso, allo scopo di mescolare il combustibile favorendone la distribuzione e rompendo gli agglomerati che tenderebbero a formarsi. Il carbone è disposto su una griglia rotante che consente lo scarico delle ceneri e, a valle del gassificatore, è generalmente presente un ciclone che effettua una prima 9 Introdotto, nel 1936, dalla Lurgi Kohle und Mineraloeltechnik GmbH di Francoforte, Germania, fu successivamente sviluppato per poterne aumentare la potenzialità (da 140 a 1650 Nm 3 /s di syngas prodotto) e renderlo adatto a numerose tipologie di carbone. 10 Alcuni recenti studi sull ottimizzazione del processo di gassificazione allo scopo di incrementare la produzione di syngas (da utilizzarsi, a sua volta, per la produzione di chemicals) sono presentati in Wolf e Schlichting (2004) e Schlichting (2003). 11 Sviluppato dalla società statunitense McDowell-Wellman Engineering Company. 14

25 depolverazione del syngas. Il processo di gassificazione Wellman-Galusha si adatta abbastanza bene a ogni tipologia di carbone (Hobbs et al., 1992; Hahn et al., 1979). Il processo Ruhr 100 Il processo di gassificazione Ruhr è simile al processo Lurgi tradizionale, fatta eccezione per la maggiore pressione operativa (dell ordine dei bar) e per la configurazione del gassificatore. L alimentazione del carbone viene effettuata per mezzo di due lockhoppers, mentre le ceneri vengono rimosse allo stato secco. Rispetto ai processi precedenti, il processo Ruhr 100 è caratterizzato da una capacità produttiva decisamente superiore e dalla migliore qualità del syngas prodotto. Il processo Ruhr 100 è adatto praticamente a tutti i tipi di carbone. Il processo Sasol-Lurgi Un discorso a parte va fatto per il processo di gassificazione Sasol-Lurgi (Sasol- Lurgi moving bed dry bottom gasifier), sviluppato congiuntamente dalla Sasol Ltd. e dalla Lurgi GmbH allo scopo di gassificare un carbone particolarmente ricco di ceneri, al fine di produrre un syngas destinato alla produzione di gas di città, gas naturale sintetico, chemicals (mediante i processi di sintesi Fisher-Tropsch), combustibili sintetici ed energia elettrica. Il processo (illustrato in figura 1.3), a letto mobile (la griglia che supporta il carbone si muove verso il basso per gravità), opera a una pressione di circa 30 bar utilizzando ossigeno e vapore come agenti gassificanti. Il processo può funzionare secondo due differenti modalità operative, a seconda che le ceneri vengano scaricate allo stato secco o allo stato fuso. Una importante caratteristica del processo di gassificazione Sasol-Lurgi consiste nel fatto che la configurazione impiantistica e le particolari condizioni operative favoriscono notevolmente, all interno dello stesso gassificatore, lo sviluppo della reazione di water-gas shift conversion, che raggiunge quasi le condizioni di equilibrio termodinamico. Ciò comporta che nel syngas si abbiano rapporti H 2 /CO dell ordine di 1,7 2,0 e che quindi lo stesso gas possa essere inviato ai processi di sintesi Fisher-Tropsch (illustrati nel secondo capitolo) senza dover attraversare alcun sistema esterno di CO-shift (van Dyk et al., 2004 a e b). 15

26 carbone sistema di caricamento coal lock griglia rotante sistema di scarico ceneri ceneri quench liquor refrigeratore quench ossigeno e vapore syngas grezzo vapore generatore di vapore a recupero B.F.W. gas liquor Fig. 1.3: schema funzionale del gassificatore Sasol-Lurgi (van Dyk et al., 2004 a). Il processo Sasol-Lurgi, che garantisce una notevole flessibilità in termini di caratteristiche del combustibile, è utilizzato in numerose applicazioni in Sud Africa e nel resto del mondo. In particolare, gli impianti sudafricani della Sasol utilizzano ben 97 gassificatori di questo tipo (indicati come Mark III, Mark IV e Mark V, a seconda delle dimensioni e della potenzialità, come indicato in figura 1.4), che producono complessivamente 3,2 milioni di Nm 3 /h di syngas. A livello mondiale 13, circa il 28% del syngas globalmente prodotto deriva da processi di gassificazione Sasol-Lurgi (van Dyk et al., 2004 a e b). Nm 3 /h produzione di syngas t/h carbone gassificato Mark III Mark IV Mark V Fig. 1.4: tipologie di gassificatori Sasol-Lurgi 14 (Van Nierop e Van Zyl, 2000). 12 Sviluppato da una collaborazione tra Ruhrgas AG, Ruhrkohle AG, Steag AG e Lurgi. 13 Oltre agli impianti sudafricani, sono presenti 14 gassificatori Sasol-Lurgi negli Stati Uniti (presso la Dakota Gas Company), uno nella Repubblica Ceca, 7 in Germania (presso l area di Schwarze Pumpe, in cui vengono gassificati rifiuti solidi) e 7 in Cina (nelle regioni di Shanxi e Yima). 14 Il numero indicato al di sotto di ciascun tipo di gassificatore rappresenta la quantità di reattori di quel determinato tipo installati negli impianti Sasol in Sud Africa. 16

27 1.3 Gassificatori a letto fluido Nei gassificatori a letto fluido (fluidized-bed gasifiers) il combustibile solido, finemente macinato e miscelato con una sabbia inerte, è reso fluido mediante una iniezione continua di ossidante e di vapore in pressione. Le temperature alle quali avvengono le reazioni sono dell ordine degli C e, grazie al continuo mescolamento, si mantengono pressoché costanti all interno del reattore. L alimentazione può avvenire sia allo stato secco, sia sotto forma di slurry, soluzione, quest ultima, estremamente efficace 15. Presenta invece seri problemi l immissione, all interno del reattore, degli agenti gassificanti. I distributori impiegati a tale scopo sono generalmente a getto, e si deve fare attenzione a non indirizzare tali getti verso le parti strutturali del reattore. Nella maggior parte dei casi è necessario evitare che le ceneri raggiungano il punto di fusione; in tal caso si formerebbero degli agglomerati di materiale inerte e ceneri fuse che provocherebbero una diminuzione della fluidità del processo, riducendone notevolmente l efficienza. Alcuni processi (in particolare i processi Kellogg Rust Westinghouse e U-Gas) sfruttano invece la tendenza all agglomerazione delle ceneri per l eliminazione delle scorie dal reattore. syngas carbone testa del gassificatore carbone gas fondo del vapore e ossidante gassificatore scorie vapore e ossidante scorie temperatura [ C] Fig. 1.5: schema funzionale e distribuzione di temperatura di un gassificatore a letto fluido (Lozza, 1996). Le principali tecnologie di gassificazione a letto fluido sono i processi Winkler, HTW (High Temperature Winkler), KRW (Kellogg Rust Westinghouse) e U-gas, le 15 I dispositivi di pompaggio dello slurry sono notevolmente più semplici ed energeticamente meno onerosi rispetto ai sistemi di lockhoppers necessari per l alimentazione a secco. 17

28 cui principali caratteristiche operative sono riportate nella tabella 1.2. Inoltre si possono citare i processi Synthane, CO 2 -Acceptor, COGAS e Union Carbide-Battelle. Winkler HTW KRW U-Gas Temperatura di gassificazione [ C] Pressione di gassificazione [bar] Atmosferica Pezzatura del carbone [cm] ,3 0 0,6 Tempo di permanenza [minuti] N.D. N.D. N.D. N.D. Rapporto massico ossigeno/carbone ,1 1,5 1,0 1,5 Rapporto massico vapore/carbone ,6 1,3 0,4 0,6 Stato di rimozione delle ceneri Secco Secco Agglomerati Agglomerati Composizione tipica del syngas [% in volume su base secca] 16 Carboni non Carboni Carboni Lignite incrostanti bituminosi bituminosi CO 35,0 53,3 48,6 37,1 CO 2 19,5 9,1 31,1 19,0 H 2 41,0 33,8 18,2 38,0 CH 4 3,5 3,1 1,7 5,0 N 2 1,0 0,7 N.D. N.D. H 2 S + COS N.D. N.D. 0,4 0,9 Tar N.D. N.D. N.D. N.D. Tab. 1.2: condizioni operative e composizione del syngas per i principali gassificatori a letto fluido. Il consumo di ossidante e di vapore è piuttosto basso, ma si rende necessaria una opportuna sezione di preparazione del combustibile, che dev essere finemente macinato, e un apparato per il ricircolo del materiale inerte. I processi di gassificazione a letto fluido sono particolarmente adatti per carboni molto reattivi 17 e caratterizzati da un elevata temperatura di fusione delle ceneri. Il syngas possiede in genere un contenuto di metano relativamente basso, come bassa è la concentrazione di idrocarburi pesanti, ma l elevato trascinamento di particolato solido rende necessario l utilizzo di sistemi di rimozione generalmente costituiti da un ciclone seguito da una torre di lavaggio. 16 Le composizioni del syngas prodotto nei vari processi di gassificazione sono tratte dai seguenti studi: a) processo Winkler: Marten et al. (1976); b) processo HTW: Synthetic Fuel Associates (1983); c) processo KRW: Archer et al. (1978); d) processo U-gas: Gray (1978). 17 Ciò è dovuto principalmente al fatto che le temperature di reazione sono piuttosto basse. 18

29 La potenzialità di tali reattori è decisamente superiore rispetto ai gassificatori a letto fisso e il tempo di permanenza del combustibile all interno del reattore è compreso fra i trenta e i sessanta minuti. Il processo Winkler Il processo Winkler 18, particolarmente adatto per carboni non incrostanti, utilizza un gassificatore a letto fluido operante a pressione atmosferica. Il polverino di carbone e gli agenti gassificanti (ossigeno e vapore) sono immessi in corrispondenza della parte bassa del reattore, il quale è dotato, nella zona superiore, di un sistema di fasci tubieri vaporizzatori che operano un recupero termico producendo vapore ad alta pressione. Le ceneri più pesanti, che rimangono allo stato solido, precipitano verso il fondo del reattore, da cui vengono rimosse; le particelle più leggere, invece, fuoriescono dall alto del reattore insieme con il syngas grezzo, dal quale vengono successivamente rimosse mediante appositi sistemi di depolverazione. Complessivamente il 50 75% delle ceneri e tutto il char non gassificato rimangono sospesi nel gas e con esso fuoriescono dal gassificatore. Il processo High Temperature Winkler Il processo High Temperature Winkler 19 (HTW) non è altro che una variante del processo Winkler tradizionale adatta al funzionamento a pressioni più elevate (3 10 bar). Il carbone, dopo essere stato opportunamente essiccato e macinato, viene immesso nella parte bassa del reattore attraverso un sistema di lockhoppers. Gli agenti gassificanti (vapore e ossigeno) vengono iniettati subito al di sotto della sezione di immissione del carbone, allo scopo di massimizzare la conversione dello stesso e di ridurre la formazione di metano e di altri idrocarburi. Il processo Kellogg Rust Westinghouse Il processo di gassificazione Kellogg Rust Westinghouse (KRW) 20 sfrutta l agglomerazione delle ceneri all interno del reattore. Il polverino di carbone e gli agenti gassificanti (vapore e ossigeno) vengono immessi nel fondo del reattore 18 Sviluppato dalla Bamag Verfahrenstechnik GmbH (ex Germania Occidentale), attualmente associata alla ditta tedesca Davy Power Gas GmbH. 19 Sviluppato dalla ditta tedesca (allora Germania Occidentale) Rheinische Braunkohlenwerke A.G. 20 Sviluppato dalla società statunitense Westinghouse Electric Corporation. 19

30 mediante appositi condotti coassiali. Il gassificatore può essere virtualmente suddiviso in quattro zone, nelle quali avvengono la combustione parziale, la gassificazione vera e propria, l agglomerazione delle ceneri e la rimozione degli agglomerati e del char. Mentre gli agglomerati vengono rimossi dal fondo del reattore, parte del char e delle ceneri leggere fuoriescono da esso trasportate dal syngas; vengono quindi rimosse e ricircolate per mezzo di un ciclone. I carboni non incrostanti possono essere gassificati senza alcun trattamento preventivo. Fig. 1.6: schema funzionale di un gassificatore KRW 21. Il processo U-Gas Il processo U-Gas 22 utilizza un gassificatore a letto fluido con agglomerazione delle ceneri, dotato di un ciclone interno avente lo scopo di ricircolare il char. Il reattore possiede, in corrispondenza del fondo, una griglia inclinata che favorisce l immissione degli agenti gassificanti (vapore e aria oppure vapore e ossigeno) e lo scarico delle ceneri. Il ciclone, situato in cima al reattore, separa il char e le particelle solide leggere che, per gravità, precipitano nuovamente sul letto fluido. Altri processi di gassificazione in letto fluido Oltre ai processi appena descritti, è interessante citare i processi Synthane, CO 2 - Acceptor, COGAS e Union Carbide-Battelle. Il processo Synthane 23 utilizza due reattori a letto fluido. Il carbone viene immesso nel primo reattore insieme a ossigeno e vapore, subendo una leggera 21 Fonte: U.S. Department of Energy ( Sviluppato dall Institute of Gas Technology di Chicago, Illinois (U.S.A.). 20

31 ossidazione e una parziale devolatilizzazione. Dal reattore fuoriescono il syngas, contenente tar, e il char non agglomerato. Quest ultimo viene successivamente inviato al gassificatore vero e proprio, caratterizzato dalla presenza di un ciclone interno che rimuove e ricircola le particelle solide. I flussi gassosi uscenti dai due reattori vengono miscelati e inviati alla sezione di condizionamento e depurazione. Nel processo CO 2 -Acceptor 24, nato per gassificare carboni di qualità piuttosto scadente, il calore necessario allo svolgimento delle reazioni di gassificazione viene fornito dalle reazioni esotermiche tra la dolomite e la CO 2, che avvengono in presenza di ossigeno e vapore. Il syngas prodotto, essendo caratterizzato da un rapporto tra idrogeno e monossido di carbonio prossimo a 3, non necessita, in generale, di shift conversion, per cui risulta essere particolarmente adatto nell ambito dei processi di produzione di composti quali substitute natural gas (SNG), metanolo e dimetiletere. Il processo COGAS 25 è stato studiato per la coproduzione, a partire dal carbone, di combustibili liquidi sintetici e di SNG. Il carbone viene sottoposto a un processo di pirolisi in un reattore a letto fluido, con produzione di tar e char. Mentre tutto il tar viene inviato a una sezione per la produzione di combustibili liquidi sintetici, il char viene per la maggior parte gassificato (con ossigeno e vapore come agenti gassificanti) per produrre SNG; la restante parte subisce un processo di combustione (che utilizza aria come ossidante). Nel processo UCBCG 26 (Union Carbide-Battelle Coal Gasification) il char prodotto all interno del gassificatore, per mezzo delle reazioni di combustione parziale (con aria), va a formare particolari agglomerati di ceneri, caratterizzati da temperature piuttosto elevate, che vengono continuamente ricircolati all interno del gassificatore stesso. Tali agglomerati forniscono il calore necessario al processo di gassificazione vero e proprio. 23 Sviluppato presso il Pittsburgh Energy Technology Center, Pittsburgh, Pennsylvania (U.S.A.). 24 Sviluppato dalla Consolidation Coal Company di Library, Pennsylvania (U.S.A.). 25 Sviluppato dalla FMC Corporation e dalla COGAS Development Company, entrambe con sede a Princeton, New Jersey (U.S.A.). 26 Sviluppato congiuntamente dalla Union Carbide Corporation e dai Battelle Columbus Laboratories presso Columbus, Ohio (U.S.A.). 21

32 1.4 Gassificatori a letto trascinato I gassificatori a letto trascinato (entrained-flow gasifiers) sono reattori che lavorano in difetto di ossigeno. Possono essere utilizzati per gassificare combustibili solidi (finemente macinati, con granulometria dell ordine di m) o liquidi, che vengono immessi nel reattore (allo stato secco o sotto forma di slurry) in equicorrente con l ossidante e il vapore. carbone, vapore e ossidante testa del gassificatore carbone vapore e ossidante scorie gas syngas fondo del gassificatore scorie temperatura [ C] Fig. 1.7: schema funzionale e distribuzione di temperatura di un gassificatore a letto trascinato (Lozza, 1996). Tali reattori, per ottenere una cinetica di reazione molto veloce, operano a temperature piuttosto elevate (comprese, in generale, tra 1200 e 1600 C); in tal modo, si supera la temperatura di fusione delle ceneri, le quali, all uscita del reattore, vengono gettate bruscamente in una vasca d acqua fredda, andando a formare un materiale vetroso totalmente inerte e, di conseguenza, facilmente smaltibile in discarica o riciclabile. I reattori a letto trascinato sono estremamente semplici (basti pensare che al loro interno sono praticamente vuoti), accettano qualsiasi tipo di combustibile da gassificare e sono caratterizzati da una potenzialità piuttosto elevata (il tempo di permanenza del combustibile all interno del gassificatore è di pochi secondi); pertanto, nelle applicazioni commerciali di media e larga scala, essi costituiscono la categoria più diffusa di gassificatori. 22

33 La quantità di vapore immessa nel reattore è notevolmente inferiore rispetto a quella necessaria nella gassificazione a letto fluido 27 e, a maggior ragione, in quella a letto fisso. D altra parte, però, a causa delle elevate temperature operative, è necessaria una notevole quantità di ossidante. Il principale problema di tali processi è costituito dalla necessità di operare un notevole recupero termico dal gas di sintesi, prodotto a temperatura molto elevata; in tal modo si hanno notevoli complicazioni impiantistiche. Proprio per questo motivo, in numerose applicazioni industriali, si preferisce rinunciare (almeno parzialmente) a tale recupero raffreddando il gas per quench con acqua 28, con una conseguente riduzione del rendimento complessivo dell impianto di uno o due punti percentuali. Le più importanti tecnologie di gassificazione a letto trascinato sono la Texaco e la Shell, ma riscuotono un certo interesse anche le tecnologie Koppers-Totzek, Prenflo, E-Gas (detta in passato Destec), Bi-Gas e DOW. In figura 1.8 sono riportati gli schemi funzionali di alcuni dei suddetti processi, mentre le principali caratteristiche operative sono riportate nella tabella 1.3. (a) gassificatore Texaco (b) gassificatore Shell (c) gassificatore Destec Fig. 1.8: schemi funzionali dei gassificatori Texaco, Shell e Destec Se l alimentazione avviene sotto forma di slurry, la vaporizzazione di tale miscela fornisce il vapore necessario al processo; pertanto, in questi casi, non è generalmente necessario immettere nel reattore vapore aggiuntivo. 28 Per quench s intende l iniezione diretta di acqua, allo stato liquido, nella corrente di syngas, allo scopo di ridurne la temperatura grazie alla vaporizzazione dell acqua stessa. 29 Fonte: U.S. Department of Energy (

34 Texaco Shell K-T Prenflo Temperatura di gassificazione [ C] Pressione di gassificazione [bar] Atmosferica Pezzatura del carbone [m] Tempo di permanenza [minuti] N.D Rapporto massico ossigeno/carbone 0,9 1,5 0,65 1,0 0,6 1,0 1,0 Rapporto massico H 2 O/carbone 30 0,8 3,0 0 0,2 0,5 1,0 0,1 Stato di rimozione delle ceneri Secco Scorie fuse Scorie fuse Scorie fuse Composizione tipica del syngas [% in volume su base secca] 31 Carboni bituminosi Carboni bituminosi Carboni bituminosi Carboni bituminosi CO 42,0 65,6 55,9 59,6 CO 2 20,8 1,5 7,2 3,7 H 2 36,0 31,3 35,4 26,0 CH 4 0,4 0,4 N.D. N.D. N 2 + inerti N.D. 0,8 1,1 10,0 H 2 S + COS 0,8 0,4 0,4 0,7 Tar N.D. N.D. N.D. N.D. Tab. 1.3: condizioni operative e composizione del syngas per i gassificatori Texaco, Shell, Koppers- Totzek e Prenflo. Il processo Texaco Il Texaco Coal Gasification Process (TCGP) è un processo di gassificazione del carbone in letto trascinato originato dall esperienza acquisita nella gassificazione di oli combustibili pesanti (attraverso il processo TSGGP, Texaco Synthesis Gas Generation Process). Il carbone, polverizzato mediante appositi mulini fino a dimensioni dell ordine dei m, viene alimentato al gassificatore sotto forma di slurry 32, generalmente caratterizzato dal 60% di solidi. 30 Nel caso del processo di gassificazione Texaco, alimentato a slurry, si utilizza acqua in fase liquida, mentre per i processi Shell, Koppers-Totzek e Prenflo, alimentati a secco, il rapporto fa riferimento al vapore di processo. 31 Le composizioni del syngas prodotto nei vari processi di gassificazione sono tratte dai seguenti studi: a) processo Texaco: Bisset (1978); b) processo Shell: Van der Brugt (1979); c) processo Koppers- Totzek: Fransworth et al. (1974); d) processo Prenflo: Schellberg (1989). Quest ultimo studio, in particolare, fa riferimento al carbone bituminoso Pittsburgh #8. 32 Come precedentemente accennato, l alimentazione a slurry consente di immettere la miscela all interno del gassificatore mediante sistemi di pompaggio, molto più semplici (oltre che meno dispendiosi dal punto di vista energetico) dei sistemi di lockhoppers necessari per l alimentazione a secco. 24

35 Il reattore opera a pressioni comprese tra i 25 e gli 85 bar e utilizza, come ossidante, ossigeno di purezza dell ordine del 95 97%. Poiché la temperatura di gassificazione è generalmente compresa tra 1200 e 1500 C, il syngas è caratterizzato da un valore medio del potere calorifico (generalmente dell ordine di 11 MJ/Nm 3 ). Il processo Texaco è adatto per gassificare diverse tipologie di carbone, comprese quelle caratterizzate da alti tenori di zolfo, ma i risultati migliori si ottengono con carboni aventi un elevato potere calorifico, in maniera tale da limitare il consumo di ossigeno. Il processo Shell Il processo Shell 33 utilizza un gassificatore a letto trascinato alimentato con polverino di carbone (di dimensioni generalmente comprese tra 50 e 100 m) allo stato secco 34. Il reattore, isolato termicamente, è dimensionato per contenere la fiamma. Le pressioni operative sono dell ordine dei bar, mentre la temperatura del processo è generalmente compresa tra 1400 e 1700 C (dovendo essere superiore alla temperatura di fusione delle ceneri) ed è controllata attraverso i rapporti tra le portate di carbone, vapore e ossigeno. A causa delle alte temperature il processo necessita di una notevole quantità di ossigeno, mentre in alcuni casi il vapore può non essere necessario. Il syngas è composto quasi esclusivamente da idrogeno e monossido di carbonio, mentre è quasi completamente assente il tar. Conseguentemente alle alte temperature operative il potere calorifico non è generalmente molto elevato. In virtù delle condizioni operative, che consentono una efficace miscelazione dei reagenti, il processo Shell si adatta a vari tipi di carbone, anche di bassa qualità. Il processo Koppers-Totzek Il processo Koppers-Totzek 35 (K-T) utilizza un gassificatore, rivestito di materiale refrattario e dotato di due o quattro bruciatori, funzionante a una pressione 33 Sviluppato, a partire dal 1972, dalla Shell International (Olanda) e dalla Koppers Company (ex Germania Occidentale). 34 La movimentazione del carbone è effettuata con l ausilio di gas inerti in pressione (generalmente azoto ricavato dall unità di separazione dell aria), mediante sistemi piuttosto complessi che presentano il rischio di autocombustione e l esigenza di minimizzare la dispersione di polveri. 35 Sviluppato attorno al 1950 dalla Heinrich Koppers presso Essen, Germania (ex Germania Occidentale). 25

36 appena superiore a quella atmosferica. Il polverino di carbone viene immesso, mediante opportuni sistemi di caricamento a vite, in un flusso di ossigeno e di vapore a bassa pressione, a sua volta inviato nei bruciatori. Le reazioni di gassificazione, pertanto, risultano essere estremamente veloci. Il processo opera a temperature molto elevate ( C), certamente superiori alla temperatura di fusione delle ceneri. Circa il 50 70% di queste ultime precipita verso il fondo del reattore e va a finire in una tramoggia piena d acqua, nella quale subisce un repentino raffreddamento con conseguente vetrificazione. Le ceneri restanti fuoriescono dal reattore assieme al syngas grezzo e vengono separate da questo durante il processo di raffreddamento. Il vapore necessario al processo viene prodotto all interno di fasci tubieri interni allo stesso gassificatore. Date le elevate temperature viene prodotto anche vapore ad alta pressione che, nelle applicazioni in impianti IGCC, viene inviato alla sezione di potenza. Il processo Prenflo Il processo PRENFLO (PRessurized ENtrained FLOw), sviluppato dalla Krupp Koppers, rappresenta l evoluzione del processo di gassificazione Koppers-Totzek 36 ed è adatto a gassificare una grandissima varietà di carboni. Il processo è alimentato con polverino di carbone, iniettato nel reattore insieme all ossigeno e, se necessario, al vapore. Il reattore è rivestito internamente con materiale refrattario e il controllo della temperatura viene effettuato mediante un sistema a circolazione forzata che produce vapore saturo ad alta pressione (che può essere utilizzato in un ciclo combinato sottoposto oppure ceduto a utenze esterne). Le reazioni di gassificazione vere e proprie avvengono a temperature dell ordine dei 2000 C, mentre il syngas fuoriesce dal reattore a una temperatura solitamente compresa tra 1350 e 1600 C. La temperatura di gassificazione è sufficientemente elevata da provocare la fusione del materiale minerale presente nel carbone. Le scorie fuse discendono lungo le pareti del reattore fino a raggiungere una vasca contenente acqua fredda, nella quale vetrificano. Un importante caratteristica dei gassificatori Prenflo consiste nella possibilità di operare veloci variazioni del carico. Normalmente è possibile effettuare variazioni 36 Quest ultimo ha rappresentato anche le basi dalle quali e stato sviluppato il processo Shell di gassificazione in letto trascinato. 26

37 comprese tra il 35 e il 110% del carico nominale, con una velocità pari a circa il 15% al minuto. Il processo E-Gas (Destec) Il processo E-Gas (in passato chiamato Destec) utilizza un gassificatore a letto trascinato, operante in pressione, alimentato con slurry 37. Il processo di gassificazione avviene in due fasi, dislocate in due zone differenti del reattore. La maggior parte dello slurry (circa il 75 80%) viene alimentato, insieme a tutto l ossigeno utilizzato, in corrispondenza del primo stadio del gassificatore 38, nel quale hanno luogo le reazioni esotermiche di ossidazione e, in parte, anche quelle di gassificazione. Tali reazioni avvengono in maniera estremamente rapida a una temperatura elevata (dell ordine dei C), alla quale le ceneri fondono e precipitano verso il fondo del reattore, dal quale fuoriescono andando a finire in un bagno d acqua, nel quale vetrificano. Il restante 20 25% dello slurry viene immesso in corrispondenza del secondo stadio del reattore. Le reazioni endotermiche di gassificazione sono sostenute dal calore ceduto dai gas caldi che, prodotti nel primo stadio, risalgono verso il secondo; tali gas vengono in tal modo raffreddati fino a una temperatura dell ordine di 1000 C. La produzione di char avviene esclusivamente nel secondo stadio ed è estremamente limitata, dato che tale zona del reattore è alimentata solamente con il 20 25% dello slurry. Il char prodotto, comunque, precipita verso il primo stadio, dove viene completamente gassificato. Il reattore è rivestito internamente con materiale refrattario e non viene raffreddato. Il processo Bi-Gas Il processo Bi-Gas 39 utilizza un gassificatore a letto trascinato a due stadi, operante a pressioni piuttosto elevate ( bar). L alimentazione del carbone avviene sotto forma di slurry; quest ultimo viene portato a una pressione poco superiore a quella operativa e preriscaldato fino a una temperatura dell ordine di 250 C, per essere in seguito nebulizzato all interno di un flusso di gas caldi; in tal modo si ha la vaporizzazione dell acqua contenuta nello 37 Caratterizzato da una concentrazione di solidi (carbone) compresa tra il 50 e il 70%. 38 Ovvero in corrispondenza del fondo del reattore, costituito da un corpo cilindrico dotato di due bruciatori diametralmente opposti. 39 Sviluppato negli Stati Uniti dalla Bituminous Coal Research Inc. 27

38 slurry. Il flusso, costituito da gas, vapore e polverino di carbone ormai secco, attraversa un ciclone, che separa le particelle solide e le invia nel secondo stadio di gassificazione (situato nella zona superiore del reattore). Il gas e il vapore vengono invece ricircolati. All interno del secondo stadio avvengono la devolatilizzazione e la gassificazione del carbone, con produzione di char e di un gas ricco di metano. Tali sostanze fuoriescono dal reattore a una temperatura di circa 950 C e vengono quindi raffreddate per quench fino a circa 450 C per essere poi inviate a un ciclone, che separa le particelle solide. Il char separato viene quindi inviato al primo stadio di gassificazione (situato nella zona centrale del reattore) e messo in contatto con un flusso di ossigeno; in tal modo, a una temperatura dell ordine di C, avviene la gassificazione del char. Il syngas prodotto nel primo stadio risale verso il secondo insieme al char non gassificato (che viene così ricircolato) e alle scorie. Queste ultime precipitano, per gravità, in un bagno d acqua fredda situato al di sotto del reattore, subendo così un processo di vetrificazione, che le rende inerti; il gas, che fuoriesce dalla parte superiore del secondo stadio 40, viene invece inviato a un sistema di lavaggio e ai processi di desolforazione. Si osservi come l introduzione della miscela acqua/carbone all interno della corrente gassosa prodotta nel primo stadio raffredda i gas e l energia termica ceduta da questi ultimi viene utilizzata per le reazioni endotermiche di gassificazione 41 (che avvengono nella medesima zona del reattore). Il processo DOW La DOW Chemical Company ha sviluppato un proprio processo di gassificazione a partire dagli anni attorno al Il processo DOW (Dow Coal Gasification Process, DCGP) impiega un gassificatore a letto trascinato a doppio stadio, utilizzante ossigeno come ossidante e dotato di un sistema di estrazione delle scorie allo stato fuso. Il carbone viene macinato in un mulino a barre e miscelato con acqua, dando origine a uno slurry caratterizzato da un contenuto di solidi del 52 54%. Parte dello slurry viene introdotto nel gassificatore, insieme all ossigeno (avente purezza 40 Una composizione tipica del syngas prodotto da un processo di gassificazione Bi-Gas si può trovare in Grace e Zahradnik (1972). 41 In tal modo viene minimizzato il consumo di ossigeno (introdotto esclusivamente nel primo stadio di gassificazione) e viene meno la necessità di introdurre complesse apparecchiature di scambio termico (particolarmente costose perché operanti a elevate temperature). 28

39 dell ordine del 95%), in corrispondenza del primo stadio, mentre la parte restante viene inviata direttamente al secondo stadio. Per il resto il processo è del tutto simile al processo Bi-Gas precedentemente descritto. 1.5 Gassificazione catalitica I processi di gassificazione catalitica sono particolarmente adatti per la produzione di combustibili gassosi di elevata qualità. La presenza del catalizzatore consente di operare con temperature inferiori a quelle adoperate nei processi tradizionali, con conseguente aumento dell efficienza (rendimento di gas freddo), e inoltre favorisce le reazioni di metanazione. Il principale sistema di gassificazione catalitica, l unico che, attualmente, trova applicazione a livello industriale, è il processo Exxon 42 (ECGP, Exxon Catalytic Gasification Process), che utilizza un reattore convenzionale a letto fluido nel quale è immesso carbonato di potassio (K 2 CO 3 ) come catalizzatore. Quest ultimo, reagendo con il vapore, favorisce lo sviluppo delle reazioni di gassificazione e di metanazione, per cui il syngas è particolarmente ricco di metano. Inoltre, poiché le reazioni di metanazione, esotermiche, hanno luogo all interno dello stesso reattore, il calore da queste fornito soddisfa completamente il fabbisogno termico delle reazioni endotermiche di gassificazione. Il catalizzatore, oltre a consentire un rapido sviluppo delle suddette reazioni, impedisce anche la formazione di agglomerati di particelle di carbone Gassificazione sotterranea La gassificazione sotterranea 44 (UGC, Underground Coal Gasification) consiste nella conversione del carbone in un combustibile gassoso direttamente nel sottosuolo, 42 Sviluppato negli Stati Uniti dalla Exxon Research and Engineering Company. 43 Per approfondimenti sul processo Exxon e su altri processi di gassificazione catalitica proposti solamente a livello teorico si rimanda a Nahas (1977) e MPS Review (1997). 44 Lo sviluppo di tali processi ebbe origine nel Regno Unito attorno al 1920 ma subì i maggiori sviluppi tra il 1960 e il 1980, quando Stati Uniti e Unione Sovietica tentarono di commercializzare tale tecnologia. 29

40 tramite l immissione di flussi di ossigeno (o aria) e vapore. Il gas prodotto viene inviato in superficie e può essere adoperato per vari usi, come riscaldamento industriale, generazione elettrica, produzione di idrogeno, SNG o altri combustibili sintetici. Il syngas prodotto è composto prevalentemente da idrogeno, monossido di carbonio, metano, anidride carbonica, azoto, vapor d acqua e tracce di idrocarburi pesanti e di contaminanti (ammoniaca, solfato d idrogeno, composti dello zolfo e tar). In generale, comunque, la composizione non è molto dissimile da quella dei gas prodotti negli impianti di superficie; pertanto i sistemi di depurazione utilizzati sono quelli tradizionali. I vantaggi presentati dai processi di gassificazione sotterranea sono notevoli. Anzitutto l energia contenuta nel carbone può essere trasportata in superficie sotto forma di gas ad alta pressione, che può essere facilmente trattato per la rimozione delle sostanze contaminanti e per la separazione della CO 2. Inoltre, mentre l estrazione del carbone crea notevoli problemi relativamente alle polveri che vengono disperse, la gassificazione sotterranea consente di ovviare facilmente a questo inconveniente (tra l altro il contenuto di particelle solide trasportate dal syngas è pressoché nullo). Infine dal gas prodotto si può operare la rimozione della CO 2, che può essere facilmente stoccata all interno delle cavità già completamente sfruttate del giacimento. D altra parte, la possibilità di ricorrere, in un determinato sito, ai processi UGC dipende fortemente dalla geologia del giacimento, dalle caratteristiche del carbone (in particolare dalla permeabilità ai gas) e dalle caratteristiche idrogeologiche del sito. I principali programmi di sviluppo delle tecnologie di gassificazione sotterranea sono stati attuati in Spagna, Regno Unito, Australia, Cina e Canada (Green e Armitage, 2002; Blinderman, 2005). 1.7 Sistemi avanzati di gassificazione La distinzione tra gassificatori a letto fisso (o mobile), fluido e trascinato precedentemente adottata consente di effettuare una classificazione generale dei tradizionali sistemi di gassificazione. I processi descritti nell ambito di tali categorie 30

41 sono quelli che hanno trovato, o tuttora stanno trovando, maggiore applicazione in ambito industriale. Tuttavia i processi di gassificazione, al giorno d oggi, sono più che mai oggetto di studio e di sviluppo, grazie soprattutto alla possibilità di ottenere energia elettrica e/o combustibili sintetici puliti a partire da combustibili primari di bassa qualità. Per tale motivo sono stati recentemente sviluppati, o sono tuttora in fase di sviluppo, particolari sistemi avanzati di gassificazione, spesso derivati dai processi tradizionali, alcuni dei quali meritano una trattazione particolare. In questo paragrafo ci si propone appunto di dare una breve descrizione di tali sistemi. Il gassificatore a trasporto Il gassificatore a trasporto (transport gasifier), sviluppato nell ambito del progetto PSDF (Power Systems Develompent Facility) 45, è un reattore a letto fluido circolante, studiato per operare sia come combustore in pressione, sia come gassificatore. Tale sistema deriva da una integrazione tra il reattore a trasporto sviluppato dalla KBR (Kellogg Brown & Root, Inc.) e il sistema di combustione in letto fluido pressurizzato (APFBC, Advanced Pressurized Fluidized Bed Combustion System) sviluppato dalla Foster Wheeler; esso utilizza inoltre il sistema PCD (Particulate Control Device) di rimozione del particolato, sviluppato dalla Siemens- Westinghouse. Il principio di funzionamento del reattore (schematizzato nella figura 1.9) è piuttosto semplice. Il carbone e il sorbente vengono miscelati con l ossidante (aria) e il vapore (e con particelle solide ricircolate) in un apposita zona, nella quale avvengono le reazioni di gassificazione. Il gas risale attraverso la colonna, di piccolo diametro, portando in sospensione una notevole quantità di particolato solido, e giunge al sedimentatore, nel quale tale particolato viene in gran parte rimosso per gravità; le particelle solide che rimangono sospese nel gas vengono successivamente rimosse all interno del ciclone. Il materiale solido rimosso nel sedimentatore e nel ciclone viene ricircolato, mediante un condotto a J (J-leg), e inviato nella zona di miscelamento (Davis et al., 2004; Swanson et al., 2004). 45 Il PSDF ( è un centro di ricerca destinato alla sperimentazione di sistemi energetici avanzati, nato dalla collaborazione tra DOE (U.S. Department of Energy), EPRI (Electric Power Research Institute), Southern Company, Foster Wheeler, KBR (Kellog Brown & Root, Inc.), Siemens-Westinghouse, Combustion Power Company e Peabody Holding Company. 31

42 Fig. 1.9: schema funzionale del gassificatore a trasporto del PSDF (Leonard et al., 2001). Il sistema appena descritto è stato ampiamente sperimentato a partire dal 1996, con risultati piuttosto incoraggianti (Davis et al., 2005 e 2002). I sistemi di gassificazione parziale con combustione in letto fluido Gli impianti di gassificazione parziale e combustione in letto fluido (chiamati da diversi autori hybrid cycles, topping cycles o second-generation PFBC ), consentono di riunire in un unico processo i vantaggi caratteristici delle due tecnologie dalle quali hanno origine 46. Tali sistemi, detti PGFBC (Partial Gasification Fluidized Bed Combustion) prevedono anzitutto una gassificazione parziale del carbone, con la conseguente produzione di un combustibile gassoso con il quale è possibile alimentare un ciclo turbogas avanzato. Il char, ossia il residuo di tale conversione parziale, viene poi inviato a un processo di combustione in letto fluido (eventualmente pressurizzato), integrato con un ciclo a vapore. Sia il gassificatore che il combustore utilizzano aria come ossidante e la rimozione dei composti dello zolfo (sia dal syngas che dai fumi della combustione) viene effettuata per adsorbimento mediante opportuni solventi (Lozza et al., 1996). Le possibili integrazioni tra gli impianti PGFBC e i cicli combinati (PGFBC-CC, Partial Gasification Fluidized Bed Combustion Combined Cycles) per la produzione di energia elettrica sono varie e 46 I processi di gassificazione sono piuttosto efficienti, ma richiedono notevoli investimenti, legati principalmente ai sistemi di trattamento del syngas; d altra parte, la tecnologia PFBC è molto più semplice, in termini di processo e di controllo delle emissioni, ma non è generalmente adatta alla integrazione con impianti di generazione elettrica avanzati o con sistemi di produzione di idrogeno o di altri combustibili di sintesi. 32

43 risultano essere relativamente semplici (Cai et al., 2001), ma non trovano attualmente applicazioni su scala commerciale. 1.8 Processi di depurazione del syngas Il gas di sintesi in uscita dai processi di gassificazione è costituito fondamentalmente da monossido di carbonio, anidride carbonica, idrogeno, vapor d acqua e metano, ai quali, nel caso della gassificazione con aria, va aggiunto l azoto. Oltre a queste sostanze, sono sempre presenti anche composti, per lo più indesiderati, come particolato, composti dello zolfo (H 2 S e COS) e dell azoto (NH 3 e HCN), composti alogenati (HCl), tar, alcali, fenoli e altri composti di importanza secondaria. Tali impurità, la cui concentrazione nel syngas grezzo dipende dalla particolare tecnologia di gassificazione e dal combustibile impiegato, devono essere necessariamente rimosse, in maniera tale da evitare l emissione di inquinanti in atmosfera e il danneggiamento delle apparecchiature attraversate dal gas di sintesi. I fondamentali sistemi di rimozione delle sostanze inquinanti sono quelli dedicati al particolato e ai composti dello zolfo. La sezione di trattamento del gas di sintesi prodotto dalla gassificazione del carbone si colloca, nella quasi totalità delle applicazioni, subito a valle del gassificatore. In tal modo è possibile operare con portate piuttosto ridotte, dal momento che i gas non sono diluiti con l azoto contenuto nell aria comburente. Un problema comune alla quasi totalità degli impianti di gassificazione attualmente funzionanti o in fase di realizzazione consiste nell utilizzo di processi di depurazione del syngas operanti a bassa temperatura, da tempo disponibili a livello commerciale, ampiamente sperimentati e collaudati e caratterizzati da efficienze di rimozione elevate. Tali processi necessitano però di un raffreddamento del syngas, operazione che comporta inevitabili irreversibilità (che condizionano notevolmente l efficienza globale dell impianto) e notevoli complicazioni a livello impiantistico. Le problematiche ora esposte costituiscono il principale motivo per il quale, allo stato attuale, sta riscuotendo un enorme interesse lo sviluppo di tecniche di depurazione dei gas ad alta temperatura che consentirebbero, oltre a una notevole semplificazione impiantistica, di far evolvere attraverso entrambe le sezioni del ciclo 33

44 combinato tutta l energia posseduta dai gas, realizzandone la conversione in energia meccanica e poi elettrica con la massima efficienza 47. La rimozione degli inquinanti ad alta temperatura, inoltre, consente un trattamento dei gas a secco, con conseguente riduzione dei costi di depurazione delle acque di scarico, altrimenti piuttosto elevati. 1.9 Trattamento del syngas a bassa temperatura Nel presente paragrafo è fornito un quadro generale dei processi utilizzati per il trattamento a freddo del syngas, con particolare riferimento alla rimozione degli inquinanti principali: le polveri e i composti dello zolfo. Rimozione del particolato Il controllo delle emissioni di particolato si rende necessario sia per garantire la salubrità dell aria (e chiaramente per mantenersi nel rispetto delle normative a riguardo, sempre più restrittive), sia per proteggere efficacemente le apparecchiature attraversate dal syngas, evitando problemi di deposito, erosione e corrosione. In particolare, nel caso dell utilizzazione del gas di sintesi nelle turbine a gas, esistono limiti tecnologici ristrettissimi relativamente alla concentrazione di particolato 48. Tali limiti divengono ancora più restrittivi nel caso in cui il syngas venga utilizzato per alimentare sistemi di celle a combustibile. La rimozione del particolato, negli impianti di gassificazione attualmente esistenti, viene effettuata principalmente mediante apparecchiature convenzionali. Nella maggior parte delle applicazioni, il sistema di depolverazione del syngas utilizza torri di lavaggio (scrubber) 49, generalmente di tipo Venturi, che, oltre all accurata rimozione del particolato, consentono anche il raffreddamento e la 47 Tale discorso, effettuato ovviamente con particolare riferimento agli impianti IGCC, vale per la quasi totalità dei processi di gassificazione; infatti, al giorno d oggi, anche gli impianti nati per convertire il carbone in syngas destinato alla produzione di sostanze chimiche possiedono comunque una sezione di potenza che, seppure secondaria, contribuisce notevolmente all economia del processo. 48 In genere, le particelle aventi dimensioni superiori ai 20 m non sono assolutamente ammesse, quelle appartenenti alla classe 1 20 m sono ammesse in concentrazioni non superiori a circa 5 ppm mentre quelle appartenenti alla classe 0 1 m non possono superare le 5,5 ppm. 49 Per una trattazione più approfondita sull applicazione delle torri di lavaggio ai processi di gassificazione e sui principi di funzionamento di tali sistemi si rimanda ai seguenti lavori: Cocco (1993); Clift (1987); Klingspor e Vernon (1988). 34

45 saturazione del syngas. Molte applicazioni, inoltre, sono dotate, a monte dello scrubber, di uno o più cicloni 50 che operano una prima grossolana depolverazione. Rimozione dei composti dello zolfo Lo zolfo, inizialmente contenuto nel combustibile primario, si ritrova nel gas di sintesi principalmente nelle due forme chimiche ridotte H 2 S (solfuro di idrogeno o idrogeno solforato) e COS (solfuro di carbonile) 51 ; la concentrazione di tali sostanze nel syngas è generalmente dell ordine dell 1 2%. Una parte significativa dello zolfo contenuto nel combustibile viene invece neutralizzata dai composti basici presenti nelle ceneri (come, ad esempio, CaO e MgO) e viene eliminata con esse dal fondo del gassificatore. La presenza, nel syngas grezzo, dei composti solforati è problematica principalmente per due ragioni: da un lato, utilizzando tale gas come combustibile, i suddetti composti darebbero luogo alla formazione di ossidi di zolfo, irritanti e nocivi per l organismo umano e causa dell ormai noto fenomeno delle piogge acide ; d altra parte i composti dello zolfo sono generalmente mal tollerati dalle apparecchiature attraversate dal syngas 52, che posso essere negativamente condizionate in termini di funzionamento e durata nel tempo. I processi di desolforazione comunemente impiegati nell ambito degli impianti di gassificazione rimuovono quasi completamente l H 2 S e buona parte del COS, nonché una certa quantità, più o meno rilevante, di CO 2. Nella quasi totalità delle applicazioni commerciali, il sistema di rimozione dei composti dello zolfo è composto essenzialmente da tre parti: la sezione di desolforazione vera e propria del gas di sintesi, comprendente anche il sistema di rigenerazione del solvente; la sezione di recupero dello zolfo elementare dai gas in uscita dalla rigenerazione stessa; la sezione di trattamento finale di tali gas (detti gas di coda o tail gas ) prima della loro immissione in atmosfera. 50 Per una trattazione più approfondita sull applicazione dei cicloni ai processi di gassificazione e sui principi di funzionamento di tali sistemi si rimanda a Klingspor e Vernon (1988). 51 Generalmente il syngas contiene anche tracce (al massimo qualche decina di ppm) di altri composti dello zolfo, come CS 2, CH 3 SH, C 2 H 5 SH. 52 A titolo di esempio si possono citare i catalizzatori, a base di ossidi metallici, utilizzati comunemente per il processo di CO-shift (negli impianti in cui tale processo è utilizzato), che vengono avvelenati dalla presenza di zolfo e riducono notevolmente la loro attività se la concentrazione di composti solforati supera qualche decina di ppm. 35

46 La sezione di desolforazione del syngas I processi di desolforazione, in generale, operano a basse temperature e preferibilmente ad alte pressioni, utilizzando solventi selettivi in grado di rimuovere dal gas di sintesi quasi esclusivamente i composti prestabiliti. Tali processi, il cui schema funzionale è presentato in figura 1.10, sono di tipo rigenerativo, allo scopo di minimizzare il consumo di solvente. La fase di assorbimento avviene all interno di una colonna a piatti o a riempimento, nella quale il solvente, entrando in contatto con il gas da trattare, assorbe i composti da rimuovere; il gas depurato fuoriesce dalla testa della colonna, mentre il solvente saturo viene estratto dal fondo della stessa, per essere poi depressurizzato, riscaldato e inviato alla sezione di rigenerazione (operazione che prende il nome di stripping ). Il solvente rigenerato viene ricompresso e raffreddato e successivamente inviato nuovamente all assorbitore, mentre i gas estratti dalla colonna di rigenerazione vengono inviati a un apposita sezione di trattamento. syngas depurato gas acidi scambiatore syngas grezzo COLONNA DI ASSORBIMENTO solvente rigenerato RIGENERAZIONE SOLVENTE vapore solvente saturo espansore Fig. 1.10: schema semplificato di un impianto di rimozione dei gas acidi (Cocco, 1993). In particolare, in base alla interazione tra il solvente e il composto solforato si fa una distinzione fra processi chimici e processi fisici. Nei primi il solvente, a contatto con il composto da rimuovere, reagisce con esso formando altri composti o insiemi di composti instabili. Nei processi fisici, invece, l interazione fra il solvente e i composti dello zolfo è esclusivamente di natura fisica. Esistono inoltre alcuni particolari processi di desolforazione che utilizzano opportune miscele di solventi chimici e fisici. In generale, se nel syngas i composti dello zolfo sono caratterizzati da una elevata pressione parziale, è conveniente utilizzare processi di tipo fisico; altrimenti, 36

47 per basse pressioni parziali, sono più convenienti i processi di tipo chimico, dato che il volume di solvente da utilizzare risulta minore. I processi di assorbimento fisico dei gas acidi utilizzano solventi organici caratterizzati da un'elevata capacità di assorbimento nei confronti dell idrogeno solforato. Se il syngas dev essere impiegato come materia prima per la produzione di sostanze chimiche o combustibili sintetici occorre prevedere, a valle del sistema di desolforazione, un sistema di lavaggio che rimuova dal gas eventuali tracce di solvente, che potrebbero danneggiare i catalizzatori utilizzati nei processi di sintesi. Tra i processi fisici, i più utilizzati sono il processo Rectisol, il processo Purisol e il processo Selexol 53. Il processo Rectisol 54 utilizza come solvente il metanolo, opera a pressioni elevate ( bar) e a temperature molto basse 55 (comprese generalmente tra -73 e -18 C) ed è caratterizzato da elevate efficienze di rimozione dei composti dello zolfo (dell ordine del 99%). Il processo Purisol, di cui è licenziataria la Lurgi, utilizza, come solvente, l NMP (N-metilpirrolidone) e garantisce efficienze di rimozione dell ordine del 99% operando a temperature prossime a quella ambiente. Il processo Selexol 56 utilizza, come solvente, il DMPEG (dimetiletere di glicolpolietilenico), parecchio selettivo nei confronti dei composti dello zolfo, diluito con acqua. Il processo Selexol è caratterizzato da costi operativi piuttosto elevati, da efficienze di rimozione dell H 2 S dell ordine del 97% 57 e dalla capacità di rimuovere circa il 10% della CO 2 contenuta nel syngas. La seguente tabella 1.4 riporta, a confronto, le principali caratteristiche dei tre processi di desolforazione per assorbimento fisico più comuni e dei solventi in essi utilizzati. 53 Altri sistemi di desolforazione ad assorbimento fisico, meno utilizzati perché piuttosto dispendiosi o perché non ancora sufficientemente affidabili a livello industriale, sono i processi Sepaslov, Fluor e Estasolvan. 54 Sviluppato attorno al 1955 dalla Linde e dalla Lurgi, il processo Rectisol è, ancora oggi, uno dei processi di desolforazione maggiormente diffusi nell ambito degli impianti di gassificazione. Per le sue peculiari caratteristiche il processo Rectisol trova numerose e vantaggiose applicazioni nell ambito dei processi di gassificazione che producono un syngas destinato all industria chimica. Il fatto che il processo Rectisol elimini dal gas anche gli idrocarburi leggeri è infatti uno svantaggio quando lo stesso gas dev essere utilizzato in processi di combustione. D altra parte l elevata efficienza di rimozione della CO 2 comporta notevoli vantaggi se il gas dev essere utilizzato nell industria chimica; l anidride carbonica, infatti, avvelena i catalizzatori generalmente impiegati nei processi di sintesi (Supp, 1990). 55 Le alte pressioni e le basse temperature costituiscono un punto critico del processo Rectisol, a causa dei notevoli costi di gestione. 56 Tale processo venne inizialmente sviluppato dalla Allied Chemical Corporation per la rimozione della CO 2 dal gas nei processi di sintesi dell ammoniaca. 37

48 Rectisol Purisol Selexol Efficienze tipiche di rimozione dell H 2 S > 99% 99% 97% Temperatura operativa [ C] Pressione operativa [bar] Solvente 58 Metanolo NMP DMPEG Massa molecolare [kg/kmol] Temperatura di ebollizione a 1 bar [ C] Viscosità [cp] 0,85 a 15 C 1,40 a 30 C 2,40 a 50 C 1,65 a 30 C 1,75 a 25 C 2,00 a 15 C 4,7 a 30 C 5,8 a 25 C 8,3 a 15 C Massa volumica [kg/m 3 ] Tab. 1.4: proprietà dei principali processi di assorbimento fisico e dei loro solventi (Supp, 1990). In generale, nei processi di tipo fisico, la fase di rigenerazione del solvente viene attuata attraverso una semplice riduzione della pressione, con il vantaggio di ottenere costi operativi relativamente contenuti. Nei processi chimici, invece, la rigenerazione del solvente viene effettuata attraverso un opportuno aumento della temperatura; tale procedura può risultare conveniente quando si hanno a disposizione sufficienti quantità di energia termica di recupero (Cocco, 1993). I processi chimici utilizzano generalmente solventi a base di soluzioni acquose di ammine 59 e sali alcalini, che reagiscono con i composti da rimuovere dando origine ad altri composti che poi si scindono in fase di rigenerazione. Nella fase di assorbimento le temperature sono in genere dell ordine dei C e la pressione è piuttosto bassa, mentre la fase di rigenerazione del solvente opera a temperature dell ordine dei 120 C (in genere con utilizzo di vapore). L efficienza di rimozione dei composti dello zolfo, in tali processi, raggiunge il 99%. Alcuni importanti processi di desolforazione non rientrano nelle classificazioni precedenti, utilizzando come solventi miscele di composti che operano un assorbimento in parte di tipo fisico e in parte di tipo chimico. Il vantaggio principale 57 Il COS, al quale corrisponde una efficienza di rimozione dell ordine del 20 30%, viene preventivamente convertito in idrogeno solforato mediante un processo di idrolisi catalitica. 58 A parte il metanolo, i solventi maggiormente impiegati nei processi di desolforazione sono l Nmetilpirrolidone (NMP, n-methyl-2 pirrolidone, di formula chimica C 5 H 9 NO) e il dimetiletere di glicolpolietilenico (DMPEG, dimethyl polyglycol-ether). 59 In base alla loro struttura chimica si fa distinzione tra ammine primarie, secondarie e terziarie: tra le prime si utilizzano frequentemente la monoetanolammina (MEA) e la diglicolammina (DGA); le ammine secondarie maggiormente impiegate sono la dietanolammina (DEA) e la diisopropanolammina (DIPA); tra le terziarie, infine, si usano la metildietanolammina (MDEA) e la trietanolammina (TEA). 38

49 dell utilizzo di solventi misti consiste nell ottenimento di efficienze di rimozione estremamente elevate (spesso superiori al 99%) con costi relativamente contenuti. I processi Sulfinol, Amisol e Stretford sono le principali tecnologie di tipo misto per la rimozione dei composti dello zolfo. Il processo di desolforazione Sulfinol, di cui è licenziataria la Shell, utilizza come solvente una miscela di sulfolane (solvente fisico) e di MDEA o DIPA (entrambi di tipo chimico), spesso diluita con acqua 60 ; in tal modo si riesce a ottenere contenuti residui di zolfo inferiori a 0,5 ppm. Il processo Amisol è stato sviluppato dalla Lurgi e non è altro che un evoluzione del processo Rectisol che utilizza una miscela di metanolo e di un altro solvente di tipo chimico (generalmente DEA o MEA); grazie all azione combinata dei due solventi utilizzati, il processo Amisol è in grado di depurare il gas fino a concentrazioni residue dei composti dello zolfo inferiori a 0,1 ppm, operando tra l altro con pressioni relativamente basse (comprese tra 10 e 15 bar) e alla temperatura ambiente. Il processo Stretford, sviluppato dalla British Gas Corporation, opera esclusivamente una rimozione dell idrogeno solforato, utilizzando un solvente acquoso a base di carbonato di sodio e vanadio che consente una conversione diretta dell H 2 S in zolfo elementare; mediante il processo Stretford è possibile ottenere, nei gas depurati, concentrazioni residue di zolfo inferiori a 1 ppm (Supp, 1990). Poiché tutti i processi citati rimuovono con maggior facilità l idrogeno solforato piuttosto che il solfuro di carbonile 61, quando quest ultimo è presente in concentrazioni rilevanti è opportuno introdurre, a monte del processo, uno stadio di conversione catalitica del COS in H 2 S. Tale conversione avviene a temperature dell ordine dei C secondo la reazione di idrolisi COS + H + (1.13) 2O H 2S CO2 Processi di trattamento degli effluenti gassosi All uscita della sezione di rigenerazione del solvente di un processo di desolforazione si ha una corrente gassosa ricca di composti dello zolfo che, evidentemente, non può essere immessa in atmosfera. Tale corrente, dunque, viene 60 In particolare, la miscela di sulfolane e MDEA viene indicata generalmente come Sulfinol-M, mentre quella di sulfolane e DIPA è detta Sulfinol-D. 39

50 inviata a un apposita sezione nella quale viene neutralizzata, con recupero dello zolfo elementare, commercializzabile; il sistema maggiormente utilizzato a tale scopo è il cosiddetto processo Claus. I gas in uscita da tale sezione, detti gas di coda, contengono ancora tracce di zolfo e quindi non sono ancora pronti per essere emessi nell ambiente. Nella maggior parte degli impianti tali gas subiscono dunque un ulteriore trattamento di depurazione, generalmente mediante il processo Scot o il processo Beavon; in alcuni casi, tuttavia, può essere conveniente ricircolare tali gas inviandoli all ingresso dell unità di desolforazione, eliminando così la necessità di un ulteriore impianto di trattamento 62. Rimozione degli altri inquinanti La presenza di altre specie inquinanti nel gas di sintesi dipende fortemente dalla tecnologia di gassificazione utilizzata. Le specie chimiche di maggior interesse sono soprattutto ammoniaca (NH 3 ), acido cianidrico (HCN), tar, alcali, fenoli e composti alogenati (in particolare acido cloridrico HCl). Alcune di queste specie (in particolare NH 3, HCN, tar e fenoli) sono presenti in quantità significative solamente nel syngas prodotto da gassificatori a letto fisso. Sostanze come NH 3, HCN e HCl, essendo solubili in acqua, vengono rimosse insieme al particolato all interno delle torri di lavaggio. Durante tali processi si ha anche una quasi totale rimozione degli alcali, che condensano sulla superficie del particolato e con esso vengono rimossi. Infine tar e fenoli vengono generalmente fatti condensare in un apposita sezione di raffreddamento per quench, situata subito a valle del gassificatore, oppure nell eventuale torre di lavaggio. Merita inoltre un accenno la presenza, nel syngas, di metalli pesanti 63, tra i quali il mercurio è certamente il più dannoso (viste le sue alte concentrazioni). I sistemi di rimozione di tali sostanze sono basati principalmente sull assorbimento su carboni attivi e operano a pressioni elevate (80 bar) e a basse temperature (30 C). Le efficienze di rimozione sono generalmente comprese tra il 90 e il 98% (Holt, 2001). 61 In particolare l efficienza di rimozione dell idrogeno solforato è generalmente superiore al 98%, mentre quella del solfuro di carbonile è dell ordine del 20%. 62 Per un approfondimento su tali processi si rimanda a Pettinau e Cocco (2003), Cocco (1993) e Supp (1990). 63 A tale proposito, l EPA (U.S. Environmental Protection Agency) sta elaborando normative sempre più rigide che stanno spingendo lo sviluppo, soprattutto nel mercato americano, di tecnologie sempre più efficienti di rimozione dei metalli pesanti. 40

51 Mediante sistemi di questo tipo è possibile effettuare anche un accurata rimozione delle cosiddette PBT (Persistent Bio-accumulated Toxins) Trattamento del syngas ad alta temperatura Come precedentemente accennato, la maggior parte dei recenti studi sulla depurazione del syngas riguarda i sistemi di trattamento ad alta temperatura, che consentono, in generale, di evitare notevoli complicazioni impiantistiche e di ridurre notevolmente le irreversibilità dell impianto, con un conseguente rilevante incremento dell efficienza. Sistemi di depolverazione ad alta temperatura Il primo passo verso l utilizzo di processi di depurazione del syngas a elevata temperatura consiste nel riuscire a effettuare una efficiente depolverazione del gas stesso. Gli unici sistemi tradizionali di rimozione del particolato capaci di operare ad alte temperature sono i cicloni, che però non sono generalmente in grado di garantire un efficienza di rimozione sufficiente 64. Pertanto essi possono essere utilizzati come sistemi primari di rimozione ma rendono necessaria, subito a valle, un ulteriore sezione che operi una depolverazione più efficace. Attualmente la soluzione più interessante (e pertanto maggiormente studiata e sperimentata) è rappresentata dalla filtrazione con materiali ceramici porosi, resistenti alle elevate temperature e all ambiente fortemente aggressivo specifico del syngas da carbone. Tali sistemi di depolverazione sono generalmente indicati con l acronimo HGF, Hot Gas Filters. I sistemi che, al giorno d oggi, riscuotono il maggiore interesse 65 sono i filtri ceramici a candela, il cui elemento attivo è costituito da un cilindro cavo in materiale poroso. La struttura è ottenuta utilizzando materiali ceramici o metallici 66 in granuli o 64 Fanno eccezione alcune particolari applicazioni di tali sistemi ai processi di gassificazione in letto fisso; alcune sperimentazioni hanno infatti dimostrato la possibilità di ridurre il particolato solido fino a concentrazioni finali di circa 100 ppm, sufficienti all utilizzo del syngas in alcuni impianti turbogas (Pitrolo et al., 1987). 65 Per un approfondimento sulle altre tipologie di sistemi di filtraggio, e in particolare sui filtri a letto granulare e sui filtri ceramici cross-flow, si rimanda a Pettinau e Cocco (2003), Cocco (1993) e Bossart (1989). 66 Generalmente i materiali utilizzati sono il carburo di silicio, l alluminio e gli alluminosilicati. 41

52 fibre cilindriche. In generale gli elementi filtranti hanno un diametro di circa 60 mm, uno spessore di mm e una lunghezza complessiva compresa tra 1 e 1,5 metri. Ciascun cilindro è chiuso da una parte, mentre dall altra viene collegato mediante flange a una piastra metallica forata, insieme ad altri elementi dello stesso tipo. Il gas attraversa gli elementi filtranti dall esterno verso l interno e le particelle solide, che si depositano sulla superficie esterna di ciascun elemento, vengono rimosse periodicamente mediante getti d aria in pressione. Sistemi di questo tipo possono operare una efficiente depolverazione anche a temperature dell ordine di C. Il problema principale di questo tipo di filtri (comune, d altra parte, a tutti i sistemi di filtraggio) riguarda le elevate perdite di carico. I principali studi su questi sistemi di filtraggio sono stati condotti dalla British Coal, presso il CRE (Coal Research Establishment), e da una collaborazione tra la M.W. Kellogg Co. e la Westinghouse, presso l impianto pilota di Waltz Mill, in Pennsylvania e, più recentemente, in diversi impianti IGCC e PFBC statunitensi (Bower et al., 1988; Notestein, 1988). Tra tutti gli studi sui sistemi di depurazione a caldo del syngas, quello forse più interessante è stato condotto in questi ultimi anni dalla Westinghouse Electric Corporation e riguarda particolari filtri a candela in materiale ceramico (W-APF, Westinghouse Advanced hot gas Particulate Filters). Tali sistemi sono stati sviluppati in vista della loro applicazione sia in impianti IGCC (Integrated Gasification Combined Cycle) sia in processi PFBC (Pressurized Fluidized Bed Combustion). Il sistema, mostrato nella figura 1.11, è costituito da una serie di blocchi, ciascuno contenente un certo numero di elementi filtranti (le candele ) assemblati tra loro e montati all interno di una struttura portante cilindrica. Il gas grezzo viene introdotto all interno di tale struttura e attraversa gli elementi filtranti dall esterno verso l interno, fuoriuscendo dal collettore superiore e, infine, dalla sezione di uscita situata nella cima della struttura portante. La pulizia del sistema viene effettuata mediante l insufflazione di getti pulsanti di azoto in pressione verso ciascun elemento filtrante; le ceneri vengono così raccolte sul fondo della struttura e periodicamente rimosse (Lippert et al., 1998; Newby et al., 2001). 42

53 gas depurato collettore candele struttura metallica gas depurato guarnizione gas grezzo candele assemblate gas grezzo scarico polveri singola candela Fig. 1.11: schema dei filtri ceramici a candela Westinghouse (Lippert et al., 1998). Processi di desolforazione interna al gassificatore In generale, i processi di desolforazione a elevata temperatura possono suddividersi in due grandi categorie: desolforazione interna e desolforazione esterna al gassificatore. La desolforazione a caldo interna al gassificatore viene effettuata mediante l introduzione, all interno dello stesso, di sorbenti a base di calcio o di calciomagnesio. In particolare, i più utilizzati sono il calcare (CaCO 3 ) e la dolomite (CaCO 3 -MgCO 3 ), estremamente abbondanti in natura e pertanto abbastanza economici. Il processo vero e proprio di desolforazione, piuttosto complesso, può essere riassunto mediante le tre seguenti reazioni: CaCO CaO + (1.14) 3 CO 2 CaO + H 2 S CaS + H 2O (1.15) CaCO + + (1.16) 3 H 2S CaS + H 2O CO2 Il solfuro di calcio (CaS), prodotto attraverso le reazioni di desolforazione, è un sale in forma ridotta, che viene scaricato insieme alle ceneri; queste ultime, dunque, comportano notevoli problemi di smaltimento, dato che risultano pericolose dal punto di vista ambientale. Pertanto è necessario prevedere un trattamento che converta tale sostanza in solfato di calcio (CaSO 4 ), che è un composto praticamente inerte; tale 43

54 trattamento viene effettuato per ossidazione all interno di un forno alimentato ad aria o a ossigeno oppure, in alcuni casi (in particolare quando le ceneri contengono ancora elevate quantità di residui carboniosi), mediante un combustore in letto fluido che consente di produrre vapore dall energia termica rilasciata in fase di combustione. Allo stato attuale la gassificazione interna può essere adoperata solamente nell ambito dei gassificatori a letto fluido 67 ; inoltre, date le basse efficienze di rimozione, essa dev essere comunque accompagnata da uno stadio di desolforazione esterno. Le principali sperimentazioni su tale tecnologia sono state condotte da parte della Westinghouse (presso il centro sperimentale di Waltz Mill), dell IGT (Institute of Gas Turbines) e del METC (Morgantown Energy Technology Center). In particolare, test effettuati a temperature dell ordine dei 1000 C hanno portato ad avere efficienze di rimozione dello zolfo dell ordine dell 80 90%. Processi di desolforazione esterna al gassificatore Nei processi di desolforazione ad alta temperatura esterni al gassificatore, l idrogeno solforato presente nel syngas reagisce con il sorbente formando un solfuro; il sorbente saturo viene poi rigenerato attraverso opportuni processi di ossidazione producendo, allo scarico, un gas ricco di H 2 S o di SO 68 2 ; tale gas può essere successivamente utilizzato per la produzione di zolfo elementare o di acido solforico, commercializzabili, oppure, nei processi in cui si opera anche una desolforazione interna, può essere ricircolato al gassificatore. Il processo prevede, generalmente, due reattori identici 69 operanti alternativamente in fase di assorbimento e rigenerazione. Con riferimento alla figura 1.12, non appena la concentrazione di composti solforati nel gas depurato uscente dal reattore 1 supera il valore di soglia fissato, un apposito sistema di commutazione invia il syngas grezzo al reattore 2 mentre il reattore 1 passa in fase di rigenerazione (Mitchell, 1988; Thambimuthu, 1993). 67 Nonostante ciò, sono stati condotti diversi test su processi di gassificazione in letto fisso, con efficienze di rimozione dei composti solforati inferiori al 50% (Pitrolo et al., 1987), e in letto trascinato, con efficienze comprese tra il 20 e il 40% (Notestein, 1988). 68 A seconda che la rigenerazione sia effettuata con l ausilio di vapore o aria, rispettivamente. 69 Che possono essere a letto fisso o mobile oppure, più frequentemente, essere caratterizzati da una configurazione intermedia tra le due. 44

55 aria o vapore syngas depurato reattore 1 (assorbimento) reattore 2 (rigenerazione) syngas grezzo riscaldatore gas acidi Fig. 1.12: schema generale di un processo di desolforazione a caldo esterno al gassificatore. Un importante caratteristica del processo di desolforazione è la temperatura operativa. Questa, in base al sorbente utilizzato, è caratterizzata da un limite inferiore (determinato dalla riduzione della reattività del sorbente al diminuire della temperatura stessa) e da un limite superiore (fissato in maniera tale da evitare la sinterizzazione dei granuli del sorbente e il decadimento delle proprietà meccaniche dei materiali utilizzati). In funzione delle modalità di rimozione dei composti dello zolfo, i processi di desolforazione esterna possono classificarsi in tre differenti categorie: desolforazione mediante adsorbimento su metalli, mediante reazioni catalitiche e mediante adsorbimento su ossidi metallici. L adsorbimento su metalli, utilizzante generalmente ferro come sorbente 70, è adatto a temperature operative inferiori ai 500 C e permette di ottenere concentrazioni residue di H 2 S dell ordine di 100 ppm in volume (Hederer, 1990). L adsorbimento dei composti dello zolfo mediante reazioni catalitiche è adatto a temperature operative piuttosto basse ( C) e utilizza, come catalizzatori, le zeoliti. Il processo 71 si basa sulla seguente reazione di ossidazione dell H 2 S 1 S + O2 S + H O (1.17) 2 H Oltre al ferro, sono state sperimentate miscele composte da rame (20%) e ossido di alluminio (80%). 71 Adatto solo per gas caratterizzati da basse concentrazioni di composti solforati (non superiori all 1% in volume) e di vapor d acqua (3 5%). 45

56 I processi di desolforazione ad alta temperatura esterni al gassificatore 72, allo stato attuale, non sono ancora adatti a un utilizzo su scala commerciale, ma promettono, in un futuro relativamente prossimo, di sostituire i tradizionali processi a bassa temperatura, rispetto ai quali presentano numerosi vantaggi: oltre alle questioni prettamente energetiche citate in precedenza 73, la desolforazione a caldo consente un minore consumo di energia elettrica e di acqua di raffreddamento, produce vapore anziché consumarne e consente di ottenere efficienze di rimozione superiori rispetto ai tradizionali processi a freddo. Desolforazione esterna mediante adsorbimento con ossidi metallici Al giorno d oggi, i processi di desolforazione ad alta temperatura maggiormente studiati sono quelli basati sull adsorbimento su ossidi metallici. Indicando con Me il generico metallo utilizzato, tali processi possono essere caratterizzati dalle seguenti reazioni (rispettivamente di adsorbimento e rigenerazione): MeO + H 2 S MeS + H 2O (1.18) 3 MeS + O2 MeO + SO2 2 (1.19) Tali processi vengono studiati a partire dal 1970 (presso il METC) con sorbenti a base di ossidi di ferro (FeO, Fe 2 O 3 ed Fe 3 O 4 ). Attualmente tali sorbenti vengono però utilizzati soprattutto in processi differenti dalla gassificazione e operano a pressioni e temperature relativamente basse 74. Per quanto riguarda la loro applicazione nell ambito della gassificazione, i principali studi sono stati condotti in Giappone presso il CRIEPI (Central Research Institute of Electric Power Industry); in particolare, a partire dal 1985, è in funzione un impianto pilota per lo studio dei processi di gassificazione in letto trascinato con depurazione dei gas a elevata temperatura. 72 Tali sistemi possono essere utilizzati come unico strumento di desolforazione del syngas, oppure in combinazione con processi di desolforazione interna al gassificatore. 73 Con particolare riferimento alle applicazioni in impianti IGCC, si pensi alla possibilità di utilizzare tutta l energia termica del syngas nel ciclo combinato, mentre con i sistemi di depurazione tradizionali si raffredda il gas con produzione di vapore, il quale evolve solamente nel ciclo a vapore sottoposto. 74 Una applicazione industriale di tali sistemi è utilizzata per la desolforazione dei gas derivanti dalla produzione del coke; in tal caso la temperatura operativa è dell ordine dei 500 C. 46

57 Più recente è lo sviluppo di sorbenti a base di ossido di zinco (ZnO) o di zincoferrite (ZnO-Fe 2 O 3 ), già utilizzati nell industria petrolchimica ma ancora in fase di sperimentazione per quanto riguarda la possibilità di applicazione ai processi di gassificazione. Tali composti consentono di operare a temperature dell ordine dei C, mentre la rigenerazione del sorbente avviene a temperature comprese tra 500 e 700 C, con un notevole rilascio di energia termica (Mitchell, 1998; Ishimori et al., 2004). Le sperimentazioni che hanno fornito i risultati più interessanti sono quelle effettuate presso il METC, il RTI (Research Triangle Institute), il CRIEPI e, soprattutto, presso alcuni impianti pilota della Westinghouse. Altre tipologie di sorbenti sono state sviluppate, in questi ultimi anni, da diverse aziende e centri di ricerca operanti nel settore (in particolare il RTI); tra questi si possono citare, ad esempio, l alluminato di rame, l alluminato di rame e ferrite, l ossido di rame e manganese, la ferrite di zinco e rame e, infine, il titanato di zinco. Quest ultimo, in particolare, consente di raggiungere temperature operative superiori ai 650 C e pertanto risulta essere il sorbente più interessante in vista di future applicazioni industriali, nell ambito dei processi di gassificazione, dei sistemi di desolforazione ad alta temperatura. La seguente tabella 1.5 riporta, in sintesi, le principali proprietà dei sorbenti attualmente di maggiore interesse. Sorbente Temperatura di assorbimento [ C] Temperatura di rigenerazione [ C] Utilizzazione del sorbente [%] Concentrazione H 2 S all uscita [ppmv] Ossido di stagno <100 Ossido di rame <20 Ossido di manganese <10 Ossido di ferro <100 Ossido di zinco <1 Zinco ferrite <20 Titanato di zinco <10 Cromato di rame <10 Ossido di cerio <100 Tab. 1.5: principali sorbenti per la desolforazione ad alta temperatura (Mitchell, 1998; Williams e McMullan, 1998). 47

58 Sistemi di rimozione ad alta temperatura degli altri inquinanti Oltre alle polveri e ai composti dello zolfo, nel gas di sintesi sono presenti anche altri inquinanti (tra cui, in particolare, si possono citare l ammoniaca, i composti del cloro, il tar, i fenoli e gli alcali); un sistema di depurazione dei gas operante ad alta temperatura deve necessariamente prevedere la rimozione anche di tali composti. Per quanto riguarda l ammoniaca, non esistono attualmente sistemi adeguati di rimozione. Sono però in fase di studio (anche se, per ora, solo a livello teorico) sistemi di rimozione dell NH 3 per decomposizione catalitica. In particolare, il DOE ha finanziato un programma di ricerca (presso il SRI, Southern Research Institute) allo scopo di individuare catalizzatori capaci di rimuovere almeno il 90% dell ammoniaca presente nei gas a temperature comprese tra 540 e 870 C. I composti del cloro (in particolare l acido cloridrico, HCl) sono presenti nel syngas in concentrazioni piuttosto basse. Tuttavia si stanno attualmente cercando sorbenti adatti alla loro rimozione. Nei processi di depurazione a freddo, il tar e i fenoli vengono generalmente rimossi all interno dei sistemi di scrubbing; nell ambito del trattamento a elevata temperatura, invece, non esistono al giorno d oggi sistemi capaci di effettuare una rimozione di tali composti dal syngas. Le possibili soluzioni a questo problema, attualmente in fase di studio, sembrerebbero essere due: la riduzione della formazione di tali composti (che sarebbe possibile utilizzando gassificatori, essenzialmente a letto fluido o trascinato, operanti a temperature molto elevate) e la trasformazione degli stessi mediante processi di cracking catalitico. Gli alcali, infine, vengono rimossi allo stato liquido durante il processo di depolverazione, purché questo operi a temperature inferiori a circa 680 C. Per temperature più elevate, invece, è necessario ricorrere a opportuni sorbenti, in particolare a base di alluminosilicati. Prove condotte, a tale riguardo, dalla Texaco e dalla General Electric hanno dimostrato che l utilizzo di tali sorbenti consente di ottenere efficienze di rimozione dell ordine del 99,9%. 48

59 Capitolo 2 TECNOLOGIE DI UTILIZZO DEL SYNGAS Il gas di sintesi prodotto da un processo di gassificazione, dopo essere stato adeguatamente trattato e depurato dalle sostanze indesiderate, è costituito prevalentemente da H 2, CO, CO 2 e, eventualmente, N 2. Esso può essere utilizzato come combustibile in impianti di generazione elettrica oppure come materia prima per la produzione di combustibili sintetici (come idrogeno, metanolo, dimetiletere e benzine sintetiche) o altri chemicals. Inoltre, poiché i processi di gassificazione producono un gas di sintesi a elevata temperatura, è generalmente possibile recuperare il calore prodotto, ad esempio con scambiatori di calore a recupero che producono vapore; quest ultimo può essere fatto espandere in turbina per la produzione di energia elettrica oppure può essere utilizzato per altri processi produttivi. combustibile vapore PROCESSI DI GASSIFICAZIONE ossigeno syngas PRODUZIONE OSSIDANTE aria syngas energia termica aria compressa PROCESSI IMPIANTI DI INDUSTRIALI POTENZA E COGENERAZIONE energia combustibili elettrica chemicals strategici di base energia (H 2, metanolo, (metanolo, termica SNG, benzine) ammoniaca, IMPIANTI DI etilene, ecc.) POTENZA E COGENERAZIONE energia altri impieghi elettrica (trazione, propulsione, usi civili e industriali) energia termica Fig. 2.1: le principali possibilità d impiego del syngas (cfr. Cocco, 1993).

60 Da ciò risulta evidente che i processi di gassificazione possono essere facilmente integrati con numerosi altri processi industriali, ottenendo così sistemi generalmente piuttosto flessibili ed efficienti. 2.1 Possibilità di impiego del syngas da carbone Nel presente paragrafo vengono presentate le principali tecnologie di impiego del syngas, suddivise in due grandi categorie: impiego per la produzione di energia elettrica e/o termica e impiego come materia prima per la produzione di combustibili sintetici e/o chemicals. Impiego del syngas per la produzione di energia elettrica e termica Attualmente la principale applicazione commerciale dei processi di gassificazione riguarda l integrazione con cicli combinati gas-vapore per la produzione di energia elettrica. In tali impianti, detti IGCC (Integrated Gasification Combined Cycles), il gas di sintesi prodotto nella sezione di gassificazione, dopo essere stato adeguatamente trattato, è utilizzato come combustibile in un impianto a ciclo combinato. Oltre a questa, sono possibili numerose altre integrazioni. Ad esempio, l energia termica generata all interno del gassificatore può essere utilizzata per produrre vapore in appositi scambiatori a recupero, così come avviene nei syngas coolers; tale vapore può essere fatto espandere in turbina, in integrazione con quello prodotto nel ciclo combinato vero e proprio. Inoltre è possibile utilizzare il compressore dell impianto turbogas per alimentare l unità di separazione dell aria. Una variante degli impianti IGCC è rappresentata dallo sviluppo dei cosiddetti Topping Cycles 1, processi ibridi derivanti dalla combinazione tra gli stessi IGCC e i processi di combustione in letto fluido. In tali impianti il combustibile primario, generalmente carbone, viene gassificato solo parzialmente. Il gas di sintesi così prodotto viene utilizzato in un impianto a ciclo combinato, mentre il residuo della gassificazione parziale, ovvero il char, fuoriesce dal reattore e viene bruciato in un combustore a letto fluido, con produzione di vapore che espande nella turbina a vapore del ciclo combinato. Inoltre i gas combusti che si trovano all uscita del 1 Già descritti nel primo capitolo. 50

61 combustore, ancora ricchi di ossigeno, possono essere utilizzati come comburente per il processo di gassificazione. L impianto di potenza integrato con il processo di gassificazione può anche essere basato su un ciclo turbogas non convenzionale, con recupero di energia termica allo scarico. In tale campo rivestono particolare interesse gli impianti turbogas con rigenerazione ad aria umida (HAT, Humid Air Turbines). Nel caso di integrazione tra tali turbine e i processi di gassificazione si parla pertanto di IGHAT (Integrated Gasification Humid Air Turbines). Sulla base dei recenti sviluppi dei sistemi di separazione dell idrogeno dalla CO 2, è stato sviluppato un nuovo concetto di impianto IGCC a emissioni pressoché nulle (ZE-IGHC, Zero Emission Integrated Gasification Hydrogen Combustion). In un tale sistema il syngas depurato, costituito quasi esclusivamente da idrogeno e CO 2, viene inviato a un sistema di separazione di tali composti; la CO 2 può essere così stoccata e confinata, mentre l idrogeno può essere impiegato in sistemi energetici avanzati 2. Soprattutto negli ultimi anni sta riscuotendo particolare interesse la possibilità di integrare i processi di gassificazione con impianti di potenza basati sull utilizzo di celle a combustibile. In tali impianti, che prendono il nome di IGFC (Integrated Gasification Fuel Cell), il syngas viene depurato, raffreddato (con recupero di energia) e fatto espandere parzialmente in un turboespansore; dopodiché viene inviato a un sistema di celle a combustibile che effettua la conversione diretta dell energia chimica in esso contenuta in energia elettrica. L energia termica che si ritrova allo scarico delle fuel cell può essere recuperata e utilizzata in un impianto a vapore sottoposto oppure per cogenerazione. Infine, i processi di gassificazione e la tecnologia IGCC possono trovare applicazione nell ambito dei progetti di rewamping 3 e di repowering 4 di impianti a vapore già esistenti. 2 A titolo di esempio, si possono citare le celle a combustibile o particolari impianti a vapore a ciclo aperto, in cui l idrogeno viene bruciato e il vapore così prodotto viene fatto espandere in apposite turbine (Cau et al., 2002). 3 Per rewamping di un impianto s intende un ammodernamento dello stesso allo scopo di migliorarne le prestazioni. Tale intervento può essere effettuato introducendo, a monte dell impianto a vapore, un sistema di gassificazione; il syngas prodotto alimenta la caldaia e nella turbina può espandere, oltre al vapore prodotto nel generatore, anche quello prodotto nei syngas coolers. 4 Il repowering di un impianto a vapore consiste nell installare, a monte della turbina vapore, un impianto turbogas alimentato con syngas prodotto da un processo di gassificazione, allo scopo di aumentare la potenza erogata complessivamente dall impianto; il generatore di vapore esistente può essere eventualmente sostituito da un generatore di vapore a recupero. 51

62 Impiego del syngas per la produzione di combustibili e chemicals Il syngas può essere convenientemente utilizzato come materia prima per la produzione di combustibili sintetici (ad alta valenza ambientale) e chemicals. Tra i combustibili, in particolare, rivestono un notevole interesse il metanolo, il dimetiletere e soprattutto l idrogeno, oltre alle benzine sintetiche. Il metanolo (CH 3 OH), attualmente impiegato in prevalenza come materia prima per la produzione di diverse sostanze chimiche o come solvente in numerosi processi, promette, in un prossimo futuro, di diventare estremamente interessante come vettore energetico; ciò è dovuto principalmente alla semplicità dei sistemi di trasporto e stoccaggio e alla possibilità di utilizzare tale combustibile sia direttamente in sistemi energetici avanzati (come motori a combustione interna, celle a combustibile e sistemi turbogas per la generazione distribuita), sia previa conversione in idrogeno mediante sistemi catalitici di steam reforming. Il dimetiletere (DME, CH 3 -O-CH 3 ), attualmente utilizzato come propellente in bombole spray o come materia prima in numerosi processi industriali, sta riscuotendo un interesse sempre maggiore come possibile sostituto del GPL 5, come vettore energetico 6 o come combustibile per generazione elettrica 7 o per autotrazione. Per quanto riguarda l idrogeno, oggi il combustibile pulito per eccellenza, sono innumerevoli le possibilità di applicazione, in particolare nei campi della generazione elettrica distribuita e dell autotrazione. Infine, mediante opportuni sistemi di trattamento, è possibile produrre dal syngas benzine sintetiche (particolarmente interessanti in un periodo caratterizzato da un continuo aumento del costo del petrolio) e una grande quantità di composti chimici. Il problema della separazione della CO 2 Le preoccupazioni in merito alle emissioni di CO 2 in atmosfera hanno portato, in questi ultimi anni, ad approfondire le ricerche sulla possibilità di separare 5 La somiglianza, in termini di proprietà fisiche e termodinamiche, tra GPL e DME rende quest ultimo particolarmente adatto a tutti gli impieghi tradizionali del GPL, compreso l utilizzo come gas da cucina (Larson e Yang, 2004; Goldemberg et al., 2004). 6 In particolare, ciò è dovuto al recente sviluppo dei processi DTH (Dimethylether-to-Hydrocarbons, cfr. Sardesai et al., 2002) e di steam reforming per la produzione di idrogeno (Galvita et al., 2001). 7 A tale proposito, riscuotono particolare interesse i sistemi turbogas a ciclo semplice o a ciclo CRGT (Chemically Recuperated Gas Turbine) oppure i sistemi di celle a combustibile a carbonati fusi (MCFC, Molten Carbonate Fuel Cell), previo reforming (cfr. Cocco e Tola, 2004; Cocco et al, 2003; Basu e Wainwright, 2001; Basu et al., 2001; Sobyanin et al., 2000). 52

63 l anidride carbonica negli impianti industriali. I processi di gassificazione si prestano particolarmente bene a questo tipo di interventi 8. Una prima possibilità è quella di convertire il monossido di carbonio presente nel syngas in CO 2 e H 2 (mediante un processo di water-gas shift conversion), separando l anidride carbonica a monte della camera di combustione, nella quale l unica specie chimica presente in quantità significative risulta essere quindi l idrogeno. Una seconda possibilità prevede l utilizzo di turbine a gas non convenzionali, allo scarico delle quali viene separata la CO 2. Una parte dell anidride carbonica così separata può essere miscelata con l aria compressa a monte della camera di combustione, allo scopo di ridurre la temperatura dei gas combusti; la restante parte può essere immagazzinata o utilizzata in altri processi industriali. 2.2 Gli impianti IGCC Nel campo dei processi di gassificazione, la soluzione impiantistica attualmente più utilizzata è rappresentata dagli impianti IGCC (Integrated Gasification Combined Cycles). A livello mondiale sono attualmente in esercizio numerosi impianti IGCC (aventi generalmente potenze commerciali dell ordine di MW), mentre altri sono in fase avanzata di realizzazione. Come combustibile primario essi utilizzano fondamentalmente carbone, biomasse oppure residui della raffinazione del petrolio. Gli impianti IGCC non sono ancora, al giorno d oggi, largamente diffusi (rispetto agli impianti tradizionali per la generazione elettrica), principalmente a causa degli elevati costi di installazione. In prospettiva, l impiego di tali tecnologie dovrebbe risultare però più conveniente, per via soprattutto degli alti rendimenti e della possibilità di utilizzare combustibili primari di bassa qualità, oltre che per la maggiore efficacia delle apparecchiature per la rimozione delle sostanze inquinanti (Lockwood, 2005). A causa degli elevati costi di investimento e della scarsa flessibilità intrinseca del gassificatore, i sistemi integrati IGCC sono competitivi 8 Infatti la separazione della CO 2 può essere effettuata a monte del processo di combustione e quindi con portate notevolmente minori rispetto a quelle dei gas combusti (a motivo dell assenza dell azoto dell aria comburente, che opera una diluizione dei gas). 53

64 solamente per elevati fattori di utilizzazione 9 ; pertanto l utilizzo di tale tecnologia ha senso principalmente se destinata alla copertura del carico elettrico di base. La possibilità di utilizzare su larga scala la tecnologia IGCC è legata fondamentalmente a due grandi aree di sviluppo: la risoluzione dei problemi critici delle tecnologie commerciali e lo studio di configurazioni di processo innovative. I principali impianti IGCC su scala commerciale Nella tabella 2.1 sono riportate le caratteristiche fondamentali dei principali impianti IGCC, a livello mondiale, attualmente in esercizio. Impianto Sito Avv. 10 MW e Applicazione Combust. Processo di Turbina a gas gassificaz. SCE Cool Water (USA) en. elettrica carbone Texaco-O 2 GE 107E DOW Plaquemine (Louisiana, USA) en. elettrica lignite Dow/Destec GE 107E Demkolec Buggenum (Olanda) en. elettrica carbone Shell-O 2 KWU V 94.2 PSI Wabash Terre Haute (Indiana, carbonepetcoke repowering River USA) E-Gas-O 2 GE 7FA ECOLGAS Puertollano (Spagna) en. elettrica carbonepetcoke Prenflo-O 2 KWU V 94.3 Piñon Pine Reno (Nevada, USA) en. elettrica carbone KRW-aria GE MS 6001FA Tampa Electric Polk County (Florida, USA) en. elettrica carbone Texaco-O 2 GE 7001F Shell Pernis Rotterdam (Olanda) cogener.-h 2 tar Shell/Lurgi GE 2x6B API Energia Falconara Mar. (Italia) en. elettrica tar Texaco-O 2 ABB GT13E2 Sarlux Sarroch (Italia) cogener.-h 2 tar Texaco-O 2 GE MS9001E ISAB Energy Priolo Gargallo (Italia) en. elettrica tar Texaco-O 2 KWU V 94.3 Tab. 2.1: caratteristiche fondamentali dei principali impianti IGCC attualmente in esercizio 11. Si tenga conto che, allo stato attuale, gli impianti IGCC sono utilizzati, nella maggior parte dei casi, per produrre esclusivamente energia elettrica (da carbone, lignite, petcoke, residui pesanti della raffinazione del petrolio e rifiuti); in alcuni casi, 9 L attuale mercato dell energia, invece, è caratterizzato dalla presenza di numerosi produttori in regime di concorrenza, per cui richiede impianti di generazione elettrica con bassi costi di produzione e ampi margini di flessibilità alle variazioni di carico. 10 Per Avv. S intende l anno di avviamento dell impianto. 11 Cfr. White (1998). Per gli aggiornamenti e le precisazioni cfr. Farina (1995); Amick (2000); Arienti e Collodi (2001). 54

65 tuttavia, si ricorre alla gassificazione per effettuare una produzione combinata di energia elettrica, vapore tecnologico e, eventualmente, di idrogeno e chemicals 12. Le principali aree di sviluppo delle tecnologie IGCC Per migliorare le prestazioni degli impianti IGCC e per renderli sempre più competitivi rispetto alle tecnologie convenzionali si stanno seguendo, come accennato in precedenza, due strade fondamentali: da un lato si sta tentando di risolvere i problemi critici delle tecnologie commerciali; d altra parte si sta cercando di studiare e introdurre configurazioni di processo innovative. Per migliorare le attuali configurazioni impiantistiche, le principali vie da seguire sono le seguenti (Holt, 2001): 1. ottimizzazione dell unità di frazionamento dell aria (ASU, Air Separation Unit) mediante integrazioni con l impianto turbogas oppure attraverso l utilizzo di sistemi avanzati basati su membrane a trasferimento di ioni 13 (OTM, Oxygen Transport Membranes); 2. utilizzo di gassificatori di tipo avanzato, in particolare per quanto riguarda i sistemi di alimentazione 14 e la struttura del reattore; 3. ottimizzazione dei sistemi di raffreddamento del syngas (mediante syngas coolers o per quench con acqua) al fine di migliorarne le prestazioni e di ridurre i costi; 4. impiego di turbine a gas di nuova generazione, capaci di raggiungere temperature di immissione del gas sempre maggiori ( C), con ovvi vantaggi sull efficienza del ciclo termodinamico; 5. ottimizzazione del ciclo combinato, con l utilizzo di generatori di vapore a recupero a tre livelli di pressione operanti con pressioni massime fino a 120 bar; 12 Per approfondimenti e precisazioni sui principali impianti IGCC a carbone si rimanda a: White (1998 a e b), Eurlings (1997), Zuideveld e de Graaf (2003), Amick (2000), Casero e Garcia Peña (2005) e Geiling (1997). Per gli altri impianti, e in particolare per l impianto API di Falconara Marittima (Ancona), per l impianto ISAB Petroli di Priolo Gargallo (Siracusa) e per l impianto Sarlux di Sarroch (Cagliari) si rimanda a: Collodi e Brkic (2003); Smith (2002); Consonni e Pelliccia (2001); Arienti e Collodi (2001); Collodi (2001); Collodi e Jones (1999); Farina et al. (1999); Del Bravo et al. (1998); MPS Review (1997). Inoltre notizie utili sull impianto Sarlux si trovano sul sito web ufficiale 13 Per approfondimenti sull integrazione tra ASU e impianto turbogas si rimanda a Smith et al. (1997 e 1998); per quanto riguarda le membrane a trasferimento di ioni si vedano Bonnaquist et al. (2004) e Stein e Richards (1999). 14 Per quanto riguarda il sistema di alimentazione del combustibile al gassificatore, in particolare, si sta cercando di adattare i sistemi di pompaggio dello slurry ai processi a secco, con l ausilio di fluidi ausiliari differenti dall acqua. 55

66 6. introduzione di materiali innovativi per la realizzazione delle parti critiche dell impianto. L altra strada seguita per ottimizzare i processi IGCC comprende, come detto, le problematiche relative allo sviluppo di configurazioni del processo di tipo avanzato; gli obiettivi che si perseguono sono sostanzialmente due: semplificare la struttura dell impianto, e quindi ridurre i costi di installazione e di gestione, e migliorare l efficienza di conversione dell energia 15. Le principali innovazioni che attualmente si trovano in una fase avanzata di studio riguardano diversi aspetti, quali: 1. possibilità di effettuare la gassificazione utilizzando, come ossidante, aria anziché ossigeno 16, oppure l integrazione tra i processi di preparazione dell ossidante e le altre sezioni dell impianto 17 ; 2. trattamento dei gas ad alta temperatura, in particolare per quanto riguarda la rimozione delle polveri, dei composti dello zolfo e dei metalli pesanti 18 ; 3. separazione di idrogeno (in particolare con membrane inorganiche operanti ad alta temperatura) e CO 2 dal gas di sintesi 19 ; 4. umidificazione del syngas (con iniezione diretta di vapore o con veri e propri sistemi di saturazione) e suo preriscaldamento (con una ottimizzazione della temperatura finale); 5. sintesi di alcuni combustibili (come idrogeno, metanolo o dimetiletere) che possono essere commercializzati oppure utilizzati per sopperire ai carichi elettrici di punta; 6. possibilità di sostituire il ciclo combinato con sistemi energetici innovativi come le celle a combustibile, realizzando così impianti IGFC (Integrated Gasification Fuel Cell). 15 Una interessante valutazione, in termini di efficienza, degli sviluppi a medio termine delle tecnologie IGCC è riportata in Karg et al. (2000). 16 In tal modo si eliminerebbero così i grossi consumi energetici relativi all unità di separazione dell aria. 17 In particolare, una soluzione molto interessante è quella di prelevare l aria necessaria all alimentazione dell ASU dalla mandata del compressore dell impianto turbogas. 18 Per questi ultimi, in particolare, si punta a concentrazioni finali di poche parti per miliardo (Alptekin et al., 2005). 19 Interessanti analisi economiche di impianti IGCC con e senza separazione della CO 2 si trovano in Holt (2004), Holt et al. (2003), Davison et al. (2003) e O Keefe et al. (2001). 56

67 2.3 Impianti IGCC a emissioni nulle Sulla base dei recenti sviluppi dei sistemi di separazione dell idrogeno dalla CO 2, è in fase di studio un nuovo concetto di impianto IGCC a emissioni nulle (ZE- IGHC, Zero Emission Integrated Gasification Hydrogen Combustion). Il fatto di effettuare la separazione della CO 2 a monte della sezione di potenza, infatti, comporta numerosi vantaggi, tra cui i principali sono i seguenti (Montisci, 2001): 1. il combustibile si trova in forma gassosa ed è generalmente caratterizzato da elevate pressioni, che favoriscono i processi di separazione della CO 2 ; 2. le portate in gioco sono molto minori di quelle relative ai gas combusti, per cui si possono realizzare impianti meno costosi e ingombranti rispetto a quelli realizzati per il trattamento dei gas combusti; 3. bruciando l idrogeno ottenuto con ossigeno puro e utilizzando vapor d acqua come agente moderatore si può ridurre enormemente l impatto ambientale dell impianto in quanto si evita la formazione degli ossidi di azoto; 4. il fluido operativo che evolve nella sezione di potenza è costituito quasi completamente da acqua che, attraversata tale sezione, non viene inviata al camino ma al condensatore. È proprio su queste considerazioni che si basano gli impianti ZE-IGHC, schematizzati nella figura 2.2. carbone acqua syngas syngas grezzo shiftato CG CSC HS O 2 Slag vapore CO 2 aria O 2 H 2 deposito CO 2 OPC PG reflui Potenza elettrica Fig. 2.2: schema concettuale dell impianto ZE-IGHC (Montisci, 2001). 57

68 L impianto è costituito da cinque sezioni fondamentali: gassificazione del carbone (CG, Coal Gasification), raffreddamento e shift conversion (CSC, Cooling and Shift Conversion), separazione di idrogeno e CO 2 (HS, Hydrogen Separation), generazione elettrica (PG, Power Generation) e produzione e compressione dell ossigeno (OPC, Oxygen Production and Compression). L elemento di maggiore interesse dei sistemi ZE-IGHC è proprio la sezione di generazione elettrica. Essa è basata, infatti, su un ciclo a vapore a combustione interna di idrogeno con ossigeno puro, schematizzato nella figura 2.3 insieme al corrispondente ciclo termodinamico sul piano T-S (temperatura entropia). H 2 +O 2 HPC Vapore a H 2 +O 2 CG e CSC LPC Vapore da CSC HPT vapore saturo IPT GVR Temperatura [ C] HPT LPC IPT LPT acqua 400 HPC GVR 200 LPT Entropia [kj/kg K] (a) schema concettuale (b) ciclo termodimanico Fig. 2.3: impianto a vapore a combustione interna (Cau et al., 2002). L impianto prevede una doppia combustione e la rigenerazione interna effettuata mediante un generatore di vapore a recupero che produce una parte del vapore saturo introdotto nel primo combustore. La combustione dell idrogeno con l ossigeno, che ha luogo nel combustore di alta pressione (HPC, High Pressure Combustor), consente di surriscaldare il vapore saturo prodotto nella sezione di raffreddamento del syngas e quello prodotto nel generatore a recupero interno. Il vapore surriscaldato espande nella turbina di alta pressione (HPT, High Pressure Turbine) fino alla pressione del secondo combustore (LPC, Low Pressure Combustor), dove viene nuovamente surriscaldato e fatto espandere nella turbina di 58

69 media pressione (IPT, Intermediate Pressure Turbine) fino a una pressione prossima a quella atmosferica. Il vapore viene quindi raffreddato nel generatore di vapore a recupero (GVR) e completa l espansione nella turbina di bassa pressione (LPT, Low Pressure Turbine) fino alla pressione operativa del condensatore. Il vapore eventualmente richiesto per i processi di gassificazione e di shift conversion viene estratto da uno stadio intermedio della turbina di alta pressione (Cau et al., 2002). Il principale prodotto delle due combustioni è il vapor d acqua, contenente piccole quantità di CO 2, azoto, argon e ossigeno, derivanti dalle inevitabili impurità del combustibile e del comburente e dall eccesso di ossigeno necessario per una combustione completa. Tali sostanze vengono estratte in corrispondenza del condensatore e del degasatore del ciclo a vapore e possono essere aggiunte alla CO 2 precedentemente rimossa, cosicché l unico flusso di materia immesso nell ambiente è costituito essenzialmente dall acqua estratta in fase liquida dal condensatore. Attualmente l ENEA, presso il Centro Ricerche della Casaccia (vicino a Roma) sta sviluppando il progetto ZECOMIX, allo scopo di testare su scala pilota un processo concettualmente simile a quello ora presentato (Girardi et al., 2003). 2.4 Integrazione tra processi di gassificazione e celle a combustibile Le celle a combustibile (FC, Fuel Cells) sono sistemi energetici che operano una conversione diretta dell energia chimica posseduta da un combustibile gassoso (che si quantifica sotto forma di potere calorifico) in energia elettrica. Il combustibile viene alimentato in maniera continua all anodo mentre l ossidante, generalmente ossigeno, viene inviato al catodo (anch esso in modo continuativo); le reazioni elettrochimiche che hanno luogo tra gli elettrodi generano una differenza di potenziale tra i collettori del sistema. In virtù degli ottimi rendimenti e dell elevata affidabilità, le celle a combustibile ricoprono, tra i sistemi innovativi di conversione dell energia, un ruolo di primaria importanza. Proprio per questo motivo si sta delineando sempre più concretamente la possibilità di integrazione tra tale tecnologia e i processi di gassificazione, dando luogo ai cosiddetti impianti IGFC (Integrated Gasification Fuel Cell). 59

70 Le tipologie di celle a combustibile che più si prestano a tale applicazione sono quelle a ossidi solidi (SOFC, Solid Oxide Fuel Cell) e quelle a carbonati fusi (MCFC, Molten Carbonate Fuel Cell) 20. Tali celle, infatti, tollerano la presenza di una certa quantità di monossido di carbonio nel combustibile e, operando a temperature elevate, possono essere integrate, oltre che con il sistema di gassificazione, anche con un impianto sottoposto, con la possibilità di ottenere efficienze di conversione estremamente elevate. Tra tali tipologie, in particolare, sembra che offrano prospettive migliori le celle a carbonati fusi; infatti tali celle sono attualmente meno costose e più vicine a un applicazione industriale rispetto a quelle a ossidi solidi. Uno schema estremamente semplificato di impianto IGFC è rappresentato nella seguente figura 2.4. vapore ossidante combustibile primario PROCESSO DI GASSIFICAZIONE syngas CONDIZIONAM. E DEPURAZIONE syngas CELLE A COMBUSTIBILE energia elettrica (corrente continua) INVERTER energia elettrica (corrente alternata) calore IMPIANTO SOTTOPOSTO energia elettrica (corrente alternata) Fig. 2.4: schema concettuale di un impianto IGFC. Le celle a combustibile, alimentate con syngas da carbone, producono energia elettrica in corrente continua (che viene convertita in corrente alternata mediante un inverter) e una certa quantità di energia termica che, insieme a quella prodotta nel gassificatore, può alimentare un impianto sottoposto (che può essere un impianto a vapore oppure un ciclo combinato) o essere direttamente utilizzata per altre utenze. Un aspetto estremamente importante dei sistemi integrati IGFC riguarda lo sviluppo dei sistemi di depurazione del syngas ad alta temperatura. Infatti, se si potesse depurare accuratamente il syngas (soprattutto dai composti dello zolfo, del cloro e del fluoro, oltre che dal particolato) a temperature elevate, sarebbe possibile ottimizzare l impianto integrato raggiungendo rendimenti globali estremamente elevati, impensabili da ottenere con impianti di tipo convenzionale. 20 La possibilità di utilizzare altre tipologie di celle, e in particolare quelle ad acido fosforico (PAFC, Phosphoric Acid Fuel Cell) e quelle a elettrolita polimerico (PEMFC, Polymer Electrolyte Membrane Fuel Cell), in integrazione con processi di gassificazione è analizzata da Calì et al. (2003). 60

71 Principali aree di sviluppo della tecnologia IGFC Una importante caratteristica delle celle a combustibile è rappresentata dal fatto che queste presentano rendimenti maggiori se alimentate con gas naturale (prevalentemente composto da metano) piuttosto che con syngas. Inoltre l energia termica allo scarico del sistema di celle a combustibile viene generalmente utilizzata in cicli termodinamici sottoposti (come, ad esempio, il ciclo Rankine a vapore), caratterizzati da efficienze piuttosto limitate. In base alle due considerazioni appena citate risulta evidente che il rendimento complessivo di un impianto IGFC può essere considerevolmente migliorato alimentando le celle a combustibile con gas ricchi di metano e perfezionando il ciclo termodinamico sottoposto 21. La possibilità di alimentare le celle a combustibile con gas ricchi di metano può essere ottenuta, fondamentalmente, seguendo due metodologie principali: da un lato si può introdurre un processo di metanazione a monte della sezione di potenza; d altra parte è possibile fare ricorso a processi di gassificazione che favoriscono lo sviluppo di gas di sintesi con elevati contenuti di metano (in particolare si potrebbero utilizzare i processi di idrogassificazione e di gassificazione catalitica). Per quanto riguarda la metanazione, il problema principale consiste nel fatto che tale processo è esotermico e pertanto produce una certa quantità di calore che può essere sfruttata nell eventuale ciclo termodinamico sottoposto (a bassa efficienza di conversione), ma non dal sistema di celle a combustibile (ad alto rendimento); l introduzione del processo di metanazione nell ambito di un sistema integrato IGFC non comporta dunque miglioramenti apprezzabili in termini di efficienza globale dell impianto. La seconda soluzione, ovvero la possibilità di utilizzare processi di idrogassificazione o di gassificazione catalitica, risulta essere invece assai più interessante. Tali processi 22, infatti, sono stati oggetto di numerosi studi, soprattutto nell ambito dei sistemi di produzione del substitute natural gas (SNG). Un interessante possibilità d integrazione tra processi di gassificazione catalitica e celle a combustibile consiste nel ricircolare al gassificatore la corrente gassosa allo scarico delle celle (contenente sensibili quantità residue di idrogeno); in tal modo il gas di sintesi prodotto dal 21 In alcuni casi l aumento delle prestazioni dell impianto può giustificare la rinuncia al ciclo termodinamico sottoposto; ciò comporta una riduzione dell efficienza (che ridurrebbe parzialmente i vantaggi suddetti) ma anche un minor costo d installazione. 22 In particolare i processi di gassificazione catalitica, ormai giunti a una fase dello sviluppo piuttosto avanzata, che consente applicazioni commerciali relativamente economiche. 61

72 processo conterrà elevate percentuali di metano, mentre il ricircolo al gassificatore dell energia allo scarico delle celle (integrazione termochimica tra i due processi, schematizzata in figura 2.5) ridimensiona drasticamente il ruolo dell eventuale impianto sottoposto; l energia elettrica, infatti, viene prodotta prevalentemente attraverso la sola conversione diretta, caratterizzata da un elevata efficienza (Cocco, 1993). vapore ossidante combustibile primario GASSIFICAZIONE CATALITICA O IDROGASSIFICAZ. syngas CONDIZIONAM. E DEPURAZIONE syngas gas di ricircolo (con alte concentrazioni di idrogeno) CELLE A COMBUSTIBILE IMPIANTO SOTTOPOSTO energia termica energia elettrica (corrente continua) energia elettrica (corrente alternata) INVERTER energia elettrica (corrente alternata) Fig. 2.5: schema concettuale di un impianto IGFC con integrazione termochimica. Per quanto riguarda il ciclo termodinamico sottoposto, la soluzione attualmente più interessante consiste nello sviluppo dei sistemi ibridi costituiti dalla integrazione tra le celle a combustibile (in particolare le SOFC) e gli impianti turbogas. In tali sistemi, la cella a combustibile sostituisce di fatto la camera di combustione del gruppo turbogas e l energia elettrica in essa prodotta va ad aumentare la potenza dell impianto, e quindi il suo rendimento 23. Principali studi e sperimentazioni sulla tecnologia IGFC Nonostante, allo stato attuale, la tecnologia IGFC non trovi ancora applicazioni commerciali, sono diversi, a livello mondiale, gli studi teorici e sperimentali di tale tipologia di impianto. In particolare, le sperimentazioni più interessanti 23 A tale proposito, la Siemens Westinghouse Power Company ha sviluppatp un sistema SOFC-GT (Solid Oxyde Fuel Cell Gas Turbine) per cogenerazione; tale sistema, disponibile nelle taglie da 200 kw e da 1 MW, consente di ottenere una efficienza elettrica compresa tra il 58 e il 70%, corrispondente a una efficienza complessiva di cogenerazione dell 80% circa (Ciesar, 2001; Vora, 2000). Un interessante studio sperimentale sugli impianti SOFC-GT è attualmente in corso presso il NETL (National Energy Technology Laboratory) di Morgantown (West Virginia, U.S.A.). Per tale sistema è prevista una efficienza elettrica del 65% circa (Williams et al., 2004). 62

73 sull applicazione di tali tecnologie alla gassificazione del carbone sono condotte su impianti di media e larga scala 24. Il principale studio su impianti di media taglia, il cosiddetto BARAKA Project, finanziato dalla Commissione Europea, ha analizzato la possibilità di realizzare un impianto da 50 MW termici capace di sopperire al fabbisogno elettrico di persone e al fabbisogno termico di persone 25. Gli studi effettuati hanno consentito di prevedere una efficienza elettrica massima dell impianto pari al 60,4% e un rendimento globale massimo di cogenerazione dell 84,8% 26 (Kivisaari et al., 2000). Una importante sperimentazione di un impianto IGFC è stata effettuata, a partire dal 2003, presso l impianto IGCC da 400 MW e della Kentucky Pioneer Energy 27, situato nelle vicinanze di Trapp (Kentucky), alimentato con carbone e rifiuti solidi urbani 28. Nell ambito di tale impianto è stato installato un sistema di celle a combustibile MCFC della FuelCell Energy per 2 MW e complessivi. Il primo impianto pilota effettivamente realizzato per lo studio delle possibili integrazioni tra processi di gassificazione e celle a combustibile (MCFC) è il cosiddetto EAGLE (Energy Application for Gas, Liquid and Electricity), che fa parte di un progetto di ricerca giapponese 29 (Maruyama e Suzuki, 2000 e 2002; Wasaka e Suzuki, 2003). L impianto pilota è costituito da un gassificatore a letto trascinato a 24 Numerose sperimentazioni su impianti pilota di piccola taglia sono state effettuate nel campo della gassificazione di biomasse (Barchewitz e Palsson, 2000; Brown et al., 1998). 25 Il processo prevede un gassificatore Prenflo a letto trascinato, alimentato a carbone (allo stato secco) e utilizzante ossigeno come ossidante. Il sistema di depurazione, operante alla temperatura di 200 C, consente di ottenere concentrazioni residue di composti dello zolfo dell ordine delle 5 10 ppm. Per quanto riguarda la generazione elettrica sono stati previsti due differenti scenari: un sistema di celle a combustibile SOFC da 23 MW e e un sistema di celle MCFC da 11 MW e. L energia termica allo scarico delle celle a combustibile viene utilizzata in un ciclo a vapore sottoposto e il calore rimanente è recuperato per il teleriscaldamento. 26 Tali valori dipendono fortemente dalla configurazione della sezione di potenza. In particolare, l efficienza elettrica massima si ottiene con celle a combustibile SOFC con ricircolo al catodo e all anodo, mentre il massimo rendimento di cogenerazione è stato ottenuto utilizzando celle MCFC, anch esse con ricircolo al catodo e all anodo. Per i risultati completi dello studio si rimanda a Kivisaari et al. (2000) e Jacquinot et al. (2000). 27 Tale impianto si basa su un gassificatore BGL a letto fisso, utilizzante ossigeno come comburente; i sistemi di depurazione del syngas operano a bassa temperatura ed effettuano un recupero dello zolfo elementare e un ricircolo al gassificatore delle altre sostanze separate. 28 La miscela è composta per il 50% da carbone di tipo sub-bituminoso, a elevato contenuto di zolfo, e per il restante 50% da rifiuti solidi urbani. 29 Gli studi teorici hanno avuto inizio nel 1995, mentre la costruzione dell impianto è durata dal 1998 al 2001, anno in cui è cominciata la fase sperimentale (che, secondo le previsioni, dovrebbe durare fino alla fine del 2006). 63

74 doppio stadio alimentato con 150 tonnellate giornaliere di carbone e utilizzante ossigeno come ossidante 30. Un ultimo importante studio (a livello puramente concettuale) sulla possibilità di integrazione tra processi di gassificazione e sistemi di celle a combustibile (SOFC) è stato condotto dal DoE (U.S. Department of Energy) nell ambito del progetto Vision 21. Lo studio considera un impianto IGFC da 520 MW e utilizzante un gassificatore Destec a letto trascinato, alimentato a carbone (sotto forma di slurry); il syngas depurato viene suddiviso in due flussi: il primo è inviato a un sistema di celle a combustibile operanti alla pressione di 15 bar, mentre il secondo viene espanso fino a 4 bar e alimentato a un altro sistema di fuel cells, operanti a bassa pressione. In tal modo si prevede di ottenere una potenza complessiva di 522,6 MW e, con un efficienza globale del 59,7% 31. Alcune considerazioni economiche sugli impianti IGFC I principali studi sull integrazione tra processi di gassificazione e sistemi di celle a combustibile (prevalentemente SOFC e MCFC), tra i quali quelli appena presentati, hanno dimostrato la convenienza, da un punto di vista tecnico ed energetico, di tale tipologia di impianti. Tuttavia, allo stato attuale, ci sono ancora notevoli implicazioni di carattere economico, che rendono tali processi commercialmente improponibili. Gli sviluppi tecnologici che si sono registrati negli ultimi anni nel settore delle celle a combustibile, comunque, lasciano prevedere che in un futuro a breve termine il costo di tale tecnologia presenterà un andamento fortemente decrescente, anche grazie a una produzione su larga scala. Questo aspetto, con tutta probabilità, renderà 30 Le principali condizioni operative sono le seguenti: pressione operativa 26 bar; temperatura di processo C; purezza dell ossidante 95%. Il gas prodotto viene raffreddato inizialmente fino a 400 C, dopodiché attraversa uno scambiatore di calore gas/gas, situato a monte di una sezione di scrubbing (nella quale vengono rimosse le polveri insieme ad altre impurità) e della sezione di desolforazione (operante a 40 C con l utilizzo della MDEA come solvente e preceduta da un sistema di idrolisi del COS). Il gas desolforato ( Nm 3 /h) riattraversa lo scambiatore gas/gas, nel quale viene riscaldato fino a 200 C, prima di essere inviato alla sezione di potenza, costituita da un sistema di celle a combustibile MCFC (con ricircolo al catodo) e da una turbina a gas sottoposta da 8 MW (Wasaka et al., 2004). 31 In particolare, il sistema di depurazione del syngas, ad alta temperatura (compresa tra 399 e 593 C), consente di ottenere concentrazioni di composti dello zolfo inferiori a 1 ppm (in volume). Le celle a combustibile producono una potenza elettrica lorda di 310,9 MW (valore relativo alla potenza in corrente continua; tenendo conto delle perdite dell inverter si ha una potenza, in corrente alternata, pari a 301,6 MW), che si somma ai 133,7 MW della turbina a gas e ai 118,1 MW del ciclo a vapore (l assorbimento delle apparecchiature ausiliarie è pari a 40,3 MW). 64

75 presto competitiva la tecnologia IGFC, soprattutto per impianti di grossa taglia con coefficienti di utilizzazione elevati (per la copertura dei carichi elettrici di base). 2.5 Processi di produzione del metanolo dal syngas Il metanolo, o alcool metilico 32, le cui principali proprietà sono riportate nella tabella 2.2, sta riscuotendo un interesse sempre maggiore in relazione alla possibilità di utilizzo come vettore energetico o come combustibile strategico. Formula chimica del METANOLO CH 3 OH Massa molecolare 32,04 kg/kmol Massa volumica allo stato liquido a 20 C 171,19 kg/m 3 Tensione di vapore a 37,8 C 0,32 bar Punto di congelamento -97,68 C Punto di evaporazione 64,70 C Temperatura critica 239,49 C Pressione critica 8,10 MPa Calore specifico a pressione costante 2,51 kj/kg K Solubilità in acqua a 15,5 C 100% Potere calorifico superiore 22,67 MJ/kg Potere calorifico inferiore 19,93 MJ/kg Temperatura di autoaccensione 464 C Temperatura teorica di fiamma C Tab. 2.2: Principali proprietà del metanolo. Al giorno d oggi il metanolo, prodotto principalmente a partire dal gas naturale mediante processi catalitici, può essere utilizzato direttamente come combustibile o come solvente per alcuni processi chimici, oppure indirettamente come materia prima per la produzione di diverse sostanze d interesse industriale, come formaldeide, acido acetico, esteri ed esteri metilici. 32 Scoperto e prodotto per la prima volta dal fisico e chimico inglese Robert Boyle nel 1661 mediante la distillazione del legno (ragion per cui venne inizialmente chiamato adiaphorus spiritus lignorium ) il metanolo si presenta, a pressione e temperatura ambiente, come un liquido incolore, con leggero odore alcolico, volatile e infiammabile, molto tossico per l organismo umano nel caso di inalazioni del suo vapore, di ingestione o di contatto protratto nel tempo. 65

76 Principi fondamentali della sintesi del metanolo Attualmente, come accennato, il metanolo viene prodotto quasi esclusivamente mediante processi di sintesi catalitica applicati a miscele gassose composte fondamentalmente da idrogeno, monossido di carbonio e piccole quantità di anidride carbonica. Le principali reazioni di sintesi sono le seguenti: CO + H CH OH 90,84 kj/mol (2.1) CO + H CH OH + H O 49,57 kj/mol (2.2) Tali reazioni, oltre a essere esotermiche, avvengono con riduzione di volume; pertanto il processo di sintesi del metanolo risulta essere favorito da basse temperature e alte pressioni (Supp, 1990). In generale i catalizzatori attualmente più utilizzati 33 favoriscono la prima delle due reazioni piuttosto che la seconda; pertanto è generalmente preferibile operare con alti rapporti molari fra CO e CO 2. In particolare, definendo il numero stechiometrico (SN, Stoichiometric Number) della reazione come: SN H CO CO + CO 2 2 = (2.3) 2 si osserva che i massimi valori di conversione si ottengono per valori di SN prossimi a due. Tale parametro, in assenza di CO 2, coincide con il rapporto stechiometrico effettivo della prima reazione di sintesi 34. Se il numero stechiometrico nel gas da trattare risulta essere molto diverso da due, è possibile modificare la composizione del gas installando, a monte del processo di sintesi, un reattore che opera la reazione di shift conversion: 33 Mentre in passato erano utilizzati per lo più catalizzatori a base di zinco e cromo (operanti a elevate temperature e pressioni e praticamente insensibili alla presenza di sostanze contaminanti nel gas), attualmente tutti i processi fanno ricorso a catalizzatori a base di rame (copper catalysts o blasiak catalysts), operanti a bassa pressione ( bar) e a temperature di C. Per approfondimenti sugli sviluppi storici di tali catalizzatori si rimanda a Bolton (1969) e Liebgott et al. (1972). 34 In ogni caso, per massimizzare la conversione del metanolo, è opportuna la presenza di una piccola quantità di CO 2. Dati sperimentali a tale proposito dimostrano che i massimi valori di conversione si ottengono con concentrazioni di CO 2 dell ordine del 2,5 3,5% in volume, e comunque non si ha alcuna conversione se la CO 2 manca totalmente. Anche se il motivo di quanto detto non è ancora 66

77 CO + H + (2.4) 2O CO2 H 2 Tale relazione, pur aumentando la concentrazione di CO 2, consente in molti casi di ottenere sostanziali miglioramenti nell efficienza di conversione. Per ottimizzare il processo di sintesi, in maniera tale da renderlo quanto più possibile economico, è necessario tener conto di parametri quali i costi d installazione e di gestione, la domanda effettiva di metanolo e il suo valore di mercato. A partire da tali parametri si devono effettuare opportune valutazioni sul processo vero e proprio, in maniera tale da ben bilanciare la produzione di metanolo e quella di energia elettrica. Per poter ottenere risultati soddisfacenti è necessario analizzare accuratamente l influenza sul processo di alcuni parametri di particolare interesse: 1. la composizione del syngas (ovvero il numero stechiometrico SN e le concentrazioni di H 2, CO, CO 2 e sostanze inerti) 35 ; 2. la temperatura di reazione, comunque caratterizzata da un range operativo piuttosto limitato 36 ( C); 3. la pressione di processo, il cui aumento favorisce la conversione 37 ; 4. la space velocity (SV) del processo 38 ; 5. il rapporto di ricircolo, ossia il rapporto tra la portata di syngas ricircolato (recycle gas) e la portata di gas in ingresso nel processo. chiaro, l ipotesi più accreditata è che piccole quantità di anidride carbonica favoriscano il funzionamento del catalizzatore all interno del reattore. 35 I risultati migliori si ottengono per valori del numero stechiometrico SN pari a 2,02 2,04, con un contenuto di CO 2 pari a circa il 3% in volume e una concentrazione di gas inerti quanto più bassa possibile. Inoltre la presenza nel syngas di alte concentrazioni di gas inerti (tra i quali ha un influenza particolarmente negativa il metano), oltre a diluire la miscela inibendo la reazione di sintesi, può favorire la formazione di sottoprodotti per lo più indesiderati. 36 Le basse temperature favorirebbero infatti la conversione (essendo le reazioni di sintesi esotermiche) ma comporterebbero un rallentamento delle reazioni. Oltre a tali fattori, nella scelta della temperatura di reazione, si deve tener conto del fatto che i catalizzatori a base di rame funzionano correttamente per temperature comprese fra i 230 e i 280 C. 37 In particolare, un incremento della pressione di processo favorisce l aumento della conversione del CO e, soprattutto, della CO 2, ma comporta anche un notevole aumento dei costi di installazione e di gestione di tutte le apparecchiature atte alla compressione del syngas (nonostante la riduzione delle dimensioni). 38 In particolare, bassi valori della SV favoriscono la conversione, rendendo però necessari grandi volumi di reazione (con conseguente aumento delle dimensioni dell impianto e della quantità di catalizzatore utilizzato). 67

78 I principali impieghi del metanolo Gli sforzi sempre maggiori che i ricercatori di tutto il mondo stanno compiendo per perfezionare le tecnologie di sintesi del metanolo sono ovvia conseguenza del fatto che tale alcool trova, al giorno d oggi, una grande quantità di applicazioni e promette, in un futuro prossimo, di diventare particolarmente interessante soprattutto in alcuni campi: utilizzo come vettore energetico (con la possibilità di utilizzarlo per la produzione di idrogeno mediante processi di steam reforming) o come combustibile per autotrazione o generazione elettrica distribuita. I processi di sintesi inseriti nell ambito di impianti IGCC per la coproduzione di energia elettrica e metanolo costituiscono inoltre un modo abbastanza semplice ed efficace per ottenere al contempo una buona flessibilità dal punto di vista energetico e una produzione piuttosto economica di metanolo. Nell industria chimica il metanolo è utilizzato come materia prima per la produzione di numerose sostanze, come MTBE (Methil Tertiary Butil Ether), formaldeide, acido acetico, clorometano, dimetil-tereftalato, ed è un importante agente metilante in diversi processi chimici 39. Inoltre si usa metanolo come solvente in molti collanti, coloranti e svernicianti e in diversi processi industriali, come ad esempio il processo Rectisol di desolforazione ad assorbimento fisico. In campo automobilistico, come anticipato, il metanolo viene utilizzato direttamente come combustibile per particolari motori a combustione interna, oppure può essere utilizzato per la produzione di additivi antidetonanti per altre tipologie di combustibili o come anticongelante per radiatori. Nell attuale periodo di transizione tra un sistema energetico mondiale basato principalmente sui combustibili fossili al sistema energetico del futuro, basato sull idrogeno (da fonti rinnovabili o da energia nucleare), il metanolo riveste un ruolo fondamentale in qualità di vettore energetico. Infatti, dato il notevole sviluppo dei processi di sintesi catalitica e la semplicità dei sistemi di trasporto, oltre al perfezionamento dei processi di steam reforming per la conversione in H 2, il 39 Nel complesso, le principali applicazioni sono le seguenti (fonte: U.S. Environmental Protection Agency: produzione di MTBE (37%), formaldeide (24%), acido acetico (10%), clorometano (6%), dimetil-tereftalato (2%), solventi e sostanze di uso automoilistoco (8%) e altri impieghi vari (13%). In particolare, l MTBE (CH 3 -O-C-(CH 3 ) 3) è utilizzato prevalentemente come additivo antidetonante per benzine senza piombo, mentre l acido acetico (CH 3 COOH) è utilizzato per la produzione di materiali plastici e fibre poliestere. 68

79 metanolo può essere utilizzato per trasportare l energia in maniera piuttosto efficiente ed economica 40. Per quanto riguarda gli impieghi del metanolo nel settore dell autotrazione, la ricerca è attualmente orientata principalmente allo sviluppo di due tipologie di veicoli: quelli alimentati esclusivamente con metanolo (DMV, Dedicated Methanol Vehicles) e quelli cosiddetti a combustibile flessibile (FFV, Flexible Fuel Vehicles). L utilizzo del metanolo come combustibile sta riscuotendo sempre maggiore interesse per il fatto che, nel complesso, è un combustibile pulito, dato che la sua combustione produce solamente CO 2, vapor d acqua e piccole quantità di NO x. Attualmente sono in fase di studio, fondamentalmente da parte delle case automobilistiche statunitensi, due tipologie di motori alimentati a metanolo: motori a combustione interna (MCI), sia di tipo DMV che di tipo FFV, e (anche in vista di una futura introduzione dell idrogeno) motori elettrici alimentati da celle a combustibile. Per quanto riguarda i motori a combustione interna, gli attuali studi sono volti soprattutto al perfezionamento dei veicoli a combustibile flessibile 41. Nel campo delle celle a combustibile per autotrazione 42, invece, il metanolo può essere utilizzato come vettore energetico per la produzione di idrogeno 43 oppure direttamente come combustibile 44 in sistemi di DMFC (Direct Methanol Fuel Cell), settore nel quale sono in corso numerosi studi da parte di diverse case automobilistiche, quali Daimler- Chrysler, Ford, General Motors, Toyota, Volkswagen, BMW, Nissan, Honda, Volvo e Hyundai. Infine, per quanto riguarda la generazione elettrica distribuita, le applicazioni che appaiono maggiormente interessanti riguardano l impiego del metanolo come 40 Per un approfondimento sull evolvere del panorama energetico mondiale si rimanda a Falchetta e Galli (2001); per quanto riguarda il ruolo del metanolo come vettore energetico si può far riferimento a C. Caputo (2000) e Eastland (2001). 41 Il primo prototipo di tali vetture risale al 1987 ad opera della Ford Motor Company. Altri importanti studi sono stati portati avanti in particolare dalla General Motors (con la messa in commercio della Chevrolet Corsica, alimentata con qualunque miscela di metanolo e benzina; Morton et al., 1990), ancora dalla Ford (con lo sviluppo della Ford Taurus; Bhatt, 1999) e dalla ARCADIS Geraghty & Miller. 42 La prima applicazione risale al 1990, quando il California Air Resources Board, per porre rimedio ai sempre maggiori problemi di inquinamento atmosferico nei pressi dei grandi centri abitati, spinse le principali industrie automobilistiche degli Stati Uniti a intensificare gli studi sui ZEV (Zero Emission Vehicles), veicoli a emissioni nulle. 43 Grazie ai moderni sistemi di steam reforming, tale produzione può essere centralizzata, distribuita (nelle singole stazioni di rifornimento) o effettuata direttamente a bordo dei veicoli (A. Caputo, 2002; Wiese et al., 1999). 44 Un interessante valutazione tecnico-economica sul problema dell adeguamento delle stazioni di rifornimento alla distribuzione del metanolo è stato pubblicato dalla EA Engineering, Science and Technology, Inc. (1999). 69

80 combustibile per impianti turbogas, a ciclo semplice o a ciclo CRGT (Chemically Recuperated Gas Turbine), o celle a combustibile (con alimentazione diretta nel caso delle celle DMFC, oppure attraverso processi di steam reforming nel caso delle celle a ossidi solidi o a carbonati fusi, eventualmente integrate con cicli termodinamici sottoposti). I processi convenzionali di sintesi catalitica del metanolo dal syngas Il processo di sintesi catalitica del metanolo da syngas è concettualmente simile a tutti i processi per la produzione di sostanze sintetiche a partire da miscele gassose. Le tecnologie attualmente più diffuse utilizzano letti fissi di catalizzatori a base di rame e operano a pressioni relativamente basse (comprese tra 50 e 100 bar). Nella figura 2.6 è riportato uno schema che rappresenta, in maniera semplificata, le tecnologie di sintesi attualmente utilizzate. Data la struttura di base del processo, questo viene chiamato generalmente methanol loop. REATTORE DI SINTESI preriscaldatore di avviamento SCR refrigeratore compressore di ricircolo SEPARATORE syngas Fig. 2.6: schema semplificato di methanol loop (cfr. Supp, 1990). metanolo grezzo Il syngas in ingresso, a bassa temperatura, viene miscelato con il gas di ricircolo; il compressore porta la pressione di tale miscela al valore ottimale, mentre con uno scambiatore di calore a recupero (SCR) si preriscalda il gas fino alla temperatura d ingresso desiderata, generalmente dell ordine di C. Il gas viene quindi immesso nel reattore vero e proprio, all interno del quale avvengono le reazioni di sintesi del metanolo. La miscela uscente dal reattore, avente generalmente una temperatura di circa C, viene raffreddata in due stadi: nel primo il raffreddamento avviene mediante cessione di calore al gas entrante nel reattore, che si 70

81 preriscalda, mentre nel secondo si utilizza un refrigeratore che porta la temperatura della miscela a valori prossimi a quella ambiente 45. Durante il raffreddamento il vapor d acqua e il metanolo contenuti nella miscela condensano quasi completamente; a quel punto la miscela attraversa un separatore nel quale viene completato il passaggio di stato e dal quale fuoriescono due flussi: uno gassoso, il cosiddetto purge gas, e uno liquido, ovvero il metanolo grezzo. Parte del purge gas può essere ricircolato, mentre l altra parte può essere utilizzata come combustibile (negli impianti IGCC viene inviata al gruppo turbogas); il metanolo grezzo viene invece inviato a un apposita unità di raffinazione, costituita generalmente da una o più colonne di distillazione 46. In fase di avviamento, infine, è necessario preriscaldare il gas mediante un opportuno preriscaldatore. A livello mondiale, oltre il 90% del metanolo viene attualmente prodotto mediante i processi ICI (Imperial Chemical Industries, Ltd.) e Lurgi a bassa pressione, che differiscono principalmente per quanto riguarda la struttura del reattore di sintesi 47. Nel processo ICI la miscela gassosa, ottenuta dal mescolamento del syngas in ingresso con il gas di ricircolo, viene suddivisa in due flussi. Il primo viene preriscaldato e immesso nella parte alta del reattore a letto fisso (rappresentato nella figura 2.7 a), dove entra in contatto con il primo strato di catalizzatore; il secondo viene invece inviato direttamente nel reattore, senza preriscaldamento, in qualità di quench gas. Tale flusso, immesso nel reattore mediante opportuni sistemi di distribuzione e dosaggio in corrispondenza dei vari strati di catalizzatore, ha lo scopo di consentire un preciso controllo delle temperature di reazione. Generalmente i processi ICI operano con pressioni comprese tra 50 e 100 bar e utilizzano rapporti di 45 Eventualmente, nel caso in cui la sezione di sintesi del metanolo sia inserita in un impianto IGCC, si può integrare il refrigeratore con il generatore di vapore a recupero del ciclo combinato, preriscaldando parte dell acqua che prenderà parte al ciclo a vapore. 46 La US Federal Grade Specification (O-M 232, risalente al 5 giugno 1975) definisce differenti gradi di purezza del metanolo. I più interessanti dal punto di vista commerciale sono il grado A, il grado AA ( Chemical Grade, purezza minima richiesta quando si deve utilizzare il metanolo in processi chimici) e i cosiddetti Fuel Grade (richiesto per il metanolo da utilizzare come combustibile per la produzione di energia elettrica o per autotrazione) e MTBE Grade (grado di purezza, leggermente inferiore al grado AA, richiesto per produrre MTBE e utilizzato anche per alcune applicazioni di generazione elettrica). Per una descrizione abbastanza dettagliata dei processi di purificazione del metanolo si rimanda a Supp (1990). 47 Altri interessanti processi di sintesi catalitica del metanolo sono stati sviluppati dalla Mitsubishi Gas Chemicals (MGC), dalla Haldor Topsøe e dalla Linde (Processo Variobar). Per approfondimenti su tali processi si rimanda a Supp (1990). 71

82 ricircolo dell ordine di 5 7; solo nel caso di portate piuttosto elevate si tende a ridurre il rapporto di ricircolo fino a valori dell ordine di 3,5. INGRESSO GAS carico catalizzatore INGRESSO GAS carico catalizzatore catalizzatore vapore saturo ad alta pressione immissione syngas freddo acqua di raffreddamento scarico scarico catalizzatore catalizzatore esausto esausto USCITA GAS USCITA GAS (a) Reattore ICI di tipo quench (b) Reattore Lurgi Fig. 2.7: reattori ICI e Lurgi a bassa pressione (Supp, 1990). Il processo Lurgi a bassa pressione, sviluppato nella seconda metà degli anni sessanta, utilizza un reattore cilindrico (figura 2.7 b) in cui il catalizzatore è contenuto all interno di una serie di fasci tuberi attraversati dal gas e lambiti esternamente dall acqua di raffreddamento 48, che evapora producendo vapore saturo ad alta pressione. La miscela gassosa viene introdotta nel reattore dall alto, dopo essere stata preriscaldata quasi fino alla temperatura di reazione. All interno del reattore questa attraversa dall alto verso il basso i fasci tubieri riempiti con il catalizzatore. Il gas quindi fuoriesce dal basso e va a preriscaldare la miscela in ingresso mediante uno scambiatore a recupero. Infine, analogamente al processo ICI, il gas viene raffreddato fino alla temperatura ambiente (con recupero di energia termica mediante preriscaldamento di acqua) e viene immesso nel separatore, dal quale fuoriescono il purge gas e il metanolo grezzo. Tali impianti operano generalmente con pressioni dell ordine di bar e utilizzano rapporti di ricircolo compresi fra 3 e In tal modo si riesce a operare un preciso controllo della temperatura operativa. 72

83 2.6 I processi di sintesi in fase liquida del metanolo Il problema fondamentale legato ai processi di sintesi catalitica del metanolo consiste nel fatto che, essendo le reazioni di sintesi fortemente esotermiche, risulta assai difficile controllare la temperatura di reazione e mantenerne il valore costante. Se il reattore deve elaborare grosse portate di syngas, il suddetto problema si traduce fondamentalmente nella necessità di realizzare un sistema che consenta di sottrarre al processo grandi quantità di calore. Nell intento di trovare una soluzione a tali problematiche, negli ultimi anni è stato sviluppato, da parte dell Air Products and Chemicals in collaborazione con Electric Power Research Institutes (EPRI), un processo di sintesi in fase liquida del metanolo, chiamato LPMeOH TM (Liquid Phase Methanol) che, dati gli ottimi risultati delle sperimentazioni, è ormai quasi pronto per essere utilizzato in integrazione a impianti IGCC commerciali. Funzionamento del processo di sintesi in fase liquida Nel processo LPMeOH TM (schematizzato nella figura 2.8) il syngas, contenente CO, H 2 e CO 2, viene immesso nel reattore di sintesi dal fondo dopo essere stato opportunamente preriscaldato ed eventualmente compresso. All interno del reattore è presente uno slurry costituito dal catalizzatore solido, preventivamente macinato in particelle delle dimensioni di 1 10 m, in sospensione in un olio minerale inerte. Il sistema viene raffreddato mediante una serie di fasci tubieri vaporizzatori, inseriti all interno del reattore, che consentono una notevole dispersione del calore (principalmente per convezione) producendo vapore saturo a bassa o media pressione. Dalla parte superiore del reattore fuoriesce una corrente gassosa costituita da metanolo, vapor d acqua, gas che non hanno preso parte alle reazioni ed eventuali tracce dell olio costituente la base dello slurry. Tale corrente attraversa dapprima un ciclone, che rimuove gran parte dell olio trascinato dal gas, e poi una prima sezione di raffreddamento, nella quale condensa l olio residuo, che viene poi separato per decantazione in un apposita sezione. La miscela gassosa rimanente, composta dal syngas non reagito, dal metanolo e dall acqua, viene quindi ulteriormente refrigerata e inviata alla sezione di separazione del metanolo grezzo. Quest ultimo fuoriesce dal fondo del separatore ed è pronto per essere inviato alla sezione di distillazione. In 73

84 uscita dalla parte superiore del separatore si ha invece il purge gas. Quest ultimo può essere parzialmente ricircolato, mentre per la restante parte viene generalmente saturato con acqua calda, preriscaldato (in uno scambiatore a recupero che preleva calore dal syngas grezzo) e inviato alla camera di combustione del gruppo turbogas. Per favorire ulteriormente lo scambio termico anche lo slurry contenente il catalizzatore viene continuamente ricircolato e refrigerato, con recupero energetico. syngas compressore di ricircolo purge gas boiler vapore ciclone SCR separatore olio refrigeratore SEPARATORE metanolo grezzo BFW Fig. 2.8: schema semplificato del processo LPMeOH TM. Tutto il processo, e in particolar modo il reattore di sintesi vero e proprio, può essere facilmente e convenientemente integrato con le sezioni di media e bassa pressione del generatore di vapore a recupero di un impianto IGCC. Il processo ora descritto, grazie all eccellente controllo della temperatura, risulta essere pressoché isotermo e, di conseguenza, assicura alti tassi di conversione del syngas in metanolo, che possono raggiungere anche il 25%. Esso, tra l altro, consente di utilizzare bassi rapporti di ricircolo, con conseguenti risparmi in termini di potenza assorbita dagli impianti ausiliari. Caratteristiche del processo LPMeOH TM Gli studi sulle tecnologie di sintesi del metanolo in fase liquida hanno avuto origine nel 1981, per opera dell Air Products and Chemicals con il sostegno economico del DoE (US Department of Energy). Il primo impianto sperimentale, della potenzialità di 10 tonnellate giornaliere di metanolo, venne realizzato presso 74

85 LaPorte, in Texas (Schaub, 1995), e durante le 7400 ore di funzionamento fornì risultati migliori di quelli previsti in fase di progetto. Il primo impianto dimostrativo su scala commerciale venne realizzato, tra il mese di Ottobre del 1995 e il mese di Gennaio del 1997, in integrazione con l impianto IGCC a carbone della Eastman Chemical Company, presso Kingsport, in Tennessee, con un investimento di 92,7 milioni di dollari rientrante nell ambito del progetto Clean Coal Technology Program (CCT) del DoE. Tale impianto entrò in funzione nell Aprile del 1997 e, nei quattro anni di attività, consentì di produrre fino a 260 tpd di metanolo e di analizzare il funzionamento di un impianto IGCC con coproduzione di metanolo ed energia elettrica. Il costo totale del progetto, comprendente anche i quattro anni di funzionamento, risultò pari a 213,7 milioni di dollari (Tijm et al., 1999). Un importante caratteristica dell impianto di Kingsport è la sua disponibilità, che nei quattro anni di funzionamento è stata del 97,52%; in ogni caso tale caratteristica è comune a tutti i sistemi di sintesi in fase liquida, anche grazie alla possibilità di sostituire il catalizzatore senza dover fermare l impianto. Dalle analisi sperimentali effettuate sui due impianti appena citati emergono risultati di notevole interesse, che pongono la tecnologia in esame in una posizione di grande vantaggio, dal punto di vista energetico e commerciale, rispetto alle tecnologie convenzionali. Un primo importante vantaggio del processo LPMeOH TM rispetto ai processi convenzionali consiste nel fatto che, grazie alla costanza della temperatura, è possibile immettere nel reattore il syngas così com è, senza la necessità di modificarne la composizione, e quindi il numero stechiometrico, mediante reazioni di shift conversion e sistemi di rimozione della CO 2 (al limite è possibile, agendo sui catalizzatori, far sì che la reazione di shift conversion abbia luogo direttamente all interno dello stesso reattore di sintesi). Inoltre il processo LPMeOH TM è estremamente flessibile, dato che la possibilità di effettuare scambi termici, anche di grossa entità, consente di variare notevolmente la portata di syngas senza provocare variazioni significative della temperatura di reazione. Pertanto tale processo risulta particolarmente adatto a essere integrato con impianti IGCC per la coproduzione di metanolo ed energia elettrica. Mentre nei tradizionali processi di sintesi il metanolo grezzo prodotto contiene generalmente dal 4 al 20% di acqua (in massa), il processo in fase liquida, alimentato con un syngas ricco di CO, consente di ottenere direttamente metanolo avente 75

86 purezza del 99% (tra l altro il restante 1% della massa è costituito quasi esclusivamente da acqua). Questo si traduce in una netta riduzione dei costi di distillazione. Inoltre parte del vapore prodotto all interno del reattore di sintesi può essere utilizzato per il funzionamento della stessa sezione di distillazione (la restante parte, nel caso dei sistemi integrati IGCC, viene inviata nella turbina a vapore). Coproduzione di metanolo ed energia elettrica con impianti IGCC Il processo LPMeOH TM, come precedentemente accennato, si presta molto bene alle applicazioni nell ambito degli impianti IGCC (che prendono il nome di IGCC- MS, Integrated Gasification Combined Cycles and Methanol Synthesis). In tal modo è possibile effettuare una coproduzione di energia elettrica e metanolo (Brown, 1994). La gestione dell impianto può essere orientata o alla massimizzazione della produzione di metanolo oppure alla copertura della domanda di energia elettrica. Nel primo caso tutto il syngas viene inviato all unità di sintesi, in maniera tale da rendere massimo il rapporto di conversione. Il purge gas uscente dal processo viene inviato al ciclo combinato per la produzione di energia elettrica. Quando invece lo scopo principale dell impianto è quello di garantire la copertura della domanda di energia elettrica, può essere estremamente conveniente, da un punto di vista economico, utilizzare il metanolo per far fronte alle variazioni del carico elettrico. In tal caso è possibile dimensionare l impianto secondo due differenti criteri. Da un lato si può dimensionare tutto l impianto (sia la sezione di gassificazione sia quella di potenza) per i carichi di punta, inviando tutto il syngas al ciclo combinato quando la domanda di energia elettrica è massima e convertendolo parzialmente in metanolo (da immettere in commercio o da utilizzare per altre applicazioni) in caso contrario. In alternativa, quando non si ha interesse alla commercializzazione del metanolo, si può dimensionare l impianto per il carico elettrico di base. Nei periodi di bassa richiesta elettrica si converte parte del syngas in metanolo (riducendo così l energia chimica che giunge alla sezione di potenza) e lo si deposita in appositi serbatoi di stoccaggio; durante i periodi di punta si utilizza il metanolo precedentemente stoccato come combustibile in un apposita turbina a gas (soluzione adottata, ad esempio, nell impianto IGCC-MS di Kingsport, precedentemente citato). In alternativa a quest ultima possibilità si può anche dimensionare la sezione di gassificazione per il carico di base e la sezione di potenza per i carichi di punta; in tal modo il metanolo può essere utilizzato insieme al syngas 76

87 per alimentare il ciclo combinato, evitando di dover installare un gruppo turbogas dedicato 49. Per modulare la ripartizione tra energia elettrica ed energia chimica del metanolo si possono adottare due diversi sistemi, entrambi resi possibili dall estrema flessibilità del processo LPMeOH TM. Da un lato si può far variare la quantità di syngas inviata al reattore di sintesi: quando la domanda di energia elettrica è bassa si manda quasi tutto il syngas al reattore, mentre all aumentare del carico viene privilegiato l impianto combinato. In alternativa (o anche in aggiunta) si può operare sulla percentuale di conversione del syngas, inviandolo tutto o in parte al processo di sintesi e variando la percentuale di conversione del metanolo (il gas che fuoriesce dal reattore si invia poi al gruppo turbogas per la produzione di energia elettrica) 50. Dalle analisi effettuate risulta che gli impianti IGCC-MS forniscono le migliori prestazioni (soprattutto da un punto di vista economico) quando sono dimensionati per generare una potenza elettrica dell ordine di MW e per una capacità di produzione del metanolo compresa tra 150 e 1000 tonnellate giornaliere. In ogni caso la configurazione impiantistica più semplice consiste nel far passare tutto il syngas (o solo parte di esso) attraverso il reattore di sintesi una sola volta, senza ricircolo e senza processi di shift conversion o rimozione della CO 2, convertendolo solo parzialmente in metanolo, come mostrato in figura 2.9 (cfr. Drown, 1997). In tale configurazione, che prende il nome di Once-Through Methanol (OTM), il gas uscente dal reattore (purge gas, composto fondamentalmente dall idrogeno e dagli ossidi di carbonio che non hanno preso parte alla reazione) viene umidificato, preriscaldato e inviato alla camera di combustione del gruppo turbogas Mentre, nel caso precedente, l impianto combinato lavora costantemente al carico nominale, e quindi alla massima efficienza, in quest ultima soluzione si avrebbe rendimento massimo solo in corrispondenza dei carichi di punta. 50 A tale riguardo è opportuno notare che le analisi effettuate sugli impianti di prova hanno dimostrato che, dal punto di vista energetico, i risultati migliori si ottengono convertendo in metanolo tra il 20 e il 33% del syngas prodotto nella sezione di gassificazione; inoltre, in caso di necessità, si possono ottenere risultati ancora accettabili per percentuali di conversione dell ordine del 50%. 51 Per ulteriori approfondimenti sull integrazione tra impianti IGCC e sistemi di sintesi del metanolo si rimanda a Cau et al. (1995 e 1997) e Carpellucci et al. (1995). 77

88 carbone SEZIONE DI GASSIFICAZIONE syngas DEPURAZ. SYNGAS syngas depurato CICLO COMBINATO carico elettrico di base vapore ossidante scorie Once-Through Methanol LPMEOH purge gas combustibile di riserva STOCCAGGIO METANOLO COMBUSTIONE METANOLO carichi di punta metanolo commerciale Fig. 2.9: schema semplificato di un impianto IGCC-MS con configurazione Once-Through Methanol. Da una interessante analisi condotta dall Air Products and Chemicals, Inc. (1998) risulta che, per essere economicamente efficienti, i processi di sintesi del metanolo in fase gassosa devono necessariamente essere di grossa potenzialità (tale da giustificare l installazione delle sezioni di shift conversion e di rimozione della CO 2 ). Il processo LPMeOH TM, invece, può essere economicamente conveniente anche se di bassa potenzialità. 2.7 Processi di produzione di dimetiletere da syngas Il dimetiletere (DME, CH 3 -O-CH 3 ), attualmente utilizzato commercialmente come propellente in bombole spray o come materia prima in diversi processi industriali 52, sta riscuotendo un interesse sempre maggiore come combustibile alternativo, anche in virtù delle proprietà molto simili a quelle del GPL (Gas di Petrolio Liquefatto), per il quale esiste una vasta esperienza in termini di tecnologie di trasporto e di utilizzo. La produzione mondiale di DME è pari a circa tonnellate giornaliere ed è ottenuta prevalentemente a partire dal metanolo mediante processi di deidratazione. 52 In particolare, le tonnellate giornaliere di DME attualmente prodotte a livello mondiale sono utilizzate come propellente per bombole spray (48%), per la produzione di vernici (6%), insetticidi (6%) e collanti (5%), come materia prima in vari processi industriali (31%) oppure per altri impieghi secondari (4%), come indicato da Air Products and Chemicals, Inc. (2002). 78

89 Formula chimica del DIMETILETERE CH 3 -O-CH 3 Massa molare 46,068 kg/kmol Massa volumica allo stato liquido a 20 C 668 kg/m 3 Tensione di vapore a 20 C 5,1 bar Punto di evaporazione a 1 bar -24,9 C Potere calorifico inferiore allo stato liquido 28,360 MJ/kg Limiti inferiore e superiore di infiammabilità in aria 3,4 17% Tab. 2.3: Principali proprietà del dimetiletere (Basu e Wainwright, 2001). Il DME, tuttavia, risulta essere attualmente sempre più interessante, soprattutto per le possibilità di applicazione nell ambito di quattro campi fondamentali: l utilizzo come sostituto del GPL, come vettore energetico e come combustibile per generazione elettrica e per autotrazione. Per quanto riguarda il primo campo, le caratteristiche fisiche e termodinamiche del DME sono molto simili a quelle del GPL, per cui, spesso, può essere convenientemente utilizzato come suo sostituto in tutti i campi di applicazione (anche come gas da cucina) 53. L utilizzo del DME come vettore energetico può rivelarsi piuttosto conveniente per vari motivi. Anzitutto i sistemi di stoccaggio e di trasporto sono gli stessi attualmente utilizzati per il GPL, già maturi e pienamente collaudati. Inoltre sono stati recentemente sviluppati particolari sistemi che consentono di operare una conversione piuttosto economica del DME in idrocarburi sintetici (processi DTH, Dimethylether- To-Hydrocarbons) e in idrogeno (mediante processi di steam reforming) 54. Per quanto riguarda la generazione elettrica, le possibili applicazioni sono numerose, ma le più interessanti riguardano le turbine a gas a ciclo semplice e a ciclo CRGT e i sistemi di celle a combustibile 55. Infine le applicazioni del DME nel campo dell autotrazione, ancora in fase sperimentale, lasciano prevedere risultati estremamente interessanti. Anzitutto i 53 Infatti il mercato del GPL è in fase di notevole espansione e i moderni sistemi di produzione del DME rendono tale prodotto sempre più competitivo nei confronti del GPL stesso. Per le applicazioni del DME come gas da cucina si rimanda a Goldemberg et al. (2004), Larson e Yang (2004) e Adachi et al. (2000). 54 Per un approfondimento sui processi di produzione di idrocarburi e idrogeno dal DME si rimanda rispettivamente a Sardesai et al. (1995) e a Galvita et al. (2001). 55 Per approfondimenti sull utilizzo del DME per l alimentazione di sistemi turbogas a ciclo CRGT si rimanda a Basu e Wainwright (2001) e Basu et al. (2001); per applicazioni con celle a combustibile, tra le quali rivestono particolare interesse quelle a carbonati fusi, si può vedere Sobyanin et al. (2000). Infine, un quadro piuttosto generale, ma assai completo, sui possibili impieghi del DME nei campi d applicazione precedentemente citati si trova in Suzuki (2004). 79

90 motori a combustione interna alimentati a DME risultano essere assai meno costosi dei tradizionali motori diesel e consentirebbero di ridurre del 10% le emissioni di NO x, oltre a quelle di CO 2. La combustione risulta essere, inoltre, abbastanza silenziosa ed estremamente efficiente. I processi convenzionali di produzione e raffinazione del DME Il metodo prevalentemente utilizzato per produrre DME consiste in un processo di deidratazione del metanolo, secondo la reazione: 2 CH 3OH CH 3OCH 3 + H 2O (2.5) I processi attualmente più utilizzati operano una produzione combinata di metanolo e dimetiletere a partire dal gas di sintesi derivante da processi di gassificazione oppure da gas prodotti per combustione parziale in una fornace utilizzante ossigeno come comburente. Nella figura 2.10 sono illustrate le tre principali configurazioni della sezione di sintesi combinata del metanolo e del dimetiletere. all isola di potenza all isola di potenza gas di scarico compress. ricircolo ricircolo syngas CO 2 reattore di sintesi separatore DME+MeOH reattore di sintesi syngas separatore DME+MeOH fornace reattore di sintesi H 2 O separatore DME+MeOH separazione CO 2 1) sintesi con ricircolo da gassificazione 2) sintesi once-through da gassificazione 3) sintesi once-through da gas di combustione Fig. 2.10: principali configurazioni dei sistemi di sintesi del DME (cfr. Lewnard et al., 1990). Le prime due configurazioni operano a valle di processi di gassificazione e utilizzano, come materia prima, il syngas prodotto in tali processi. In tali casi, a monte della sezione di sintesi, è in genere presente un reattore catalitico che opera una reazione di shift conversion, allo scopo di aumentare il numero stechiometrico fino ai valori ottimali (appena superiori a due). Nel terzo caso le reazioni di sintesi interessano un gas prodotto all interno di una fornace che effettua una combustione 80

91 parziale utilizzando ossigeno come ossidante. È evidente che i processi di tipo oncethrough, nei quali il gas attraversa una sola volta il reattore di sintesi, sono più semplici ma meno efficienti dei processi con ricircolo. In tutti e tre i casi le reazioni avvengono in fase gassosa, con l ausilio di catalizzatori a base di rame e allumina e a temperature dell ordine dei 250 C, con efficienze di conversione che, in alcuni casi, possono raggiungere addirittura il 60%. Recentemente la ditta danese Haldor Topsøe ha sviluppato un processo di sintesi catalitica a doppio stadio (Jones et al., 2001), schematizzato nella figura Per ottimizzare le due fasi del processo (sintesi del metanolo dalla miscela di idrogeno e CO 2 e sintesi del DME dal metanolo), queste avvengono separatamente all interno di due reattori catalitici distinti, entrambi a letto fisso e con le reazioni in fase gassosa. Il primo reattore è simile a quello utilizzato per il processo Lurgi di sintesi del metanolo; le reazioni che avvengono al suo interno sono fortemente esotermiche, per cui il reattore viene mantenuto a temperatura costante (circa 250 C) con produzione di vapore, generalmente ad alta pressione. La reazione di sintesi del DME dal metanolo, invece, è leggermente esotermica, per cui ha luogo all interno di un reattore adiabatico, operante a temperature leggermente superiori rispetto a quelle del primo stadio. I catalizzatori impiegati, sviluppati dalla Haldor Topsøe attorno al 1990, hanno portato a ottimi risultati in termini di efficienza complessiva di conversione. boiler vapore ad alta pressione purge gas BFW compressore di ricircolo separatore metanolo (dall unità di distillazione) 1 stadio 2 stadio SCR alimentazione (syngas) refrigeratore separatore miscela di DME, MeOH e H 2 O (all unità di distillazione) Fig. 2.11: schema del processo Haldor Topsøe di sintesi del DME (cfr. Jones et al., 2001). 81

92 All uscita dei processi di sintesi elencati non si ha DME puro, ma una miscela composta prevalentemente da DME, contenente metanolo e acqua. In base all utilizzo futuro e a vari aspetti di natura energetica ed economica può essere necessario un processo di raffinazione più o meno accurato, processo che, come nel caso del metanolo, avviene per distillazione I processi di sintesi in fase liquida del dimetiletere Così come avviene nei tradizionali processi di sintesi del metanolo, anche nel caso del DME risulta assai difficile controllare la temperatura di reazione e mantenerne il valore costante, in particolare quando la potenzialità dell impianto è elevata e le portate in gioco sono notevoli. Per tale motivo sono stati sviluppati, anche per il dimetiletere, processi di sintesi in fase liquida che, per le loro caratteristiche, garantiscono un preciso controllo della temperatura di reazione. Tra tali processi, quelli maggiormente interessanti (e piuttosto simili dal punto di vista concettuale) sono il processo LPDME TM (Liquid Phase Dimethyl Ether, sviluppato dall Air Products and Chemicals, Inc.) e il processo sviluppato dalla giapponese NKK Corporation. Il processo LPDME TM dell Air Products and Chemicals Parallelamente ai processi di sintesi in fase liquida del metanolo (LPMeOH TM ), l Air Products and Chemicals e l EPRI hanno sviluppato un processo di sintesi in fase liquida del dimetiletere, chiamato LPDME TM (Liquid Phase Dimethyl-Ether), pensato per essere integrato con i moderni processi di gassificazione. Anche in questo caso il catalizzatore solido viene finemente macinato e messo in sospensione in un olio minerale inerte che favorisce la dispersione del calore, sottratto al processo prevalentemente per mezzo di fasci tubieri vaporizzatori sistemati all interno del reattore. Il gas viene immesso nel reattore dal fondo, in maniera tale da creare piccole bolle che aumentano la superficie di contatto tra gas e catalizzatore. Il controllo della temperatura di processo, che va mantenuta attorno ai 250 C, risulta essere 56 Si tenga conto, comunque, che l utilizzo del DME come combustibile non avviene quasi mai allo stato puro, ma prevalentemente come miscela con metanolo, per cui in tali casi la raffinazione può a volte non essere necessaria. 82

93 estremamente preciso, a vantaggio della efficienza di conversione del gas prima in metanolo e poi in DME. Così come il processo LPMeOH TM, anche i reattori LPDME TM sono stati efficacemente testati anzitutto presso l impianto pilota di LaPorte, in Texas, e poi, successivamente, presso l impianto IGCC di Kingsport, in Tennessee. Le reazioni chimiche che avvengono all interno del reattore, e che consentono la co-produzione di metanolo e DME, sono piuttosto complesse, ma possono essere convenientemente riassunte nelle tre seguenti reazioni (Gunda et al., 1995): CO + H + (2.6) 2O CO2 H 2 CO2 + 3 H 2 CH 3OH + H 2O (2.7) 2 CH 3OH CH 3OCH 3 + H 2O (2.8) La prima è la solita reazione di shift conversion, che avviene generalmente all interno dello stesso reattore di sintesi e consente di modificare il numero stechiometrico della miscela gassosa che prende parte al processo, portandolo a valori prossimi a due; la seconda reazione non è altro che la reazione complessiva di sintesi del metanolo da una miscela di idrogeno e anidride carbonica 57 ; l ultima è invece la reazione di deidratazione del metanolo, che regola la formazione del DME. Si osservi come l acqua prodotta dalla deidratazione del metanolo limiterebbe ulteriormente l evolvere della reazione stessa, ma viene consumata dalla reazione di shift conversion, che a sua volta produce l idrogeno necessario per la reazione di sintesi del metanolo (Peng et al., 1997). Le prime due reazioni sono favorite dalla presenza, all interno del reattore, di catalizzatori a base di rame 58 (i cosiddetti copper catalysts ); la reazione di deidratazione del metanolo, invece, agisce grazie alla presenza della -allumina 59. A valle del reattore di sintesi, il processo funziona in maniera analoga al caso della produzione di metanolo. Dalla parte superiore del reattore fuoriesce una corrente 57 Essa corrisponde alla combinazione delle reazioni 2.1 e In generale i processi sperimentali finora studiati hanno fatto ricorso a miscele di rame, ossido di zinco (ZnO) e allumina (Al 2 O 3 ). 59 Poiché però le tre reazioni avvengono simultaneamente all interno di un unico reattore, si è osservato che l interazione tra le due tipologie di catalizzatori comporta un rapido decadimento delle loro proprietà; la -allumina, in particolare, presenta tempi di decadimento eccessivamente rapidi (Peng et al., 1997). Per tale motivo sono stati effettuati (e sono tuttora in corso) diversi studi volti a 83

94 gassosa costituita da metanolo, DME, vapor d acqua, gas che non hanno preso parte alle reazioni ed eventuali tracce dell olio costituente la base dello slurry. Dopo che da tale corrente viene rimosso l olio, essa viene refrigerata e inviata alla sezione di separazione del metanolo e del DME. Questi fuoriescono dal fondo del separatore e possono essere eventualmente inviati a un apposita sezione di distillazione. Il purge gas, che fuoriesce dalla parte superiore del separatore e che può essere parzialmente ricircolato, viene generalmente saturato con acqua calda, preriscaldato e inviato al ciclo combinato. Tutto il processo, e in particolar modo il reattore di sintesi, funziona in stretta integrazione con le sezioni di media e bassa pressione del generatore di vapore a recupero dell impianto IGCC. syngas compressore di ricircolo purge gas boiler vapore ciclone SCR separatore olio refrigeratore SEPARATORE metanolo + DME (all eventuale sezione di raffinazione) BFW Fig. 2.12: schema semplificato del processo LPDME TM. Il processo della NKK Corporation Parallelamente allo sviluppo del processo LPDME TM da parte dell Air Products and Chemicals, Inc., la ditta giapponese NKK Corporation 60 ha sviluppato un altro processo di sintesi catalitica del DME, anch esso basato su un reattore a slurry. Concettualmente, il processo è analogo a quello dell Air Products and Chemicals, Inc., dal quale differisce principalmente per il tipo di catalizzatore impiegato. Esso, infatti, è costituito da una miscela di catalizzatori che favoriscono la trovare catalizzatori stabili in grado di interagire senza danneggiarsi a vicenda (Air Products and Chemicals, Inc., 1997 e 1998 b). 84

95 sintesi del metanolo e la deidratazione dello stesso per la produzione del DME (reazioni 2.7 e 2.8); in particolare, il catalizzatore per la deidratazione è stato opportunamente sviluppato allo scopo di favorire anche la reazione di shift conversion (reazione 2.6) direttamente all interno del reattore (Ohno, 2001; Ohno et al., 2001 a). In tal modo, con un processo di tipo once-through, si riesce a ottenere efficienze di conversione complessive del syngas in DME estremamente elevate, comprese tra il 40 e il 50% (Ohno et al., 2001 b). Il processo NKK è stato sperimentato, a partire dal 1999, in un impianto da 5 tonnellate giornaliere di DME, situato nella miniera di carbone di Taiheiyo, presso Hokkaido, in Giappone (figura 2.13). Le sperimentazioni sono state condotte prevalentemente con gas di miniera (composto per il 40% da metano e per il restante 60% da aria) sottoposto preventivamente a un processo di steam reforming (Ohno e Omiya, 2003; Ohno et al., 2001 b). Fig. 2.13: impianto pilota della NKK da 5 tonnellate giornaliere di DME (Ogawa et al., 2003). Nella seguente tabella è riportato un interessante confronto tra le prestazioni delle tecnologie di sintesi del DME oggi maggiormente interessanti. 60 La NKK Corporation fa parte della JFE Holdings; pertanto il processo NKK, a volte, si trova indicato come processo JFE. 85

96 NKK LPDME TM Haldor Topsøe Combustibile di base carbone / gas naturale carbone gas naturale Rapporto stechiometrico 1,0 0,7 2,0 Tipo di reattore slurry slurry letto fisso Temperatura [ C] Pressione [bar] Conversione CO once-through [%] DME / (DME + MeOH) Tab. 2.4: confronto tra le prestazioni delle principali tecnologie di sintesi del DME (Ohno, 2002). Dati gli ottimi risultati delle campagne sperimentali sull impianto da 5 tonnellate giornaliere, la NKK ha realizzato, nella stessa area nei pressi di Hokkaido, un impianto dimostrativo da 100 tonnellate al giorno di DME. Le sperimentazioni su tale impianto dovrebbero concludersi alla fine del 2006 (Ohno, 2002; Aoki et al., 2004). 2.9 I processi di produzione dell idrogeno L idrogeno 61, le cui principali caratteristiche sono presentate nella tabella 2.5, è attualmente prodotto prevalentemente mediante processi di steam reforming del metano o di altre sostanze che lo contengono, di ossidazione parziale di idrocarburi, di liquefazione frazionata dal gas di cokeria, di pirolisi di biomasse oppure di idrolisi dall acqua Individuato per la prima volta dal fisico e chimico inglese Henry Cavendish nel 1766, l idrogeno è l elemento di gran lunga più diffuso in natura, in cui si trova prevalentemente combinato nei composti chimici e soprattutto nell acqua. 62 Per maggiori approfondimenti su tali processi si rimanda a Pettinau e Cocco (2003), A. Caputo (2002) e Falchetta e Galli (2001). 86

97 Massa molecolare (H 2 ) [kg/kmol] 2,01588 Pressione al punto triplo [kpa] 7,0421 Temperatura al punto triplo [ C] -259,35 Pressione critica [kpa] 1292,8 Temperatura critica [ C] -240,17 Massa volumica in condizioni normali [kg/nm 3 ] 0,08987 Calore specifico a pressione costante [kj/kg K] 14,89 Potere calorifico inferiore [MJ/kg] 120,16 Potere calorifico superiore [MJ/kg] 141,89 Limite di infiammabilità in aria [% in vol.] 4,0 75 Limite di detonabilità in aria [% in vol.] 18,3 59,0 Temperatura di autoaccensione [ C] 584 Temperatura di fiamma in aria [ C] 2044 Tab. 2.5: principali proprietà dell idrogeno (Williams, 1980; C. Caputo, 2000). Esso trova impiego prevalentemente come riducente in diversi processi chimici e per la fabbricazione di composti sintetici, ma sono universalmente riconosciute le numerose possibilità di applicazione come combustibile (principalmente per l elevato potere calorifico e per le emissioni pressoché nulle) nei settori della generazione elettrica distribuita e dell autotrazione (A. Caputo, 2002; C. Caputo, 2000), ragion per cui è da molti considerato il combustibile del futuro. Prospettive d impiego per l idrogeno L attenzione sempre maggiore rivolta ai problemi di inquinamento atmosferico e acustico nei centri urbani e l attuale sviluppo della tecnologia delle celle a combustibile sta rendendo sempre più interessante la possibilità di utilizzare l idrogeno in particolare nei settori della microgenerazione distribuita e dell autotrazione. Per quanto riguarda la microgenerazione, l applicazione più promettente riguarda i sistemi di celle a combustibile (in particolare quelli operanti ad alte temperature, ovvero i sistemi SOFC e MCFC) eventualmente integrate con sistemi sottoposti (come i già citati processi SOFC-GT e MCFC-GT), che garantiscono efficienze estremamente elevate. D altra parte, gli studi e le sperimentazioni volti allo sviluppo di prototipi di autoveicoli alimentati a idrogeno sono sempre più diffusi e mirano, in breve tempo, a 87

98 rendere competitiva tale tecnologia riducendo i costi dei sistemi di generazione 63 e aumentando contemporaneamente la densità di potenza (potenza erogata per unità di massa) dei sistemi stessi. Il combustibile ideale per i sistemi di celle a combustibile è certamente l idrogeno. In alcuni casi, però, date le difficoltà di stoccaggio di quest ultimo, può essere conveniente stoccare metanolo o benzina nei serbatoi, convertendo tali combustibili in idrogeno mediante processi di steam reforming (nel caso del metanolo) oppure di ossidazione parziale (per la benzina). Una schematizzazione estremamente semplificata di tali sistemi è mostrata nella figura stoccaggio idrogeno reforming metanolo stoccaggio metanolo ossidazione parziale stoccaggio benzina fuel cells fuel cells fuel cells controllo motore batteria controllo motore batteria controllo motore batteria MOTORE MOTORE MOTORE trasmissione trasmissione trasmissione Fig. 2.14: configurazioni di veicoli alimentati con idrogeno, metanolo e benzina (Ogden et al., 1999). Tutte le principali case automobilistiche mondiali stanno investendo notevoli energie nella ricerca di sistemi competitivi che consentano una notevole diffusione, nel medio termine, delle vetture alimentate con idrogeno. In particolare si possono citare la General Motors, la Ford Motor Company, e la Toyota Motor 64 (di cui alcuni prototipi sono mostrati in figura 2.15). In Italia particolarmente interessanti sono i prototipi sviluppati da FIAT e IVECO e, per quanto riguarda i ciclomotori, da Aprilia (figura 2.16). 63 Si prevede che, entro il 2010, il costo delle celle a combustibile per autotrazione scenda fino a /kw. 64 Altri studi piuttosto interessanti sono condotti da Honda Motor Company, Mazda Motor Corporation, Daihatsu Motor Company, Hyunday Motor Company, PSA Peugeot-Citroen, Nissan Motor Company, Volkswagen, Renault, Siemens (prevalentemente nel settore degli autobus), Ballard Power Systems e Neoplan. 88

99 (a) Ford P2000 (b) Ford Focus FCV (c) Toyota RAV-4 (d) Toyota FCHV-3 (e) Toyota FCHV-5 (f) Toyota FCHV-BUS1 Fig. 2.15: principali veicoli a idrogeno Ford e Toyota (Ronchetti e Iacobazzi, 2002). (a) FIAT 600 Elettra Fuel Cell (b) Progetto IRISBUS 65 (c) Aprilia Enjoy Fuel Cell Fig. 2.16: principali prototipi italiani di veicoli a idrogeno (Ronchetti e Iacobazzi, 2002). Problemi di trasporto e stoccaggio dell idrogeno Il principale limite alla diffusione dell idrogeno come combustibile per autotrazione o microgenerazione distribuita riguarda attualmente le problematiche relative al trasporto e allo stoccaggio di tale gas, resi difficili per via di alcune particolari caratteristiche dello stesso, quali la grande fugacità, l estesa gamma dei punti di infiammabilità, l esigua massa volumica e i costi elevati di produzione (C. Caputo, 2000). Per quanto riguarda il trasporto, esso può essere operato mediante gasdotti oppure mediante mezzi navali o veicoli terrestri 66. Il trasporto mediante gasdotti comporta notevoli costi d investimento, ma per una domanda sufficientemente elevata il costo complessivo di trasporto può essere relativamente conveniente rispetto agli altri sistemi 67. Per quanto riguarda il trasporto su strada o su ferrovia le 65 La Irisbus è una società del gruppo FIAT nata dalla fusione dei settori autobus di IVECO e Renault. 66 Per un analisi dettagliata dei costi di trasporto dell idrogeno si rimanda a A. Caputo (2002), Berry (1996), Padrò e Putsche (1999), Ogden et al. (1998 e 1999) e Amos (1998). 67 Una pipeline per l idrogeno, rispetto a quelle per il gas naturale, presenta un costo d investimento superiore del 50 80% (l ordine di grandezza è di 1 M/km) e il costo operativo di trasporto è fino a 89

100 tecnologie utilizzate sono diverse. Particolare interesse stanno riscuotendo i sistemi di trasporto di idrogeno liquefatto, compresso o addirittura segregato in idruri metallici. Soprattutto il trasporto su strada risulta essere relativamente economico, mentre quello su ferrovia presenta costi superiori. Nel caso del trasporto via mare, infine, i costi sono dell ordine dei 14 /GJ su tratte dell ordine dei 1000 km. Per quanto riguarda lo stoccaggio per applicazioni stazionarie di piccola taglia 68, il sistema certamente più semplice ed economico consiste nell utilizzo di bombole in pressione, che consentono un immagazzinamento alla temperatura ambiente. Il principale inconveniente di tale sistema consiste nei costi di esercizio elevati, dovuti principalmente all elevato dispendio energetico legato alla compressione e alla bassa densità volumetrica di energia dei serbatoi. Generalmente, come serbatoi, vengono utilizzate bombole in metallo da 50 litri, con il gas stoccato a 200 bar, mentre per elevati quantitativi (superiori a Nm 3 ) si utilizzano di norma serbatoi sferici (A. Caputo, 2002). Estremamente interessante è la possibilità di stoccare l idrogeno mediante assorbimento in idruri metallici, che consentono un immagazzinamento a pressioni modeste (1 10 bar). L assorbimento è esotermico e rende necessario il raffreddamento dell idruro; il desorbimento, invece, è endotermico e richiede calore a temperature dell ordine dei 300 C oppure inferiori ai 150 C a seconda del particolare tipo di idruro. I principali svantaggi di tali sistemi sono legati ai costi, ancora troppo elevati, e all elevato peso e ingombro degli idruri. Recentemente sono stati proposti anche sistemi di stoccaggio per adsorbimento criogenico in caverne o cavità sotterranee. Tali sistemi, adatti per notevoli quantità di idrogeno e per lunghi periodi di immagazzinamento, sono stati sperimentati in Germania, Francia e Regno Unito. Oltre a tali sistemi, una possibilità che sta, al giorno d oggi, riscuotendo un certo interesse (anche nel campo dell autotrazione) è quella di stoccare l idrogeno per via indiretta in idruri chimici, utilizzando come vettori energetici il metanolo, l ammoniaca, il dimetiletere e così via. Nel caso del metanolo si può stimare un costo dell idrogeno pari a 29,5 /GJ (avendo assunto un costo del metanolo pari a 11 /GJ), cinque volte maggiore, a causa della bassa densità energetica (energia per unità di volume) che caratterizza l idrogeno. 68 Per un analisi sui costi di stoccaggio dell idrogeno a breve e a lungo termine si rimanda a A. Caputo (2002). 90

101 mentre utilizzando l ammoniaca (che costa circa 250 a tonnellata) si può stimare un costo di 38,9 /GJ (Berry, 1996). Come nel caso degli impianti stazionari, anche nel caso dell autotrazione le metodologie di stoccaggio dell idrogeno sono prevalentemente di tre tipi: idrogeno compresso, liquido e legato con idruri metallici. Lo stoccaggio sotto forma di gas compresso (a bar) è senza dubbio il metodo più semplice ed economico. Le attuali tecnologie non sono comunque ancora mature per via del peso e dell ingombro eccessivi 69. L accumulo in forma liquida, alla temperatura di 235 C, ha il notevole inconveniente di essere piuttosto oneroso dal punto di vista energetico 70. Lo stoccaggio dell idrogeno mediante assorbimento in idruri metallici consente di operare a basse pressioni con densità energetiche maggiori di quelle dell idrogeno compresso e confrontabili con quelle dell idrogeno liquido; il volume si riduce così di 3 4 volte. Inoltre presenta notevoli vantaggi in termini di costi, compattezza, stabilità dello stoccaggio e sicurezza intrinseca. Il principale problema di tali sistemi è invece legato al peso; a parità di tale parametro, infatti, il veicolo presenta un autonomia che mediamente è tre volte inferiore rispetto al caso di serbatoi (realizzati con tecnologie avanzate) contenenti idrogeno liquido o compresso. In questi ultimi anni, infine, sono stati studiati e sperimentati sistemi di stoccaggio dell idrogeno mediante nanostrutture (nanotubi e nanofibre) di carbonio, i quali stanno dimostrando ottime capacità di assorbimento. Le varie ricerche hanno comunque portato a risultati prevalentemente non confrontabili tra loro e a volte addirittura in contrasto. La tecnologia delle nanostrutture di carbonio, pur necessitando ancora di notevoli sviluppi tecnico-economici, è potenzialmente la più adatta per lo stoccaggio dell idrogeno a bordo dei veicoli Di recente sono stati fatti notevoli progressi con l introduzione di serbatoi con liner metallico o termoplastico rinforzati con fibre di carbonio, di vetro e aramidiche, che presentano un peso 3 4 volte inferiore a quello dei serbatoi tradizionali e consentono un accumulo di idrogeno a pressioni di 350 bar (potenzialmente fin anche a 700 bar). Tali sistemi presentano caratteristiche di sicurezza generalmente molto elevate, anche grazie alla robustezza dei serbatoi e all introduzione di fusibili antiscoppio in caso d incendi e di valvole di interruzione del circuito in caso di urto. 70 L onere, in termini energetici, ammonta a circa il 30% del contenuto energetico del combustibile, contro valori del 4 7% relativi all idrogeno compresso. 71 Per approfondimenti su tale tecnologia si rimanda a Ronchetti e Iacobazzi (2002). 91

102 2.10 Separazione dell idrogeno dal syngas Nel settore della produzione di idrogeno, i processi di gassificazione rivestono un ruolo di fondamentale importanza, dal momento che il syngas, a valle della sezione di condizionamento e depurazione, non è altro che una miscela di gas composta prevalentemente da idrogeno, monossido di carbonio e anidride carbonica, eventualmente con tracce di metano e di altre sostanze di importanza secondaria, le cui concentrazioni dipendono dal particolare processo di gassificazione utilizzato. Sottoponendo il syngas alla reazione di shift conversion, eventualmente combinata con una reazione di steam reforming se sono presenti significative quantità di metano, è possibile modificare notevolmente la composizione del gas stesso, che alla fine sarà costituito prevalentemente da una miscela di H 2, CO 2 e, eventualmente, vapor d acqua. I sistemi di separazione dell idrogeno dal syngas impiegabili in campo industriale sono diversi. Tra essi si possono citare i seguenti (Montisci, 2001): 1. separazione con membrane; 2. separazione per assorbimento fisico; 3. separazione per assorbimento chimico; 4. separazione per assorbimento chimico/fisico; 5. separazione per adsorbimento; 6. separazione criogenica. Allo stato attuale quelli maggiormente interessanti per applicazioni industriali sono le membrane (adatte principalmente per elevate concentrazioni di CO e basse concentrazioni di CO 2 ), i sistemi di assorbimento chimico o fisico della CO 2 (nel caso in cui le concentrazioni di tale componente siano elevate, come avviene a valle dei reattori di shift conversion) 72 e i sistemi di adsorbimento. Sistemi di separazione a membrana In termini del tutto generali, i sistemi a membrana per la separazione dell idrogeno dal syngas possono essere classificati in base al tipo di membrana. In 72 Tali sistemi, in particolare, operano in maniera analoga ai sistemi utilizzati per la desolforazione del syngas (in alcuni casi si utilizza lo stesso processo per una rimozione combinata dei composti dello zolfo e della CO 2 ). 92

103 particolare, le membrane si possono distinguere in organiche (realizzate in materiali polimerici) e inorganiche (metalliche o ceramiche) (Carpellucci e Milazzo, 2002). Una membrana di separazione, in generale, è un sottile strato di un certo materiale che consente un flusso selettivo di alcuni componenti di una miscela. La selettività è dovuta prevalentemente alla differente solubilità dei vari componenti nel materiale costituente la membrana stessa. Il meccanismo di separazione è di soluzione-diffusione: il gas entra in soluzione nella membrana e, successivamente, fluisce per diffusione attraverso di essa. Le membrane organiche sono costituite da sottili strati di polimeri vetrosi 73, supportati in genere da un substrato di materiale poroso (privo di funzione filtrante). Esse, economiche e poco ingombranti, funzionano correttamente per bassi valori di temperatura (non superiore a 100 C) e pressione (10 30 bar); inoltre la presenza di alcune impurità nella miscela in ingresso può danneggiare i materiali, causando una rapida degradazione del sistema di separazione. Le membrane inorganiche, al contrario, resistono abbastanza bene, grazie alla loro stabilità e alla presenza, nella miscela, di specie chimiche indesiderate; inoltre esse possono operare a pressioni più elevate (oltre i 30 bar). Generalmente le membrane in materiali ceramici sono porose, mentre quelle metalliche non lo sono. Nelle membrane porose la separazione avviene per diffusione di Knudsen, in base a differenze di massa e grandezza tra le molecole delle diverse specie. Le membrane non porose (metalliche) sono invece permeabili esclusivamente all idrogeno, secondo un meccanismo di soluzione-diffusione simile a quello delle membrane organiche (Kikuchi e Uemiya, 1991): la molecola d idrogeno viene assorbita sulla superficie della membrana e si dissocia in due atomi, che diffondono attraverso la membrana stessa per poi riassociarsi ed essere desorbiti in corrispondenza della superficie opposta. Nella tabella 2.6 sono mostrate, a confronto, le principali caratteristiche operative dei processi di separazione dell idrogeno dal syngas utilizzanti membrane polimeriche o metalliche La permeabilità del polimero dipende fondamentalmente dalla sua struttura chimica, dalla cristallinità e dalla morfologia, proprietà che vanno ottimizzate in sede di realizzazione. Inoltre è di fondamentale importanza la struttura della membrana: generalmente si hanno assemblaggi a lamine piane, a pacchetti di spire e a fibre cave (soluzione, quest ultima, che consente di ottenere il massimo rapporto superficie/volume, a vantaggio dell ingombro del sistema). 74 Si tenga conto che solo queste ultime consentono di separare l idrogeno sia dal CO che dalla CO 2, mentre le prime, per via della bassa selettività tra H 2 e CO 2, possono operare solamente se il gas è 93

104 Membrane polimeriche Membrane metalliche Pressione bar Temperatura < 100 C > 200 C Concentrazione iniziale di H % Fattore di recupero dell H % 100% Purezza dell H 2 permeato 75% 90 93% Tab. 2.6: membrane per la separazione dell idrogeno dal syngas (Carpelluci e Milazzo, 2002). Tra le membrane metalliche, le più diffuse sono quelle realizzate con una lega di palladio e argento 75, applicate su un cilindro di materiale ceramico poroso e caratterizzate da una selettività per l idrogeno del 100%; si ottiene pertanto un permeato di idrogeno puro, anche se non tutto l idrogeno attraversa la membrana 76. Se le prime membrane avevano uno spessore dell ordine di 5-10 m, al giorno d oggi si è scesi a valori dell ordine di un decimo di micron. Se l idrogeno dev essere utilizzato come combustibile, può essere conveniente diluire il permeato con azoto o vapor d acqua, in maniera tale da ridurre la pressione parziale dell idrogeno stesso favorendo il funzionamento della membrana. Le temperature operative di tali membrane sono generalmente superiori ai 200 C. I sistemi a membrana di palladio o di lega palladio-argento sono applicabili anche in quelle situazioni nelle quali il syngas attraversa un reattore di shift conversion, ed è quindi caratterizzato da elevate concentrazioni di CO 2. Dal momento che le condizioni termodinamiche tipiche dei processi di shift conversion (25 30 bar e C) ben si adattano al processo di separazione con membrana metallica, sono stati recentemente realizzati reattori che operano contemporaneamente i due processi (ed eventualmente anche processi di steam reforming del metano). Tali sistemi, detti Palladium Membrane Reactors 77 (PMR), sono capaci di separare dal gas composto esclusivamente da idrogeno e CO (a meno che non si accetti di ricorrere a più stadi di separazione disposti in serie). Infatti, la permeanza reale, alla temperatura di 40 C, di membrane polimeriche di polimmide a fibre cave è pari a m 3 /(m 2 s Pa) per l idrogeno, a m 3 /(m 2 s Pa) per il CO, a m 3 /(m 2 s Pa) per la CO 2, a m 3 /(m 2 s Pa) per l azoto e a m 3 /(m 2 s Pa) per l argon (Nakamura, 1989); è pertanto evidente che la permeanza dell anidride carbonica non è certamente trascurabile rispetto a quella dell idrogeno. 75 In particolare il miglior compromesso tra permeabilità e stabilità della membrana si ottiene per contenuti di argento pari a circa il 23% in massa (Uemiya et al., 1991). 76 Se la miscela è composta solamente da idrogeno e CO, si ottiene un residuo di monossido di carbonio puro al 90 93%. 77 Le principali ricerche sui palladium membrane reactors sono state condotte, a partire dal 1992, presso il Los Alamos National Laboratory (New Mexico, USA). 94

105 il 99% dell idrogeno in esso contenuto, con un grado di purezza elevato, senz altro sufficiente per applicazioni come combustibile (Birdsell e Williams, 1997) 78. Recentemente stanno acquistando un certo interesse anche i sistemi di separazione utilizzanti membrane ceramiche. Tali sistemi, infatti, possono operare a temperature estremamente elevate (in generale oltre i 600 C e, in alcuni casi, anche a 1000 C) e ad alte pressioni (fino a 100 bar), per cui si possono convenientemente utilizzare nell ambito dei processi di gassificazione 79. Presso l Argonne National Laboratory (ANL) sono attualmente in fase di sviluppo le cosiddette membrane CERMET (CERamic-METal composite), che riuniscono i principali vantaggi delle membrane ceramiche e metalliche. Tali sistemi, sviluppati per la separazione dell idrogeno dal coal syngas e/o dal gas proveniente da processi di reforming del metano, operano a temperature comprese tra 500 e 900 C e ad alte pressioni. A tale scopo utilizzano sottili strati di opportune leghe metalliche, capaci di trasportare l idrogeno, in una matrice ceramica stabile (composta generalmente da Al 2 O 3 o ZrO 2 ), con uno spessore totale dell ordine di alcune decine di micrometri (Balachandran et al., 2004 e 2005). Sistemi di separazione per assorbimento I processi di separazione per assorbimento consistono, concettualmente, nel mettere in contatto la miscela gassosa con un opportuno solvente, all interno di un apposita colonna. Il processo, che non opera la separazione diretta dell idrogeno ma assorbe l anidride carbonica 80, può essere di tipo chimico o fisico; i processi chimici, in particolare, utilizzano prevalentemente solventi a base di ammine, principalmente quelle primarie (MEA e DGA). 78 Un recente e interessante studio su sistemi di membrane metalliche sviluppate dalla Eltron Research, Inc. per operare subito a valle dei processi di CO-shift (del syngas da carbone) è presentato in Mundschau et al. (2005). 79 Nell ambito delle ricerche sulle membrane ceramiche, un sistema piuttosto interessante è il cosiddetto Hydrogen Separation Device (HSD) sviluppato dall Oak Ridge National Laboratory (ORNL). Il gas, ad alta pressione e alta temperatura, lambisce particolari cilindri cavi, realizzati in materiale ceramico (Al 2 O 3 ), che assorbe l idrogeno contenuto nel gas stesso. Il desorbimento avviene all interno dei cilindri (anche grazie alla notevole differenza di pressione fra interno ed esterno degli stessi) e l idrogeno desorbito è raccolto in appositi collettori. Il gas residuo, ricco di CO 2, fuoriesce invece dal sistema senza attraversare le membrane (DeLallo et al., 1998; Parson I&TG, 1998). 80 Tali processi, nel campo della produzione di idrogeno, sono adatti principalmente al caso di syngas composto quasi esclusivamente da H 2 e CO 2 e, se la purezza richiesta per l idrogeno prodotto è elevata, necessitano, a valle, di ulteriori processi di purificazione (come i sistemi di adsorbimento). 95

106 Sistemi di separazione per adsorbimento i processi PSA I processi di separazione per adsorbimento sfruttano la maggiore diffusività di un componente della miscela gassosa nella matrice di un solido. A seconda del tipo di rigenerazione del sorbente, si fa distinzione tra Pressure Swing Adsorption (PSA), Temperature Swing Adsorption (TSA) ed Electrical Swing Adsorption (ESA); mentre i primi due processi, soprattutto i PSA, trovano applicazione in campo industriale, i processi ESA sono ancora in una fase preliminare di sviluppo 81. I processi PSA, in particolare, sono esotermici, per cui necessitano di un sistema capace di asportare il calore prodotto. Generalmente le sostanze adsorbenti utilizzate per la separazione della CO 2 dall idrogeno sono le zeoliti e i carboni attivi; esse vengono rigenerate o riducendone la pressione oppure aumentandone la temperatura. Tali processi operano generalmente a pressioni comprese tra 10 e 40 bar e a basse temperature di alimentazione (5 40 C); essi consentono di separare tra il 60 e il 92% dell idrogeno contenuto nella miscela in ingresso, con una purezza della corrente separata che può raggiungere il 99,9999% (Stöcker et al., 1998) 82. Gli impianti commerciali comprendono generalmente un certo numero di reattori (spesso superiore a 10), operanti alternativamente in adsorbimento e in rigenerazione. In particolare, ciascun reattore opera, in successione, secondo le seguenti fasi: 1. adsorbimento delle impurità, operante ad alta pressione fino alla saturazione del letto; 2. depressurizzazione in equicorrente (rispetto al flusso di idrogeno), con la separazione di una corrente di idrogeno secondario, utilizzato nelle fasi successive; 3. depressurizzazione in controcorrente (rispetto al flusso di idrogeno), con la separazione delle impurità adsorbite, che fuoriescono dal reattore come offgas; 4. purificazione dei sorbenti mediante una corrente di idrogeno a elevata purezza; 81 In prospettiva, promettono di diventare estremamente interessanti dal momento che richiedono, per la fase di rigenerazione, un apporto energetico inferiore rispetto ai processi PSA e TSA. 82 Una interessante analisi economica di un impianto IGCC per co-produzione di idrogeno, separato con un sistema PSA, ed energia elettrica è presentata in Molburg e Doctor (2005); in particolare, sono considerate due differenti tipologie di carbone, ad alto e basso tenore di zolfo (rispettivamente Illinois #6, con il 3,68% di zolfo, e Wyodak, con lo 0,89%). Il processo analizzato comprende la sezione di preparazione del carbone, il processo di gassificazione Shell, la sezione di raffreddamento del syngas (per quench con altro gas freddo, prelevato a valle del sistema di idrolisi del COS), il sistema di depolverazione, il processo di CO-shift e idrolisi del COS (che avvengono nello stesso reattore), l assorbimento di H 2 S e CO 2 (mediante un processo Selexol seguito da un sistema Claus-SCOT per il trattamento dei gas acidi), il sistema PSA per la purificazione dell idrogeno e, infine, l isola di potenza. 96

107 5. ripressurizzazione del reattore mediante una corrente di idrogeno secondario o con l idrogeno puro prodotto Produzione di chemicals da syngas Lo sviluppo che, in questi ultimi decenni, ha caratterizzato i processi di gassificazione sta rendendo sempre più interessante la possibilità di utilizzare tali sistemi per operare una coproduzione di energia elettrica, combustibili sintetici e sostanze chimiche. Un impianto realizzato per tale scopo è costituito, schematicamente, da tre sezioni fondamentali: la sezione di gassificazione (nella quale il combustibile primario viene convertito in syngas), la sezione di conversione di parte del syngas in un prodotto ad alto valore commerciale (combustibile liquido o sostanza chimica) e la sezione di potenza, in cui il syngas residuo viene utilizzato in impianti di combustione (generalmente cicli combinati) per la produzione di energia elettrica. La frazione di syngas che viene convertita in prodotti sintetici dipende dal mercato di tali prodotti e da quello dell energia elettrica; la possibilità di ottimizzare la produzione in funzione degli andamenti della domanda e di operare un utilizzo dei capitali molto efficiente, rende i processi di coproduzione estremamente vantaggiosi, dal punto di vista economico, rispetto alla sola generazione elettrica. Tra i combustibili sintetici, oltre ai già citati metanolo e dimetiletere 83, assumono notevole importanza le benzine sintetiche, termine con il quale vengono generalmente indicati i combustibili liquidi (come benzina, gasolio, nafta e altri idrocarburi a basso numero di ottano) che vengono prodotti mediante processi di sintesi catalitica Fisher-Tropsch a partire da syngas e che sono caratterizzati dall assenza pressoché totale dei composti dello zolfo e dell azoto e dalla bassissima concentrazione di composti aromatici. 83 Tra tali combustibili non è stato volutamente citato l idrogeno, dal momento che non viene prodotto mediante processi di sintesi catalitica ma semplicemente separato dalla miscela gassosa che lo contiene. 97

108 Il processo di sintesi Fischer-Tropsch Nel processo di sintesi Fisher-Tropsch 84 l idrogeno e il monossido di carbonio, in presenza dei metalli dell VIII gruppo (in particolare ferro, cobalto e rutenio), reagiscono dando luogo alla formazione di paraffine, olefine e prodotti ossigenati. Inoltre, data la presenza del vapor d acqua come prodotto di reazione, si può instaurare la reazione di shift conversion. Le reazioni di Fischer-Tropsch sono numerose e piuttosto complesse, ma possono essere riassunte dalle relazioni seguenti (CCT, 2001): H 2 + CO CnH 2n+ 2 + H 2O n n (2.9) 1 2 H 2 + CO CnH 2n + H 2O n (2.10) CO + H + (2.11) 2O H 2 CO H 2 + CO CnH 2n+ 1 + OH + 1 H 2O (2.12) n n Le prime due descrivono rispettivamente la sintesi di paraffine e olefine, la terza è la reazione di shift conversion mentre l ultima riguarda la sintesi degli alcooli. Il processo è globalmente esotermico e produce circa 150 kj per ogni mole di CO reagente (Pinna et al., 2002). La miscela uscente dal reattore viene raffreddata, in maniera tale da separare i gas residui da nafta, gasolio, acqua di processo e dalle altre sostanze presenti. La maggior parte del gas residuo viene inviato a una sezione di reforming e successivamente ricircolato, in maniera tale da aumentare l efficienza di conversione del CO in idrocarburi liquidi. In alternativa esso può essere inviato direttamente alla sezione di potenza per la produzione di energia elettrica. Il gasolio prodotto mediante processi di sintesi Fischer-Tropsch è di ottima qualità ed è caratterizzato da un numero di cetano generalmente superiore a 70. La nafta, totalmente priva di composti solforati, può essere utilizzata per la produzione di benzina a bassi tenori di zolfo. In alcuni casi le sostanze prodotte necessitano di 84 Sviluppato, a partire dal 1923, dai chimici tedeschi Franz Fisher e Hans Tropsch; per approfondimenti sugli sviluppi storici di tale processo si rimanda a Pettinau e Cocco (2003), Pinna et al. (2002) e Van Nierop e Van Zyl (2000). 98

109 ulteriori trattamenti per ottenere alcune caratteristiche particolari, come la viscosità e il numero di ottano desiderati (CCT, 2001). Il meccanismo di polimerizzazione che dà luogo alla formazione dei composti di reazione è estremamente complesso ed è oggetto di numerosi studi teorici e sperimentali 85. Caratteristiche dei catalizzatori Come accennato in precedenza, i processi di sintesi Fischer-Tropsch utilizzano prevalentemente catalizzatori a base di metalli dell VIII gruppo e, in particolare, di ferro, cobalto e rutenio. Dei tre il ferro è senz altro il più economico e favorisce le reazioni di shift conversion, per cui è particolarmente adatto per la conversione di gas di sintesi a basso contenuto di idrogeno. D altro canto il ferro non è molto attivo nei confronti delle reazioni di idrogenazione del monossido di carbonio (reazioni 2.9 e 2.10) ed è meno selettivo, rispetto agli altri metalli, nei confronti dei prodotti più pesanti. I processi di sintesi utilizzanti catalizzatori a base di ferro operano generalmente con pressioni di circa 20 bar e a temperature comprese tra 250 e 350 C (Pinna et al., 2002). I catalizzatori a base di cobalto, più costosi rispetto a quelli a base di ferro, garantiscono una maggiore attività nei confronti delle reazioni di idrogenazione del CO, mentre l attività per la reazione di shift conversion è pressoché assente. Rispetto al ferro, infine, il cobalto è più selettivo nei confronti degli idrocarburi pesanti e meno selettivo per le olefine. I processi di sintesi Fischer-Tropsch utilizzanti catalizzatori al cobalto operano a pressioni dell ordine dei 20 bar e a temperature di C (Pinna et al., 2002). I catalizzatori a base di rutenio, infine, sono più attivi rispetto ai due precedenti, ma hanno anche un costo notevolmente maggiore. Nella miscela prodotta con tali catalizzatori sono pressoché assenti i composti ossigenati e ramificati, oltre alle - olefine. 85 Una schematizzazione semplificata del meccanismo di polimerizzazione è stata proposta da Pinna et al. (2002) e consta di sette stadi differenti: assorbimento dei reagenti (idrogeno e CO); formazione in situ del monomero C 1 ; prima formazione della catena; accrescimento della catena; completamento della catena; desorbimento dei prodotti di reazione da parte del catalizzatore; riassorbimento del prodotto e processi secondari. 99

110 Tipologie di reattori I reattori utilizzati nei processi di sintesi Fischer-Tropsch sono classificabili in tre tipologie principali: reattori tubolari a letto fisso, reattori a letto fluido (bollente o circolante) e colonne a bolle. Attualmente gli impianti più moderni utilizzano quest ultima tipologia di reattore, che prevede l utilizzo di una miscela liquida (slurry) costituita da un olio inerte diatermico contenente il catalizzatore finemente polverizzato. Il syngas reagente viene introdotto dal fondo del reattore, andando a formare piccole bolle che consentono di ottenere una notevole superficie di contatto tra lo stesso gas e il catalizzatore. Inoltre la presenza del fluido inerte favorisce gli scambi termici consentendo un controllo estremamente preciso della temperatura. I processi SASOL Nel campo dei processi di sintesi Fischer-Tropsch risulta estremamente interessante la situazione che si è venuta a creare fin dai primi anni 50 nella Repubblica del Sud Africa. La presenza di grosse riserve di carbone ha orientato la politica energetica di tale paese verso la ricerca di una indipendenza quasi totale dall estero. Ciò ha portato a investire grosse somme di denaro nella ricerca e nel perfezionamento dei processi di produzione di combustibili liquidi da carbone e nella realizzazione degli impianti SASOL I, SASOL II e SASOL III. Il processo che sta alla base di tali impianti si basa anzitutto sulla sezione di gassificazione utilizzante la tecnologia Sasol-Lurgi a letto fisso (presentata nel capitolo 1), nella quale il carbone, a elevate pressioni e temperature e in presenza di ossigeno e vapore, viene convertito in syngas. Quest ultimo viene successivamente raffreddato (con la conseguente condensazione e rimozione di alcune sostanze in esso contenute, quali il tar) e inviato alla sezione di depurazione, nella quale vengono rimossi i composti di zolfo e azoto 86, i fenoli e altre sostanze secondarie. Il syngas depurato viene poi inviato alla sezione di sintesi Fischer-Tropsch, utilizzante i processi SAS (Sasol Advanced Synthol, funzionante a elevata temperatura) oppure SSPD (Sasol Slurry Phase Distillate, funzionante a bassa temperatura), sviluppati e brevettati dalla stessa azienda. 86 Tali composti possono generalmente essere recuperati e convertiti in zolfo elementare, ammoniaca e altri prodotti secondari, che vengono commercializzati. 100

111 petrolio d importazione RAFFINAZIONE PETROLIO RAFFINERIA combustibili liquidi Sasolburg MINIERE DI CARBONE COMBUSTIBILI SINTETICI 49 milioni di tonnellate annue carbone GASSIFICAZIONE DEL CARBONE syngas SINTESI DI COMBUSTIBILI combustibili liquidi 6 miniere sotterranee 2 miniere aperte 3,1 milioni di tonnellate esportate carbone Secunda PRODOTTI CHIMICI GASSIFICAZIONE DEL CARBONE syngas SINTESI DI PRODOTTI CHIMICI 200 tipologie di prodotti chimici Sasolburg e Secunda Sasolburg e Secunda Fig. 2.17: schema concettuale dei processi SASOL (Van Nierop e Van Zyl, 2000). Nei processi di conversione ad alta temperatura il syngas depurato viene alimentato all unità SAS, nella quale l idrogeno e il monossido di carbonio, in presenza di un letto fluido pressurizzato contenente un catalizzatore a base di ferro, reagiscono e danno luogo alla formazione di un ampio spettro di idrocarburi compresi tra C 1 e C Tale processo viene utilizzato principalmente per la produzione di combustibili liquidi. I composti ossigenati presenti nel flusso all uscita del processo SAS vengono separati e purificati in appositi impianti per produrre alcool, acido acetico e chetoni, tra cui acetone, metiletilchetone 88 (MEK, methyl-ethyl-ketone) e metilisobutilchetone 89 (MIBK, methyl-iso-butyl-ketone). Il syngas derivante dai processi di gassificazione, ma anche il gas naturale riformato, può essere utilizzato nei processi SSPD a bassa temperatura. Tali processi, utilizzati ad esempio nell impianto SASOL I presso Sasolburg, operano a temperature inferiori rispetto ai processi SAS e producono idrocarburi linearmente concatenati, cere e paraffine, oltre che gasolio di ottima qualità. I gas residui del processo SSPD possono essere utilizzati come combustibile mentre gli idrocarburi più leggeri possono essere trattati per produrre cherosene puro, paraffine o ammoniaca, la quale può essere ulteriormente trasformata per la produzione di esplosivi o fertilizzanti. 87 In altre parole vengono prodotti idrocarburi caratterizzati da un numero di atomi di carbonio compreso tra 1 e Il MEK, detto anche butanone, ha formula chimica CH 3 COC 2 H 5 ed è utilizzato come solvente in pellicole viniliche e in materiali da rivestimento a base di cellulose nitrate, oltre che come reagente in processi di sintesi organica. 89 Il MIBK, chiamato anche hexone nei paesi di lingua anglosassone, ha formula chimica (CH 3 ) 2 CHCH 2 COCH 3 ed è utilizzato prevalentemente come solvente in alcuni processi chimici. 101

112 102

113 Capitolo 3 ANALISI MODELLISTICA DI IMPIANTI IGCC CON COPRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA E DIMETILETERE Le numerose possibilità di applicazione del dimetiletere come sostituto del GPL e come combustibile per motori diesel e per la generazione elettrica distribuita, oltre che come vettore energetico 1, stanno portando a un notevole incremento degli investimenti atti a sviluppare processi di sintesi sempre più efficienti e competitivi. Tra tali processi rivestono un ruolo fondamentale quelli basati su reattori a slurry, come il processo LPDME TM (Liquid Phase Dimethyl-Ether), sviluppato negli Stati Uniti dall Air Products and Chemical, Inc., e quello sviluppato in Giappone dalla NKK Corporation (oggi JFE Holdings). Nel presente capitolo è riportata un analisi, basata su modelli di simulazione al calcolatore, di alcune configurazioni caratteristiche di impianti IGCC-DS (Integrated Gasification Combined Cycles and Dimethylether Synthesis) per la coproduzione di energia elettrica e DME, utilizzanti le suddette tecnologie di sintesi catalitica. L analisi è stata strutturata in due fasi principali: nella prima è stato studiato il processo di sintesi del dimetiletere in condizioni di equilibrio termodinamico, l effetto dei principali parametri operativi e le prestazioni energetiche globali di un impianto IGCC-DS piuttosto semplificato; in seguito, il modello è stato sviluppato e perfezionato per considerare lo scostamento del processo di sintesi dalle condizioni ideali di equilibrio termodinamico ed è stato inoltre considerato un ciclo combinato più sofisticato (con generatore di vapore a recupero a tre livelli di pressione, rappresentante l attuale stato dell arte della tecnologia). Mediante tale modello è stata 1 Grazie ai moderni processi di steam reforming, che ne consentono la conversione in idrogeno. Per approfondimenti sulle prospettive di applicazione del DME si rimanda al secondo capitolo e ai siti web della International DME Association (IDA: e del Japan DME Forum (JDF:

114 effettuata un analisi energetica globale dell impianto e uno studio economico avente l obiettivo di stimare i costi d investimento di un impianto IGCC-DS della taglia di circa 450 MW elettrici e i costi di produzione dell energia elettrica e del dimetiletere. 3.1 Configurazioni impiantistiche In generale, un impianto IGCC-DS può essere schematizzato come nella figura 3.1. Concettualmente esso può essere suddiviso in tre sezioni principali, tra loro strettamente integrate: sezione di gassificazione e condizionamento del syngas, sezione di sintesi del dimetiletere e sezione di potenza. carbone SEZIONE DI GASSIFICAZIONE syngas SYNGAS GASSIFIC. COOLERS vapore acqua vapore ISOLA DI POTENZA CICLO A VAPORE gas esausti energia elettrica N 2 O 2 ASU scorie DEPURAZ. SYNGAS acqua syngas depurato vapore CICLO TURBOGAS energia elettrica N 2 aria H 2 S, COS, particolato LPDME once-through purge gas SEZIONE DI SINTESI DEL DME STOCCAGGIO DME GENERAZ. ELETTRICA CHEMICALS energia elettrica DME (commercializzazione) Fig. 3.1: schema concettuale di un impianto IGCC-DS. La sezione di gassificazione include, in generale, il sistema di preparazione del carbone, il gassificatore, l unità di separazione dell aria (ASU, Air Separation Unit) e i sistemi di raffreddamento e depurazione del syngas grezzo, strettamente integrati con il generatore di vapore a recupero del ciclo a vapore. Il syngas depurato viene, tutto o in parte, inviato alla sezione di sintesi del DME che, nella presente analisi, si suppone basata su un processo in fase liquida 2. Il 2 I processi di sintesi in fase liquida rappresentano, al giorno d oggi, lo stato dell arte nel campo delle tecnologie di produzione di metanolo e dimetiletere dal carbone, come illustrato in maniera più dettagliata nel secondo capitolo. In essi il catalizzatore (di tipo commerciale, a base di rame) viene 104

115 raffreddamento di tale reattore avviene mediante l evaporazione, all interno di appositi fasci tubieri, dell acqua proveniente dal generatore di vapore a recupero dell isola di potenza; il vapore prodotto, saturo e a bassa o media pressione, viene inviato nuovamente al ciclo combinato. Il dimetiletere prodotto può essere, a seconda delle particolari esigenze, messo in commercio oppure stoccato e successivamente utilizzato come combustibile in appositi impianti di generazione elettrica per sopperire ai carichi elettrici di punta; d altra parte, il purge gas viene inviato all isola di potenza, nella quale è utilizzato come combustibile. L isola di potenza è costituita da un ciclo combinato convenzionale che, come accennato, è strettamente integrato con le sezioni d impianto precedentemente descritte (in particolare con il sistema di raffreddamento del syngas e con il sistema di sintesi del DME). 3.2 Lo sviluppo dello studio e i modelli di simulazione Lo studio dell impianto integrato IGCC-DS è stato effettuato mediante l utilizzo di opportuni modelli di simulazione all equilibrio termodinamico. In particolare, per analizzare il processo di sintesi in fase liquida del dimetiletere è stato sviluppato un modello di simulazione implementato mediante il codice Aspen Plus 12.1 (Aspen Technology, Inc., 1996); tale modello considera anche il trattamento di depurazione del syngas (operato a bassa temperatura con processi convenzionali) e i sistemi di compressione ed espansione dello stesso. Per quanto riguarda i processi di preparazione del combustibile, produzione dell ossidante e gassificazione del carbone, è stato invece utilizzato un codice modulare all equilibrio precedentemente sviluppato presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell Università di Cagliari e implementato in linguaggio Fortran (Cau et al., 1993). Infine, nella prima fase dello studio, è stato considerato un ciclo combinato semplificato, basato su un impianto a vapore operante con un unico livello di pressione; tale sistema è stato sostituito, negli sviluppi dell analisi, da un ciclo a vapore più efficiente, con tre livelli di pressione. Data la notevole semplicità finemente polverizzato e messo in sospensione in un olio minerale diatermico, inerte, che favorisce 105

116 impiantistica, il ciclo a vapore semplificato è stato modellato mediante lo stesso codice Aspen Plus 12.1 mentre, nella seconda fase dello studio, si è fatto ricorso, per l analisi del ciclo combinato, a una subroutine implementata in linguaggio Fortran. 3.3 Il modello del processo integrato IGCC-DS Come precedentemente accennato, la prima fase dello studio ha avuto, come scopo principale, quello di analizzare le prestazioni della sezione di produzione del dimetiletere in funzione delle principali condizioni operative del processo, con particolare riferimento alla pressione di reazione e al rapporto di ricircolo del syngas. Nel presente paragrafo sono descritte le principali assunzioni sulle quali è stato basato il modello di simulazione sviluppato per la suddetta analisi. Il processo di gassificazione del carbone Per dare allo studio la maggiore generalità possibile, sono state considerate due differenti tipologie di gassificazione, che rappresentano abbastanza bene le principali applicazioni industriali. Anzitutto lo studio è stato orientato ai processi di gassificazione in letto trascinato, che sono quelli di gran lunga più utilizzati per le applicazioni commerciali di grossa taglia; tra questi, in particolare, sono stati scelti un processo alimentato a secco (dry-feed, con riferimento alla tecnologia Shell) e un processo alimentato a slurry (slurry-feed, con riferimento alla tecnologia Texaco). Come già accennato, per il modello del processo di gassificazione è stata utilizzata una subroutine Fortran che consente di considerare, oltre al gassificatore vero e proprio, il sistema di produzione e compressione dell ossigeno e il sistema di preparazione e di alimentazione del carbone. In particolare il combustibile, una volta macinato in appositi mulini, è alimentato al gassificatore mediante un opportuno fluido di trasporto: nei processi alimentati a slurry tale fluido è costituito da acqua, nella quale viene messo in sospensione il polverino di carbone; nel caso dell alimentazione a secco, invece, il carbone polverizzato viene pressurizzato mediante l immissione, in apposite lockhoppers, di una corrente di azoto in pressione, provenente dall unità di frazionamento dell aria. l asporto di energia termica dal reattore. 106

117 Quest ultima sezione d impianto include il compressore dell aria, un sistema criogenico di separazione a doppia colonna 3, di tipo convenzionale, e un sistema di compressione dell ossigeno, a più stadi interrefrigerati. In tal modo viene prodotta una corrente d ossigeno caratterizzata da una purezza del 96% 4. I principali parametri operativi considerati nella prima fase del presente studio sono quelli sinteticamente riportati nella tabella 3.1. Dry-feed Slurry-feed Pressione operativa [bar] Temperatura operativa [ C] Purezza dell ossidante [% di O 2 ] 96,0 96,0 Rapporto massico ossidante/carbone 0,82 0,91 Rapporto massico acqua/carbone 0,08 0,50 Tab. 3.1: principali parametri operativi dei processi di gassificazione. Per la prima fase dell analisi, come combustibile all alimentazione dei processi di gassificazione è stato considerato il carbone Illinois #6 (caratterizzato da un tenore di zolfo medio-alto), la cui analisi elementare è presentata nella tabella 3.2. Illinois #6 Analisi elementare [percentuali in peso] Carbonio 63,9 Idrogeno 4,9 Azoto 1,2 Zolfo 3,6 Ossigeno 9,2 Umidità 8,0 Ceneri 9,2 Potere calorifico inferiore [MJ/kg] 25,2 Tab. 3.2: analisi elementare e potere calorifico del carbone Illinois #6. Il modello di simulazione appena descritto consente di determinare la composizione del syngas grezzo e il bilancio energetico globale della sezione di gassificazione (tabella 3.3) a partire dalle caratteristiche dei fluidi di processo (carbone, ossigeno, vapore o acqua) e dei parametri operativi del gassificatore 3 Nel modello considerato, le due colonne di separazione operano rispettivamente a 6 e a 1,5 bar. 107

118 (pressione, temperatura, perdite energetiche e così via). In particolare, la composizione del syngas è valutata con riferimento alla condizione di equilibrio termodinamico. Tale assunzione è stata verificata sulla base di dati sperimentali e consente, in ogni caso, una stima piuttosto attendibile della composizione del syngas. Dry-feed Slurry-feed Composizione del syngas [% in volume] CO 54,66 35,85 CO 2 4,20 11,68 H 2 28,16 26,23 H 2 O 8,10 23,81 N 2 2,48 0,39 CH 4 0,00 0,01 H 2 S 1,18 0,97 COS 0,08 0,04 Ar 1,14 1,02 Potere calorifico inferiore [MJ/kg] 11,20 8,18 Rapporto molare H 2 /CO 0,515 0,732 Prestazioni del gassificatore Portata massica di carbone [kg/s] 39,68 39,68 Portata massica di ossigeno [kg/s] 32,54 36,11 Portata massica di vapore/acqua [kg/s] 3,17 19,84 Portata massica di syngas grezzo [kg/s] 73,69 91,68 Rendimento di gas freddo [%] 82,53 74,99 Assorbimento elettrico degli ausiliari [MW] 43,84 49,36 Tab. 3.3: composizione del syngas e prestazioni del processo di gassificazione 5. Dalla tabella risulta che le composizioni del syngas prodotto mediante le due configurazioni impiantistiche considerate differiscono sostanzialmente soprattutto per quanto riguarda le concentrazioni di CO e di CO 2 ; ciò è principalmente dovuto alle differenti condizioni operative e, in particolare, al maggiore apporto di ossigeno nel processo slurry-feed rispetto al caso del processo alimentato a secco. Tale differenza di composizione si ripercuote ovviamente sul rapporto molare H 2 /CO, maggiore nel caso del processo alimentato a slurry. Ciò lascia prevedere che l impianto IGCC-DS con processo di gassificazione alimentato a slurry sarà caratterizzato, a parità di 4 Le impurità presenti nella corrente di ossigeno sono costituite prevalentemente da argon. 108

119 potenza termica in ingresso, da una maggiore produzione di dimetiletere rispetto all impianto con configurazione dry-feed. Raffreddamento e depurazione del syngas Il syngas grezzo prodotto nel gassificatore, caratterizzato da una temperatura compresa tra 1280 e 1500 C, è prevalentemente composto da CO, H 2, CO 2 e H 2 O, ma contiene concentrazioni non trascurabili di H 2 S, COS, NH 3, HCl, particolato e altri composti secondari, per lo più indesiderati. Tali composti devono ovviamente essere rimossi prima dell utilizzo del syngas nelle sezioni di produzione del dimetiletere e di generazione elettrica. Il modello considerato include un sistema di raffreddamento e depurazione del syngas; in particolare, il raffreddamento è effettuato mediante syngas coolers, con produzione di vapore ad alta pressione (60 bar e 500 C), seguiti da uno scambiatore di calore a recupero gas/gas, che riscalda il purge gas, proveniente dalla sezione di sintesi del dimetiletere fino a 380 C. Il sistema di depurazione vero e proprio opera alla temperatura di 25 C ed è costituito da un wet scrubber e da un sistema di assorbimento dei composti solforati utilizzante un solvente a base di ammine (Supp, 1990). La sezione di sintesi in fase liquida del dimetiletere Nella prima fase dello studio qui presentato è stato considerato un sistema di sintesi in fase liquida del dimetiletere operante all equilibrio, secondo lo schema illustrato in fugura 3.2. Il syngas depurato, proveniente dal sistema di rimozione dei composti solforati, viene anzitutto compresso fino alla pressione di sintesi e riscaldato fino a 250 C mediante uno scambiatore di calore gas/gas. La temperatura di reazione è mantenuta costantemente a 270 C mediante la circolazione continua dell olio inerte nel quale è sospeso il catalizzatore e mediante la produzione di vapore saturo a 25 bar all interno dei fasci tuberi vaporizzatori. Tale vapore è inviato al generatore di vapore a recupero del ciclo combinato. 5 I valori riportati in tabella sono riferiti, come accennato, al carbone Illinois #6, che è stato utilizzato per tutta la prima fase dell analisi. 109

120 syngas compressore ricircolo compressore ricircolo purge gas (al CC) mixer cooler separatore scambiatore gas/gas DME acqua reattore di sintesi DME acqua vapore Fig. 3.2: modello all equilibrio del processo di sintesi del DME (cfr. Cocco et al., 2004). Il gas proveniente dal reattore di sintesi viene raffreddato, mediante il già citato scambiatore gas/gas, seguito da un refrigeratore ad acqua, fino alla temperatura di separazione del dimetiletere, pari a 25 C. All interno del separatore si ha la condensazione dell acqua e del dimetiletere fuel grade 6, mentre il purge gas, che può essere parzialmente ricircolato, è inviato al ciclo combinato. Il modello dei sistemi di condizionamento e depurazione del syngas e di sintesi del dimetiletere è stato implementato mediante il software commerciale Aspen Plus 12.1 (Aspen Technology, Inc., 1996). La sezione di generazione elettrica Nella prima fase dello studio, atto a valutare le prestazioni del processo di sintesi del DME al variare dei principali parametri operativi, la sezione di generazione elettrica è stata considerata costituita da un ciclo combinato basato su un ciclo a vapore semplificato, a un solo livello di pressione. Tale assunzione semplificativa è giustificata dal fatto che la sezione di potenza, ai fini della prima fase dell analisi (orientata fondamentalmente a valutare gli effetti di alcuni parametri operativi sulla produzione di DME), riveste un ruolo di secondaria importanza; inoltre, per un dato input termico dell impianto integrato IGCC-DS, la taglia del ciclo combinato è minore di quella dell analoga sezione di un impianto IGCC convenzionale. 6 Per fuel-grade s intende il grado di purezza del dimetiletere necessario all utilizzo dello stesso come combustibile in impianti quali motori a combustione interna e turbine a gas. In particolare, nella presente analisi, è stato considerato un grado di purezza minimo superiore al 95%. 110

121 L impianto turbogas, caratterizzato da un rapporto di compressione pari a 19,2 e da una temperatura di immissione del gas in turbina di 1300 C, è alimentato con il purge gas proveniente dal processo di sintesi del dimetiletere. Il generatore di vapore a recupero è integrato con le varie sezioni dell impianto, in particolare con i syngas coolers e con il reattore di sintesi del dimetiletere. Esso prevede un primo surriscaldamento del vapore a 60 bar e 500 C e un secondo surriscaldamento a 25 bar e alla stessa temperatura (Cocco et al., 2004). Come precedentemente accennato, il modello di calcolo del ciclo combinato considerato per la prima fase della ricerca è stato implementato mediante il software Aspen Plus Analisi del processo di sintesi del dimetiletere Nel presente paragrafo sono riportati i principali risultati dell analisi delle prestazioni del processo di sintesi in fase liquida del dimetiletere al variare dei principali parametri operativi (pressione di reazione e rapporto di ricircolo del purge gas). La capacità di produzione di dimetiletere da parte di un impianto IGCC-DS è stata valutata, sulla base del modello precedentemente descritto, per i due processi di gassificazione considerati. In particolare, il processo è fortemente condizionato dalla pressione operativa e dal rapporto di ricircolo, definito come la frazione del purge gas prodotto che viene ricircolata al reattore di sintesi. Pertanto le valutazioni di seguito riportate si riferiscono a una pressione variabile tra 50 e 150 bar e a un rapporto di ricircolo 7 compreso tra 0 e 0,9; gli equilibri delle reazioni sono stati calcolati alla temperatura costante di 270 C 8. Parametri come perdite di carico, variazioni di temperatura ed efficienze degli organi meccanici sono stati assunti sulla base di dati relativi a impianti commerciali. Un primo parametro (adimensionale) che è stato analizzato nel presente studio è il rapporto di potenza (PR, Power Ratio), riferito al DME e al purge gas. Esso è definito come il flusso di energia associato alla corrente (di DME o di purge gas) in 7 Con riferimento alla figura 3.2, il rapporto di ricircolo è stato definito come rapporto tra la portata del purge gas ricircolato e quella del del purge gas disponibile all uscita del separatore del dimetiletere. 8 La temperatura di reazione, infatti, ha un range operativo estremamente limitato, dal momento che al di sotto di 230 C la velocità di reazione sarebbe troppo bassa mentre al di sopra di C l equilibrio della conversione (esotermica) sarebbe sfavorevole. 111

122 uscita dal processo di sintesi diviso per il flusso di energia associato al carbone in ingresso 9. Tale rapporto, le cui variazioni con la pressione e il rapporto di ricircolo sono illustrate nella figura 3.3, dà un idea della frazione di energia che viene convertita in DME e di quella che rimane a disposizione del ciclo combinato attraverso il purge gas. 0.5 Rapporto di ricircolo: R = Pressione di sintesi: 80 bar Rapporto di potenza Rapporto di potenza PR DME (dry-feed) PR PG (dry-feed) PR DME (slurry-feed) PR PG (slurry-feed) PR DME (dry-feed) PR PG (dry-feed) PR DME (slurry-feed) PR PG (slurry-feed) Pressione di sintesi del DME [bar] Rapporto di ricircolo del purge gas (a) variazioni con la pressione (b) variazioni con il rapporto di ricircolo Fig. 3.3: rapporti di potenza relativi al DME prodotto e al purge gas 10 (cfr. Cocco et al., 2004). Da tale figura risulta che, per un dato valore della pressione operativa e del rapporto di ricircolo, la configurazione dell impianto IGCC-DS basata sul processo di gassificazione alimentato a slurry consente di ottenere una produzione di DME maggiore rispetto alla configurazione basata sull impianto alimentato a secco. A titolo di esempio, con riferimento alla pressione di 80 bar e senza alcun ricircolo, l energia chimica associata al dimetiletere prodotto è pari a circa il 46% dell energia chimica associata al carbone nel caso del processo alimentato a slurry e al 42% della stessa per il processo alimentato a secco. I corrispondenti flussi di energia associati al purge gas sono pari, per le due tecnologie di gassificazione considerate, al 16 e al 29% rispettivamente. La differenza di conversione del syngas proveniente dai due processi di gassificazione è principalmente legata alla differenza tra i rapporti molari 9 Tali flussi, espressi in MW, sono calcolati come prodotto tra la portata massica della corrente di riferimento e il potere calorifico inferiore della stessa. 10 Il rapporto di potenza relativo al DME (PR DME ) può essere messo in relazione al rapporto massico DME/carbone attraverso i poteri calorifici inferiori (LHV, Lower Heating Values) dei due combustibili; dal momento che il LHV del DME rimane pressoché costante (circa 27,9 MJ/kg) al variare delle condizioni operative del processo e che quello del carbone considerato è pari a 25,2 MJ/kg, risulta che il rapporto massico DME/carbone è pari a circa il 90% del PR DME. 112

123 H 2 /CO, pari a 0,732 per l impianto alimentato a slurry e a 0,515 per l impianto alimentato a secco (come risulta dalla tabella 3.3). Per un dato processo di gassificazione, la produzione di dimetiletere aumenta con l aumentare della pressione operativa e del rapporto di ricircolo del purge gas. In particolare, un aumento di pressione da 50 a 150 bar comporta un aumento della produzione di DME del 5 6% circa, ed è interessante osservare che l incremento maggiore si ha per le basse pressioni. D altra parte, un aumento del rapporto di ricircolo da 0 fino a 0,9 implica un aumento di produzione solamente del 3 4%; per tale motivo, i processi di sintesi in fase liquida del dimetiletere operano generalmente in configurazione once-through, ovvero senza alcun ricircolo (Ohno et al., 2001a e b). Le figure 3.4 e 3.5 mostrano l andamento della purezza del dimetiletere prodotto 11 e della composizione del purge gas al variare dei parametri operativi considerati Rapporto di ricircolo: R = Pressione di sintesi: 80 bar Purezza del DME prodotto [%] Purezza del DME prodotto [%] processo di gassificazione: dry-feed slurry-feed Pressione di sintesi del DME [bar] (a) variazioni con la pressione processo di gassificazione: dry-feed slurry-feed Rapporto di ricircolo del purge gas (b) variazioni con il rapporto di ricircolo Fig. 3.4: purezza del dimetiletere prodotto 12 (cfr. Cocco et al., 2004). Da tali figure risulta evidente che, per valori fissati della pressione di sintesi e del rapporto di ricircolo, la configurazione d impianto basata sul processo di gassificazione alimentato a secco comporta valori di purezza del DME prodotto maggiori rispetto al caso dell impianto alimentato a slurry (96,0 96,5% contro 94 96%, avendo ipotizzato costante e pari al 3% la concentrazione di acqua). D altra 11 Si tenga conto che le impurità contenute nella corrente di DME prodotta sono prevalentemente composte da metanolo e acqua. 113

124 parte la configurazione basata sul processo di gassificazione alimentato a secco comporta un purge gas caratterizzato da un minore contenuto di idrogeno e un maggiore contenuto di CO. 70 Rapporto di ricircolo: R = 0 70 Pressione di sintesi: 80 bar Composizione del purge gas [% in moli] gassificatore dry-feed: H 2 CO CO 2 gassificatore slurry-feed: H 2 CO CO 2 Composizione del purge gas [% in moli] gassificatore dry-feed: H 2 CO CO 2 gassificatore slurry-feed: H 2 CO CO Pressione di sintesi del DME [bar] (a) variazioni con la pressione Rapporto di ricircolo del purge gas (b) variazioni con il rapporto di ricircolo Fig. 3.5: composizione del purge gas (cfr. Cocco et al., 2004). È interessante osservare che l incremento della produzione di DME conseguente all aumento della pressione operativa (figura 3.3 a) comporta un impoverimento del purge gas, in termini di riduzione del contenuto di H 2 e CO e di aumento del contenuto di CO 2 (figura 3.5 a). Inoltre è evidente come il rapporto di ricircolo eserciti una influenza limitata sulla composizione del purge gas stesso. Quest ultimo, insieme con il vapore prodotto nei syngas coolers e nel reattore di sintesi del DME 13, alimenta la sezione di generazione elettrica. La figura 3.6 mostra l efficienza elettrica 14 globale dell impianto integrato IGCC-DS, nelle due configurazioni considerate, al variare della pressione operativa e del rapporto di ricircolo del processo di sintesi del DME. 12 La riduzione della purezza del DME prodotto all aumentare del rapporto di ricircolo è dovuta principalmente alla diluizione del gas in ingresso al reattore per mezzo del purge gas ricircolato. 13 In particolare, nel caso della configurazione dry-feed, vengono prodotti 62,5 kg/s di vapore nei syngas coolers e 44,6 kg/s nel reattore di sintesi del DME; nel caso della configurazione slurry-feed, invece, la produzione di vapore nei syngas coolers ammonta a 65,4 kg/s mentre nel reattore di sintesi del DME sono prodotti 49,5 kg/s di vapore. Tali valori fanno riferimento alla configurazione oncethrough (senza alcun ricircolo del purge gas) e a una pressione operativa di 80 bar. 14 Come precedentemente evidenziato, nella presente fase dell analisi tale efficienza è stata valutata considerando una configurazione semplificata del ciclo combinato, basato su un generatore di vapore a recupero a un solo livello di pressione. 114

125 A causa del limitato contenuto energetico del purge gas (pari, a seconda del processo di gassificazione considerato, al 15 30% del contenuto energetico del carbone), l efficienza elettrica globale del processo integrato è compresa tra il 13 e il 19%. In particolare, i valori maggiori di tale parametro sono relativi alla configurazione impiantistica basata sul processo di gassificazione dry-feed (16 19%, contro il 13 16% relativi al processo slurry-feed). Inoltre, un aumento della pressione e del rapporto di ricircolo comporta una riduzione dell efficienza globale di generazione elettrica (ciò è dovuto all incremento della produzione di DME, che comporta un impoverimento del purge gas inviato al ciclo combinato). 20 Rapporto di ricircolo: R = 0 20 Pressione di sintesi: 80 bar Efficienza elettrica globale dell'impianto [%] processo di gassificazione: dry-feed slurry-feed Pressione di sintesi del DME [bar] (a) variazioni con la pressione Efficienza elettrica globale dell'impianto [%] processo di gassificazione: dry-feed slurry-feed Rapporto di ricircolo del purge gas (b) variazioni con il rapporto di ricircolo Fig. 3.6: efficienza elettrica globale dell impianto IGCC-DS (cfr. Cocco et al., 2004). Da tale analisi risulta che un impianto integrato IGCC-DS 15 basato sul processo di gassificazione slurry-feed presenta, rispetto alla configurazione dry-feed, una maggiore produzione di DME (16,5 contro 14,8 kg/s) e una minore produzione di energia elettrica (circa 150 contro 175 MW). Ciò è dovuto principalmente al minore contenuto energetico del purge gas, che comporta una minore produzione di energia elettrica da parte della turbina a gas 16 (65 MW contro 108 MW). 15 L impianto è caratterizzato da un input termico di 1000 MW ed è dotato di un sistema di sintesi in fase liquida del DME operante alla pressione di 80 bar e senza alcun ricircolo. 16 Le potenze di generazione elettrica dei due cicli a vapore sono invece molto simili in quanto la differenza tra il vapore prodotto nei syngas coolers (65,4 contro 62,5 kg/s) e nel reattore di sintesi del dimetiletere (49,5 contro 44,6 kg/s) è piuttosto limitata. 115

126 3.5 Sviluppo del modello del processo integrato IGCC-DS Il modello considerato nella prima fase dell analisi presenta due limiti principali: l assunzione che il processo di sintesi del dimetiletere operi in condizioni di equilibrio termodinamico e il ciclo combinato basato su un generatore di vapore a recupero a un solo livello di pressione. Tali assunzioni, ammissibili per un analisi di massima delle prestazioni dell impianto integrato al variare dei principali parametri operativi della sezione di sintesi, diventano un po troppo limitanti per un accurata analisi delle prestazioni energetiche, exergetiche ed economiche dell impianto integrato IGCC-DS. Per tale motivo, nella seconda fase dell analisi, è stato perfezionato il modello della sezione di sintesi del dimetiletere, fissandone le condizioni operative, ed è stata simulata nel dettaglio la sezione di generazione elettrica. Assunzioni relative al processo di gassificazione Il modello del processo di gassificazione utilizzato nella seconda fase della ricerca è identico a quello precedentemente illustrato 17, fatta eccezione per alcuni parametri operativi, che sono stati leggermente modificati per rendere il presente studio quanto più possibile significativo. Anzitutto l analisi è stata effettuata considerando, come combustibile, il carbone Pittsburgh #8, la cui analisi elementare è riportata nella tabella 3.4, caratterizzato da un medio tenore di zolfo e maggiormente utilizzato, a livello industriale, rispetto al carbone Illinois #6. Le principali condizioni operative del processo di gassificazione, per le due tipologie considerate, sono riportate in tabella Anche in questo caso, l analisi del processo di gassificazione è stata effettuata mediante il codice modulare all equilibrio di cui si è dato cenno in precedenza. 116

127 Pittsburgh #8 Analisi elementare [percentuali in peso] Carbonio 70,5 Idrogeno 4,8 Azoto 1,2 Zolfo 1,9 Ossigeno 5,9 Umidità 4,5 Ceneri 11,2 Potere calorifico inferiore [MJ/kg] 27,5 Tab. 3.4: analisi elementare e potere calorifico del carbone Pittsburgh #8. Dry-feed Slurry-feed Pressione operativa [bar] Temperatura operativa [ C] Rapporto massico ossigeno/carbone 0,85 0,90 Pressione immissione ossigeno [bar] Purezza dell ossidante [% di O 2 ] 95,0 95,0 Pressione operativa ASU [bar] 6 6 Rapporto massico acqua (vapore)/carbone 0,10 0,40 Condizioni slurry [bar/ C] - 45/40 Condizioni vapore di processo [bar/ C] 30/330 - Perdite energetiche al gassificatore [%] 3 3 Temperatura di uscita dai syngas coolers [ C] Temperatura operativa gas cleaning [ C] Tab. 3.5: principali parametri operativi del processo di gassificazione. Le composizioni del syngas grezzo, calcolate con riferimento alle due configurazioni considerate, sono riportate nella tabella

128 Dry-feed Slurry-feed Composizione del syngas [% in volume] CO 59,66% 45,32% CO 2 2,41% 8,45% H 2 28,96% 28,56% H 2 O 4,49% 15,36% N 2 2,59% 0,60% CH 4 0,00% 0,02% H 2 S 0,59% 0,52% COS 0,04% 0,03% Ar 1,25% 1,15% Potere calorifico inferiore [MJ/kg] 11,57 9,58 Rapporto molare H 2 /CO 0,485 0,630 Tab. 3.6: composizione del syngas prodotto dalla gassificazione del carbone Pittsburgh #8. La sezione di sintesi in fase liquida del dimetiletere Il modello utilizzato per analizzare le sezioni di depurazione del syngas e di sintesi in fase liquida del dimetiletere è schematizzato nella figura 3.7. vapore (al HRSG) reattore di sintesi del DME acqua separatore DME purge gas DME fuel grade syngas scambiatore grezzo gas/gas cooler acqua calda acqua fredda rimozione H 2 S e COS compressore espansore purge gas (al CC) saturatore scambiatore gas/gas Fig. 3.7: schema semplificato del sistema di gas cleaning e sintesi del DME (cfr. Cocco et al., 2005). Il gas proveniente dai syngas coolers (alla temperatura di 350 C) viene raffreddato in uno scambiatore di calore gas/gas e, successivamente, in un refrigeratore ad acqua (integrato con il saturatore del syngas), fino alla temperatura di 118

129 25 C, alla quale ha luogo il lavaggio e la desolforazione 18. Il syngas desolforato viene quindi compresso fino alla pressione operativa del processo di sintesi del DME (fissata pari a 50 bar) e riscaldato fino a 250 C (temperatura di immissione nel reattore di sintesi) in un secondo scambiatore di calore gas/gas. La sintesi del DME ha luogo all interno dell apposito reattore, dotato di un sistema di fasci tubieri vaporizzatori che consentono un attento controllo della temperatura operativa, fissata pari a 270 C, mediante la produzione di vapore saturo alla pressione di 20 bar (tale vapore è inviato al generatore di vapore a recupero del ciclo combinato). Il gas uscente dal reattore di sintesi è raffreddato per mezzo del già citato scambiatore gas/gas seguito da un refrigeratore ad acqua, fino a una temperatura finale di circa 25 C, alla quale ha luogo la separazione del dimetiletere prodotto 19. Il purge gas in uscita viene riscaldato nello scambiatore gas/gas che opera il raffreddamento del syngas grezzo e successivamente inviato a un turboespansore, che opera un recupero energetico riducendo la pressione del gas fino a 25 bar. Il gas espanso viene infine saturato e inviato al ciclo combinato. La produzione di dimetiletere e la composizione del purge gas residuo sono state valutate dal modello sulla base dell equilibrio termodinamico delle seguenti reazioni di sintesi 20 (Gunda et al., 1995): CO + H + (3.1) 2O CO2 H 2 CO2 + 3 H 2 CH 3OH + H 2O (3.2) 2 CH 3OH CH 3OCH 3 + H 2O (3.3) Per effettuare una valutazione più precisa del processo, che tenga conto anche degli effetti cinetici delle reazioni di sintesi 21, l equilibrio della reazione è stato 18 Nella figura 3.7 lo schema del modello di gas cleaning è stato semplificato per non comprometterne la chiarezza; il modello utilizzato è strutturato fondamentalmente come quello utilizzato nella prima fase dell analisi e considera un lavaggio del syngas in un wet scrubber e, successivamente, la desolforazione mediante solventi a base di ammine. 19 Le impurità della corrente separata sono esclusivamente metanolo (la cui quantità dipende dagli equilibri chimici del processo) e acqua (la cui concentrazione è stata fissata, sulla base di dati di letteratura, pari al 3% in peso). 20 Tali reazioni descrivono rispettivamente i processi di shift conversion, di sintesi del metanolo (reazione globale) e di deidratazione dello stesso, con formazione di dimetiletere. Esse, come illustrato nel secondo capitolo, danno luogo a una sinergia che consente un elevata produzione di DME (Peng et al., 1997; Zhang et al., 2003). 119

130 calcolato a una temperatura superiore a quella effettiva di esercizio del processo (essendo questo esotermico). In particolare, sulla base di dati di letteratura, è stato considerato un T di approccio pari a 60 C. I principali parametri operativi considerati nell analisi del processo di sintesi del dimetiletere sono riportati nella tabella 3.7. Pressione operativa [bar] 50 Temperatura operativa [ C] 270 T di approccio [ C] 60 Pressione all uscita del turboespansore [bar] 25 Contenuto d acqua nel DME prodotto [% in peso] 3 Tab. 3.7: principali parametri operativi del processo di sintesi del DME. Il ciclo combinato Il ciclo combinato, basato su un generatore di vapore a recupero a un solo livello di pressione, utilizzato per la prima fase della ricerca è risultato essere, per la semplicità del modello, piuttosto adatto per l analisi preliminare dell impianto, in cui la sezione di potenza rivestiva un ruolo secondario nelle valutazioni 22. Per un analisi energetica ed economica più precisa, però, è stato considerato un modello più sofisticato e più vicino all attuale stato dell arte della tecnologia, basato su un generatore di vapore a recupero a tre livelli di pressione, il cui schema è presentato nella figura In particolare, il ciclo combinato comprende un impianto turbogas da 250 MW caratterizzato da un rapporto di compressione pari a 17 e da una temperatura di immissione del gas in turbina di 1350 C. I principali parametri operativi del ciclo combinato sono sintetizzati nella tabella Il software Aspen Plus 12.1 non consente di effettuare valutazioni di carattere cinetico. Tali valutazioni potrebbero essere effettuate mediante il software Aspen Dynamics, i cui costi elevati rendono però tale sistema poco fruibile per analisi del tipo di quella in esame. 22 Come precedentemente accennato, l ipotesi di considerare, per le valutazioni generali, un modello semplificato della sezione di generazione elettrica è anche giustificata dal fatto che il ciclo combinato di un impianto integrato IGCC-DS presenta dimensioni notevolmente inferiori all analoga sezione di un impianto IGCC convenzionale di pari potenza termica (in termini di energia chimica associata al carbone). 23 Ovviamente lo schema non presenta, per semplicità, le integrazioni tra il generatore di vapore a recupero e i sistemi ad esso integrati (syngas coolers e reattore di sintesi del dimetiletere), comunque considerati dal modello di calcolo. 24 Con riferimento al ciclo a vapore, si è indicata con HP (High Pressure) la sezione ad alta pressione, con IP (Intermediate Pressure) quella a media pressione e con LP (Low Pressure) quella a bassa pressione. 120

131 turbine a vapore alternatore condensatore purge gas ciclo turbogas fumi fumi HRSG a 3 livelli di pressione alternatore Fig. 3.8: schema semplificato del ciclo combinato con HRSG a tre livelli di pressione. Per l implementazione di tale modello, il software Aspen Plus 12.1 (utilizzato per simulare il comportamento del ciclo combinato nella prima fase dell analisi) è risultato essere poco efficace, data la complessità della configurazione. Pertanto il modello di tale sistema è stato implementato mediante una subroutine Fortran, operante in integrazione diretta con il codice di calcolo relativo alla sezione di gassificazione del carbone. Impianto turbogas Ciclo a vapore Portata massica d aria [kg/s] 650 Condizioni vapore HP [bar/ C] 110/520 p ingresso compressore [bar] 0,01 Rendimento adiabatico turbina HP 0,88 Rapporto di compressione 17 Condizioni vapore IP [bar/ C] 20/520 Rendim. politropico compressore 0,89 Rendimento adiabatico turbina IP 0,90 Temp. immissione in turbina [ C] 1350 Condizioni vapore LP [bar/ C] 2/192 p camera di combustione [bar] 0,5 Rendimento adiabatico turbina LP 0,88 Efficienza politropica turbina 0,90 Pressione al condensatore [bar] 0,05 p del HRSG (lato gas) [bar] 0,025 Temp. finale gas (al camino) [ C] 90 Tab. 3.8: principali parametri operativi del ciclo combinato. 121

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