XIX^ DOMENICA T.O. VANGELO Gv 6, Allora i Giudei si misero a mormorare (γογγύζω gogguzó) contro di lui perché aveva detto: "Io
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- Marina Caselli
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1 XIX^ DOMENICA T.O. VANGELO Gv 6, Allora i Giudei si misero a mormorare (γογγύζω gogguzó) contro di lui perché aveva detto: "Io sono (Ἐγώ εἰμι) il pane disceso dal cielo". 42 E dicevano: "Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?". 43 Gesù rispose loro: "Non mormorate tra voi. 44 Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 45 Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46 Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47 In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne (σάρξ) per la vita del mondo". COMMENTO AL VANGELO Siamo nella sinagoga di Cafarnao, dove Gesù ha affermato di essere: "Il pane disceso dal cielo". Di fronte a quest'affermazione, i Giudei hanno un profondo sentimento di rabbia, ostilità e indignazione che, nel pallore della traduzione italiana, è espresso con il verbo "mormorare". Anzitutto va, però chiariamo che, con l espressione "Giudei", nel vangelo di Giovanni, non s'indica il popolo ebraico, ma i capi religiosi; sono costoro che mormorano contro Gesù. Cafarnao si trova, infatti, in Galilea per cui si dovrebbe parlare di Galilei e 1
2 non di "Giudei". Dobbiamo tenerne conto nella lettura del brano odierno. Nell ultima parte del testo della scorsa domenica, abbiamo udito Gesù dichiarare: Io sono il pane della vita. Quando leggiamo l'espressione solenne "Io sono" (Ἐγώ εἰµι), è la formula di rivelazione che troveremo più volte nel quarto vangelo, formula che nella traslitterazione aramaica riecheggia il nome di Jawhè (Es 3,1-15) e che diviene importante ai fini dell'identità soprannaturale di Gesù (8,24.28; 9,37; 18,5). Gesù, quindi, rivendica per sé la pienezza della condizione divina. Inaccettabile per i Giudei! La loro argomentazione si basa sulla sua origine umana, ben nota, che secondo loro esclude categoricamente ogni pretesa di origine divina. La pretesa di Gesù, uomo di carne e ossa, è inammissibile. La pietra di scandalo è, pertanto, l umanità di Gesù. Essi separano nettamente Dio dall uomo; non credono nel suo amore, generoso e gratuito, che lo porta a comunicare se stesso agli uomini. I giudei fedeli alla Legge non conoscono un Dio vicino. Nel vangelo di Giovanni, Gesù, è stato presentato come l agnello che toglie il peccato dal mondo e quando Gesù è presentato alla folla e alle autorità religiose, questi dicono: Toglilo, toglilo (Cfr. Gv 19,15). Gesù e l agnello che toglie il peccato dal mondo, le autorità religiose sono il peccato del mondo che chiedono di togliere l agnello. In Gesù brilla una luce che le persone, che sono immerse nel buio della religione, non possono sostenere. Le persone pie sono, spesso, le più pericolose perché pur di salvare la religione o le leggi, ammazzano l'uomo. La denuncia dell evangelista e tremenda: perché le autorità religiose reagiscono cosi? Loro sanno che la realizzazione del progetto di Dio sull umanità segna la loro fine. L abisso che scribi, farisei e sacerdoti hanno creato tra Dio e l uomo, attraverso Gesù, Figlio dell uomo, è annientato e con questo anche la loro funzione di mediatori. Se Gesù è pane di vita che si dona gratuitamente a tutti, è finito il mercato del tempio, dove si compravano gli agnelli per la purificazione del popolo e per ottenere i favori divini. Gesù è pane in quanto sapienza di Dio che si offre "tutto a tutti". Chi assimila la sua proposta sazierà la fame e sete di felicità e di amore (Gv 6,35). Di fronte a questa pretesa inaudita, i giudei hanno una reazione molto dura. Sono convinti di essere già in possesso del pane che sazia: la Toràh, la parola del Signore contenuta nelle sacre Scritture. Il Siracide ha chiaramente indicato il cibo e la bevanda offerti da Dio al giusto: Lo nutrirà con il pane dell intelligenza, lo disseterà con l acqua della saggezza (Sir 15,3). Israele non ha bisogno di altro pane e non può ammettere che un uomo proponga se 2
3 stesso quale pane della vita. Ancora oggi in Israele si festeggia la שׂ מ ח ת תּוֹר ה Simchat Torà cioè la felicità del pio israelita per il dono della legge (quest'anno inizia al tramonto del sole di Domenica, 4 ottobre, 2015 e finisce al crepuscolo di Martedì, 6 ottobre, 2015 e ricorda la conclusione del ciclo liturgico della torah e l'inizio del nuovo anno liturgico un po' come i nostri tre anni liturgici (A, B, C). Al termine del ciclo di letture precedente, si leggeva la solenne benedizione di Mosè, che troviamo nel libro del Deuteronomio 33,1-7, (V'Zot HaBerachah Torah. ) su coloro che si nutrono del cibo venuto dal cielo è che è la ו ז את ה בּ ר כ ה Di fronte al dono della Parola, i Giudei non hanno bisogno di altro. Gesù si contrappone alla manna e anche alla Legge che, come fonte di vita, era chiamata pane, e la cui osservanza, secondo la dottrina rabbinica, assicurava la vita per il mondo futuro (1,4). La manna dava vita in questo mondo, la Legge la conferiva per il mondo futuro. Gesù, come pane, comunica all uomo fin d ora la vita propria del mondo definitivo. Sconcertati, i giudei non si rivolgono direttamente a Gesù, ma mormorano tra di loro: Costui non è forse il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: sono disceso dal cielo? (vv ) Mormorare (γογγύζω gogguzó) non significa sollevare qualche riserva, ma contestare, rifiutare l affermazione provocatoria e scandalosa che hanno udito. È inaccettabile che Gesù pretenda di incarnare la sapienza di Dio, di riprodurre nella propria persona il Dio tre volte santo. Che mormorino contro Gesù i capi si può capire, ma in questo vangelo mormorano contro Gesù sia la folla, ma anche i discepoli. Gesù è riuscito a scontentare tutti quanti e vedremo in questo vangelo perché. Qui gli scontenti sono i capi del popolo perché non possono ammettere che Gesù rivendichi la condizione divina. Gesù ha detto Io sono è il nome di Dio il pane disceso dal cielo. Che un uomo pretenda di avere la condizione divina per le autorità religiose è un crimine intollerabile. Dio mette tutto il suo intento per avvicinarsi all uomo e fondersi con lui; le autorità religiose hanno tutto l interesse e mettono tutto l intento per separare l uomo da Dio, perché più Dio e l uomo sono lontani, più essi si possono inserire quali unici mediatori. La replica dei giudei pare avere un fondamento ben preciso: Ma non è costui il figlio di Giuseppe? Essere figlio di qualcuno, nel mondo ebraico, significa 3
4 comportarsi esattamente secondo le regole date dal padre, padrone assoluto della famiglia e custode della tradizione. Qui non è messa in dubbio la paternità di Giuseppe, ma il fatto che Gesù non si comporta come il padre, cioè non segue gli insegnamenti della legge mosaica e le idee nazionalistiche che, probabilmente, anche Giuseppe condivideva. Più volte, nei vangeli, si farà riferimento a questo distanziarsi di Gesù dalle idee e modi di fare dalla famiglia, al punto che, Maria compresa, andranno a Gerusalemme per prenderlo e portarlo a casa perché, dicevano, "è fuori di sé" (cfr. Mc 3,21). Gesù, anziché stare zitto, dice quello che non dovrebbe dire, scontentando così tutti e mettendo il dito nella piaga: Egli rivendicando la condizione divina affermando: "Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti". Gesù avrebbe dovuto dire, come membro del popolo d'israele, i nostri padri, e invece prende le distanze in un modo deciso. Lui è mosso e segue il Padre, non "i padri", o la tradizione del popolo. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti. Gesù mette il dito nella piaga del grande fallimento dell esodo. Tutti quelli che sono usciti dalla schiavitù egiziana sono tutti morti nel deserto. Neanche uno è entrato nella terra promessa, nemmeno Mosè! Perché sono morti? Secondo il libro di Giosuè e secondo il libro dei Numeri, sono morti per non aver dato ascolto alla voce di Dio. Gesù, allora, lancia un monito: Come quella generazione morì nel deserto per non aver ascoltato la voce di Dio, anche voi rischiate di non entrare nella pienezza della libertà se non ascoltate questa voce". Gesù rivendica e conferma: Se uno mangia di questo pane che è lui, la sua vita vivrà in eterno. La vita che Gesù comunica è una vita che non è interrotta dalla morte. E poi questa preziosa indicazione il pane che io darò, è la mia carne, l evangelista usa il termine (σάρξ) sarx "carne" che indica la debolezza dell uomo, per la vita del mondo. La resistenza dei Giudei è sempre più forte. Qual è la radice dell incredulità? A questo enigma si risponde nel prosieguo del testo (vv ). Gesù dà un importante criterio per avvicinarsi e accoglierlo: Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato. Che cosa 4
5 vuol dire per Gesù? Andare a Gesù significa riconoscere Dio come Padre, cioè colui che è a favore dell uomo, perché Gesù è l espressione dell amore di Dio per tutta l umanità. Chiunque vede in Dio un alleato per l uomo si sente poi attratto da Gesù. Ecco perché i capi non avvicineranno mai Gesù e non arriveranno mai a Dio, perché loro non sono interessati al bene dell uomo, ma soltanto al proprio prestigio. Non conoscono il Padre, ma soltanto il loro interesse. Quest'amore che Gesù comunica è un amore che viene da Dio e quindi è indistruttibile, ecco perché Gesù può assicurare io vi dico che chi crede, cioè chi da adesione a questo Gesù, a questo progetto d amore di Dio per l umanità, ha la vita eterna. La vita eterna per Gesù non è una promessa da conseguire nel futuro, per la buona condotta tenuta nel presente, ma una realtà che si può sperimentare in questa esistenza. Gesù si noti bene, non dice chi crede avrà poi nel futuro la vita eterna, ma chi crede ha già, sperimenta già adesso una vita di una qualità tale che è indistruttibile. Qualcuno si ciba della parola di Cristo, pane di vita, qualche altro esita o è incapace di comprenderla. La ragione spiega Gesù è che nessuno può andare a lui, se non lo attira il Padre che lo ha mandato (v. 44). La scoperta del pane del cielo non è una conquista dell uomo, ma un dono gratuito del Padre. Come mai questo dono non è offerto a tutti? Dio favorisce forse alcuni e ostacola altri? A qualcuno fa incontrare il pane del cielo, ad altri lo rifiuta? Dio dà a tutti la possibilità di conoscerlo: Tutti saranno ammaestrati da Dio risponde Gesù (v. 45).Il riferimento è all oracolo del profeta Geremia che ha annunciato: Ecco verranno giorni dice il Signore nei quali porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande (Ger 31,34). L istruzione che il Signore dà a tutti è il suo Spirito, l impulso divino che agisce nell intimo di ogni uomo e lo sospinge sulle vie della vita. Purtroppo non sempre e non tutti lo assecondano, non tutti apprendono i suoi ammaestramenti, sono docili ai suoi impulsi; solo chi impara da lui accoglie Gesù (v. 45). La domanda da porsi quindi è una sola: mi lascio istruire dallo Spirito di Cristo oppure, come i giudei del tempo di Gesù, rifiuto il pane del cielo e preferisco cibi di morte? Fino a questo punto del suo discorso Gesù non ha ancora invitato i suoi ascoltatori a mangiare il pane disceso dal cielo. Si è limitato a identificare se stesso con questo pane. 5
6 Nell ultima parte (vv ) del brano egli, per la prima volta, dichiara che, per avere la vita, è necessario mangiare il pane che è la sua carne. Per non equivocare sul senso dell invito di Gesù a mangiare la sua carne bisogna tenere presente cosa significa, nel vangelo di Giovanni, questo termine. Nella concezione semitica la carne non s'identifica con i muscoli, indica la parte debole, fragile, precaria della persona, si riferisce a tutto l uomo in quanto destinato alla morte. Dio sente compassione degli uomini dice il salmista perché ricorda che essi sono carne, un soffio che va e non ritorna (Sl 78,39). Quando, nel prologo del suo vangelo, Giovanni afferma: Il verbo si fece carne (Gv 1,14), non si riferisce al fatto che il Figlio di Dio ha assunto le sembianze esteriori di un uomo, ma che si è fatto in tutto simile a noi, accogliendo anche gli aspetti più precari della nostra condizione. Mangiare questo Dio fattosi carne significa riconoscere che attraverso il figlio del falegname passa la rivelazione piena di Dio, significa accogliere la sapienza venuta dal cielo, anche se la si vede rivestita di carne, cioè di tutti gli aspetti caduchi che caratterizzano la nostra debolezza umana. Ribadiamo: non si parla ancora dell eucaristia. Gesù si riferisce sempre al suo messaggio, al suo vangelo che gli uomini sono invitati ad assimilare, come pane, fino a costituire la loro stessa vita. Dell intimo rapporto fra quest'accoglienza della Parola e il segno del pane eucaristico, che analizzeremo domenica prossima. A cura di padre Umberto 6
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