Tutorial 02: Il colore. Percepire

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1 Percepire La psicologia studia i meccanismi e gli eventi mentali. Una importante classe di eventi mentali sono quelli relativi alla percezione, in particolare la percezione visiva. La sensazione è il processo elementare mediante il quale il nostro organismo riceve energia fisica dall ambiente esterno; è un processo passivo che avviene nell organo di senso (per esempio l occhio) e non presuppone necessariamente il coinvolgimento cosciente. La percezione è invece il processo evoluto mediante il quale organizziamo e interpretiamo la sensazione; è un processo attivo che avviene nel cervello, e che riferisce la sensazione all oggetto esterno, coinvolgendo anche l esperienza. Lo studio della percezione, in particolare della percezione del colore, costituisce uno strumento essenziale sia nella percezione progettazione di prodotti multimediali sia allo sviluppo di sistemi come la compressione delle immagini, la correzione del colore e altri: Fino a che punto posso eliminare informazione ridondante da una immagine? Come e possibile definire il colore da un punto di vista digitale? Essendo concetti psicologici soggettivi ed individuali, relativi a come "vediamo" il colore, gli attributi del colore non si prestano ad una definizione precisa né ad una misura oggettiva. 1

2 Attributi percettivi del colore Brillanza (brightness) la quantità totale di luce che il colore appare emettere. Osservando la luce di una lampadina rossa da 10 watt percepiamo un certo grado di brillanza che potremmo esprimere dicendo che è un rosso fioco o debole (ingl. dark, dim).se la lampadina è di 100 watt percepiamo una brillanza maggiore e possiamo dire che il rosso appare luminoso, intenso (ingl. light). Con una lampadina da 1000 watt il rosso appare abbagliante (ingl. brazzling). La brillanza dipende dall adattamento. La stessa sorgente luminosa può produrre sensazioni diverse in momenti diversi. Chiarezza e scala dei grigi (lightness) E la brillanza di un oggetto giudicata relativamente ad un altra area similmente illuminata che appare bianca. Un quadrato grigio su un pezzo di carta bianca, visto dentro casa ha una certa brillanza mentre alla luce del sole ha una brillanza maggiore, ma se tale brillanza viene giudicata in relazione a quella del bianco della carta (cioè se viene giudicata la chiarezza) questa è costante. La chiarezza si indica con parole come nero, grigio chiaro, grigio scuro, bianco. 2

3 Attributi percettivi del colore Tinta: rosso, giallo, verde e così via (hue) quella caratteristica del colore che si indica con i nomi rosso, giallo, verde, blu, viola, arancio e così via (quello che talvolta nel linguaggio comune si chiama semplicemente "colore"). Dicendo "rosso", o "verde" o "viola" comunichiamo ad altri l'idea di una particolare tinta. Il rosso poi, può essere chiaro o scuro, carico o debole, ma come tinta, sempre rosso è. Una tinta non è un colore, ma una famiglia di colori. Quando si cita una tinta, per esempio "rosso", non si intende parlare di un colore rosso particolare, ma dell intera famiglia di tutti i rossi, dai più saturi ai meno saturi e dai più luminosi ai meno luminosi. In questo senso, i colori rosso e rosa fanno parte della stessa famiglia, cioè hanno la stessa tinta. Saturazione (saturation) Nel linguaggio comune si usano gli aggettivi vivo, pieno, carico, e in senso opposto pallido, pastello, smorto, per indicare un certo attributo di colore. La saturazione esprime la quantità della componente cromatica rispetto a quella bianca, cioè la concentrazione della componente cromatica. Blu e celeste hanno la stessa tinta, ma il blu ha una pienezza maggiore del celeste, è più ricco, e lo stesso si può dire di viola e lilla, rosso e rosa. 3

4 Il sistema visivo umano L occhio L energia radiante (segnale elettromagnetico) è uno stimolo se produce una risposta da parte dei fotorecettori retinici (coni e bastoncelli) presenti nella retina dell'occhio, dove si verificano i processi fotochimici ed elettrici che realizzano una prima codifica dell informazione visiva (si può dire che lo stimolo viene misurato). Successivamente l'informazione viene trasforma in segnale nervoso (elettrico) che viene trasmesso al cervello attraverso il nervo ottico in qualche forma organizzata. Il cervello lo interpreta e crea la risposta sensoriale, cioè la percezione visiva, in particolare quella di colore. Nell'apparato visivo umano la visione deriva dalla risposta allo stimolo data da fotorecettori contenuti nella retina. La retina è una sottile (mezzo millimetro) membrana nervosa che riveste internamente il globo oculare. La retina è formata da due tipi di cellule sensibila alla luce: coni bastoncelli I bastoncelli consentono la visione con luce molto bassa (visione notturna o scotopica). I coni richiedono un livello di illuminazione abbastanza alto (visione diurna o fotocopia). Coni e bastoncelli, stimolati dalla luce, generano segnali elettrici che si propagano mediante processi biochimici. Queste cellule sono sensibili a diverse lunghezza d onda 4

5 Coni, bastoncelli e colore Vi sono tre tipi di coni, sensibili a diverse lunghezze d onda. Ogni cono ha una sua curva di risposta al variare della lunghezza d onda, e la combinazione delle tre diverse curve garantisce la copertura di uno spettro luminoso che va da 380 nm fino a 780 nm circa (lo spettro visivo). L esistenza di tre sensori che rispondono a segnali dipendenti dalla frequenza della luce ricevuta permette la visione del colore. Al contrario i bastoncelli sono tutti ugualmente sensibili alle diverse lunghezze d onda, e quindi consentono solo una visione priva di colori. Coni L (long), ha una gamma di sensibilità nelle lunghezze d onda più lunghe, nella zona del rosso. Coni M (middle), ha una gamma si sensibilità nella zona intermedia, nella zona del verde. Coni S (short), ha una gamma di sensibilità fra i 400, 500 nm, nella zona del blu. 5

6 Isaac Newton ( ) Il primo modello colorimetrico Negli esperimenti che condusse a cavallo tra il 1665 e il 1666, Newton aveva osservato che la luce del sole, fatta passare attraverso un prisma, si scompone in una serie di colori (è il fenomeno della "dispersione della luce"), a causa della diversa rifrattività dei raggi che la compongono. Newton chiama questa serie di colori "spettro" (in latino spectrum, "immagine", "visione", anche "fantasma") e spiega il fenomeno ipotizzando che nella luce del sole siano contenuti raggi diversi, che hanno diverse rifrattività e che vengono percepiti come diversi colori se osservati separatamente. Quando questi diversi raggi sono mescolati, l apparato visivo percepisce un colore diverso. Nel 1666 ha tracciato il diagramma qui sotto riportato, da lui stesso considerato approssimato. 6

7 L'ipotesi tricromatica L'ipotesi tricromatica afferma che ogni colore può essere ottenuto come mescolanza di tre colori detti "primari" in proporzioni diverse. Dalla teoria di Newton risulta invece che nessun colore spettrale può essere ottenuto come mescolanza di altri colori. Inizialmente l ipotesi tricromatica era formulata solo per i pigmenti, e non per le luci. Da sempre i pittori sanno che si possono ottenere tutte le tinte della tavolozza con tre colori soltanto. Già Leonardo da Vinci ( ) nel Trattato della pittura parla di quelli che lui chiama colori semplici : oltre a bianco e nero, pare dunque che per Leonardo i colori semplici fossero rosso, giallo e azzurro. A quei tempi non era ancora chiara la differenza tra le leggi che regolano la mescolanza di luci e quelle che regolano la mescolanza di pigmenti. Newton stesso, pur basando tutta la sua teoria sulla mescolanza di luci, la esemplificava anche con mescolanze di polveri colorate. Solo nel 1737 con l articolo di Charles Francois Du Fay "Observations physiques sur le mélange de quelques couleurs dans la teinture" inizia a farsi strada l'idea che l'ipotesi tricromatica dovesse valere per le mescolanze di luci. Quindi tale ipotesi poteva essere valutata nell ambito della teoria di Newton e, in apparenza, era in disaccordo con essa (e forse è questo il motivo per cui Newton non la citò nei suoi scritti). In realtà l'ipotesi tricromatica non è corretta. Oggi con tricromatismo si intende l idea, più generale e corretta, che qualsiasi colore possa essere ottenuto modificando tre opportune variabili (per esempio tinta, saturazione, luminosità, oppure le intensità di tre luci). Alla ricerca dei primari Secondo Newton tutti i colori possono essere ottenuti mescolando colori spettrali, e quindi l ipotesi tricromatica sarebbe stata vera (e in accordo con Newton) se tutti i colori spettrali fossero a loro volta ottenibili da tre di essi, i colori "primari". Gli scienziati si misero alla ricerca di quei tre colori, e alcuni di loro affermarono di averli trovati. 7

8 Diagramma cromatico CIE 1931 La parola finale arrivò nel settembre del 1931, quando, in una riunione tenuta a Cambridge in Inghilterra, la Commission Internationale d Eclairage (CIE, un ente incaricato della standardizzazione nel campo dell illuminazione) riunì tutti gli studi fatti nei 250 anni precedenti e per la prima volta propose un modello colorimetrico che rappresenta tutti i colori che l occhio umano può vedere, questo: Al centro c'è il bianco e lungo la parte curva del perimetro ci sono i colori saturi dello spettro luminoso. I colori centrali sono insaturi (il bianco è il più insaturo di tutti). Il diagramma rappresenta quindi le tinte (lungo il perimetro) e le saturazioni (dal perimetro verso il centro). Ogni colore del diagramma può inoltre avere una diversa luminosità (per esempio un certo verde esiste anche in una versione più scura) e quindi al diagramma va aggiunta una terza dimensione, appunto quella della luminosità. L'intera area è compresa in un sistema di coordinate cartesiani (rettangolari e ortogonali) x,y. Entrambe le coordinate x e y assumono valori da 0 a 1. Non a tutte le coppie di coordinate in questo intervallo corrisponde una cromaticità, ma ad ogni cromaticità corrisponde una coppia di coordinate x,y. Per esempio c'è un determinato rosso definito dalle coordinate x= 0.6 e y = 0.3, il colore di coordinate (0.4, 0.2) è un lilla mentre il colore (0.1, 0.6) è un verde. 8

9 Uniformità Il diagramma cromatico CIE 1931 non è uniforme Si tratta di questo. Se si prendono due punti (e cioè due colori) ad una certa distanza d nel diagramma CIE 1931 si può giudicare visivamente quanto i due colori siano "diversi" o "distanti". Se si prendono altri due punti (e quindi altri due colori) alla stessa distanza d, i due colori non è detto che siano diversi quanto i primi. Ecco un esempio. Prendo un primo colore di coordinate xy (0.25, 0.50) e un secondo colore di coordinate (0.22, 0.52). Consideriamo fissa la luminosità a La distanza tra questi due punti sul diagramma è (teorema di Pitagora) uguale a Si tratta di due verdi che all'occhio appaiono uguali. Prendo adesso altri due punti, due rossi che all'occhio appaiono uguali. Il primo è (0.36, 0.22) e il secondo (0.37, 0.21). La loro distanza è Anche se le differenze visive di colore sono le stesse (nulle in questo caso), le distanze sul diagramma, cioè le differenze metriche, sono abbastanza diverse. Questo è un problema significativo del diagramma CIE 1931 (con coordinate x, y): ad uguali distanze metriche non corrispondono uguali distante percettive. Sono stati fatti dei lavori scientifici per risolvere il problema modificando il diagramma cromatico CIE 1931 e il risultato è lo spazio Lab. Anche questo spazio è stato messo a punto sotto il coordinamento della CIE nel 1976 e viene chiamato "spazio cromatico CIELAB 1976" o in breve "spazio Lab". Si chiama Lab perché le tre coordinate che descrivono lo spazio si indicano appunto con le lettere L (luminosità), a (prima coordinata cromatica: rosso-verde) e b (seconda coordinata cromatica: gialloblu). 9

10 Colore digitale Il colore di ciascun pixel in una immagine a colori e' memorizzato e riprodotto mediante tre valori. La possibilità di descrivere un colore mediante tre componenti permette di considerare un generico colore come un punto di uno spazio di coordinate tridimensionale: spazio colore Esistono diversi spazi colore, ognuno con particolari caratteristiche ed ognuno con un suo modo di formare il colore finale. Spazio RGB Poiché i colori primari (RGB) vengono combinati per creare il bianco, essi vengono anche chiamati colori additivi. E' questo lo spazio colore utilizzato tipicamente in ambito informatico, esso infatti è caratterizzato da una semplice rappresentazione digitale che si avvale di un byte di informazione per ognuna delle tre componenti R (Red), G (Green) e B (Blue). Esistono dunque 256 valori possibili per ogni colore primario, essendo un byte composto di 8 bit = 2 8 valori, per un totale di colori visualizzabili nel caso di un display capace di una rappresentazione a 24 bit. Spazio CMY E CMYK CMYK e' lo spazio utilizzato dai dispositivi di stampa. Non e' altro che lo spazio CMY al quale viene aggiunto il nero K (sta per Black), per rinforzare le tinte scure. I pigmenti puri di Cyan, Magenta e Giallo, (CMY) si devono combinare per assorbire tutto il colore e produrre il nero, per questo motivo vengono chiamati colori sottrattivi. Ogni coppia di colori sottrattivi crea un colore additivo e viceversa. Questi due spazi sono concepiti in funzione dei dispositivi di visualizzazione: RGB: monitor CMY(+K): stampa 10

11 Cubo RBG scala dei grigi I colori sottrattivi e additivi sono colori complementari. Se osserviamo il cubo RGB nei punti (R=0, G=B=1), (G=0, R=B=1) e (B=0, R=G=1), troviamo C, M e Y. La conversione fra RGB E CMY e' realizzata attraverso una semplice conversione: C=1-R M=1-G Y=1-B piano RGB piano CMY 11

12 Modello HLS Modello HLS Modello per descrivere i colori in un modo più vicino a quello con cui li percepiamo. Pensiamo di raddrizzare il cubo RGB in modo da farlo stare in equilibrio sul vertice del nero, con la diagonale dei grigi verticale L=lightness, cioè la luminosità del colore, S=saturation, la sua saturazione cioe' la purezza del colore, gioe' quanto questo e' diluito con il bianco, H=hue, la rotazione in gradi delle tinte attorno all'asse L, nello stesso ordine del cubo RGB visto dal vertice del bianco. Dall'immagine si intuisce come, al crescere dei valori di luminosità lungo l'asse L verticale, si abbia un passaggio graduale del colore verso il bianco, mentre, allontanandosi dal centro dell'immagine verso i bordi lungo l'asse di saturazione orizzontale, si verifica un aumento della purezza della tinta. 12

13 Modello HSV Modello HSV Possiamo pensare al sistema HSL dove il cono superiore viene schiacciato sulla base del cono inferiore. Lo spazio colore HSV varia la disposizione dei colori in base a tre valori caratteristici, di cui due lineari ed uno angolare. La coordinata S condiziona la saturazione del colore, ossia la sua 'percentuale' di bianco, V è il valore che porta le informazioni relative alla luminosità del colore ovvero la sua tendenza al bianco o al nero, infine H, la coordinata angolare, registra la rotazione attorno all'asse V in senso antiorario, necessaria per la selezione della tinta desiderata, la quale varia similmente a come si può osservare guardando il cubo RGB dal vertice del bianco, mantenendo il rosso in basso. 13

14 Modelli di colore in photoshop Il modello HSB è basato sulla percezione umana del colore e descrive tre caratteristiche principali del colore (Tonalità, Saturazione, Brillanza). Il modello RGB è basato sulla miscelanza della luce colorata Rossa - Verde - Blu in diverse proporzioni e intensità. Il modello CMYK si basa sulla qualità di assorbimento della luce dell'inchiostro sulla carta. Il colore L*a*b è indipendente dalla periferica. Il colore L*a*b è composto da una componente di luminosità, o luminanza (L) e da due componenti cromatiche: la componente a (da verde a rosso) e la componente b (da blu a giallo). 14

15 Il gamut di un monitor I colori RGB che un monitor può produrre vengono espressi con tre numeri, ognuno dei quali è compreso tra 0 e 255. Ogni terna RGB dà luogo ad un diverso colore, e al variare dei tre numeri RGB il monitor produce tutti i colori di cui è capace, cioè il suo gamut. Il gamut di un monitor, proiettato sul diagramma delle cromaticità, ha la forma di un triangolo i cui spigoli sono i colori RGB dei fosfòri del monitor. Appare evidente che il monitor (come tutte le altre periferiche di computer) può riprodurre solo una parte, cioè un sottoinsieme, dei colori che l'occhio umano può vedere. I colori riproducibili costituiscono appunto il cosiddetto gamut di colori del monitor. Una immediata conseguenza di questo è che il diagramma colorato riportato qui sopra è solo una (grossolana) approssimazione. Infatti nessun monitor è in grado di riprodurre l'intera gamma di colori che l'occhio umano può vedere. Ogni monitor ha quindi un proprio specifico gamut di colori, rappresentato da un diverso triangolo, oppure, come si dice, un proprio spazio di colori che è di tipo RGB (cioè prodotto mescolando additivamente i colori di fosfòri rosso, verde e blu). 15

16 Il gamut di una stampante La stampante produce i colori mediante sovrapposizione di strati di inchiostri semitrasparenti. Di solito se ne usano quattro: ciano (C, cyan), magenta (M), giallo (Y, yellow) e nero (K, black). Il gamut di una stampante, proiettato sul diagramma delle cromaticità, ha la forma di una figura con i lati curvi i cui "spigoli" sono i colori CMY degli inchiostri della stampante. Ogni stampante ha un proprio gamut, cioè un proprio spazio di colori. A. Gamma di colori Lab - B. Gamma di colori RGB - C. Gamma di colori CMYK Fra i modelli supportati da Photoshop, L*a*b offre la gamma di colori più ampia (include tutti i colori delle gamme RGB e CMYK). In genere la gamma RGB comprende il sottogruppo di tali colori che può essere visualizzato sul monitor del computer o del televisore (che emette luce rossa, verde e blu). Di conseguenza, alcuni colori come il cyan puro o il giallo puro non possono essere visualizzati con precisione sul monitor. 16

17 Bibliografia Computer Graphics: Principles and Practice in C (2nd Edition) by James D. Foley, Andries van Dam, Steven K. Feiner, John F. Hughes Addison-Wesley Comunicazione visiva digitale Fondamenti di eidomatica D. Marini, M. Bertolo, A. Rizzi Addison-Wesley Siti web

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