L Alto medio evo e il suo processo
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- Timoteo Franceschini
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1 L Alto medio evo e il suo processo
2 Due secoli di crisi Il medioevo si fa iniziare dalla caduta dell Impero Romano d Occidente, 476 d.c. In realtà, esso inizia ben prima, quando le strutture romane si verticalizzano nella forma di uno Stato accentrato, costruito sul principio del dominium ( dominato ). L Imperatore è dominus perché ha il monopolio dell uso della forza.
3 Dominato. Divisione dell Impero e invasioni
4 Un problema di prospettiva Barbaro è parola greca che indica chi, appartenendo a un altro popolo, sembra non parlare, ma emettere solo suoni inarticolati. I barbari protagonisti lungo tre secoli della fine dell Impero Romano sono civiltà antagoniste di quella romana, caratterizzate dal non avere una tradizione scritta della propria storia. Sono cioè barbari solo dal punto di vista della storia romana.
5 Ipotesi della tradizione culturale E l ipotesi propria della storia idealistica ottocentesca. I Romani, sconfitti dai barbari, mantengono la loro cultura e, finché possono, le loro istituzioni. Conseguenza: il diritto romano resta il diritto dei sudditi romani nei Regni (Stati) dominati politicamente dai barbari. Essendo superiore per cultura e raffinatezza tecnica, attraversa I secoli bui del Medioevo.
6 Ipotesi della transculturazione Mutua assimilazione di caratteri culturali da parte di due civiltà che condividono il medesimo territorio, sull impulso di dati strutturali oggettivi. I barbari assumono forme culturali romane (tradizione scritta, forme di espressione artistica, etc.), ma il risultato non è la loro romanizzazione, quanto l individuazione di una nuova cultura.
7 Acculturazione/transculturazione La transculturazione non avviene sempre, ma solo quando le condizioni economiche sono tali da provocare la creazione di un nuovo modello culturale. Altrimenti, possiamo avere acculturazione: l assunzione da parte di una popolazione dei caratteri culturali propri di un altra, in unica direzione. L acculturazione fu la cifra storica fondamentale di Roma antica fino alla fine del II secolo d.c.
8 Crisi del III secolo L impero Romano diventa, col dominato, uno Stato accentrato con una forte organizzazione burocratica. Per far questo, ha bisogno di un crescente prelievo fiscale, gestito in forma centralizzata. Riforma fiscale di Diocleziano. Controllo dello Stato sull Economia: Editto sui prezzi massimi Politica monetaria.
9 Dal III al V secolo d.c. La struttura burocratica romana è sempre meno in grado di fronteggiare militarmente le popolazioni barbare ; Ciò porta a una crisi economica e politica che spinge verso la transculturazione, perché le strutture politiche romane non hanno più significato economico. Segno fondamentale: abbandono delle terre coltivabili e predominio della foresta.
10 Regressione economica e culturale Primitivismo. Regresso delle condizioni socio economiche rispetto all antichità. Vuoto culturale: assenza di una circolazione culturale; indifferenza della cultura rispetto all unico fine umano: la sopravvivenza. Reicentrismo. Attrazione del reale. L uomo parte della natura, incapace di pensarla, di farne astrazione, di misurarla.
11 Vuoto politico Potere politico: capacità di un soggetto (individuale o collettivo) di prendere decisioni impegnative per altri, cui chiedere direttamente o indirettamente consenso. La dissoluzione delle strutture imperiali romane lascia dietro di sé una società, in cui non è configurabile un vero potere politico, perché non è ipotizzabile un futuro diverso dal tempo attuale.
12 Consuetudine unica fonte del diritto Esistono prìncipi, come capi politici e militari, legittimati dinasticamente, ma essi non producono diritto; L unica norma esistente e effettiva vede anche loro come soggetti passivi: è la consuetudine. Il diritto è sempre diritto proprio di una determinata popolazione, perché frutto di una determinata antropologia, un modo di rapportarsi col mondo. E parte del bagaglio culturale di un dato popolo, al pari della sua lingua e della sua religione.
13 Fides tra Re e popolo (Giuramenti di Querzy, a. 858) Per quanto saprò e potrò fare, con l aiuto di Dio, senza alcuna dolosa preordinazione o riserva mentale, vi sarò aiuto fedele con l opera e col consiglio secondo la mia persona e il mio ufficio, affinché quella potestà, che a Voi Dio concesse, possiate tenere a Sua volontà e per la vostra salvezza e quella dei vostri fedeli. E io, per quanto saprò e potrò fare, con l aiuto di Dio, conserverò e renderò onore a ciascuno di voi secondo il suo ordine e la sua propria persona, conserverò a ciascuno la sua propria legge e giustizia, e mostrerò misericordia a chi ne avrà bisogno e la chiederà con ragione, per come un re deve onorare i propri fedeli e salvarli dal pericolo
14 Analisi dei Giuramenti Il Re non si impegna a comandare i suoi nuovi sudditi, ma a conservare a ciascuno la propria legge e il proprio diritto. Re e sudditi sono tessere dello stesso ordine giuridico: il Re non può con le sue decisioni mutare il destino dei sudditi. Entrambi si impegnano a rispettare regole che non possono cambiare e che devono essere solo conosciute, non imposte.
15 Anno 927 (Codex dipl. Lang. I, 524) In nome di Dio, mentre nella città di Pavia il Conte Giselberto era nei suoi appartamenti per rendere giustizia ai singoli che la chiedevano, erano con lui Walperto, Eginulfo (e molti altri). Vennero quindi alla loro presenza un certo Menofolio, avvocato del Monastero di San Pietro, conosciuto come Clavate e dall altra parte un tale Giselperto, figlio di un certo Gaidaldo del villaggio di Melate.
16 Menofolio disse che un certo Archario aveva tempo prima venduto alla buona memoria dell abate Dagiberto tutte le case e i diritti che egli aveva nei villaggi e nei fondi chiamati Mesole, Dulciaco, (e altri), per atto scritto, in conformità del quale il monastero li detiene tutt ora. Tuttavia questo Giselperto è entrato in questi fondi con taluni uomini e questi vi hanno sottratto cinquanta misure di avena e dieci anfore di vino. Di questo vuole avere giustizia.
17 Allora il conte Giselberto ha comandato allo stesso Giselperto e gli ha rimesso il bannum del Re, dicendo che per questo avrebbe fatto giustizia. Ma questo Giselperto non ha voluto rispondere ed è rimasto in silenzio, soccombendo a questa decisione. E poiché in questo modo la causa si è conclusa, affinché non vi siano nuove pretese, abbiamo ordinato se ne facesse memoria per il futuro e per sicurezza del monastero con questa scrittura. Questa io Pietro, notaio e giudice del Re ho fatto, per ordine del predetto Conte Giselberto.
18 Anno 856. Codex dipl. Langobardiae I, 996 Mentre Gisulfo, scabino del villaggio di Laceses per ordine del Conte Bernardo era presso la Chiesa di San Mario nel villaggio di Gussilingi, e insieme a lui erano Ansprando, Audiberto, (e altri).. Venne alla loro presenza Elimberio, del popolo dei Bavari, reclamando contro Bernardo, del popolo degli Alamanni. Disse: tu Bernardo hai delle cose che appartengono a mia moglie Adelburga, che sono arrivate a lei come dote.
19 Al che rispose Bernardo: non so di quali cose tu parli. Quindi noi scabini abbiamo udito Elimberio dare wadia a Bernardo di mostrargliele e entrambi hanno promesso di riunirsi alla presenza del Conte B. davanti al monastero di San Zeno fuori dalle mura di Verona. E con loro furono Hodelard e Upert sculdasci, Grauso, Audivert e molti altri.
20 Qui Elimberio iniziò a chiedere giustizia contro il predetto Bernardo: dammi ragione di quelle cose di cui ti ho già ingiunto (mallavi). Il Conte B. dette dei suoi messi perché si presentassero il secondo giovedì del mese di luglio presso la Chiesa di S. Andrea in Umerio per fare placitum ad justitiam. Erano Hodelardo sculdascio e con lui Gisulfo e Audiberto scabini, insieme a Garibert, Ausebert notaio, Adelbert diacono e molti altri.
21 Venendo alla loro presenza Elimberio, e dall altra parte il predetto Bernardo, il primo mostrò una carta, con cui la buona memoria di Vulfegango, primo marito di Adelburga, coniuge di Elimberio, le aveva costituito in dote certi beni. Questa carta abbiamo fatto leggere pubblicamente. Bernardo ha poi prodotto una carta, con cui Erchenpald, padre del detto Vulfegango, aveva venduto a Bernardo tutti quei beni che dopo V. aveva costituito in dote.
22 La carta di Bernardo era scritta da un pubblico notaio e di fronte a dei testimoni fidati, nel secondo anno di regno in Italia dell imperatore Ludovico. Così disse Elimberio: questa carta di vendita non mi impedisce nulla, perché è falsa, poiché Erchempald non ha mai chiesto a un notaio di scriverla.
23 Al che Hodelard sculdascio ha interrogato Elimberto se potesse sostenere tale affermazione nei termini in cui l aveva resa. Elimberto rispose che non poteva dare prova della falsità del documento esibito da Bernardo. Pertanto a noi Hodelard sculdascio e Gisulfo e Audiberto scabini è sembrato conforme a diritto che Bernardo tenga come proprie queste cose e che fra loro non possa di ciò in futuro nascere altra controversia (intentio). E della notizia di questo giudicato io Ariberto ho scritto su ordine del sopradetto sculdascio.
24 La consuetudine medievale Il diritto romano arcaico conosceva i mores maiorum, ma da essi un soggetto legittimato come autorità religiosa traeva le actiones. I mores erano un insieme di norme culturali, fondate sulla storia, che nella loro traduzione attraverso le actiones poteva essere rivisitata. La consuetudine (usus) è una norma fattuale, basata sull dea di necessità fisica, propria di una qualsiasi altra legge di natura.
25 I mores romani si fondano sullo schema obbligo/sanzione (rispetto della norma come funzione di volontà). La consuetudine medievale si fonda sull inesistenza di un alternativa al comportamento prescritto (rispetto della norma come funzione di necessità). Essa non si fonda sull identità culturale di un popolo, ma sull idea di un ordine immanente che l uomo non può modificare.
26 Un esempio dalle fonti: carte di non pregiudizio Un accadimento naturale (ad es., un terremoto che faccia crollare un monastero o distrugga un villaggio) porta taluni soggetti a prestare gratuitamente la propria opera per i danneggiati; I soccorritori si fanno firmare un documento (la carta di non pregiudizio, con cui impedire che li si possa dare per obbligati di prestazioni gratuite per il futuro
27 Fatto normativo Non ogni fatto può ingenerare la consuetudine, ma solo un fatto provvisto di talune caratteristiche: il fatto normativo. Definizione: è un fatto che, corrispondentemente ai valori culturali di una data popolazione muta le condizioni di equilibrio del sistema giuridico. Principio guida: esiste un ordine giuridico immanente e non modificabile, che si rivela in nuovi esiti attraverso nuovi fatti.
28 Fatto normativo. Caratteri strutturali Apparenza: il fatto deve essere, realmente o potenzialmente, percepibile da tutti; di esso deve potersi avere una memoria intergenerazionale; Materialità: il fatto deve essere concreto, estrinsecarsi nel mondo dei fenomeni; Univocità: per essere normativo il fatto deve poter avere per la cultura di quel popolo un significato indubbio.
29 Fatto normativo. Caratteri funzionali Specificità: è un fatto concreto e specifico a un dato conflitto; Particolarità: si rivolge solo ai protagonisti del conflitto e non esplica effetti verso terzi; Esaustività: risolve integralmente il conflitto, riportando in equilibrio l ordine complessivo.
30 Esempio: alcune norme dell Editto di Rotari Editto di Rotari, cc. 50, 51 e Del labbro tagliato. Se qualcuno taglia il labbro ad un altro, paghi una composizione di 16 solidi e se si vedono i denti, uno, due o tre, paghi una composizione di 20 solidi. 51. Dei denti davanti. Se qualcuno fa cadere ad un altro un dente di quelli che si vedono quando si ride, dia per un dente 16 solidi; se si tratta di due o più [denti], di quelli che si vedono quando si ride, si paghi e si calcoli la composizione in base al loro numero. 53. Dell orecchio tagliato. Se qualcuno taglia un orecchio ad un altro, gli paghi una composizione pari alla quarta parte del suo valore.
31 Norme fattuali di risoluzione del conflitto Non si tratta di sanzioni nel senso proprio del termine, ma di composizioni: la parte offesa dal comportamento ingiusto altrui deve accettare la somma e rinunciare al suo diritto ad offendere il reo; Esse nascono dal conflitto e sono relative solo ad esso: non possono essere estese a fatti diversi; per questo l Editto contempla una norma per ogni possibile fatto lesivo.
32 Potere politico e consuetudine 386. Il presente editto delle nostre disposizioni, che abbiamo redatto col favore di Dio, grande studio e molta attenzione, ricercando il favore celeste e ricordando le leggi antiche dei nostri padri, che mai furono scritte, e che per la comune utilità delle nostre leggi abbiamo ordinato, col consiglio e il consenso dei nostri giudici e del nostro esercito, che venissero scritte in questo unico volume, riservandoci tuttavia che, ove per intervento della divina clemenza una più sottile indagine delle antiche leggi dei longobardi, fatta direttamente da noi o affidata a uomini d età e d esperienza, ci consentisse di ricordare delle altre cose, decretiamo che vi siano inserite, aggiungendo che che anche queste siano confermate attraverso il gairethinx secondo il rito proprio delle nostre genti, affinchè anche questa legge sia ferma e stabile.
33 Liutprando, cap Ricordiamo di aver stabilito con i nostri giudici che chi uccide un uomo libero perda tutto il suo patrimonio. Ma ora certi uomini, se per caso portano un rancore verso qualcuno, lo accusano di aver ucciso col veleno un loro parente che è morto nel proprio letto e decidono di risolvere la cosa in duello, come era antica consuetudine. A noi pare cosa grave che un uomo perda tutto il suo patrimonio in duello «sotto lo scudo», perciò abbiamo provveduto a stabilire che, se in futuro Questo perché siamo insicuri riguardo al «giudizio di Dio» e abbiamo sentito che molti hanno ingiustamente perso la loro causa in duello, ma per la consuetudine della nostra stirpe dei Longobardi non possiamo vietare questa legge.
34 La richiesta del giudice Nel nome di Gesù Cristo, nostro signore e Salvatore. Audiberto, abate del monastero di S. Maria, situato non lontano dalla città di Verona, presso la porta detta dell Organo, venne alla presenza del gloriosissimo re Ludovico, figlio dell imperatore Lotario, dicendo: Il monastero e il relativo ospizio di S. Maria, fondati dal fu Lupo, duca, e da sua moglie Ermelinda, possiedono alcuni servi nella contea di Trento che dovrebbero fare le opere e altri servizi in favore del monastero, ma adesso, non so perché, si sottraggono a dette opere e servizi, per cui in questo territorio noi non abbiamo quel che ci spetta. Allora il predetto re, tra i messi disponibili, scelse il giudice di palazzo Garibaldo e lo inviò a risolvere la contesa.
35 Leggi di Ratchis (a ) Se in futuro qualche giudice trascurerà di amministrare la giustizia a un suo arimanno, ricco o povero, o a qualsiasi altro uomo, stabiliamo che debba perdere la sua carica e pagare come composizione il suo guidrigildo al palazzo del re e una composizione a colui nei cui confronti ha trascurato di amministrare la giustizia.. Lo diciamo per questo motivo, Dio ne è testimone, perché non possiamo uscire in nessuna parte per pregare in qualsiasi luogo o per cavalcare a causa delle lamentele di molti uomini
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