[PISUS: IN HOUSE PROVINDING CONCENTRO CCIAA] L AZIENDA SPECIALE CONCENTRO QUALE ORGANISMO IN HOUSE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI PORDENONE

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1 L AZIENDA SPECIALE CONCENTRO QUALE ORGANISMO IN HOUSE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI PORDENONE Luca Penna La normativa di riferimento sul tema dell in house providing è stata rivoluzionata dall adozione della Direttiva comunitaria n. 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 sugli Appalti pubblici (art. 12) che sostituisce la precedente Direttiva n. 2004/18/CE. La direttiva 2014/24 non è stata ancora recepita, essendo ancora in corso il termine relativo per l'incombente, e tuttavia essa appare di carattere sufficientemente dettagliato tale da presentare pochi dubbi per la sua concreta attuazione. Gli Stati membri hanno tempo per recepire le direttive fino al 18 aprile Vi sono state diverse sentenze del Consiglio di Stato di fine 2014 e inizio 2015 che hanno sostenuto addirittura un applicazione immediata del tipo self executing, tenendo conto di quanto disposto dal legislatore europeo, secondo una dettagliata disciplina in materia, introdotta per la prima volta con diritto scritto e destinata a regolare a brevissimo la concorrenza nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nell U.E. Ma con una Sentenza del 26 maggio 2015 (n. 2660) il Consiglio di Stato ha cambiato sostanzialmente posizione ribadendo la non diretta applicabilità della nuova Direttiva secondo il principio del self executing e quindi la validità della legislazione e della giurisprudenza nazionale e comunitaria sulle Direttive finora regolarmente adottate. Si opina il fatto che il legislatore nazionale potrebbe comunque disciplinare la tematica con disposizioni più ristrettive rispetto al legislatore nazionale. Difatti la nuova Direttiva n. 2014/24/UE però cerca di chiarire l applicazione di alcuni requisiti già individuati dalla Direttiva precedente e dalle molteplici sentenze della Corte di Giustizia europea. In ogni caso, uno dei punti di discussione in questione riguarda il concetto del controllo analogo e quindi della possibilità o meno di considerare un organismo in house se controllato in maniera totalitaria da Enti pubblici (come disciplinato dalla normativa e giurisprudenza in vigore) o se controllato in maniera prevalente (come dalle novità introdotte dalla nuova direttiva). Non essendo questione di rilievo per il rapporto fra Camera di Commercio e Azienda Speciale (essendo quest ultima in ogni caso partecipata/controllata in maniera totalitaria dall Ente camerale), sono stati qui analizzati comunque i requisiti della nuova Direttiva che, come detto sopra, risulta chiarificatrice su alcuni punti dubbi di applicazione delle precedenti Direttive. Normativa di riferimento: Direttiva comunitaria n. 2004/18/CE del 31 marzo 2004 Direttiva comunitaria n. 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 Delle diverse sentenze, a piè di nota vengono riportati stralci di interesse da alcune di esse e in particolare: Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 14/10/2014 n Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 22/01/2015 n. 257 (sui servizi di interesse pubblico) Parere del Consiglio di Stato, Sez. V, 30/1/2015 n. 298 Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 27/04/2015 n Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, 7/5/2015 n Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 26/5/2015 n LA DIRETTIVA 2014/24/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO DEL 26 FEBBRAIO 2014 SUGLI APPALTI PUBBLICI E CHE ABROGA LA DIRETTIVA 2004/18/CE Articolo 12 Appalti pubblici tra enti nell ambito del settore pubblico 1

2 Un appalto pubblico aggiudicato da un amministrazione aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell ambito di applicazione della presente direttiva quando siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni: 1) l amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi; Si ritiene che un amministrazione aggiudicatrice eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti un influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. 2) oltre l 80 % delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi; Per determinare la percentuale delle attività si prende in considerazione il fatturato totale medio, o una idonea misura alternativa basata sull attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in questione nei campi dei servizi, delle forniture e dei lavori per i tre anni precedenti l aggiudicazione dell appalto. 3) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un influenza determinante sulla persona giuridica controllata. Il paragrafo si applica anche quando una persona giuridica controllata che è un amministrazione aggiudicatrice aggiudica un appalto alla propria amministrazione aggiudicatrice controllante o ad un altro soggetto giuridico controllato dalla stessa amministrazione aggiudicatrice, a condizione che nella persona giuridica alla quale viene aggiudicato l appalto pubblico non vi sia alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un influenza determinante sulla persona giuridica controllata. L AZIENDA SPECIALE CONCENTRO: ANALISI REQUISITI IN HOUSE L analisi delle sentenze in tema di in house providing evidenziano come le verifiche fatte dagli organi giurisdizionali si concentrino sulle disposizioni Statutarie e non tanto sul contesto normativo di riferimento. In effetti quindi trattasi di un esame di merito delle disposizioni specifiche del rispetto delle norme statutarie relativamente ai requisiti della Direttiva europea, oltreché all analisi puntuale delle attività concrete svolte dall Ente in house. L approfondimento seguente quindi si basa prevalentemente sulle disposizioni contenute nello Statuto dell e sulla valutazione di merito delle attività. Se i requisiti 1) controllo pubblico e 3) divieto di partecipazione di capitali privati non destano alcun dubbio relativamente alla posizione in house di ConCentro rispetto alla Camera di Commercio di Pordenone, il secondo requisito prevalente attività con l Ente affidante invece necessità di una riflessione in quanto il massimale tassativo fissato all 80% del fatturato relativo alle attività svolte nei confronti dell Ente controllante non verrebbe rispettato ad una prima analisi dei bilanci e tanto meno aiuta la disposizione del Dlgs 254/05 che anzi incentiverebbe le Aziende Speciali ad acquisire risorse proprie esterne per la copertura dei costi. Solo una attenta disamina della natura di queste entrate da terzi vincolate pur sempre all attività statutaria delegata dall Ente camerale ricondurrebbe a confermare che i proventi dell Azienda non sono effettivamente commerciali per servizi prestati per terzi. REQUISITO 1) l amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi; 2

3 L art 1 dello Statuto specifica che L Azienda è un organismo strumentale dell ente camerale L art 1 dello Statuto specifica che L Azienda..è dotata, nei confronti della camera di appartenenza, di autonomia amministrativa, contabile e finanziaria nei limiti indicati dal titolo X del D.M. 254/05. Quindi non ha autonomia gestionale L art 4 dello Statuto prevede che la Giunta camerale nomina l Amministratore Unico L art. 5 dello Statuto prevede che L Amministratore Unico formula i programmi di attività e provvede all amministrazione dell Azienda nei limiti indicati dal presente Statuto ed entro le previsioni del preventivo economico e secondo gli indirizzi generali indicati dalla Giunta camerale. In particolare l Amministratore Unico: o approva il preventivo economico e il bilancio d esercizio e li trasmette, corredati da dettagliate relazioni illustrative, al Consiglio della Camera di Commercio per la loro approvazione; o determina il contingente del personale, con riferimento ai singoli livelli funzionali; tale provvedimento dovrà essere sottoposto alla approvazione della Giunta camerale che approva altresì il primo organigramma dell Azienda; o adotta i regolamenti interni e quelli relativi alla gestione dei servizi eventualmente assunti, da sottoporre alla Giunta camerale; o approva i criteri e propone alla Giunta camerale le domande di adesione di Enti, o Associazioni, Consorzi e Società partecipate da Enti pubblici; L Amministratore Unico si raccorda con il Presidente della CCIAA al fine di garantire coerenza con le attività istituzionali e le linee strategiche dell Ente camerale e trasmette tempestivamente al Presidente stesso tutti gli atti adottati. L art. 6 dello Statuto prevede che Il Direttore dell Azienda si raccorda con il Segretario Generale della Camera di Commercio al fine di garantire coerenza con le attività istituzionali e le linee strategiche dell Ente camerale e trasmette tempestivamente tutte le determinazioni adottate in qualità di Direttore. L art. 9 dello Statuto prevede che L Amministratore Unico nel determinare l entità del costo delle prestazioni a terzi di cui alla precedente lettera b), dovrà tenere conto delle direttive eventualmente manifestate dal Consiglio camerale in sede di approvazione del preventivo economico e comunque dovrà essere coerente con gli indirizzi di politica istituzionale della Camera di Commercio e con i rapporti contrattuali esistenti con gli Enti e Organismi Internazionali. L art. 12 dello Statuto prevede che Il preventivo economico, il bilancio di esercizio e le relative relazioni illustrative devono essere determinate dall Amministratore Unico in tempo utile, in modo che essi possano essere inviati alla Camera di Commercio di Pordenone per l approvazione da parte del Consiglio camerale, quali allegati al bilancio. Con l approvazione del bilancio di esercizio, il Consiglio camerale adotta le necessarie determinazioni in ordine alla destinazione dell utile o al ripiano della perdita della gestione aziendale, anche ai fini della coerenza contabile con il bilancio d esercizio camerale. L art 15 dello Statuto prevede che La Giunta della Camera di Commercio di Pordenone potrà revocare l incarico di Amministratore Unico, qualora si determinassero condizioni di impossibilità nell esercizio delle funzioni. L art. 16 prevede che L Azienda può essere soppressa in qualsiasi momento con provvedimento idoneamente motivato della Giunta della Camera di Commercio di Pordenone. Il patrimonio esistente sarà acquisito dalla Camera di Commercio di Pordenone. La Camera di Commercio di Pordenone subentrerà in tutti i rapporti dell Azienda, ad esclusione di quelli di lavoro con il personale assunto direttamente dall Azienda. L art. 17 prevede che Il presente Statuto potrà essere modificato con provvedimento della Giunta della Camera di Commercio di Pordenone, anche su proposta dell Amministratore Unico. L art. 18 prevede che La Giunta camerale esercita la vigilanza sulla gestione dell Azienda, accertando in particolare l osservanza degli indirizzi generali e il perseguimento degli obiettivi 3

4 stabiliti dal Consiglio camerale, anche attraverso l organo di valutazione e controllo strategico di cui all articolo 35 del DPR 254/05, attraverso l Amministratore Unico. REQUISITO 2) oltre l 80 % delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi; L art 2 dello Statuto prevede che L'Azienda persegue finalità d'interesse pubblico, senza scopo di lucro, con divieto di ripartizione, anche indiretta, di utili sia nel corso della vita che all'atto dello scioglimento o cessazione dell'ente. L art. 9 dello Statuto prevede che Le entrate dell Azienda sono costituite da: proventi derivanti dai servizi prestati a terzi direttamente e indirettamente o su delega della Camera di Commercio; La % di contribuzione camerale sul totale del bilancio è nell ultimo triennio: o Bilancio consuntivo 2014: contributo camerale = 72,0% Proventi e altri rimborsi = 13,6% o Bilancio consuntivo 2013: contributo camerale = 53,8% Proventi e altri rimborsi = 24,2% o Bilancio Consuntivo 2012: contributo camerale = 57,1% Proventi e altri rimborsi = 25,6% o Bilancio Consuntivo 2011: contributo camerale = 59,3% Proventi e altri rimborsi = 20,2% In effetti però l attività commerciale fa riferimento a servizi prestati a terzi nello svolgimento di compiti affidati dalla Camera di Commercio quali, ad esempio, le quote di partecipazione delle aziende alle attività di internazionalizzazione o promozione approvate dalla Camera di Commercio nell ambito del programma di attività (preventivo economico) dell Azienda Speciale. In molti casi le tariffe applicate sono disciplinate dai regolamenti approvati dalla stessa Camera di Commercio (gestione sale di rappresentanza; gestione Fiere, ). L art. 5 dello Statuto infatti specifica che l Amministratore Unico adotta i regolamenti interni e quelli relativi alla gestione dei servizi eventualmente assunti, da sottoporre alla Giunta camerale; L art. 9 dello Statuto specifica altresì che L Amministratore Unico nel determinare l entità del costo delle prestazioni a terzi di cui alla precedente lettera b), dovrà tenere conto delle direttive eventualmente manifestate dal Consiglio camerale in sede di approvazione del preventivo economico e comunque dovrà essere coerente con gli indirizzi di politica istituzionale della Camera di Commercio e con i rapporti contrattuali esistenti con gli Enti e Organismi Internazionali. L art. 2 dello Statuto precisa altresì che L Azienda speciale può operare anche al di fuori della circoscrizione territoriale di competenza della Camera di Commercio, direttamente o su delega di enti territoriali e/o istituzionali, purché generi ricadute a favore del sistema delle imprese e del mercato della provincia ovvero riguardi il settore della subfornitura regionale. In tal modo si precisa che l erogazione eventuale di servizi che producano proventi è comunque legata all obiettivo statutario di interesse pubblico nell ambito territoriale (o comunque settoriale, quale la subfornitura) di competenza della Camera di Commercio REQUISITO 3) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un influenza determinante sulla persona giuridica controllata L art 2 della L. 580/93 prevede che le Camere di Commercio possano Per il raggiungimento dei propri scopi [ ]costituire aziende speciali operanti secondo le norme del diritto privato. L art.1 dello Statuto individua la Camera di Commercio di Pordenone quale unico Ente istitutivo dell Azienda Speciale L art. 11 dello Statuto precisa che Il patrimonio dell Azienda è costituito dai beni mobili e dalle attrezzature acquisite dall azienda speciale, oltre che dal fondo di dotazione finanziaria, assegnato in dotazione dalla Camera di Commercio. Non sono previste in Statuto norme che consentono l entrata di terzi nel capitale dell Azienda Speciale L art. 5 dello Statuto prevede che l Amministratore Unico propone alla Giunta camerale le domande di adesione di Enti, Associazioni, Consorzi e Società partecipate da Enti pubblici; Oltre a 4

5 vincolare tale possibilità comunque all autorizzazione della Giunta camerale e quindi strettamente collegata alla verifica della compatibilità di tali partecipazioni con i fini statutari, è una previsione che non appare in alcun modo idonea ad alterare il carattere pubblicistico delle attività consortili, che oltretutto si realizzano dichiaratamente senza fini di lucro Da rilevare anche che tutte le attività che l Azienda Speciale non intende svolgere direttamente con le proprie strutture, debbono essere affidate all'esterno attraverso procedimenti di evidenza pubblica in rispetto di un Regolamento interno asseverato dalla Camera di Commercio. 5

6 STRALCIO DEL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO N. 298 DEL E questa Sezione evidenziava come una società partecipata da un ente pubblico, per poter essere investita direttamente della gestione di un compito, non debba presentare alcuni caratteri, tra i quali la presenza di privati al capitale sociale o anche la mera previsione statutaria di una futura ed eventuale privatizzazione; la presenza di previsioni statutarie che permetterebbero alla società di acquisire una vocazione commerciale tale da rendere precario il controllo da parte dell ente pubblico (ad esempio, la possibilità di ampliare l oggetto sociale; l apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali; l espansione territoriale dell attività della società a tutta l Italia e all estero la possibilità di acquisire partecipazioni in società di capitali o altri consorzi ovvero demandare a soggetti terzi l esercizio di parte delle attività affidategli pur mantenendone la titolarità nei confronti dei committenti, appare espressamente subordinata al conseguimento dei fini istituzionali ed all esclusivo perseguimento dell interesse proprio degli Enti pubblici consorziati. Tale limite risulta, peraltro, rafforzato dalla previsione di carattere generale contenuta nel comma 2 dell art. 1 dello statuto, in virtù della quale Nell esclusivo interesse degli Enti consorziati ed in esecuzione o comunque in conformità alle decisioni di affidamento o di incarico provenienti da tali Enti, il Consorzio rappresenta lo strumento organizzativo specializzato, appositamente costituito ed operante per lo svolgimento delle attività, anche con carattere di impresa, indicate nell articolo 3", nonché dalla disposizione di cui al successivo comma 3, secondo cui Il Consorzio non ha scopo di lucro. lo Statuto cit., del resto, attribuisce carattere di eccezionalità e marginalità alle prestazioni rese dal Consorzio a favore di soggetti esterni al Consorzio, da ritenersi ammissibili solo quando funzionali al miglior perseguimento degli scopi consortili ed in ogni caso da contabilizzare separatamente nel bilancio consortile. La possibilità di partecipare a società di capitali o ad altri consorzi o di affidare a terzi l'esercizio di parte delle attività di competenza, è certamente ispirata dal lodevole intento di attuare sinergie quanto mai opportune nelle attività istituzionali del Consorzio, e non appare in alcun modo idonea ad alterare il carattere pubblicistico delle attività consortili, che oltretutto si realizzano dichiaratamente senza fini di lucro (art.1, comma 3 dello Statuto). Ed è appena il caso di ricordare che tutte le attività che il consorzio non intende svolgere direttamente con le proprie strutture, debbono essere affidate all'esterno attraverso procedimenti di evidenza pubblica. la possibilità del Consorzio di svolgere talune attività anche con carattere di impresa, non è affatto ostativa all affidamento in house, anche alla stregua di quanto recentissimamente affermato dalla Corte di giustizia U.E. (Quinta Sezione) con la sentenza del 18 dicembre 2014, causa C 568/13 ( l articolo 1, lettera c), della direttiva 92/50 osta a una normativa nazionale che escluda un azienda ospedaliera pubblica, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, a causa della sua natura di ente pubblico economico, se e nei limiti in cui tale azienda è autorizzata a operare sul mercato conformemente ai suoi obiettivi istituzionali e statutari, salva la possibilità, in tale ipotesi, di esclusione dell offerta ritenuta anomala in presenza di un finanziamento pubblico di cui detta azienda beneficia ). Deve pertanto definitivamente disattendersi anche il rilievo secondo cui l attività d impresa eventualmente svolta dal Consorzio dovrebbe condurre a negarne la funzione di strumento operativo dell amministrazione, senza che ciò possa essere di ostacolo all affidamento. 6

7 STRALCI NORMATIVE VARIE E PARERI GIURISPRUDENZIALI Recentemente il Consiglio di Stato (sez. V, 10 settembre 2014, n. 4599) ha ritenuto che l'affidamento diretto, in house, costituisce frutto di una scelta ampiamente discrezionale, che deve essere motivata in maniera adeguata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano e che, come tale, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, irragionevolezza, irrazionalità ed arbitrarietà ovvero non sia fondata su di un altrettanto macroscopico travisamento dei fatti. I requisiti devono essere tutti sussistenti; la mancanza anche di uno solo di essi non consente l in house e, quindi, non rende legittimo l affidamento diretto. In primo luogo occorre la totale partecipazione pubblica Occorre inoltre il controllo analogo, ossia che il soggetto pubblico o i soggetti pubblici che partecipano al capitale della società hanno sulla stessa un controllo analogo a quello che hanno sui propri servizi. La giurisprudenza della Corte di giustizia ha rifinito successivamente questo requisito, richiedendo che il controllo analogo consista nella possibilità di determinare gli obiettivi strategici e le decisioni significative del soggetto in house; il quale, quindi, non deve avere autonomia gestionale. Il controllo deve essere effettivo, strutturale e funzionale. La verifica in ordine alla ricorrenza dei requisiti propri del soggetto in house deve compiersi in concreto e in base alle previsioni contenute nello statuto della società in forza di un indagine empirica da effettuarsi caso per caso (da ultimo, Cass. civ., sez. un., 26 marzo 2014, n. 7177). Per aversi controllo analogo è necessario che non vi sia l apertura del capitale del soggetto in house ai privati (da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 17 gennaio 2014, n. 221). Al riguardo si configura una diversa posizione della giurisprudenza della Corte di giustizia, più largheggiante, rispetto a quella del Consiglio di Stato, più restrittiva. La prima tende a posizionarsi al momento dell affidamento ritenendo che quanto accade successivamente non sia in grado di influire sulla sua legittimità, mentre invece il Consiglio di Stato richiede che comunque nello statuto siano previste clausole che stabiliscono l incedibilità delle quote di partecipazione a privati. Il terzo requisito è costituito dalla prevalenza dell attività con l ente affidante; ossia il soggetto in house deve svolgere la parte più importante della propria attività con il soggetto o i soggetti pubblici che lo controllano. Il che non vuol dire che il soggetto in house debba svolgere esclusivamente l attività con i soggetti controllanti, ma che la diversa attività svolta debba essere accessoria, marginale e residuale. Una delle novità delle nuove direttive appalti e concessioni è costituita dall aver definito la soglia minima necessaria per l individuazione del requisito della prevalenza dell attività. STRALCIO DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, 14/10/2014 N Dal canto suo, la Corte di giustizia della Unione europea ha statuito che l'attività della società in house pluripartecipate deve essere limitata allo svolgimento dei servizi pubblici nel territorio degli enti pubblici che ne risultino soci (sentenza 10 settembre 2009, C 573/07, Sea, 79 e 80). solo con la nomina della maggioranza degli organi di direzione l ente pubblico partecipante è posto nelle condizioni di indirizzare l attività dell ente partecipato verso il raggiungimento di finalità di pubblico interesse affidate alla sua cura, e che invece correrebbero il rischio di non potere essere attuate laddove il governo societario fosse attribuito ai soci privati. non può essere considerata società in house del Comune anche per l apertura del proprio capitale sociale alla partecipazione di altri privati. Nella sentenza 19 giugno 2014, C 574/12, Centro Hospitalar de Setúbal 7

8 EPE, la Corte di giustizia ha infatti ribadito che la partecipazione privata al capitale di società asseritamente in house comporta, da un lato, una deviazione rispetto al fine pubblico cui questa dovrebbe tendere (come già statuito nella richiamata pronuncia 11 gennaio 2005, C 26/03, Stadt Halle, 49 e 50) e, dall altro lato, un indebito beneficio concorrenziale per il socio privato conseguente agli affidamenti disposti in via diretta dall amministrazione partecipante ( 36 e 38). STRALCIO DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, 22/1/2015 N. 257 per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 199 del 20 luglio 2012 "...i servizi pubblici locali di rilevanza economica possono in definitiva essere gestiti indifferentemente mediante il mercato (ossia individuando all'esito di una gara ad evidenza pubblica il soggetto affidatario) ovvero attraverso il c.d. partenariato pubblico privato (ossia per mezzo di una società mista e quindi con una "gara a doppio oggetto" per la scelta del socio o poi per la gestione del servizio), ovvero attraverso l'affidamento diretto, in house, senza previa gara, ad un soggetto che solo formalmente è diverso dall'ente, ma ne che sostituisce sostanzialmente un diretto strumento operativo, ricorrendo in capo a quest'ultimo i requisiti della totale partecipazione pubblica, del controllo (sulla società affidataria) "analogo" (a quello che l'ente affidante esercita sui propri servizi) e della realizzazione, da parte della società affidataria, della parte più importante della sua attività con l'ente o gli enti che la controllano. L'affidamento diretto, in house lungi dal configurarsi pertanto come un'ipotesi eccezionale e residuale di gestione dei servizi pubblici locale costituisce invece una delle (tre) normali forme organizzative delle stesse, con la conseguenza che la decisione di un ente in ordine alla concreta gestione dei servizi pubblici locali, ivi compresa quella di avvalersi dell'affidamento diretto, in house (sempre che ne ricorrano tutti i requisiti così come sopra ricordati e delineatisi per effetto della normativa comunitaria e della relativa giurisprudenza), costituisce frutto di una scelta ampiamente discrezionale, che deve essere adeguatamente motivata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano e che, come tale, sfugge al sindacato di legittimità del Giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, irragionevolezza, irrazionalità ed arbitrarietà ovvero non sia fondata su di un altrettanto macroscopico travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, Sezione V, 30 settembre 2013, n. 4832; Sezione VI, 11 febbraio 2013, n. 762)". STRALCIO DEL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO DEL 30 GENNAIO 2015 N. 298 la possibilità, prevista nello Statuto, di "acquisire partecipazioni in società di capitali o altri consorzi ovvero demandare a soggetti terzi l'esercizio di parte delle attività affidategli pur mantenendone la titolarità nei confronti dei committenti", è subordinata al conseguimento dei fini istituzionali elencati al comma 1 del medesimo articolo 3 ed all'esclusivo perseguimento dell'interesse degli Enti pubblici consorziati. Il successivo quarto comma dell'articolo3 cit. inoltre attribuisce carattere di eccezionalità e "marginalità" alle prestazioni rese dal Consorzio a favore di soggetti esterni al Consorzio, da ritenersi ammissibili solo quando funzionali al miglior perseguimento degli scopi consortili. A tale proposito va ricordata la disciplina recentemente introdotta in materia dall'articolo 12 della direttiva 2014/24/Ue del 26 febbraio 2014, che abroga la direttiva 2004/18/Ce, e che oltretutto è entrata in vigore successivamente agli avvisi del Mef e delle AA.II. citt. L'articolo 12 cit., infatti, nel confermare che, nel caso di "in house providing" escluso dalla direttiva, "l'amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi" (articolo 12 cit., 1 par., lettera a), ha aggiunto una precisa definizione in ordine all'ulteriore requisito della cosiddetta "parte più importante dell'attività svolta", secondo cui "oltre l'80 % delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello 8

9 svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice" (articolo 12 cit., 1 par., lettera b). 7. Com'è noto, la direttiva 2014/24 non è stata ancora recepita, essendo ancora in corso il termine relativo per l'incombente, e tuttavia essa appare di carattere sufficientemente dettagliato tale da presentare pochi dubbi per la sua concreta attuazione. Non vi è dubbio quindi che nel caso in esame, se non vi è addirittura un'applicazione immediata del tipo "self executing", non può in ogni caso non tenersi conto di quanto disposto dal Legislatore europeo, secondo una dettagliata disciplina in materia, introdotta per la prima volta con diritto scritto e destinata a regolare a brevissimo la concorrenza nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nell'ue. La possibilità di partecipare a società di capitali o ad altri consorzi o di affidare a terzi l'esercizio di parte delle attività di competenza, è certamente ispirata dal lodevole intento di attuare sinergie quanto mai opportune nelle attività istituzionali del Consorzio, e non appare in alcun modo idonea ad alterare il carattere pubblicistico delle attività consortili, che oltretutto si realizzano dichiaratamente "senza fini di lucro" (articolo 1, comma 3 dello Statuto). Ed è appena il caso di ricordare che tutte le attività che il consorzio non intende svolgere direttamente con le proprie strutture, debbono essere affidate all'esterno attraverso procedimenti di evidenza pubblica. Ed ancora, la possibilità del Consorzio di svolgere talune attività "anche con carattere di impresa", non è affatto ostativa all'affidamento "in house", anche alla stregua di quanto recentissimamente affermato dalla Corte di giustizia Ue (Quinta Sezione) con la sentenza del 18 dicembre 2014, causa C 568/13 ("l'articolo 1, lettera c), della direttiva 92/50 osta a una normativa nazionale che escluda un'azienda ospedaliera pubblica, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, a causa della sua natura di ente pubblico economico, se e nei limiti in cui tale azienda è autorizzata a operare sul mercato conformemente ai suoi obiettivi istituzionali e statutari", salva la possibilità, in tale ipotesi, di esclusione dell'offerta ritenuta anomala in presenza "di un finanziamento pubblico di cui detta azienda beneficia"). Deve pertanto definitivamente disattendersi anche il rilievo secondo cui l'attività d'impresa eventualmente svolta dal Consorzio dovrebbe condurre a negarne la funzione di strumento operativo dell'amministrazione, senza che ciò possa essere di ostacolo all'affidamento. STRALCIO DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III, 7/5/2015 N la controversia è incentrata, in primis, proprio sulla contrarietà dell affidamento in house all art. 4, comma 7, del d.l. 95/2012, convertito nella legge 135/ Passando al merito, può ricordarsi che l art. 4, cit. ( Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche ), ha dettato una serie di disposizioni volte a limitare e razionalizzare il ricorso da parte delle pubbliche amministrazioni all attività di società controllate. Il comma 7, al dichiarato fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, ha disposto che, a decorrere dal 1 gennaio 2014, le pubbliche amministrazioni, nel rispetto dell articolo 2, comma 1 del citato decreto acquisiscono sul mercato i beni e 9

10 servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo. Il successivo comma 8, ha disposto che, sempre a decorrere da detta data, l affidamento diretto può avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house. Quanto all esistenza di un precetto comunitario, occorre precisare che l in house providing, così come costruito dalla giurisprudenza comunitaria, sembra rappresentare, prima che un modello di organizzazione dell amministrazione, un eccezione alle regole generali del diritto comunitario, le quali richiedono che l affidamento degli appalti pubblici avvenga mediante la gara. Se dunque l affidamento diretto ha carattere spiccatamente derogatorio, l esistenza di una sua disciplina normativa a livello comunitario (oggi contenuta nell art. 12 della direttiva 24/2014/UE, da recepire entro il 18 aprile 2016, anche se nelle disposizioni in questione è stata ravvisata una compiutezza tale da farle ritenere self executing, avendo indubbiamente contenuto incondizionato e preciso cfr. Cons. Stato, II, n. 298/2015; Cass. civ. SS.UU., n /2014) consente tale forma di affidamento, ma non obbliga i legislatori nazionali a disciplinarla, né impedisce loro di limitarla o escluderla in determinati ambiti. La circostanza che un affidamento in house non contrasti con le direttive comunitarie non vuol dire che sia contraria all ordinamento UE una norma nazionale che limiti ulteriormente il ricorso all affidamento diretto. Con ciò, si torna alla preclusione degli affidamenti diretti stabilita dall art. 4, comma 7, in questione, con scelta dichiaratamente pro concorrenziale che non può certamente ritenersi irragionevole. STRALCIO DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI, 26/5/2015 N giova ricostruire brevemente i tratti essenziali dell istituto dell in house, come risultanti dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale. I principi generali affermati con la sentenza Teckal e poi costantemente ribaditi con le pronunce successive sono così riassumibili: (i) l affidamento diretto (senza gara e senza ricorso a procedure di evidenza pubblica) di appalti e concessioni è consentito tutte le volte in cui si possa affermare che l'organismo affidatario (nei casi in questione, una società), ancorché dotato di autonoma personalità giuridica, presenti connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione a un ufficio interno dell'amministrazione affidante, poiché in questo caso non vi sarebbe un rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale, sicché non si tratterebbe, nella sostanza, di un effettivo ricorso al mercato ( outsourcing ), bensì di una forma di autoproduzione o comunque di erogazione di servizi pubblici direttamente ad opera dell amministrazione, attraverso strumenti propri ( in house providing ); (ii) detta equiparazione sarebbe predicabile esclusivamente in presenza di due specifici presupposti, identificati nel c.d. controllo analogo, ovverosia in una situazione, di fatto e di diritto, nella quale l ente sia in grado di esercitare sulla società un controllo analogo a quello che lo stesso ente esercita sui propri servizi interni, e nella necessità che la società svolga la parte più importante della propria attività con l'amministrazione o le amministrazioni affidanti. La Corte di Giustizia UE ha chiarito che il requisito del c.d. controllo analogo richiede la necessaria partecipazione pubblica totalitaria, 1

11 La partecipazione pubblica totalitaria rappresenta una condizione necessaria, ma non ancora sufficiente, dovendosi ulteriormente verificare la presenza di strumenti di controllo da parte dell ente pubblico più incisivi rispetto a quelli previsti dal diritto civile a favore del socio totalitario. L amministrazione aggiudicatrice deve, infatti, essere in grado di esercitare un influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti dell entità affidataria e il controllo esercitato deve essere effettivo, strutturale e funzionale (v., in tal senso, C. giust. UE, sez. III, sentenza 29 novembre 2012, C 182/11 e C 183/11, Econord, punto 27 della motivazione e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, la Corte di giustizia ha riconosciuto che, a determinate condizioni, il controllo analogo La tesi dell appellante, secondo cui le Università private dovrebbero essere qualificate comunque come enti pubblici, in ragione del fatto che svolgono attività di interesse pubblico, non può essere condivisa. 17. È vero, infatti, che nel corso degli ultimi anni, la nozione di ente pubblico si è progressivamente frantumata e relativizzata. Spesso la giurisprudenza ha riconosciuto, dando rilievo a dati sostanziali e funzionali, natura pubblicistica a soggetti formalmente privati, al fine di sottoporli in tutto o in parte ad un regime di diritto amministrativo. Tale equiparazione è stata a volte espressamente stabilita anche dal legislatore con disposizioni che sottopongono soggetti formalmente privati a regole pubblicistiche: si pensi alla stessa figura dell organismo di diritto pubblico o alle più recenti previsioni normative che hanno in parte amministrativizzato l attività delle società a partecipazione pubblica (cfr., ad esempio, l art. 18 d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133). Tale fenomeno ha trovato un punto di emersione anche in sede processuale, tanto che l art. 7, comma 2, Cod. proc. amm. espressamente prevede, ai fini del riparto della giurisdizione, che Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo. È altrettanto vero che, proprio con particolare riferimento alle Università private, la giurisprudenza, in alcune occasioni (in particolare ai fini del riparto della giurisdizione sulle controversie concernenti il rapporto di impiego o della sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti per le controversie aventi ad oggetto la responsabilità di amministratori e dipendenti), ha affermato la loro equiparazione agli enti pubblici, dando rilevanza gli scopi, alla struttura organizzativa e ai poteri amministrativi ritenuti del tutto analoghi a quelli delle Università statali (così testualmente, ad esempio, Cass. Sez. Un., 11 marzo 2004, n riferita alla LUISS). 18. Tali tendenze normative e tali arresti giurisprudenziali non possono, tuttavia, essere invocati per sostenere, sic et simpliciter, una completa equiparazione, ad ogni fine, tra Università private ed enti pubblici. La nozione di ente pubblico nell attuale assetto ordinamentale non può, infatti, ritenersi fissa ed immutevole. Non può ritenersi, in altri termini, che il riconoscimento ad un determinato soggetto della natura pubblicistica a certi fini, ne implichi automaticamente e in maniera immutevole la integrale sottoposizione alla disciplina valevole in generale per la pubblica amministrazione. Al contrario, l ordinamento si è ormai orientato verso una nozione funzionale e cangiante di ente pubblico. Si ammette ormai senza difficoltà che uno stesso soggetto possa avere la natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a certi istituti, e possa, invece, non averla ad altri fini, conservando rispetto ad altri istituti regimi normativi di natura privatistica. Questa nozione funzionale di ente pubblico, che ormai predomina nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale, ci insegna, infatti, che il criterio da utilizzare per tracciare il perimetro del concetto di ente pubblico non è sempre uguale a se stesso, ma muta a seconda dell istituto o del regime normativo che deve essere applicato e della ratio ad esso sottesa. Occorre, in altri termini, di volta in volta domandarsi quale sia la funzione di un certo istituto, quale sia la ratio di un determinato regime amministrativo previsto dal legislatore, per poi verificare, tenendo conto delle caratteristiche sostanziali del soggetto della cui natura si controverte, se quella funzione o quella ratio richiedono l inclusione di quell ente nel campo di applicazione della disciplina pubblicistica. 1

12 La conseguenza che ne deriva è, come si diceva, che è del tutto normale, per così dire fisiologico, che ciò che a certi fini costituisce un ente pubblico, possa non esserlo ad altri fini, rispetto all applicazione di altri istituti che danno rilievo a diversi dati funzionali o sostanziali. Emblematica, in tal senso, è la figura dell organismo di diritto pubblico, che è equiparato sì all ente pubblico quando aggiudica contratti (ed è sottoposto alla disciplina amministrativa dell evidenza pubblica), rimanendo, però, di regola, nello svolgimento di altre attività, un soggetto che tendenzialmente opera secondo il diritto privato. 19. Tornando al caso oggetto del presente giudizio, appurato che la nozione di ente pubblico cui si deve fare riferimento è funzionale e cangiante, allora, la circostanza che talvolta le Università private siano state ritenute enti pubblici dalla giurisprudenza (e trattate come tali ai fini della giurisdizione sulle controversie in materia di impiego o della giurisdizione della Corte dei conti) non è di per sé sufficiente per ritenere che lo siano sempre. Non è di per sé sufficiente per ritenere che lo siano, per quanto più interessa in questa sede, anche quando si tratta di verificare la condizione, rilevante per configurare un rapporto in house, della partecipazione pubblica totalitaria. La nozione di ente pubblico che viene in rilievo per verificare se sia soddisfatto il requisito del controllo pubblico totalitario non può, infatti, non tener conto della ratio sottesa all istituto dell in house medesimo. Alla base dell istituto vi è, come sopra si è ricordato, la considerazione che il soggetto in house, nonostante la formale distinta personalità giuridica, ha nella sostanza un rapporto di immedesimazione con l Amministrazione affidante, essendo equiparabile ad un suo organo o ad un suo ufficio interno privo di sostanziale autonomia decisionale. Un rapporto, quindi, solo apparentemente intersoggettivo, ma, nella sostanza, equiparabile ad un rapporto interorganico. L esclusione dalla disciplina dell evidenza pubblica deriva proprio dal fatto che rispetto al soggetto in house non è possibile neanche ravvisare una vera e propria fattispecie contrattuale, atteso che la nozione di contratto implica l esistenza di una relazione intersoggettiva, implica cioè l esistenza di almeno due soggetti che siano sostanzialmente distinti. In quest ottica si spiega perché la giurisprudenza comunitaria abbia richiesto come condizione necessaria la partecipazione pubblica totalitaria. La Corte di giustizia ha motivato l incompatibilità di qualsiasi partecipazione anche minoritaria di un impresa privata sulla base di due considerazioni principali: a) qualsiasi investimento di capitale privato in un impresa obbedisce a considerazioni proprie degli interessi privati e persegue obiettivi di natura differente rispetto a quelli di interesse pubblico; b) l attribuzione diretta di un appalto pubblico ad un soggetto partecipato anche in minima parte da privati pregiudicherebbe l obiettivo di una concorrenza libera nella misura in cui offrirebbe ad un impresa privata presente nel capitale dell ente beneficiario dell affidamento un vantaggio rispetto ai suoi concorrenti (cfr. Corte giustizia,sez. I, 11 gennaio 2005, C 26/03, Stadt Hall). È evidente, quindi, che ciò che rileva per escludere il controllo analogo è la mera presenza, anche in minima parte, di capitali provenienti da privati, perché l investimento privato persegue fini disomogenei rispetto a quelli di pubblico interesse, escludendo quindi quell assimilazione sostanziale su cui si fonda l istituto dell in house. Il privato titolare di quei capitali, inoltre, grazie all affidamento diretto beneficerebbe di un vantaggio competitivo ottenuto senza rispetto delle regole sulla concorrenza. 20. Alla luce di queste considerazioni deve allora ritenersi che la nozione di ente pubblico che viene in rilievo ai fini della verifica del requisito del controllo analogo nell ambito dell istituto dell in house sia particolarmente rigorosa e restrittiva, dovendosi escludere la possibilità di equiparare all ente pubblico qualsiasi soggetto che, a prescindere dai poteri, dai fini e dalla struttura organizzativa, operi grazie a capitali privati. E questo è certamente il caso delle Università private di cui si discorre in questa sede. 22. Ci si deve chiedere se tali conclusioni meritino conferma anche alla luce delle previsioni contenuto nelle nuove direttive comunitarie in materia di appalti e concessioni. Recentemente, infatti, in sede consultiva, proprio con riferimento specifico al Cineca, si è affermata, valorizzando la portata delle nuove direttive, la compatibilità dell in house con forme minime di partecipazione privata al capitale (cfr. Cons. Stato, sez. II, parere 30 gennaio 2015, affare n. 18/2013). Il riferimento è all art. 12 della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014; all art. 28 della direttiva 2014/25/UE (settori speciali) e all art. 17 della direttiva 2014/23/UE (concessioni). Per quel che rileva in 1

13 questa sede, l art. 12 della nuova direttiva appalti (2014/24/UE), nel definire in rubrica la materia come quella afferente gli appalti pubblici tra enti nell ambito del settore pubblico, ha in parte recepito la preesistente giurisprudenza, ma in una parte rilevante ha profondamente innovato, definendo in modo parzialmente diverso le condizioni di esclusione dalla direttiva medesima. L art. 12, lett. c), in particolare, ammette l in house nonostante l assenza della partecipazione pubblica totalitaria ritenendo l istituto compatibile con forme di partecipazione di capitali privati, che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un influenza determinante sulla persona giuridica controllata. 23. Il Collegio ritiene che le previsioni contenute nella direttiva 2014/24/UE non assumano rilievo nel presente giudizio. 24. In primo luogo, deve escludersi che la nuova direttiva, nonostante il suo contenuto in alcune parti dettagliato, possa ritenersi self executing per la dirimente considerazione che è ancora in corso il termine previsto per la sua attuazione da parte dello Stato. È vero che la giurisprudenza comunitaria riconosce una forma di rilevanza giuridica alla direttiva anche prima che sia scaduto il termine per il suo recepimento. Si tratta, però, di una rilevanza giuridica certamente minore rispetto al c.d. effetto diretto (che implica l immediata applicazione della direttiva dettagliata ai rapporti c.d. verticali), che si traduce semplicemente, in nome del principio di leale collaborazione, in un dovere di standstill, ovvero nel dovere per il legislatore di astenersi dall adottare, nel periodo interocorrente tra la pubblicazione della direttiva nella GUUE e il termine assegnato per il suo recepimento, qualsiasi misura che possa compromettere il conseguimento del risultato prescritto (C. giust. 18 dicembre 1997, C 129/96, Inter EnvironnementVallonie) e per il giudice di astenersi da qualsiasi forma di interpretazione o di applicazione del diritto nazionale da cui possa derivare, dopo la scadenza del termine di attuazione, la messa in pericolo del risultato voluto dalla direttiva (C. giust. UE, 15 aprile 2008, C 268/08, Impact). Non si tratta, quindi, del dovere di immediata applicazione o dell obbligo di interpretazione conforme (che operano solo dopo che è scaduto il termine di recepimento), ma soltanto di un obbligo negativo, che si sostanzia nel dovere di astenersi dall interpretazione difforme potenzialmente pregiudizievole per i risultati che la direttiva intende conseguire. Si tratta, in altri termini, di un obbligo attenuato rispetto a quello di interpretazione conforme in quanto discende da un principio sì fondamentale del diritto dell Unione, quale è quello di leale cooperazione, ma, pur tuttavia, gerarchicamente sotto ordinato a quello del primato, il cui mancato rispetto mina la stessa essenza dell ordinamento dell Unione. Come è stato efficacemente evidenziato in dottrina, se l obbligo d'interpretazione conforme ha un valore prossimo all effetto diretto, lo stesso valore non può riconoscersi all obbligo di astensione da un interpretazione difforme dal diritto dell Unione europea che non consente una lettura della norma interna additiva, dovendosi altrimenti ritenere i due istituti giuridici sovrapponibili. La fattispecie in esame si colloca al di fuori dell ambito di questa limitata rilevanza giuridica negativa che eccezionalmente può essere riconosciuta alla direttiva prima della scadenza del termine di recepimento: le regole sull in house, di cui si fa applicazione nel presente giudizio, che potenzialmente potrebbero contrastare con le previsioni della nuova direttiva, sono, infatti, regole già esistenti nell ordinamento nazionale (non introdotte ex novodal legislatore nazionale in violazione del dovere di standstill) e sono, inoltre, regole che trovano la loro fonte proprio nell ordinamento dell Unione Europea, avendo esse origine dalla sopra richiamata giurisprudenza della Corte di giustizia che nel corso degli anni ha fissato rigorosi limiti alla operatività dell in house. Non si può, quindi, ritenere che la mera pubblicazione della direttiva determini, prima che sia scaduto il termine per il suo recepimento, il superamento automatico e immediato di una disciplina preesistente di derivazione comunitaria. 26. Per ragioni analoghe, non appare corretto ritenere immediatamente operativa la possibilità di partecipazione di capitali privati house richiamando il c.d. obbligo di interpretazione conforme da parte del giudice nazionale. 1

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