è una parametrizzazione locale intorno a γ(t 0 ). Inoltre, se ε > 0 è tale
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- Silvio Guglielmi
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1 1. Buona definizione del grado intero Siano M, N varietà compatte e orientate di dimensione n. La buona definizione del grado intero per mappe da M in N è fondata sul seguente teorema, alla cui dimostrazione è dedicata questa sezione: Teorema 1.1. Sia X una (n + 1)-varietà orientata, tale che M = X, e l orientazione di M coincida con quella del bordo di X. Sia g : X N e si denoti con f : M N la restrizione di g a M = X. Se y N è un valore regolare per f, allora deg(f, y) = 0. Come emerso a lezione, per dare una dimostrazione completa di questo risultato è necessario superare alcuni scogli tecnici che saranno discussi in queste note. Cominciamo con il lemma tecnico di cui a lezione ho dato una dimostrazione incompleta. Lemma 1.2. Sia γ : [0, 1] X una curva regolare. Allora, per ogni t 0 [0, 1] esiste ε > 0 che soddisfa la seguente proprietà. Se t 1 (t 0 ε, t 0 + ε) [0, 1] e v 2,..., v n sono vettori di T γ(t1 )X tali che γ (t 1 ), v 2,..., v n sia una base di T γ(t1 )X, allora esistono campi vettoriali lisci v i : (t 0 ε, t 0 + ε) [0, 1] R N, i = 1,..., n, tali che v i (t 1 ) = v i per ogni i, e tali che per ogni t (t 0 ε, t 0 + ε) l insieme sia una base di T γ(t) X. {γ (t), v 1 (t),..., v n (t)} Dimostrazione. Trattiamo il caso t 0 0, 1, i casi t 0 = 0, 1 essendo del tutto analoghi. Mostriamo innanzi tutto che è possibile costruire una carta intorno a γ(t 0 ) in modo tale che la curva γ, letta in tale carta, abbia velocità costante. Tale risultato discende immediatamente dal teorema di raddrizzamento dell immagine fatto durante le prime settimane del corso. Ne diamo comunque una dimostrazione in questo caso particolare. Sia ψ : V R n+1 una qualsiasi carta intorno a γ(t 0 ). Per continuità, esiste ε 1 tale che γ(t 0 ε 1, t 0 + ε 1 ) V, per cui possiamo considerare la curva γ : (t 0 ε 1, t 0 + ε 1 ) R n+1 ottenuta componendo γ con ψ. Poiché γ è regolare, anche γ lo è. In particolare, γ (t 0 ) = v 0 0. Sia ora W un supplementare di span v 0 in R n+1, e {v 1,..., v n } ne sia una base. Sia infine n θ : (t 0 ε 1, t 0 + ε 1 ) R n R n+1, θ(t, a 1,..., a n ) = γ(t) + a i v i. L immagine del differenziale di θ in (t 0, 0,..., 0) contiene sia v 0 = γ (0) sia ciascun v i, i 1. Di conseguenza, tale differenziale è surgettivo, ed è pertanto un isomorfismo. Per il Teorema di invertibilità locale, si ha allora che esiste un intorno Ω di (t 0, 0,..., 0) in R n+1 tale che θ Ω sia un diffeomorfismo su un intorno aperto A di γ(t 0 ) in R n+1. A meno di restringere Ω, possiamo anche supporre che A sia contenuto in ψ(v ). Posto U = ψ 1 (θ(ω)), la mappa ϕ: Ω U ϕ = ψ 1 θ Ω 1 i=1
2 2 è una parametrizzazione locale intorno a γ(t 0 ). Inoltre, se ε > 0 è tale che (t 0 ε, t 0 + ε) {0} Ω, allora per ogni t (t 0 ε, t 0 + ε) si ha ϕ(t, 0,..., 0) = γ(t). Ciò significa che, letta tramite la carta ϕ 1, la curva γ ha velocità costante (e uguale al primo vettore e 1 della base canonica di R n+1 ). È ora facile concludere la dimostrazione del lemma. Infatti, per ogni i = 1,..., n sia w i = dϕ 1 γ(t 1 ) (v i), e osserviamo che e 1, w 1,..., w n è una base di R n+1. Per ogni t (t 0 ε, t 0 + ε), possiamo allora definire v i (t) = dϕ (t,0,...,0) (w i ). Per costruzione, tali v i (t) forniscono i campi vettoriali richiesti. Lemma 1.3. Sia γ : [0, 1] X una curva regolare. Allora esistono n campi vettoriali continui v i : [0, 1] R N lungo γ che soddisfano la seguente proprietà: per ogni t [0, 1], l insieme γ (t), v 1 (t),..., v n (t) fornisce una base positiva di T γ(t) X. Dimostrazione. Estendiamo γ (0) a una base positiva γ (0), v 1 (0),..., v n (0) di T γ(0) X, e sia t 0 l estremo superiore dei valori di s [0, 1] per cui esistano n campi vettoriali continui v i : [0, s] R N lungo γ che estendano la nostra scelta iniziale e che per ogni t [0, s] forniscano una base di T γ(t) X (tale insieme è ovviamente non vuoto, in quanto contiene 0). È sufficiente dimostrare che questo estremo superiore è in effetti un massimo, e che tale massimo è uguale a 1: infatti, dalla continuità di γ e dei v i segue immediatamente che la base γ (t), v 1 (t),..., v n (t), essendo positiva in t = 0, sarà allora positiva per ogni t [0, 1]. Sia ε > 0 il valore fornito dal Lemma 1.2 in corrispondenza di t 0. Se t 0 = 0 allora t 0 è chiaramente un massimo. Altrimenti, per definzione di estremo superiore, esistono t 1 (t 0 ε, t 0 ] e campi continui v i : [0, t 1 ] R N lungo γ tali che γ (t), v 1 (t),..., v n (t) è una base di T γ(t) X per ogni 0 t t 1. Per il Lemma 1.2, possiamo estendere questi campi a una base mobile continua di T γ(t) X su [0, t 0 ] (per cui t 0 è effettivamente un massimo) e, nel caso in cui t 0 1, anche su [0, t 0 + ε/2], il che contraddice la definizione di t 0. Ciò conclude la dimostrazione. Prima di dimostrare il Teorema 1.1, enunciamo e proviamo il seguente risultato, che afferma che, come funzione del valore regolare considerato per calcolarlo, il grado è localmente costante. Lemma 1.4. Sia f : M N, e sia y N un valore regolare per f. Allora esiste un intorno U di y in N tale che, per ogni z U, il valore z è regolare per f, e deg(f, z) = deg(f, y). Dimostrazione. Poiché y è regolare, f 1 (y) è un sottoinsieme discreto di M. Essendo M compatta, f 1 (y) è finito, e possiamo dunque porre f 1 (y) = {x 1,..., x k }. Per definizione di valore regolare, per ogni i = 1,..., k possiamo scegliere un intorno aperto connesso V i di x i in M tale che f Vi sia
3 un diffeomorfismo su un aperto di N. Notiamo anche che, per continuità, per ogni i la restrizione f Vi preserva l orientazione in ogni punto di V i, o inverte l orientazione in ogni punto di V i. In altre parole, ε(x) = ε(x i ) per ogni x V i. Sia ora U = (f(v 1 )... f(v k )) \ (f(m \ (V 1... V k ))). Poiché M \ (V 1... V k ) è compatto e l immagine di un compatto tramite una mappa continua è compatta, dunque chiusa, U è aperto in M. Inoltre, U contiene y per costruzione. Sia ora z U. Poiché U f(v i ), il punto z ha esattamente una preimmagine z i in V i. Inoltre, poiché U f(m \ (V 1... V k )) =, al di fuori dell unione dei V i non esistono controimmagini di z. Possiamo perciò concludere che z è un valore regolare per f, e deg(f, z) = k ε(z i ) = i=1 k ε(x i ) = deg(f, y). Procediamo ora con la dimostrazione del Teorema 1.1. Sia dunque y un valore regolare per f : X = M N. Per il Lemma 1.4, esiste un intorno U di y tale che deg(f, y) = deg(f, z) per ogni z U. Inoltre, per il Lemma di Sard esiste un valore y U regolare per g : X M. Se mostriamo che deg(f, y ) = 0, allora avremo deg(f, y) = deg(f, y ) = 0, come voluto. Possiamo perciò supporre fin d ora che y sia un valore regolare sia per g sia per f. Poiché y è regolare per g, l insieme g 1 (y) è una sottovarietà 1-dimensionale chiusa (dunque compatta) di X, ed è pertanto unione di un numero finito di archi e circonferenze. Inoltre, f 1 (y) consta esattamente delle estremità degli archi contenuti in g 1 (y). Pertanto, se A è un tale arco con estremità a 0, a 1 M, per concludere è sufficiente dimostrare che deg(f, a 0 ) + deg(f, a 1 ) = 0. Sia γ : [0, 1] A un diffeomorfismo (cioè una parametrizzazione regolare di A) e siano v i : [0, 1] R N i campi vettoriali forniti dal Lemma 1.3. Poiché g A è costante, sia ha dg γ(t) (γ (t)) = 0 per ogni t. Tuttavia, dg γ(t) è surgettivo, perciò per motivi dimensionali il differenziale dg γ(t) manda i vettori v 1 (t),..., v n (t) su una base B t di T y N. Se D t M(n n, R) è la matrice di cambio di base tra B 0 e B t, allora D 0 = Id, e t det D t è una funzione continua che non si annulla mai. Ne segue che det D 1 > 0, ovvero che B 0 B 1. Osserviamo ora che, essendo y regolare per f, il differenziale df a0 : T a0 M T y N è necessariamente iniettivo. Dunque γ (0) / T a0 M, e abbiamo lo spezzamento in somma diretta T a0 X = T a0 M span γ (0). Sia π : T a0 X T a0 M la proiezione associata a questo spezzamento, e poniamo v i (0) = π(v i (0)). Allora v 1 (0),..., v n(0) è una base di T a0 (M), che chiamiamo C 0. Poiché v i (t) = v i(t) + α i γ (0) per qualche α i R, per ogni i abbiamo che df a0 (v i (0)) = dg a 0 (v i (0)) = dg a 0 (v i (0)), per cui df a0 (C 0 ) = B 0. Inoltre, la i=1 3
4 4 matrice di cambio di base tra γ (0), v 1 (0),..., v n (0) e γ (0), v 1 (0),..., v n(0) è triangolare superiore con solo valore 1 sulla diagonale (in effetti, le uniche entrate diverse da 0 e 1 si trovano sulla prima riga), per cui γ (0), v 1 (0),..., v n(0) è una base positiva di T a0 X. Dunque, poiché γ (0) è un vettore interno, C 0 è una base negativa di T a0 M. Con procedimento del tutto analogo è possibile costruire una base C 1 di T a1 (M) tale che df a1 (C 1 ) = B 1. Tuttavia, poiché γ (1) è esterno, C 1 è una base positiva di T a1 M. La base positiva C 1 e la base negativa C 0 vengono mappate rispettivamente da df a1 e da df a0 su B 0 e B 1, che sono basi equivalenti di T y N. Ne segue che ε(a 0 ) + ε(a 1 ) = 0, come voluto. Ciò conclude la dimostrazione del Teorema 1.1. Corollario 1.5. Sia F : [0, 1] M N, siano f, g : M N definite da f(x) = F (0, x) e g(x) = F (1, x), e sia y un valore regolare sia per f sia per g. Allora deg(f, y) = deg(g, y). Dimostrazione. Poniamo M 0 = {0} M, M 1 = {1} M. L orientazione di M definisce un orientazione prodotto su [0, 1] M, la quale a sua volta induce un orientazione su M 0 e su M 1. Ripercorrendo le definizioni, è immediato verificare che il diffeomorfismo h i : M M i definito da h i (x) = (i, x) inverte l orientazione se i = 0, e la preserva se i = 1 (ciò è dovuto al fatto che il vettore tangente positivo di [0, 1] è interno in 0 ed esterno in 1). Da ciò segue immediatamente che deg(f M0 M 1, y) = deg(g, y) deg(f, y). Ma deg(f M0 M 1, y) = 0 per il Teorema 1.1, da cui la tesi. Possiamo ora dimostrare il seguente: Teorema 1.6. Sia f : M N. Allora, se y 1, y 2 sono valori regolari per f, si ha deg(f, y 1 ) = deg(f, y 2 ). In particolare, deg(f) = deg(f, y 1 ) è ben definito. Se g è omotopa ad f, allora deg(f) = deg(g). Dimostrazione. Per il Lemma di omogeneità, esiste un isotopia H : [0, 1] N N tale che H(0, y) = y per ogni y N e, se ψ : N N è il diffeomorfismo dato da ψ(y) = H(1, y), allora ψ(y 1 ) = y 2. Un facile argomento di continuità mostra che il diffeomorfismo ψ, essendo isotopo all identità, preserva l orientazione in ogni punto. Pertanto, se {x 1,..., x k } = f 1 (y 1 ) = (ψ f) 1 (y 2 ), allora il differenziale d(ψ f) xi è invertibile e ha lo stesso segno di df xi per ogni i = 1,..., k. Ciò mostra che y 2 è un valore regolare per ψ f e che deg(f, y 1 ) = deg(ψ f, y 2 ). D altronde, applicando il Corollario 1.5 alla mappa F : [0, 1] M N data da F (t, x) = H(t, f(x)) otteniamo che deg(f, y 2 ) = deg(ψ f, y 2 ), da cui infine deg(f, y 1 ) = deg(f, y 2 ), come voluto. Infine, se F : [0, 1] M è un omotopia tra le mappe f e g, allora per il Lemma di Sard esiste y N che è regolare sia per f sia per g. Sfruttando il Corollario 1.5 si ha allora e ciò conclude la dimostrazione. deg(f) = deg(f, y) = deg(g, y) = deg(g),
5 2. Il fibrato normale Introdurremo ora il fibrato normale di una varietà, mostrando che è esso stesso una varietà. Nell ultima sezione sfrutteremo tale oggetto per dimostrare l esistenza di un intorno tubolare. Sia M R N una varietà di dimensione n. Per ogni p M poniamo N p (M) = {v R N v T p (M) }, N(M) = {(p, v) R N R N p M, v N p (M)} R N R N. L insieme N(M) prende il nome di fibrato normale di M. Teorema 2.1. L insieme N(M) è una varietà di dimensione N. Dimostrazione. Sia U un sottoinsieme aperto di M. Allora l insieme N(U) = {(p, v) p U, v N p (M)} è uguale all intersezione di N(M) con U R N. Per definizione di topologia prodotto, quest ultimo insieme è aperto in M R n. Poiché chiaramente N(M) M R N, se ne deduce che N(U) è aperto in N(M). È pertanto sufficiente mostrare che, per ogni p M, esiste un aperto U di M che contiene p e tale che N(U) sia diffeomorfo ad un aperto di R N. Cominciamo fissando una parametrizzazione locale ϕ: Ω U, dove Ω è un aperto connesso di R n e U è un intorno aperto di p in M. Supponiamo anche per comodità che ϕ(0) = p, e poniamo k = N n. Ortonormalizzando i vettori ϕ/ x i tramite l algoritmo di Gram-Schmidt otteniamo campi ortonormali v k+1, v k+2,..., v N : Ω R n tali che v i (x) T ϕ(x) M e v i (x), v j (x) = δ ij per ogni x Ω, i, j {k + 1,..., N}. Completiamo i v i (0) ad una base di T p M tramite i vettori w 1,..., w k e consideriamo la funzione h: Ω R che al punto x associa il determinante della matrice che ha come colonne w 1,..., w k, v k+1 (x),..., v n (x). La funzione h è non nulla in 0 per cui, a meno di restringere Ω ed U, possiamo supporre che essa sia non nulla su tutto Ω, così che w 1,..., w k, v k+1 (x),..., v N (x) sia una base di R N per ogni x Ω. Per ogni i = 1,..., k, x Ω poniamo ora v i (x) = w i N j=k+1 w i, v j (x) v j (x). La funzione v i : Ω R n è liscia, e per ogni x Ω i vettori v 1 (x),..., v k (x) forniscono una base di N ϕ(x) (M). Consideriamo ora la funzione θ : Ω R k N(U), θ(x, a 1,..., a k ) = (ϕ(x), a 1 v 1 (x) a k v k (x)). Per costruzione, tale funzione è liscia e bigettiva. Mostrariamo che anche θ 1 è liscia. Per ogni x Ω, sia D(x) la matrice invertibile N N le cui colonne sono date dai vettori v i (x). Notiamo che, se q U, x = ϕ 1 (q) e v N q (M), allora le prime k entrate del vettore D(x) 1 (v) forniscono 5
6 6 esattamente le coordinate di v rispetto alla base v 1 (x),..., v k (x) di N q (M). Indichiamo il vettore costituito da tali entrate con π k (D(x) 1 (v)), e poniamo ψ : N(U) Ω R k, ψ(q, v) = ( ϕ 1 (q), π k (D(ϕ 1 (q))(v)) ) È immediato verificare che ψ è liscia r e fornisce l inversa di θ, e ciò conclude la dimostrazione, in quanto dim(ω R k ) = n + (N n) = N. 3. Intorno tubolare In questa sezione supporremo che M sia una varietà compatta n-dimensionale, immersa nello spazio Euclideo R N. Ricordiamo che, per ogni q R N, la distanza di q da M è definita come segue: d(q, M) = inf{d(q, x), x M}. Lemma 3.1. Per ogni q R n, esiste almeno un punto p M tale che d(q, p) = d(q, M). Inoltre, per qualunque punto p M di minima distanza da q si ha q p N p (M). Dimostrazione. La funzione f : M R, f(x) = q x 2 è liscia, per cui l esistenza di un punto di minimo è garantita dalla compattezza di M. Inoltre, se p è un tale punto di minimo, allora df p (v) = 0 per ogni v T p M. Ma df p (v) = 2 q p, v, per cui q p è ortogonale a tutti i vettori di T p M. Sia ε > 0 e consideriamo ora i seguenti insiemi: U ε (M) = {q R n d(q, M) < ε}, N ε (M) = {(p, v) N(M) v < ε}. Notiamo che, essendo un aperto di una varietà N-dimensionale, l insieme N ε (M) è esso stesso una varietà N-dimensionale. Inoltre, consideriamo la funzione θ : N(M) R N, θ(p, v) = p + v. Per quanto visto nel Lemma 3.1, per ogni ε > 0 si ha θ(n ε (M)) = U ε (M). Mostreremo che in effetti, per ε sufficientemente piccolo, la mappa θ si restringe a un diffeomoorfismo tra N ε (M) e U ε (M). Ciò ci permetterà di dare una descrizione molto precisa di U ε (M), che costituirà un così detto intorno tubolare di M in R N. Teorema 3.2. Esiste ε > 0 tale che valgano i fatti seguenti: (1) U ε (M) è un aperto di R N (e la restrizione di θ a N ε (M) stabilisce un diffeomorfismo tra N ε (M) e U ε (M)). (2) Per ogni q ε(m) esiste un unico punto r(q) M tale che d(q, M) = d(q, r(q)). (3) La funzione r : U ε (M) M definita al punto precedente è liscia. (4) La chiusura di U ε/2 (M) in U ε (M) è una varietà con bordo. La normale uscente in un punto q U ε/2 (M) è data da N(q) = (q r(q))/ q r(q).
7 Dimostrazione. Osserviamo che N(M) ed R N sono varietà della stessa dimensione, per cui i punti regolari di θ sono tutti e soli i punti che ammettono un intorno su cui θ si restringe a un diffeomorfismo locale. Cominciamo con il dimostrare che, per ogni p M, il punto (p, 0) è regolare per θ. Basta mostrare che dθ (p,0) è surgettivo, cioè che l immagine di dθ (p,0) contiene sia T p M sia N p (M). Per ogni vettore v T p M è possibile trovare una curva γ : ( ε, ε) M tale che γ(0) = p e γ (0) = v. Se γ : ( ε, ε) N(M) è definita da γ(t) = (γ(t), 0), allora θ(γ(t)) = γ(t), per cui dθ (p,0) (γ (0)) = v. Se invece v N p (M), allora la curva α: R N(M) definita da α(t) = (p, tv) è tale che dθ (p,0) (α (0)) = v. Abbiamo così mostrato che i punti in M {0} sono regolari per θ. Dalla compattezza di M si deduce allora che esiste ε > 0 tale che tutti i punti di N ε (M) sono regolari per θ: se così non fosse, esisterebbe una successione di punti (p n, v n ) N(M) critici per θ e tale che v n < 1/n per ogni n. A meno di estrarre sottosuccessioni potremmo supporre che la successione dei p n abbia limite in p M. Ma allora (p, 0) sarebbe un punto di accumulazione per l insieme di punti critici {(p n, v n )} n N. Poiché i punti critici di una funzione liscia costituiscono un chiuso del dominio della funzione, si avrebbe che anche (p, 0) sarebbe critico, il che contraddice quanto abbiamo dimostrato nel paragrafo precedente. Mostriamo ora che, a meno di rimpicciolire ε, possiamo supporre che θ sia iniettiva su N ε (M). Supponiamo per assurdo che esistano successioni (p n, v n ), (p n, v n) N(M) tali che v n e v n tendano a 0, che θ(p n, v n ) = θ(p n, v n) e che (p n, v n ) (p n, v n). Per compattezza di M, a meno di estrarre sottosuccessioni possiamo supporre che p n e p n tendano rispettivamente a p e p. Ma allora p = lim n (p n+v n ) = lim n θ(p n, v n ) = lim n θ(p n, v n) = lim n (p n+v n) = p. Tuttavia, per quanto dimostrato sopra esiste un intorno di (p, 0) = (p, 0) su cui θ è iniettiva. Ciò contraddice il fatto che definitivamente θ(p n, v n ) = θ(p n, v n), e fornisce la contraddizione richiesta. Abbiamo dunque dimostrato che esiste ε > 0 tale che la restrizione di θ a N ε (M) sia un diffeomorfismo locale iniettivo. Poiché dim N(M) = dim R N, ne segue che U ε (M) = θ(n ε (M)) è un aperto di R N, ed è perciò esso stesso una varietà di dimensione N. Inoltre, un diffeomorfismo locale iniettivo è automaticamente un diffeomorfismo, per cui il punto (1) è dimostrato. Sia ora q U ε (M), e sia p M un punto tale che d(q, p) = d(q, M). Per quanto dimostrato nel Lemma 3.1, esiste un vettore v N p (M) tale che v = q p, per cui in particolare v = d(q, p) = d(q, M) < ε. Ne segue che (p, v) N ε (M) e che θ(p, v) = q. Poiché la restrizione di θ a N ε (M) è iniettiva, ciò mostra che p è l unico punti di M di minima distanza da q. Posto p = r(q), abbiamo inoltre provato che, se π M : N(M) M è l ovvia proiezione, allora r = π M θ 1. In particolare, essendo composizione di funzioni lisce, r è liscia, e ciò conclude la dimostrazione dei punti (2) e (3). 7
8 8 Consideriamo ora la funzione liscia g : U ε (M) R, g(q) = q r(q) 2 = q r(q), q r(q). La chiusura U ε/2 (M) di U ε/2 (M) in U ε (M) coicide con l insieme g 1 ((, ε 2 /4]), per cui per mostrare che U ε/2 (M) è una varietà con bordo è sufficiente provare che ε 2 /4 è un valore regolare per g. Tuttavia, per ogni q U ε (M) e v T q (U ε (M)) = R N si ha q r(q) N r(q) (M), dr q (v) T r(q) (M), per cui q r(q), dr q (v) = 0. Se ne deduce che dg q (v) = 2 q r(q), v dr q (v) = 2 q r(q), v. In altre parole, il gradiente di g in q è dato da 2(q r(q)), e pertanto si annulla se e solo se q = r(q), ovvero se e solo se q M. Di conseguenza ε 2 /4 è un valore regolare per g, e U ε/2 (M) è una varietà con bordo. Inoltre, lo spazio tangente al bordo di U ε/2 (M) in q è dato proprio dal kernel di dg q, ovvero dall ortogonale del gradiente di g in q. Pertanto, q r(q) è un vettore normale a U ε/2 (M) per ogni q U ε/2 (M). È infine immediato verificare che tale vettore è esterno a U ε/2 (M), e ciò conclude la dimostrazione.
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