PROCESSI A BIOMASSA ADESA A LETTO MOBILE

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1 PROCESSI A BIOMASSA ADESA A LETTO MOBILE INTRODUZIONE I reattori a biomassa adesa a letto mobile sono particolari tipologie di reattori a letto sommerso in cui la biomassa si sviluppa su supporti che non mantengono fisse né le mutue posizioni né quelle relative al reattore: gli elementi di supporto della biomassa sono pertanto liberi di muoversi in tutto il reattore biologico. [16] Tali reattori possono essere realizzati con o senza ricircolo del fango dal sedimentatore secondario. Nel caso non sia previsto il ricircolo, i reattori a biomassa adesa si definiscono puri, mentre nel caso in cui i fanghi vengano ricircolati si parla di reattori a biomassa adesa ibridi o a biomassa mista (adesa+sospesa). Questi innovativi sistemi a biomassa adesa contano ancora poche applicazioni in Italia, ma si sono diffusi negli ultimi anni soprattutto nel nord Europa, e risultano particolarmente indicati per l adeguamento di impianti esistenti, grazie alla semplicità di realizzazione e di gestione che li caratterizza. 1 PRINCIPI DEI SISTEMI A LETTO MOBILE I reattori a letto mobile sono costituiti da vasche all interno delle quali vengono mantenuti in movimento elementi di supporto, che possono essere realizzati in diversi materiali, e sui quali si sviluppa la pellicola biologica. Il movimento degli elementi è garantito dal sistema di insufflazione di aria o da miscelatori meccanici; questo garantisce la realizzazione di reattori a completa miscelazione, quindi si riduce la presenza di zone idraulicamente morte e si sfrutta al massimo il volume disponibile. Le vasche sono dotate di opportune griglie per evitare il trascinamento e la fuoriuscita degli elementi dal reattore. Le principali caratteristiche dei reattori a letto mobile possono essere così riassunte: - operano in continuo, non sono soggetti ad intasamento, grazie al loro elevato grado di vuoto, e pertanto non richiedono controlavaggi; 1

2 - presentano limitate perdite di carico, in quanto non si ha la formazione di percorsi preferenziali tra i supporti; - il tempo di residenza cellulare è svincolato dal tempo di ritenzione idraulica; in tal senso la stabilità e l affidabilità del processo sono molto elevate: il trattamento è autoregolato e indipendente dalle caratteristiche di sedimentabilità delle pellicole di spoglio; - hanno una buona versatilità in fase di gestione: è possibile variare il tasso di riempimento (sempre) e il rapporto di ricircolo dei fanghi (nei reattori ibridi).[23], [17]. 1.1 Tipi di reattori I sistemi MBBR [24] possono essere rappresentati in modo schematico come reattori bifasici (fase liquida e supporti solidi) o trifasici (fase liquida, gassosa e supporti solidi). Nei reattori a letto mobile bifasici il mezzo di riempimento solido è in libero movimento all interno della fase liquida. Questa configurazione si presta per reattori anossici realizzati per ottenere la denitrificazione o per reattori anaerobici volti alla rimozione del fosforo. In entrambi i casi, la movimentazione dei supporti è ottenuta mediante installazione di miscelatori meccanici. I reattori a letto mobile trifasici sono caratterizzati dalla presenza simultanea della fase solida (supporti), della fase liquida e gassosa (aria od ossigeno puro). La movimentazione è assicurata dall insufflazione di aria mediante diffusori posizionati sul fondo della vasca. Fig. 1.1: Reattore trifasico e bifasico. [23] 2

3 1.2 Parametri caratteristici dei reattori Come già detto, i processi a letto mobile si caratterizzano per il fatto che la biomassa si sviluppa su un mezzo di supporto che, diversamente dai fiocchi di fango attivo, ha una densità diversa da quella dell acqua, ed essendo impermeabile, occupa un volume non trascurabile, seppur piccolo, dell intera vasca; ne segue che il volume occupato dalla fase liquida è minore del volume dell intera vasca. [24] I parametri più significativi nella realizzazione dei reattori sono: 1) il tasso di riempimento: 2) il grado di vuoto; 3) la superficie specifica del reattore; 4) il grado di spostamento della fase liquida. Per la loro definizione è opportuno introdurre le seguenti grandezze: V S = volume apparente (pieni+vuoti) occupato dal supporto nella vasca vuota [m 3 ]; V P = volume effettivo (solo pieni) occupato a secco dal mezzo si supporto [m 3 ]; V L = volume della fase liquida [m 3 ]; V TOT = volume totale della vasca (fase liquida +solida) fino al livello di riempimento massimo [m 3 ]. Il tasso di riempimento rappresenta il rapporto tra il volume apparente e il volume totale: f S = V V S TOT (6.1) Il valore può variare da 0 a f s,max < 1 ed in particolare risulta: - 0, per V S = 0, cioè quando non ci sono supporti mobili; - f s,max, oltre il quale la miscelazione dei supporti risulta impossibile. Il tasso di riempimento massimo per i principali supporti mobili è pari a 0.7. Il grado di vuoto è il rapporto tra il volume della fase liquida presente in vasca ed il volume totale del reattore: f V = V V L TOT (6.2) Può essere visto come rapporto di proporzionalità tra il tempo di ritenzione idraulica effettivo e quello che si avrebbe nel caso di vasca priva di mezzi di supporto (tempo di ritenzione idraulica convenzionale). 3

4 La superficie specifica del reattore è il rapporto tra la superficie disponibile per l adesione e lo sviluppo della pellicola ed il volume del reattore; essa si calcola come prodotto della superficie specifica del mezzo ed il tasso di riempimento: S S = f S S SP (6.3) E pertanto un indice della concentrazione di biomassa adesa che è possibile mantenere nel reattore biologico. Il grado di spostamento della fase liquida rappresenta il rapporto tra il volume effettivo ed il volume totale del reattore, secondo la seguente espressione: f p = V V P TOT = 1 - V V L TOT = 1 f V (6.4) 1.3 Materiali di riempimento I riempimenti per i reattori a letto mobile si distinguono per alcune caratteristiche quali la forma, la dimensione, il materiale, la densità, la porosità e la superficie specifica. La forma dei supporti è caratterizzata dalla presenza di cavità interne in grado di proteggere il biofilm dall abrasione; a questo scopo si prestano bene strutture tubolari, delle quali si colonizza la parte interna, o strutture reticolari porose. Anche la carica elettrostatica e la natura idrofilica o idrofoba dei materiali possono influenzare la capacità di adesione da parte della pellicola biologica. Il materiale utilizzato deve inoltre presentare una elevata stabilità chimica (resistenza ad acidi o basi) e biologica (non biodegradabilità). Infine gli elementi devono possedere buone caratteristiche di resistenza all usura, in modo da garantire un periodo di vita di diversi anni, ammortizzando pertanto nel tempo i costi di investimento. I mezzi di riempimento possono essere classificati in due categorie a seconda del meccanismo fisico che viene coinvolto: - adesione ad una superficie; - intrappolamento entro una matrice porosa. Il primo prevale nei casi in cui il biofilm si sviluppa su una superficie liscia; il secondo è predominante in elementi con struttura reticolare o spugnosa. 4

5 Fig. 1.2: Meccanismi fisici di adesione ed intrappolamento del biofilm sul supporto. [24] Secondo questa distinzione, gli elementi di riempimento sono distinti in: - elementi rigidi a canale aperto: sono in genere di forma cilindrica o troncoconica cava e sono realizzati in polietilene o polipropilene; il biofilm vi si sviluppa per adesione; sono di questo tipo i supporti Flocor-RMP, Natrix, Kaldnes ; - elementi in materiali porosi: sono generalmente in poliuretano espanso ed il meccanismo di formazione della biomassa avviene per intrappolamento. Sono tali i supporti Captor e Linpor. In tabella sono indicate le principali caratteristiche dei materiali più usati. Tab. 3.1: Confronto tra le caratteristiche dei mezzi di riempimento. [24] tipo materiale dimensioni elementi rigidi a canale aperto Natrix C Natrix Maxi Natrix Optima Flocor RMP Flocor RMP-HSP Flocor RMP-BCN KMT-K1 polietilene polietilene polietilene polipropilene polipropilene polipropilene polietilene D 31/35 mm h 31 mm D 52/64 mm h 50 mm D 60 mm h 50 mm D 15/20 mm h 20/30 mm D 15/20 mm h 20/30 mm D 23/26 mm h 20/30 mm D 10 mm h 7 mm densità [g/cm 3 ] porosità sup.specifi ca [m 2 /m 3 grado di riemp. ] 1, % 1, % 1, % 0,92-0,96 0, % 1,00-1,04 0, % 1,00-1,04 0, % 0,95 0, % KMT-K2 polietilene D 15 mm h 15 mm 0, % Elementi in materiali porosi Captor poliuretano 25x25x12,5 mm 3 1 0, Linpor poliuretano 12x12x12 mm 3 0, pori/cm % 5

6 1.4 Impieghi e schemi applicativi dei sistemi a letto mobile I processi a biomassa adesa a letto mobile vengono impiegati per svolgere i seguenti trattamenti, come indicato in figura [23]: - rimozione della sostanza organica (COD); - nitrificazione; - rimozione dell azoto (nitrificazione e denitrificazione); - rimozione biologica del fosforo. Fig. 6.3: Schemi applicativi tipici dei processi a biomassa adesa a letto mobile. [23] Questi sistemi sono usati sia per la costruzione di filiere depurative ex-novo a biomassa adesa pura, sia per il potenziamento di impianti a fanghi attivi già esistenti, (con l aggiunta di vasche a biomassa adesa pura dopo il sedimentatore secondario oppure con l introduzione dei corpi di riempimento direttamente nelle vasche). Gli schemi applicativi di tali trattamenti sono pertanto sia i processi a biomassa adesa puri sia i processi integrati ibridi. 6

7 Reattori a biomassa adesa puri Nei reattori puri l assenza del circuito di ricircolo cellulare determina l accrescimento della biomassa esclusivamente sui mezzi di supporto; il sedimentatore finale serve soltanto a separare le pellicole di spoglio dal surnatante e per questo è possibile sostituire il comparto di decantazione con un flottatore o anche con uno stadio di filtrazione. Reattori a biomassa ibrida Nei reattori ibridi invece i fanghi separati nel sedimentatore vengono in parte ricircolati in testa all impianto, mentre un aliquota viene estratta come fango di supero. Lo scopo dei processi ibridi, infatti, è quello di specializzare biomasse autotrofe nitrificanti sui mezzi di riempimento confinati in un settore costantemente aerato, mentre la biomassa sospesa, sostanzialmente eterotrofa, può essere ricircolata dai settori aerati a quelli non aerati, per favorirne l arricchimento in batteri denitrificanti e/o fosforo-accumulanti. Tipicamente i processi integrati, che accoppiano biomasse adese e sospese, permettono di realizzare impianti a fanghi attivi più compatti o di incrementare l età globale del fango senza aumentare il carico dei solidi sul sedimentatore finale. 2 PROCESSO CAPTOR Il processo Captor (Captivated Sludge Process) è nato alla fine degli anni Settanta nell ambito degli studi condotti presso il Dipartimento dell Ingegneria Chimica dell Università di Manchester sull uso dei mezzi di supporto per la biomassa adesa nei processi di fermentazione industriale. Lo scopo del processo, tipicamente aerobico a biomassa adesa pura, è di incrementare la concentrazione di biomassa nel reattore al fine di ridurre il carico del fango ed ottenere migliori rendimenti di rimozione della sostanza organica e di nitrificazione, ovvero, a parità di rendimento, minori volumetrie del reattore biologico. Lo sviluppo del processo, che ha condotto all attuale configurazione del mezzo di supporto Captor, è stato finalizzato all individuazione di quel corpo di riempimento che avesse una porosità abbastanza alta da massimizzare la colonizzazione di biomassa ma che non intrappolasse le bolle d aria; queste ultime infatti a supporto pulito ne determinerebbero il galleggiamento sulla superficie dell acqua. [23] 7

8 Toroidi in polipropilene I primi mezzi di supporto sperimentati avevano forma di toroidi con diametro esterno di 53 mm ed interno di circa 12mm. Erano realizzati in polipropilene con densità 0.91 g/cm 3 e porosità La forma è indicata in figura 6.4 : Fig. 6.4: Toroidi in polipropilene tipo Captor. [24] Sono stati condotti diversi test al fine di valutare la possibilità di movimentazione in funzione della quantità di elementi aggiunti e misurare l energia richiesta per l insufflazione d aria che garantisce la movimentazione. La massima concentrazione di toroidi raggiungibile in vasca è di 9000 toroidi/m 3. Questi elementi permettevano concentrazioni di biomassa in vasca per nulla superiori a quelle dei fanghi attivi tradizionali ed inoltre la forma dei supporti determinava l instaurarsi di condizioni anaerobiche nelle zone interne, diminuendo l efficienza di nitrificazione. In seguito ai problemi riscontrati, sono stati sviluppati elementi di forma cubica, anch essi realizzati in polipropilene. Prismi in polipropilene I prismi differivano sostanzialmente dai toroidi in quanto più deformabili e caratterizzati da pori più piccoli. La forma è indicata in figura 6.5(A). La porosità era pari a 0.96, e questo rendeva più facile la loro movimentazione, diminuendo il consumo di energia. Tuttavia il problema dei pori troppo piccoli (soggetti ad intasamento) ha indotto a studiare prismi in materiali diversi dal polipropilene. 8

9 Prismi in spugna poliuretanica Tali supporti hanno una struttura reticolare a minore porosità e con la forma in figura 6.5(B). La porosità è pari a 0.97 e la densità degli elementi raggiunge circa 1.0 g/cm 3 dopo la colonizzazione. Una possibile limitazione all uso delle spugnette poliuretaniche è che tali mezzi di supporto tendono ad accumulare sostanze oleose, con conseguente inibizione dell attività batterica. Fig. 6.5: Prismi in polipropilene e in spugna poliuretanica tipo Captor. [24] Una caratteristica peculiare del sistema Captor, che d altra parte ne costituisce un limite, è la necessità di periodici lavaggi (spremiture) per consentire la separazione della biomassa di supero, controllando così l accumulo di biomassa adesa nel supporto. Questa operazione serve per: - controllare il tempo di residenza cellulare della biomassa, evitandone un eccessiva mineralizzazione e perdita di attività biologica; - mantenere liberi parte dei pori e favorire l intrappolamento dei solidi sospesi; - migliorare la capacità di trasporto dei substrati nelle parti più interne dei supporti. L originario sistema di pulizia delle spugnette è schematizzato in figura 6.6.Un air-lift prelevava i supporti dalla vasca e li scaricava su un nastro trasportatore, sul quale agivano uno o due rulli di disidratazione per aumentare la concentrazione del fango; successivamente i supporti venivano passati su due rulli a contatto, rotanti in verso opposto, che effettuavano la vera spremitura della spugnetta, separandola dal fango di supero. 9

10 Fig. 1.6: Sistema di pulizia delle spugnette nel processo Captor. [23] Tuttavia questo sistema si è rivelato inadeguato, non rispondendo alle aspettative teoriche, infatti, le concentrazioni di biomassa estratta erano inferiori di quelle ipotizzate. Inoltre il sistema era inaffidabile dal punto di vista meccanico, in quanto i solidi venivano rilasciati direttamente in vasca a causa dell elevata turbolenza prodotta dall air-lift, e si è mostrato inadeguato alle basse temperature. Questi problemi sono stati risolti con l introduzione di una pompa centrifuga come sistema di pulizia; le spugnette pulite e i solidi separati vengono scaricati all interno della vasca. Si prevede comunque un tasso di sostituzione annua delle spugnette pari al 5%, in quanto subiscono un deterioramento meccanico. 2.1 Applicazioni Il processo Captor può essere utilizzato per: 1) la rimozione della sostanza organica; 2) la nitrificazione; 3) la denitrificazione. 10

11 L uso più classico è nell ambito dell abbattimento del COD, anche se nello specifico l applicazione maggiore è come pretrattamento di sgrossatura; essa ha dato risultati soddisfacenti sia in termini di solidi sospesi sia per la sedimentabilità del fango. La nitrificazione è ottenuta applicando il processo Captor sia in sistemi di trattamento secondari che terziari e anche in processi ibridi. Meno comune è l impiego del processo per la denitrificazione: la denitrificazione simultanea è abbastanza comune nei trattamenti a biomassa adesa, perché nella pellicola biologica si creano delle condizioni redox per cui, anche all interno del reattore aerobico dove avviene la nitrificazione, possono esistere degli strati più profondi della pellicola biologica in condizioni anossiche. Il rendimento medio di denitrificazione non supera il 50-60%. [23] 3 PROCESSO LINPOR Il processo Linpor è stato sviluppato in Germania nello stesso periodo del processo Captor (fine anni Settanta) con gli obiettivi di: - incrementare la concentrazione di biomassa nel reattore; - ridurre il carico del fango al sedimentatore; - migliorare la sedimentabilità dei fanghi; - aumentare le rese di nitrificazione, denitrificazione e abbattimento del COD. Gli elementi di supporto sono costituiti da piccoli cubi realizzati con materiali poliuretanici porosi [23] a struttura reticolare, di lato circa 12 mm e porosità elevata (15-20 pori/cm), che vengono immersi in reattori con tasso di riempimento massimo del 30%. Esistono diverse applicazioni del processo Linpor a seconda degli obiettivi di depurazione e del tipo di influente: - Linpor-C è un processo aerobico progettato per la rimozione della sostanza organica; è un processo ibrido in quanto le pellicole di spoglio vengono fatte sedimentare e successivamente ricircolare nel reattore biologico; - Linpor-CN, impiantisticamente simile al precedente, viene utilizzato applicando carichi organici inferiori, al fine di favorire la nitrificazione e la denitrificazione simultanea; - Linpor-N è un classico processo a biomassa adesa puro di nitrificazione terziaria, in cui non solo non si effettua il ricircolo della biomassa, ma non si prevede neppure 11

12 la sedimentazione finale, a causa dei ridotti rilasci di biomassa autotrofa da parte dei supporti. [23] 4 PROCESSO FLOCOR-RMP Sviluppato alla fine degli anni 90, Flocor-RMP è un processo biologico aerobico, anossico o anaerobico, a biomassa adesa pura, che finalizzato ad incrementare l efficienza di rimozione della sostanza organica e dei nutrienti e migliorare la gestione e la regolazione degli impianti. I supporti sono elementi di forma cilindrica cava, di diametro mm e altezza mm, come in figura 6.7(A). Essi sono realizzati in polipropilene con densità g/cm 3 e porosità 0.94; presentano una superficie specifica teorica di 350 m 2 /m 3, ma quella effettiva disponibile all attecchimento (parte interna del supporto) è 160 m 2 /m 3. A B Fig. 1.7: Elementi Flocor-RMP e Flocor-RMP-HSP. [24] E stato successivamente sviluppato un altro tipo di supporto plastico, Flocor-RMP-HSP, mostrato in figura 6.7(B): è simile ai precedenti, ma dotato di una croce interna: questo semplice accorgimento permette di aumentare notevolmente la superficie specifica, fino a 285 m 2 /m 3. Questo processo è stato usato finora esclusivamente per la rimozione della sostanza organica e la nitrificazione. Le applicazioni pratiche vedono la combinazione della rimozione del COD a monte di un impianto a fanghi attivi originariamente troppo caricato. 12

13 5 PROCESSO NATRIX Il processo Natrix è stato sviluppato nella prima metà degli anni Novanta dalla società svedese Anox Biosystem ed è stato brevettato nel 1997 in tutta Europa. Il sistema viene utilizzato per: - la rimozione della sostanza organica: trattamento biologico, sgrossatura, affinazione; - nitrificazione con reattore a biomassa adesa puro od ibrido; - denitrificazione come post-denitrificazione a valle di un processo di nitrificazione. Gli elementi di supporto sono realizzati in polietilene ad alta densità mediante stampaggio ad iniezione; la loro densità, quando non sono colonizzati, è in genere maggiore di quella dell acqua (1.02 g/cm 3 ); sono utilizzati con tassi di riempimento massimi del 60%. I supporti sono di forma cilindrica o troncoconica con dimensioni tra i 30 e i 60 mm. (figura 6.8); ne esistono tre tipologie, ved. Tab Fig. 1.8: Elementi Natrix. [24] Tab. 1.2: Confronto tra le tre tipologie dei supporti Natrix. [23] Parametro Tipo C (2) Tipo M (2) Tipo O (1) Forma (mm) Troncoconica Troncoconica Cilindrica Lunghezza (mm) Diametro (mm) N supporti in mucchio (#/m 3 ) N alette interne (#/supporto)

14 I principali vantaggi offerti da questi corpi di riempimento sono così riassunti: - sono aperti al passaggio di acqua e gas in tutte le direzioni, facilitando il trasferimento di substrati ed ossigeno e diminuendo il rischio di formazione di zone morte e di occlusione; - le dimensioni relativamente grandi rendono più flessibile la scelta delle griglie di trattenimento degli elementi: queste possono avere luci abbastanza grandi e quindi diminuisce il rischio di un eventuale intasamento; - sono versatili nel caso di acque reflue influenti con elevato contenuto di solidi sospesi; in questo processo non è quindi richiesta la sedimentazione primaria. 6 PROCESSO KALDNES Il processo Kaldnes KMT (Kaldnes Miljøteknologi Tønsberg), noto anche come Moving Bed Biofilm Process, è stato sviluppato sin dal 1987 dall Università norvegese di Scienza e Tecnologie (prof. Ødegaard e coll). Questo tipo di supporto è attualmente brevettato in tutta Europa. Lo scopo del processo è simile al Flocor-RMP: esso viene impiegato sia in processi aerobici, sia anossici per la denitrificazione, sia anaerobici per la rimozione del fosforo. E sempre necessario avere la decantazione secondaria, per rimuovere le pellicola di spoglio che si staccano dai supporti. Le applicazioni su scala reale riguardano sia la realizzazione di nuovi impianti, sia l upgrading di piccoli impianti sovraccaricati. 6.1 Supporti I supporti sono cilindretti a canale aperto in polietilene ad alta densità, di due differenti tipologie [24]: Supporto K1 Il supporto originale, denominato K1, è un cilindro dotato di una croce interna che forma quattro canali separati; sulla superficie esterna è dotato di alette longitudinali disposte a raggiera (fig. 6.9); la densità degli elementi non colonizzati è leggermente inferiore a quella dell acqua, per questo motivo, quando essi vengono immessi per la prima volta nel reattore, tendono a rimanere a galla e presentano difficoltà di miscelazione. La porosità degli elementi è pari a La superficie specifica teorica è di m 2 /m 3, ma essendo i supporti colonizzati solo sulla parte interna (che è protetta da urti e collisioni tra i 14

15 singoli elementi), la superficie specifica disponibile all attecchimento è quindi pari a 500 m 2 /m 3. Inoltre, giacché il grado di riempimento massimo utilizzabile con questo tipo di supporti è pari al 70%, la superficie specifica effettivamente presente risulta al massimo di = 350 m 2 /m 3. Fig. 1.9: Supporti Kaldnes K1 e K2. [23] E possibile anche trovare una correlazione tra grado di spostamento della fase liquida in funzione del grado di riempimento, come indicato nella figura Fig. 1.10: Correlazione tra grado di spostamento della fase liquida e grado di riempimento. [24] 15

16 Supporto K2 Il supporto K2 è simile al K1, ma è stato sviluppato di recente (1999): esso presenta dimensioni maggiori (15 mm in altezza e diametro) per consentire di trattare liquami che non abbiano subito la sedimentazione primaria, potendosi usare griglie con luci più ampie. La superficie disponibile all attecchimento è minore (315 m 2 /m 3 ), e anche questi supporti prevedono un grado di riempimento massimo del 70%. In tabella 6.3 vengono confrontati i due tipi di supporti. Tab. 1.3: Confronto tra le caratteristiche dei corpi di riempimento Kaldnes. [23] PARAMETRO SUPPORTO K1 SUPPORTO K2 Lunghezza (mm) 7 15 Diametro (mm) Densità (g/cm 3 ) Porosità N supporti in mucchio (#/m 3 ) Superficie sviluppata da un supporto Totale (mm 2 /supporto) Effettiva (mm 2 /supporto) Superficie specifica intrinseca Totale (m -1 ) Effettiva (m -1 ) La miscelazione in condizioni anossiche o anaerobiche avviene attraverso l uso di miscelatori sommersi ad asse orizzontale, disposti trasversalmente al flusso, con pale larghe e a basso numero di giri. In reattori aerobici invece il tipico sistema di mescolamento è l aerazione stessa, a bolle medio-grosse, costituito da una rete di tubazioni in acciaio dotate di fori da 4 mm tali da consentire tassi di trasferimento di ossigeno sufficienti all ossidazione del refluo. Fino alla fine degli anni 90, sono stati commissionati 121 impianti in tutto il mondo, di cui 75 per il trattamento di acque reflue urbane (24 in Norvegia, 20 in Svezia, 14 in UK, 4 in Svizzera, 2 in Germania e Italia) e 46 per il trattamento di acque reflue industriali (12 in Giappone, 11 in Norvegia, 6 negli USA, 4 in Svezia, 3 in Germania e Italia). [23] 16

17 6.2 Applicazioni Rimozione della sostanza organica Il processo Kaldnes viene impiegato per la rimozione della sostanza organica come trattamento secondario, trattamento di sgrossatura, trattamento di filtrazione su letto flottante e trattamento di acque reflue industriali. L applicazione del processo Kaldnes come trattamento secondario ha dato ottimi risultati (concentrazione di BOD nell effluente inferiore a 15 mg/l) in piccoli impianti, multistadio e dotati di predenitrificazione; Esso è usato come trattamento di sgrossatura o upgrading in impianti già esistenti o che richiedono limiti allo scarico più restrittivi. Ødegaard e collaboratori hanno eseguito prove su un impianto pilota di laboratorio per verificare i massimi carichi applicabili in un sistema monostadio e per studiare l influenza delle dimensioni e della forma dei supporti sulle prestazioni degli MBBR. I risultati ottenuti sono elencati di seguito: - Il parametro di confronto tra i vari reattori a letto mobile deve essere il carico superficiale, e non il carico volumetrico; - La differenza sostanziale tra i vari supporti è la dimensione, e quindi la superficie specifica, non tanto la forma; - Il tempo di ritenzione idraulica nel bioreattore influisce sul processo se è superiore alle 2-3 ore, tale cioè da consentire l idrolisi del substrato organico e la degradazione della sostanza organica solubile lentamente biodegradabile; - Con elevati carichi organici e bassi tempi di ritenzione si riesce a massimizzare la rimozione della sostanza organica; - La sedimentabilità delle pellicole di spoglio decresce al crescere del carico applicato, richiedendo l eventuale applicazione di un trattamento di flocculazione chimica a monte della sedimentazione. L utilizzo del processo Kaldnes per il trattamento di acque reflue industriali con elevati carichi volumetrici ha richiesto l impiego di sistemi multistadio. Nitrificazione La nitrificazione attraverso il processo Kaldnes può essere combinata con la denitrificazione, realizzando una successione di reattori aerati ed anossici, oppure può essere indipendente dalla denitrificazione, in bioreattori preceduti da chiariflocculazione. 17

18 Diversi studi sono stati compiuti in impianti, sia pilota sia reali, per il trattamento delle acque reflue di natura civile ed industriale. Di seguito sono esposti i risultati degli studi condotti da Hem e collaboratori: - in processi di nitrificazione terziaria, in assenza di carico organico e di solidi sospesi (solo liquame sintetico costituito da una soluzione di cloruro di ammonio), la cinetica di nitrificazione è limitata dall azoto ammoniacale nel caso di rapporti [O 2 ]/[NH + 4 ] > 5 g O 2 / g NH + 4 ; mentre è limitata dall ossigeno nel caso che il precedente rapporto sia < 2 g O 2 / g NH + 4 ; rapporti intermedi tra 2 e 5 g O 2 / g NH + 4 presentano i casi intermedi tra limitazione da ossigeno e da azoto ammoniacale; - in caso di presenza di carico organico (liquame reale in ingresso all impianto), la velocità di nitrificazione viene ridotta; è necessario garantire una concentrazione minima di ossigeno disciolto, al di sotto della quale la maggior attività eterotrofa degli strati superficiali del biofilm determina la sostanziale indisponibilità per la biomassa nitrificante sottostante. La velocità di nitrificazione in funzione dell ossigeno disciolto viene indicata nella figura Si noti l andamento lineare e come la nitrificazione cessi per valori di ossigeno disciolto inferiori a 2 mg/l. Fig. 1.11: Velocità di nitrificazione del processo Kaldnes in funzione dell ossigeno disciolto in vasca. [23] 18

19 Denitrificazione La denitrificazione è quasi sempre combinata con la nitrificazione, secondo gli schemi classici della pre-denitro (con utilizzo del carbonio presente nel liquame in ingresso) o post-denitro (con aggiunta di carbonio organico esterno). Rusten e collaboratori (1995) hanno condotto prove di pre-denitrificazione in un impianto pilota consistente di 6 reattori KMT, di cui da 2 a 4 anossici (e da 4 a 2 aerobici); essi ottennero i seguenti risultati: - difficoltà di una buona denitrificazione, a causa del basso contenuto di sostanza organica rapidamente biodegradabile nel liquame influente e dell ossigeno portato dal ricircolo nella vasca; - velocità globale di denitrificazione mai superiore a 0.4 g NO 3 -N/m 2 d; - resa di rimozione dell azoto compresa tra il 50 e il 70% in 6 ore; - ottimi risultati si sono ottenuti con rapporti di ricircolo pari a 2. [26] Studi sulla post-denitrificazione sono stati effettuati da Rusten e collaboratori su un impianto a scala reale con 8 reattori KMT di uguale volume, di cui 5 aerobici, 2 anossici e 1 di post-aerazione. Nell impianto è stato utilizzato metanolo come fonte di carbonio esterna, ottenendo velocità di denitrificazione massime pari a 2.33 g NO 3 -N/m 2 d, e con rapporti C/N minimi pari a 3. In tali condizioni i rendimenti di abbattimento dell azoto si aggirano intorno al 90%. [27]. 19

20 7 Bibliografia [16] Foladori P., Villa R., Più efficienza alla depurazione biologica da Tecnica S&M 1/99; [17] Masotti L., Depurazione delle acque- tecniche ed impianti di trattamento delle acque di rifiuto, ed. Calderini, Bologna 1987; [20] Dindo A., Miglioramento della nitrificazione in un impianto a fanghi attivi mediante letto mobile ibrido, Tesi di laurea in ingegneria chimica, Padova 2000; [21] Ryhner G., Sistema Biopur a biomasse fisse per acque di scarico urbane ed industriali da Recenti tendenze nella depurazione delle acque reflue: innovazioni tecnologiche e di processo, XLIV Corso di aggiornamento in Ingegneria Sanitaria Ambientale, a cura di Bonomo L.; Milano 26/02-01/03/1996; [[23] Pastorelli G., Processi a biomassa adesa a letto mobile, 52 Corso di aggiornamento in ingegneria Sanitaria, a cura di Bonomo L., Milano, 16-19/10/2000; [24] Andreottola G., Foladori P., Ragazzi M., Ziglio G., I reattori a letto mobile per il trattamento delle acque reflue- principi ed applicazioni, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università di Trento, 2001; [25] Odegaard H., Rusten B., Westrum T., A new moving bed biofilm reactorapplications and results, Water Science & Tecnology, vol.29, n.10-11, p , 1994; [26] Odegaard H., Rusten B., Hem L.J., Nitrogen removal from diluite wastewater in cold climate using MBBR, Water Environment Research, vol. 67, n.1, p.75-86, 1995; [27] Odegaard H., Rusten B., Silijudalen J., The development of the moving bed biofilm process, European Water Management, vol.2, n.3, p.36-43,

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