2. IMPIANTI SOVRACCARICATI

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1 I NUOVI LIMITI DI ACCETTABILITÀ DEGLI SCARICHI DEI DEPURATORI PUBBLICI INTERVENTI DI UPGRADING SUGLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE ESISTENTI Prof. Carlo Collivignarelli Ordinario di Ingegneria sanitaria-ambientale Dipartimento di Ingegneria Civile dell Università di Brescia, via Branze Brescia 1. PREMESSA L entrata in vigore del D.lgs 152/1999, successivamente modificato dal D.lgs 258/2000, introduce nuovi limiti di accettabilità per gli scarichi di acque reflue urbane (intese come acque reflue miste di provenienza domestica e industriale) e soprattutto criteri di valutazione diversi. Le principali novità introdotte possono essere così riassunte: nuovi limiti per BOD, COD e solidi sospesi (Tab. 1, All. 5); nuovi limiti per scarico in aree sensibili (Tab. 2, All. 5); necessità di controllare solo i parametri BOD, COD, solidi sospesi, N e P (questi ultimi nel caso di scarico in aree sensibili) per scarichi di acque reflue di origine prettamente domestica (o assimilabile); definizione della modalità di campionamento da adottare: campione medio composito su 24 ore; definizione del numero minimo di controlli da effettuare nell arco di un anno, in funzione della potenzialità dell impianto; possibilità di eccedere i limiti (per BOD, COD e solidi sospesi) di una determinata percentuale in un determinato numero di campioni nell arco dell anno. Per quanto riguarda BOD, COD e solidi sospesi, i limiti introdotti sono più bassi di quelli adottati oggi nella maggior parte dei casi. Ad esempio, per il BOD il nuovo limite è di 25 mg/l, contro i 40 mg/l in genere adottati (desunti dalla Tab. A della L. 319/76). In realtà, però, un confronto tra le due situazioni va effettuato tenendo conto che nel secondo caso il campionamento può essere istantaneo, quindi il rispetto del limite è dipendente dall istante in cui viene effettuato il prelievo. Considerando la ben nota variabilità delle caratteristiche di un liquame nell arco della giornata, si può ritenere che, in prima approssimazione, non vi sia grande differenza tra i limiti oggi in vigore e quelli introdotti dal D.lgs. 152/99. Peraltro, un impianto in condizioni normali di funzionamento riesce a garantire il rispetto dei limiti su BOD, COD e solidi sospesi senza particolari difficoltà. Diverso è invece il caso dei nutrienti per scarichi in aree sensibili. I nuovi limiti sono uguali o superiori a quelli indicati nella Tab. A della L. 319/76 per scarichi a lago (si tenga presente ad esempio che per l azoto il limite è uguale a quello precedente, 10 mg/l di azoto totale, ma solo per impianti di potenzialità superiore ai AE altrimenti è 15 mg/l e riferito alla media annuale; in alternativa è possibile far riferimento al valore giornaliero, comunque mediato sulle 24 ore, in tal caso elevando il limite a 20 mg/l e verificandone il rispetto solo se la temperatura del liquame è pari almeno a 12 C). Da quanto sopra sembrerebbe dunque che, nel caso di acque reflue urbane, il nuovo decreto non introduca modifiche tali da comportare l upgrading degli impianti esistenti. In realtà altri due fattori molto importanti devono essere considerati: i limiti sui nutrienti andranno applicati agli scarichi nelle aree sensibili, che saranno sicuramente ben più estese dei soli laghi; in sostanza i limiti sui nutrienti andranno applicati anche ad impianti che oggi scaricano in corso d acqua, se questo sarà definito area sensibile;

2 le Regioni, nella redazione dei Piani di tutela delle acque, potranno adottare, nell ottica del raggiungimento degli obiettivi di qualità, limiti di accettabilità più restrittivi rispetto a quelli riportati nell All. 5 del decreto legislativo. In generale, quindi, si prospetta la necessità di intervenire su un gran numero di impianti di depurazione (secondo le scadenze temporali fissate dal decreto legislativo) per far fronte a due ordini di esigenze: incrementarne la potenzialità (come carico trattabile) migliorare le rese depurative (abbattimento in particolare dei nutrienti). Le possibilità di intervento sono molto numerose, sono attuabili sia a livello gestionale che costruttivo e possono riguardare pressoché tutte le fasi di trattamento. Le attuali tendenze sono in ogni caso quelle di sviluppare tecnologie che permettano la minimizzazione degli oneri di intervento, sia dal punto di vista degli investimenti (e quindi delle nuove strutture da realizzare), sia dal punto di vista dell esercizio (ricercando anche la semplicità gestionale). In questa relazione, vengono richiamati alcuni fra gli interventi proponibili (non si tratta comunque di un rassegna esustiva), cercando di indicare, di volta in volta, quando si tratta di interventi che possono definirsi consolidati (ovvero già applicati in diverse situazioni) e quando si tratta invece di sistemi non convenzionali (che di fatto non trovano larga diffusione, pur trattandosi in alcuni casi di sistemi noti da tempo, oppure che sono ancora in piena fase sperimentale). 2. IMPIANTI SOVRACCARICATI 2.1 PRE-TRATTAMENTI E TRATTAMENTI PRIMARI Un primo intervento che può essere attuato riguarda la fase di grigliatura. In molti casi gli impianti vengono già oggi dotati di dispositivi con passaggi più fini; è interessante citare la possibilità di adozione di fasi di grigliatura in posizioni non convenzionali (considerando la pratica corrente), come l installazione in canali di sfioro delle acque di pioggia o di by-pass delle fasi principali. Tale soluzione consente di bypassare un aliquota dell influente (che risulterebbe parzialmente depurato) sgravando le fasi successive. Nel caso della stacciatura, i rendimenti di rimozione del BOD 5 variano tra 15 e 20%; questa caratteristica, unita alla notevole compattezza, rende interessante la stacciatura come soluzione di alleggerimento di una fase biologica sovraccaricata, ad esempio in assenza della sedimentazione primaria. Pur riconoscendo i problemi di spazio (e/o profilo idraulico) connessi alla realizzazione ex novo di una fase di equalizzazione/omogeneizzazione, vanno evidenziati i vantaggi che ne conseguono sia a livello di smorzamento delle punte di portata/carico sia a livello di vero e proprio trattamento depurativo per effetto lagunaggio, specie nelle stagioni calde, con sviluppo di una biomassa sospesa poi rimossa in sedimentazione primaria. Va peraltro citata, a questo proposito, la possibilità di inserire nella vasca mezzi di supporto mobili per lo sviluppo di biomassa adesa. Per quanto riguarda la dissabbiatura, una interessante possibilità (non nuova, come concezione, ma poco applicata) consiste nell utilizzo del dissabbiatore aerato come vasca di aerazione di un primo stadio biologico a fanghi attivi, ad altissimo carico (C f = 3-6 kgbod 5 kgss -1 d -1 ). Dal sedimentatore primario, si deve derivare il ricircolo dei fanghi da pompare in testa al dissabbiatore modificato. Il trattamento biologico preesistente fungerebbe da secondo stadio, a basso carico. In uscita dalla vasca di sedimentazione primaria la rimozione del BOD 5 passerebbe da valori intorno al 25-30% a valori anche pari al 65% del carico in ingresso.

3 Per quanto riguarda la sedimentazione primaria, l adozione di uno stadio chimico-fisico in fase primaria è un sistema molto diffuso, in quanto comporta una serie di vantaggi connessi alla rapidità di avviamento (molto importante specie per far fronte alle oscillazioni di carico), all insensibilità ai composti tossici (eventualmente derivanti da scarichi industriali), alla relativa semplicità di gestione, alla possibilità di applicazione a liquami freddi o diluiti. E' possibile utilizzare la sedimentazione primaria come chiariflocculatore quando il carico eccedente la capacità del successivo trattamento biologico è costituito da materiale sospeso rimovibile mediante chiariflocculazione. I rendimenti di rimozione possono arrivare al 70-80% nei confronti del BOD 5. Il carbone attivo in polvere può essere utile, dosato per esempio nel dissabbiatore aerato e rimosso in sedimentazione primaria, per rimuovere composti poco biodegradabili eventualmente anche inibenti nei confronti della biomassa. L utilizzo di un trattamento chimico-fisico in fase primaria va comunque sempre attentamente verificato per quanto riguarda i sovraccosti indotti sia dal consumo di reattivi (soprattutto nel caso del carbone attivo) che dalla maggior produzione di fango (voci entrambe di notevole rilievo economico per gli impianti di elevata potenzialità). In taluni casi, il miglioramento della efficienza di sedimentazione può essere conseguito, senza alterare le caratteristiche funzionali del comparto, con semplici accorgimenti individuabili attraverso l effettuazione di verifiche idrodinamiche. Una soluzione, invero poco diffusa, per far fronte a sovraccarichi organici dell impianto, consiste nella conversione della vasca di sedimentazione primaria in reattore anaerobico (ad esempio di tipo UASB) non riscaldato. Il processo è tuttavia ancora in fase sperimentale. Volendo realizzare un trattamento chimico-fisico in fase primaria, la mancanza del sedimentatore impone la realizzazione di uno specifico comparto. In tal caso esistono oggi tecnologie che consentono investimenti ridotti operando ad alto carico idraulico, attraverso l uso, ad esempio, di comparti monoblocco con sedimentatori di tipo lamellare o flottatori (per i quali vengono dichiarati carichi idraulici applicabili di 8 m/h). Alcune proposte attuali spingono ad applicare la flottazione (aldilà dell uso specifico) come sostituzione migliorativa della sedimentazione primaria. Il vantaggio risiederebbe in un minore impegno di spazio conseguente ai più elevati carichi idraulici applicabili (per i sedimentatori si fa riferimento a valori di 1,5-2 m/h) e alla possibilità di sostituire contemporaneamente anche le fasi della dissabbiatura e della preaerazione. L adozione di un trattamento chimico può essere prevista anche solo in vista della possibilità di by-passare parte del liquame influente (assicurandone almeno un trattamento chimico-fisico) e quindi sgravare la fase biologica successiva. L installazione di un comparto biologico ad alto carico in primo stadio (come già sottolineato), consente di ridurre sensibilmente il carico gravante sul successivo sistema a fanghi attivi. Nel caso di realizzazione di un comparto ex-novo, va tuttavia valutata attentamente la fattibilità dell intervento, considerando ad esempio le modificazioni introdotte nel profilo idraulico. Una interessante possibilità è quella di ricorrere a tecnologie a biomassa adesa che però richiedono la presenza della sedimentazione primaria. Una modalità realizzativa efficace è quella che prevede il montaggio di un letto percolatore direttamente sopra il sedimentatore primario, che garantirebbe l allontanamento della biomassa di spoglio. E allora essenziale che a monte del letto percolatore venga installata almeno una microgriglia. 2.2 FASE BIOLOGICA Per quanto riguarda la fase biologica, è utile considerare separatamente gli interventi attuabili a livello gestionale e quelli di tipo strutturale INTERVENTI GESTIONALI

4 In assenza di una fase specifica di chiariflocculazione in fase primaria, si cita la possibilità (peraltro comunemente in uso) di dosare coagulanti e flocculanti in altri punti dell impianto, con l obiettivo di conseguire la rimozione dei solidi nel sedimentatore secondario. Un altro intervento consolidato consiste nel dosare carbone attivo (o coke) in polvere direttamente nella fase biologica (ed eventualmente anche a livello dei pretrattamenti - per esempio nel dissabbiatore aerato -, in questo caso a scopo di protezione della biomassa). Il ricorso al dosaggio di batteri liofilizzati può essere considerato nel caso di necessità di risolvere problemi di sovraccarico temporaneo, per ripristinare la corretta funzionalità del sistema biologico, qualora la stessa sia stata ridotta per un evento particolare (es.: presenza di sostanze tossiche/inibenti). In ogni caso, affinché questo provvedimento abbia esito positivo e, soprattutto, rimanga efficace nel tempo, devono essere ristabilite al più presto le condizioni idonee di processo (carico del fango, concentrazione di ossigeno disciolto, ecc.). In caso di sovraccarico organico, può essere necessario intervenire sul sistema di fornitura dell ossigeno per far fronte all incrementato fabbisogno. Tra le misure che possono essere prese a livello gestionale (e che peraltro vengono comunemente addottate) si ricordano le seguenti: incrementare il livello di immersione degli aeratori superficiali, azionare anche le apparecchiature di riserva, fornire ossigeno puro (o aria) in aggiunta, con sistemi amovibili, ecc.. Le operazioni a livello di portate di ricircolo e supero sono, naturalmente, all ordine del giorno nella gestione degli impianti. Un aumento del carico del fango conseguente a sovraccarico organico può essere controbilanciato con l incremento della concentrazione di solidi in vasca (aumento della portata di ricircolo e riduzione della portata di supero). Ciò potrebbe però comportare un insufficienza del sistema di fornitura dell ossigeno e/o un sovraccarico del sedimentatore finale in termini di flusso solido. Se al sovraccarico organico non si associa un sovraccarico idraulico, un eventuale aumento della portata di ricircolo dei fanghi può essere benefico perché riduce la permanenza del fango nel sedimentatore ed il rischio di setticità. Se il flusso solido nel sedimentatore risultasse eccessivo, occorrerebbe diminuire la concentrazione di solidi della miscela aerata. Ottenere questa diminuzione aumentando la portata dei fanghi di supero è rischioso perché si altera l'età del fango e quindi le condizioni di processo (un aumento sensibile dello spurgo è giustificato per ricambiare velocemente la biomassa, e va attuato solo in caso di accertata grave intossicazione della stessa; per accelerare il riavviamento dell impianto, e comunque solo se tutti gli altri parametri di processo sono stati riportati ai valori adeguati, si può ricorrere all inoculo di fango attivo prelevato da altro impianto o al dosaggio di batteri liofilizzati). In vasche configurate in modo da consentire l'alimentazione ripartita in più punti, la diminuzione della concentrazione dei solidi in vasca si può ottenere aumentando la frazione di liquame alimentata nelle sezioni più a valle della vasca di aerazione. Nel caso di sovraccarico idraulico, può essere utile, per diminuire il sovraccarico idraulico del sedimentatore, diminuire la portata di ricircolo dei fanghi. Questa operazione richiede di tenere sotto controllo la concentrazione di solidi in vasca di ossidazione (verificando che non tenda a ridursi) e le caratteristiche di sedimentabilità dei fanghi (per verificarne la completa evacuazione dal sedimentatore anche avendo ridotto la portata di estrazione). La verifica del comportamento idrodinamico dei reattori ossidativi (ma, in generale, anche di altri comparti come i sedimentatori, i dissabbiatori, i digestori, ecc.) può permettere di diagnosticarne il livello di funzionalità (quantificando ad esempio eventuali volumi morti, by-pass di portata, ecc.), suggerendo semplici interventi correttivi (migliorie ai sistemi di miscelazione, posizionamento di tubazioni, deflettori, ecc.). Queste prove, pur se conosciute ormai da anni e di semplice applicazione, sono in realtà applicate raramente, nonostante la loro dimostrata utilità nella individuazione di certi tipi di anomalie e dei conseguenti interventi correttivi INTERVENTI STRUTTURALI

5 Potenziamento del sistema di aerazione Trattasi di un intervento comunemente adottato nel caso gli interventi attuabili a livello gestionale non consentano di ottenere un sufficiente incremento della fornitura di ossigeno; si cita, a tal proposito, la possibilità di integrare il sistema di aerazione con l aggiunta di ossigeno puro. Un altra possibilità consiste nella sostituzione del sistema di aerazione esistente con dispositivi in grado di garantire efficienze più elevate: una delle soluzioni più promettenti consiste nell'adozione di piastre diffusive da posizionarsi su tutto il fondo della vasca, in grado di garantire rese di trasferimento che possono raggiungere il 20%. Inserimento di sistemi a biomassa adesa nel reattore biologico E possibile incrementare e/o mantenere una adeguata concentrazione di solidi volatili nella vasca di ossidazione a fanghi attivi (quest ultima situazione può ad esempio presentarsi in caso di cattive caratteristiche di sedimentabilità del fango) attraverso l impiego di supporti (fissi o mobili), trasformando il reattore in un sistema ibrido (biomassa adesa e sospesa) o a biomassa adesa (interrompendo il ricircolo dei fanghi). In quest ultimo caso (o anche semplicemente riducendo in modo significativo la concentrazione di biomassa sospesa in vasca) il sedimentatore finale potrebbe essere sensibilmente sgravato in termini di flusso solido, potendo peraltro essere dotato di pacchi lamellari. Se l obiettivo è quello di incrementare la concentrazione complessiva di biomassa in vasca, si deve ovviamente procedere ad una preventiva verifica della adeguatezza del sistema di fornitura dell ossigeno. Le case costruttrici stanno sviluppando materiali e sistemi di supporto via via più affidabili ed efficaci. Tuttavia, esistono, già da diversi anni sistemi alternativi, disponibili in varie versioni. Da questo punto di vista, almeno taluni di questi sistemi possono senz altro essere considerati consolidati. Non si può però dire la stessa cosa se si considera il loro livello di diffusione nell upgrading di impianti esistenti. I biofiltri sommersi a letto mobile consistono in un reattore all'interno del quale vengono mantenuti in dispersione piccoli elementi cui aderisce la biomassa. Non si ha ricircolo di questi elementi, che vengono mantenuti costantemente nel reattore, dotato di opportune griglie per evitarne la fuoriuscita. Un reattore a letto mobile opera in continuo, non richiede controlavaggi, non determina perdite di carico, né si occlude. Presenta lo svantaggio di non rimuovere i solidi sospesi, per cui richiede in tutti i casi la presenza di una sedimentazione secondaria. Il movimento degli elementi è in genere garantito dal sistema di aerazione. Le caratteristiche dei materiali (porosità, stabilità, carica elettrostatica e natura idrofila o idrofoba) e la geometria degli elementi sono determinanti per ottenere una buona adesione. Diversi elementi (in genere brevettati) sono stati finora sperimentati in scala pilota e reale. Con questi sistemi è possibile incrementare il carico organico volumetrico sul reattore biologico fino a 1,5-2 kgbod/m 3 /d. Nel caso si vogliano adottare biorulli è possibile installare il sistema sopra la vasca a fanghi attivi, in modo da mantenerlo parzialmente sommerso. Nel caso di inserimento di pannelli, il filtro è costituito da un mezzo di supporto immerso in una vasca ed aerato con diffusori posti sotto il riempimento stesso. Come materiali di riempimento vengono utilizzati fogli piani o corrugati opportunamente assemblati in corpi rigidi alveolari (con tassi di riempimento in genere non superiori al 25-30%), oppure pannelli sagomati e distanziati di spugna di poliuretano espanso macroreticolato (i tassi di riempimento non sono in genere superiori al 25-50%). La porosità del mezzo è sufficiente per evitare la necessità di controlavaggi. Esistono pochissime sperimentazioni di tale tecnologia. Di maggiore rilievo si sono dimostrati i risultati ottenuti con pannelli di poliuretano espanso, sagomati in modo da ricavare scanalature, che una volta sovrapposti ed impacchettati, costituiscono veri e propri canali, a sezione rettangolare o quadrata. Tali canali consentono la circolazione del liquame senza causare occlusioni. Installazione di tecnologie a minimo ingombro in parallelo al sistema principale

6 Per sgravare la linea di trattamento principale, è possibile by-passare la portata eccedente il carico di progetto e inviarla in una linea di trattamento parallela. In queste situazioni può risultare conveniente adottare tecnologie non convenzionali che hanno essenzialmente il pregio di richiedere una minore superficie di installazione. Tra queste tecnologie, si possono citare i biofiltri ad alto carico e i bioreattori a membrana. I processi di biofiltrazione in letti fissi contano numerose applicazioni in scala reale, in particolare in Francia, nei Paesi scandinavi e negli Stati Uniti. I processi Biocarbone, Biostyr e B2A, brevettati dalla società francese OTV, il processo Biofor, brevettato dalla società francese Degremont e il processo Biopur, brevettato dalla società Sulzer (Svizzera) sono attualmente tra i più diffusi in Europa. Volando adottare questi tipi di sistemi occorre ricordare due importanti esigenze impiantistiche: va alimentato un liquame pre-sedimentato (ad eccezione del sistema B2A), con necessità peraltro di prevedere la stabilizzazione del fango primario, inoltre va previsto il sistema di controlavaggio. Quest ultimo aspetto, in particolare, li rende poco idonei per piccole installazioni (eccessiva complicazione impiantistica). D altra parte, al minore fabbisogno di spazio del reattore, rispetto a un sistema a fanghi attivi (il volume del reattore biologico può essere fino a cinque volte inferiore rispetto a quello richiesto da un sistema a fanghi attivi), va aggiunto il vantaggio di non dover prevedere la sedimentazione finale. L adozione di un bioreattore a membrana è una soluzione che si distingue per la particolare compattezza. I sistemi a membrana (in genere ultrafiltrazione) possono infatti sostituire la sedimentazione finale nei sistemi a fanghi attivi. Possono essere mantenute in vasca concentrazioni di solidi sospesi fino a 20 g/l in luogo dei tradizionali 3-4 g/l, con evidenti risparmi di volume, svincolando, peraltro, le rese del processo biologico dalle caratteristiche di sedimentabilità dei fanghi attivi. Va comunque segnalato che le applicazioni a scala reale di questo sistema oggi riguardano pressoché unicamente il trattamento di reflui concentrati (es. percolati di discarica), in quanto per il trattamento di liquami urbani i costi sembrano ancora troppo elevati. Conversione funzionale di comparti esistenti In alcuni casi è possibile minimizzare gli ampliamenti, cercando di sfruttare i reattori esistenti convertendoli ad altra funzione, come nei due esempi sotto riportati. Nel caso degli impianti a fanghi attivi con stabilizzazione aerobica separata del fango, tale comparto può essere utilizzato come reattore biologico aggiuntivo a quello esistente, consentendone di fatto l ampliamento. Normalmente le complicazioni per la ristrutturazione dell impianto sono di modesta entità e di fatto questo criterio di intervento è stato adottato in diverse situazioni. In funzione delle volumetrie disponibili e a seconda che sia presente o meno la sedimentazione primaria, si dovrà valutare la eventuale necessità di realizzare trattamenti alternativi per la stabilizzazione del fango. Un esempio consiste nell utilizzo della zona di sedimentazione, nel caso di reattori a fanghi attivi a bacino combinato (aerazione e sedimentazione in un unico manufatto), come ampliamento della vasca di ossidazione, con realizzazione di un nuovo sedimentatore. In questo modo vengono superati anche problemi che possono derivare da inefficienza nel sistema di ricircolo ( naturale ) dei fanghi, caratteristico di questi impianti. Conversione di sistemi a fanghi attivi in continuo in sistemi SBR Il sistema SBR (Sequencing Batch Reactor) consiste in uno (o più reattori in parallelo), in cui si succedono, in sequenza temporale, l alimentazione, l aerazione, la sedimentazione, l estrazione dell effluente. Con questo sistema vengono riuniti in una sola vasca tutti i bacini di un impianto a fanghi attivi, compreso il sedimentatore, inoltre non è richiesto alcun ricircolo. La flessibilità operativa, che consente un rapido adattamento alle più varie esigenze di conduzione, è uno dei principali vantaggi dei sistemi di questo tipo, che hanno trovato vasta applicazione, soprattutto all estero, in impianti per piccole comunità. In molti casi si è proceduto alla riconversione di impianti tradizionali a fanghi attivi o di vasche settiche in sistemi SBR (va

7 comunque rilevato che si tratta di interventi che comportano una significativa ristrutturazione delle opere esistenti). 3. MIGLIORAMENTO DELLE RESE DI RIMOZIONE DEI NUTRIENTI In questo paragrafo si riporta una sintetica casistica di possibili interventi, con particolare riferimento a quelli tesi a incrementare le rese di nitrificazione e denitrificazione, interventi che interessano, direttamente o indirettamente, la fase biologica. 3.1 NITRIFICAZIONE Nel caso in cui le caratteristiche del liquame influente non rappresentino un fattore inibente (ad esempio in termini di ph, rapporto BOD/TKN, presenza di sostanze tossiche, ecc.), le condizioni richieste, per conseguire la nitrificazione, sono essenzialmente un adeguato contenuto di ossigeno nel comparto di ossidazione e un età del fango sufficientemente elevata (anche in relazione alla temperatura del liquame). E ovvio che, a seconda della tipologia di impianto considerato (ad alto o basso carico, a biomassa sospesa od adesa, con stabilizzazione aerobica o anaerobica del fango, con o senza sedimentazione primaria, ecc.), gli interventi richiesti e la loro entità possono essere sensibilmente diversi. Gli interventi che possono essere attuati a livello dei pre-trattamenti e trattamenti primari hanno l obiettivo di ridurre il carico in ingresso al reattore biologico e/o il rapporto Carbonio/Azoto, così da favorire la nitrificazione. Le alternative di intervento sono diverse, anche a seconda della configurazione impiantistica preesistente, e coincidono in sostanza con quelle già descritte nel Par. 2.1, relativo agli interventi da attuare in caso di impianto sovraccaricato. Anche per quanto riguarda la fase biologica, molti degli interventi che possono essere adottati sono già stati illustrati nel precedente Par. 2.2, relativo agli impianti sovraccaricati. In questa sede si vogliono solo rchiamare alcuni aspetti specifici relativi al processo di nitrificazione. Aggiunta di una fase a coltura adesa E una soluzione assai interessante, sia dal punto di vista della resa di abbattimento, sia dal punto di vista dell'ingombro (estremamente contenuto). Le possibilità di intervento sono essenzialmente due: (a) l'aggiunta di un sistema a biomassa adesa nel bacino di ossidazione a fanghi attivi (sistemi ibridi); (b) l'adozione di un sistema a biomassa adesa come secondo stadio biologico (a valle cioè del sedimentatore secondario), da dedicare in prevalenza alla nitrificazione. Nel primo caso si prestano in modo particolare i biodischi e altri sistemi che prevedono l'impiego di supporti fissi o in sospensione costituiti da unità in materiale sintetico ad elevata superficie specifica. Oltre ai sistemi brevettati da diverse case costruttrici, si cita un sistema particolare proposto da Degremont (Biocube ): esso consiste nell immobilizzare batteri nitrificanti in elementi di supporto costituiti da una matrice di gel (es.: glicole polietilene). Grazie a questi elementi, che hanno forma cubica di lato 3 mm, si riesce a mantenere una elevata concentrazione di batteri nitrificanti anche con carichi del fango relativamente elevati (0,2-0,3 kgbod/kgss/d). Ciò consente, in pratica di conseguire la nitrificazione anche in impianti a medio carico senza richiedere ampliamenti. Inoltre è possibile ridurre la concentrazione di biomassa in vasca (è sufficiente mantenere le condizioni che garantiscano la rimozione del carbonio),

8 sgravando il sedimentatore finale in termini di flusso solido. Di questa tipologia di impianto esistono oggi solo alcune realizzazioni a scala reale in Giappone. Nel caso di nitrificazione in secondo stadio biologico, possono essere impiegati biodischi, filtri percolatori, sistemi a letto fisso sommerso e sistemi sommersi ad elementi sospesi. Poiché la rimozione della sostanza organica avviene quasi esclusivamente a carico del primo stadio, il liquame alimentato al sistema a biomassa adesa è caratterizzato da un rapporto BOD/TKN molto basso, favorevole allo sviluppo di una biomassa nitrificante. Ciò assicura da un lato elevate rese del processo di nitrificazione anche a carichi volumetrici relativamente elevati (anche superiori a 1 kgn-nh 4 /m 3 /d) e una produzione di biomassa di spoglio pressoché nulla. Conversione funzionale di comparti esistenti Oltre agli interventi richiamati, a titolo esemplificativo, nel Par , un altra possibilità, da valutare in funzione della situazione specifica, consiste nella trasformazione di due linee parallele in una successione di due stadi biologici (il primo ad alto carico, adibito alla rimozione del carbonio, il secondo dedicato alla nitrificazione), adeguando opportunamente le fasi di sedimentazione. Riaerazione del fango di ricircolo Per incrementare le rese di nitrificazione minimizzando nel contempo gli interventi di ampliamento, è possibile realizzare un bacino di riaerazione della corrente di ricircolo dei fanghi, disposto quindi fra il sedimentatore secondario e il bacino preesistente. Il volume di questo reattore risulta relativamente ridotto grazie alla elevata concentrazione dei fanghi di ricircolo. Per quanto riguarda la linea fanghi, va evidenziato che il contributo dell azoto derivante dal ricircolo dei surnatanti varia dal 5 al 25% con riferimento all azoto introdotto con l influente. I sovraccarichi però possono anche raggiungere il 65% dell azoto entrante, dal momento che i ricircoli sono discontinui nel tempo. Un primo provvedimento da adottare può quindi essere quello di distribuire nell arco delle 24 ore (eventualmente equalizzandoli) i carichi derivanti dai surnatanti delle fasi di trattamento fanghi, o, meglio ancora, rinviarli all impianto durante le ore notturne, a basso carico. L azoto presente nei surnatanti (prevalentemente in forma disciolta) è ammoniacale, nel caso degli ispessitori e dei digestori anerobici, nitroso o nitrico nel caso della stabilizzazione aerobica. Oltre alla equalizzazione del carico, è anche possibile procedere al trattamento dei surnatanti finalizzato alla rimozione dell ammoniaca. Le soluzioni sono essenzialmente la nitrificazione - denitrificazione e lo strippaggio. In pratica, in impianti in cui il contributo dei surnatanti si mantiene entro il 10-15% in termini di carico di azoto influente, l equalizzazione dei surnatanti e la loro ridistribuzione nelle 24 ore sembra la soluzione più conveniente. La fattibilità del trattamento specifico dei surnatanti è invece limitata a casi particolari, come ad esempio impianti centralizzati di trattamento fanghi, o impianti che ricevono significativi carichi ammoniacali da reflui industriali. 3.2 DENITRIFICAZIONE PRE-TRATTAMENTI E TRATTAMENTI PRIMARI Utilizzo del sedimentatore primario come reattore biologico ossidativo o di predenitrificazione Laddove previsto, e nel caso il volume sia sufficientemente ampio, il sedimentatore primario può essere utilizzato come fase di ossidazione/denitrificazione. Equipaggiandolo infatti con sistemi di fornitura di ossigeno e mixer sommersi e con qualche (modesto) intervento strutturale, è possibile impiegarlo per

9 effettuare la predenitrificazione e, a seconda delle necessità, per incrementare il volume totale destinato alla nitrificazione. Esistono diversi esempi applicativi di questo tipo di intervento. Dosaggio di reflui speciali Una possibilità molto interessante, per gli impianti che ricevono reflui speciali, consiste nel dosaggio di rifiuti caratterizzati da elevata concentrazione di carbonio velocemente biodegradabile e trascurabile contenuto di nutrienti, come substrato organico per incrementare le velocità di denitrificazione negli appositi comparti. Chiaramente, questo tipo di intervento richiede la preventiva verifica dell assenza di fattori inibenti e della disponibilità, in modo continuativo, dei quantitativi richiesti. Va poi, ovviamente, verificata la fattibilità dell intervento a livello legislativo/autorizzativo FASE BIOLOGICA Interventi gestionali Funzionamento intermittente dei sistemi di aerazione. Con questo sistema, peraltro comunemente adottato negli impianti ad aerazione estesa, in un unico comparto vengono svolte in sequenza temporale le fasi di nitrificazione e denitrificazione. Tale situazione può essere ottenuta con periodico spegnimento dei sistemi di aerazione e contemporanea entrata in funzione di miscelatori sommersi (soluzione che risulta di adozione particolarmente semplice nel caso di bacini dotati di aeratori superficiali). Con una adeguata scelta della durata delle varie fasi (aerazione, non aerazione) si possono ottenere rendimenti di abbattimento dell'azoto molto elevati, ovviamente in funzione delle volumetrie disponibili. Può anche essere non previsto l'intervento di miscelatori in condizioni di non aerazione. L'efficienza di rimozione che si raggiunge è naturalmente inferiore. La durata delle fasi di aerazione e non-aerazione può essere impostata a priori (temporizzazione) oppure può essere variata in relazione alle condizioni di carico istantanee; a questo proposito possono essere adottati sistemi di controllo, a diverso grado di complessità, basati sulla misura di parametri quali la concentrazione di ossigeno disciolto, il ph, il potenziale redox, la torbidità, la concentrazione delle forme azotate mediante sonde specifiche. Il limite principale di questi sistemi consiste nella variabilità intrinseca di certi parametri (come il potenziale redox) e/o nella carente affidabilità di talune sonde di misura. Suddivisione della vasca in zone aerobiche, anossiche ed anaerobiche. In questo caso, è opportuno dotare alcune zone del bacino di miscelatori sommergibili in aggiunta al sistema di fornitura dell'aria. Così facendo ci si garantisce entro certi limiti la possibilità di variare i volumi rispettivi delle fasi di nitrificazione e denitrificazione in relazione alle esigenze funzionali. In pratica, durante la stagione fredda, quando l'efficienza di nitrificazione risulta limitata, converrà aumentare l'estensione della zona aerobica a scapito della zona anossica, mentre durante la stagione calda, allorché la nitrificazione tende ad essere completa anche con carichi del fango più alti, si potrà operare con zone di denitrificazione più estese. Tali interventi risultano particolarmente idonei per impianti ad insufflazione d'aria, per la facilità di operare, in tal caso, la suddivisione descritta, anche se va tenuto presente il rischio di intasamenti. Una modifica ulteriore all'impianto può essere realizzata effettuando il ricircolo del mixed-liquor dalla zona aerata alla zona anossica, con ciò riproducendo le condizioni di una predenitrificazione canonica. Nitrificazione e denitrificazione biologica in simultanea. Attraverso un opportuno controllo della concentrazione di ossigeno disciolto nel reattore biologico (inferiore ad 1 mg/l, ma comunque funzione delle caratteristiche del liquame influente, della temperatura, del carico di funzionamento, ecc.), è possibile conseguire in contemporanea sia la nitrificazione che la denitrificazione in un unico bacino (originariamente

10 destinato alla sola nitrificazione). Questa situazione è stata studiata e applicata anche su alcuni impianti a scala reale, dove il controllo del processo avviene essenzialmente mediante la misura del potenziale redox e dell ossigeno disciolto. Si sta comunque ancora lavorando per la messa a punto di un sistema di controllo affidabile.risultati analoghi sono stati ottenuti da altri Ricercatori regolando la fornitura di ossigeno attraverso la valutazione dell attività della biomassa mediante la misura della fluorescenza dell NADH presente nei microrganismi. Dosaggio di batteri denitrificanti. Un provvedimento di tipo gestionale, analogamente a quanto può essere effettuato per la nitrificazione, consiste nella possibilità di dosare batteri eterotrofi denitrificanti in soluzione, quando la denitrificazione è inibita per esempio dalle basse temperature. E stata anche verificata la possibilità di utilizzare batteri denitrificanti in condizioni aerobiche, così da realizzare in simultanea la nitrificazione e la denitrificazione. Interventi strutturali Realizzazione di una vasca di contatto. Nella configurazione di pre-denitrificazione a fanghi attivi, si possono conseguire benefici nel processo di denitrificazione se si impedisce che il substrato organico contenuto nel liquame grezzo si diluisca immediatamente in tutto il volume del comparto anossico. Questo fenomeno si verifica, in modo particolarmente evidente nel caso di vasche a miscelazione completa. Alcuni Ricercatori hanno verificato un notevole incremento delle rese di rimozione dell azoto realizzando una vasca di contatto (con tempo di permanenza di 0,5 h) in cui vengono immessi il fango di ricircolo e il liquame influente. In tal modo, infatti, il fango sequestra parte del substrato carbonioso evitandone la diluizione sull intero volume anossico e rendendolo quindi disponibile per la denitrificazione. Aggiunta di una fase a coltura adesa. Come già visto nei paragrafi precedenti, esiste la possibilità di incrementare le rese del comparto biologico (in questo caso anossico) inserendo opportuni supporti (che possono essere di diverso materiale e forma, come evidenziato in precedenza) che vengono mantenuti in sospensione e sui quali si sviluppa la biomassa eterotrofa. In alcuni casi si è verificata anche la possibilità di ottenere la nitrificazione e denitrificazione in simultanea in vasca aerata, date le condizioni anossiche che si possono instaurare all'interno dei supporti. Può inoltre essere previsto uno stadio di post-denitrificazione (con fonte di carbonio esterna) a biomassa adesa con biofiltri sommersi a letto fisso o mobile. Gli unici sistemi che consentono di raggiungere carichi volumetrici di azoto nitrico sensibilmente più elevati (anche di 3-4 volte) rispetto agli impianti a fanghi attivi, sia in pre- che in post-denitrificazione, sono i biofiltri a letto fisso in materiale granulare oltre che sistemi a biomassa adesa a letto mobile, in cui si cerca di ottimizzare, con particolari configurazioni reattoristiche, il trasferimento di massa (es. sistema di pre-denitrificazione Mixazur ). Installazione di tecnologie a minimo ingombro in parallelo al sistema principale. Come già visto in precedenza, è possibile adottare, per la realizzazione di comparti aggiuntivi cui inviare una aliquota del liquame influente, tecnologie non convenzionali a minimo ingombro. Si citano, ad esempio, i sistemi a biomassa adesa a letto fisso in materiale granulare e i sistemi biologici a membrana (anche se quest ultima alternativa non è oggi praticamente proponibile sul piano economico per il trattamento dei liquami urbani). Conversione funzionale di comparti esistenti. Per gli impianti con stabilizzazione aerobica separata del fango, se ricorrono le opportunità sul piano processistico, vi è la possibilità di utilizzare il comparto di stabilizzazione come fase di denitrificazione. Si richiedono, in questo caso, idonei interventi (installazione di miscelatori sommergibili, di pompe di ricircolo, ecc.) che consentano di integrare un processo completamente aerobico con una fase anossica.

11 Conversione di sistemi a fanghi attivi in continuo in sistemi SBR. Come visto in precedenza, per incrementare le rese, a parità di spazio occupato, è possibile riconvertire impianti a fanghi attivi a flusso continuo in sistemi SBR. Va però ricordato che è richiesta la ristrutturazione pressoché completa delle opere esistenti. Fermentazione del fango primario. E stata verificata la possibilità di migliorare le cinetiche di denitrificazione, dosando nei reattori biologici un substrato organico velocemente biodegradabile, ottenuto da un processo di idrolisi del fango primario o di pre-precipitazione. Il processo non è di facile conduzione, ciò che ne rende critica l applicazione. Inoltre, per rispettare limiti particolarmente severi allo scarico o far fronte a fluttuazioni di carico, è comunque in genere opportuno ricorrere ad una integrazione con fonte di carbonio esterna. 4. CONCLUSIONI In molti casi si presenterà, a seguito dell entrata in vigore del D.lgs. 258/2000 e a seguito della redazione dei Piani di tutela delle acque da parte delle Regioni, l esigenza di intervenire sugli impianti esistenti per incrementarne la capacità depurativa (in termini di potenzialità) e/o per migliorare le rese di trattamento (in particolare per la rimozione dei nutrienti). Per raggiungere lo stesso obiettivo sono disponibili diverse soluzioni alternative. Alcune di queste possono dirsi consolidate, volendo indicare, con questo termine, la loro larga diffusione applicativa. Casi tipici sono, ad esempio, il dosaggio di reattivi chimici in fase primaria per far fronte a sovraccarichi organici; la temporizzazione del funzionamento degli aeratori o la suddivisione del reattore biologico in una zona aerobica ed in una zona anossica per conseguire una parziale denitrificazione; la conversione funzionale di comparti esistenti (es. sedimentazione primaria, stabilizzazione aerobica) come ampliamento dei reattori biologici. Esistono poi altre possibilità di intervento, il cui livello applicativo è ancora limitato, e per questo possono essere identificate come non convenzionali. In questo caso però bisogna distinguere tra quelle che sono perlopiù a livello sperimentale e la cui effettiva applicabilità è ancora oggetto di discussione (tipico esempio sono i sistemi biologici a membrana per il trattamento di reflui urbani) e quelle che, pur essendo note da tempo e/o pur avendo trovato diffusione in altri Paesi, non hanno fino ad oggi riscosso adeguato interesse. Un caso limite è rappresentato ad esempio dagli interventi correttivi che possono essere individuati mediante prove idrodinamiche. Solo da pochi anni e solo da parte di alcuni gestori si può notare un certo interesse verso tecnologie non convenzionali : nel campo dei pre-trattamenti, con l adozione di fasi di grigliatura spinta e sistemi chimicofisici a minimo ingombro (flottazione, sedimentazione a pacchi lamellari, entrambe con uso di reattivi chimici); per la fase biologica, le applicazioni che prevedono l aggiunta di una fase a coltura adesa (in stadio separato o a realizzare un sistema ibrido) sia per incrementare la potenzialità e le rese di nitrificazione, sia per favorire la denitrificazione.

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