Una vita da «testimone della verità» Copyright 2013 Stefano Martini

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1 Una vita da «testimone della verità» Copyright 2013 Stefano Martini

2 La biografia 2

3 Søren Kierkegaard nacque a Copenaghen il 5 maggio 1813, figlio della vecchiaia, da un agiato commerciante di 56 anni, Michael Pedersen, che dalla domestica di casa, Anne Sørensdatter Lund, sposata in seconde nozze, aveva avuto sette figli, quasi tutti destinati a morire in giovane età. 3

4 Søren, l ultimo nato, venne educato dal padre, ormai anziano, appartenente alla setta dei Fratelli Moravi, ad una severa religiosità, che avrebbe segnato profondamente l animo del fanciullo e del giovane, destinandolo a una malinconia, che si sarebbe andata accentuando nel tempo. 4

5 Per accondiscendere la volontà paterna, Søren si iscrisse alla facoltà di teologia all università di Copenaghen, dove fra i giovani teologi dominava l ispirazione hegeliana. Tuttavia, egli seguì con scarso entusiasmo tali studi, attratto dalla poesia, dalla filosofia e dagli ambienti mondani della città, che frequentò con l atteggiamento dissipato del giovane dandy, amante dell eleganza e dei raffinati piaceri della vita. 5

6 Solo dopo la morte del padre sentì il bisogno di riprendere gli studi, che concluse con la discussione, nel 1840, di una tesi Sul concetto di ironia con particolare riferimento a Socrate, che sarebbe stata pubblicata l anno successivo. 6

7 Non intraprese, però, la carriera di pastore, alla quale la sua laurea lo abilitava. Nel fu a Berlino e ascoltò le lezioni di Friedrich W.J. Schelling, che vi insegnava la sua filosofia positiva. Dapprima entusiasta, Kierkegaard ne rimase presto deluso. 7

8 Dopo di allora, egli visse a Copenaghen, assorto nella composizione dei suoi libri, con un capitale lasciatogli dal padre. 8

9 Il rapporto con il padre e il fidanzamento con Regina Olsen, e la sua drammatica rottura, furono le principali vicende della sua vita privata. 9

10 L attacco del giornale satirico-umoristico, Il Corsaro («Corsaren», diretto da Meïr Aron Goldschmidt), di cui si dolse e crucciò come di una persecuzione, 10

11 e la polemica, che occupò gli ultimi anni della sua vita, 1) contro l opportunismo religioso, impersonato nel teologo e vescovo luterano, Jacob Peter Mynster, autorevole esponente della chiesa danese, e 2) contro l ambiente teologico hegeliano di Copenaghen, specialmente nella figura del docente e vescovo Hans Lassen Martensen, successore di Mynster, 11

12 che raggiunse l espressione più acuta nei violenti articoli da Kierkegaard pubblicati sulla propria rivista Il Momento («Øieblikket») nel 1855 (con essi egli si staccò definitivamente dalla Chiesa ufficiale), furono, invece, gli avvenimenti principali della sua vita pubblica. 12

13 Il senso di colpa e il rimorso, che alimentavano la religiosità del padre, trovarono la spiegazione nella drammatica scoperta che il figlio fece di un misterioso peccato paterno, di cui egli parla nel suo Diario come di un gran terremoto che sconvolse per sempre il suo animo, al punto da costringerlo a mutare il suo atteggiamento di fronte al mondo. 13

14 Egli accenna soltanto vagamente alla causa di questo rivolgimento: «Qualche colpa doveva gravare sulla famiglia intera, un castigo di Dio vi pendeva sopra: essa doveva scomparire, rasa al suolo dalla divina onnipotenza, cancellata come un tentativo fallito». 14

15 Per quanto i biografi si siano affaticati inutilmente a determinarla, è chiaro che essa rimane, dinanzi agli occhi di Kierkegaard, come una minaccia vaga e terribile insieme. Quel che importa è il sentimento di sgomento e di morte vissuto dall autore, un tormento che viene però anche interpretato da lui come segno di eccezionalità, di un destino a una vita spirituale superiore. 15

16 Kierkegaard parla, poi, nel Diario, e ne parlò anche sul letto di morte, di una scheggia nelle carni, che è destinato a portare. Anche qui, di fronte alla mancanza di ogni dato preciso, sta il carattere grave e paralizzante della cosa. Forse, fu appunto questa spina nella carne a impedirgli di condurre in porto il suo fidanzamento con Regina. 16

17 È una diversa chiamata a sbarrargli la strada del matrimonio: la consapevolezza dell impossibilità di poter conciliare vocazione religiosa e vita nel mondo. Come Dio ha chiesto ad Abramo di sacrificargli il figlio, così ora a lui chiede di rinunciare a Regina e a una vita di felicità, e di dargli la precedenza. 17

18 Tuttavia, egli non intraprese neppure la carriera di pastore né nessun altra; e di fronte alla sua stessa attività di scrittore dichiarò di porsi in un rapporto poetico, cioè in una relazione di distacco e di lontananza: distanza accentuata dal fatto che egli pubblicò i suoi libri sotto pseudonimi diversi, quasi a impedire ogni riferimento del loro contenuto alla sua persona. 18

19 Ecco alcuni degli pseudonimi utilizzati da Kierkegaard: Victor Heremita, Johannes de Silentio, Constantin Constantius, Inter et Inter, Anti-Climacus, Johannes Climacus, Vigilius Haufniensis, Hilarius il Rilegatore, H.H. 19

20 Come detto, la produzione letteraria assorbì l intera vita di Kierkegaard. Grazie al patrimonio lasciatogli dal padre, egli poté vivere con una certa autonomia; ebbe di quando in quando delle serie preoccupazioni per l avvenire, ma alcuni felici accorgimenti e la stessa pubblicazione delle opere lo soccorsero notevolmente. 20

21 Quando cadde svenuto sulla via e fu ricoverato al Friedriks Hospital, tornava dalla banca dove aveva ritirato l ultimo resto del suo deposito, che sarebbe stato lo stretto necessario per la degenza all ospedale e per la sepoltura, com egli stesso confessò all amico Emil Boesen ( ) sul letto di morte. 21

22 Da una recente ricerca basata su documenti dell ospedale in cui il filosofo visse i suoi ultimi 41 giorni, è stata avanzata l'idea che Kierkegaard soffrisse di paralisi spinale progressiva. Fu sepolto nella tomba di famiglia nella città di Copenaghen. 22

23 L ultima malattia fu degno epilogo della vita, nel possesso di una pace dell anima che invano cercò per tutta la vita: la fortezza del suo spirito ricorda un modello greco riportato in clima cristiano. 23

24 Morì il giorno 11 novembre 1855, di domenica. O, piuttosto, si lasciò morire, perché a detta dei medici (e di lui stesso), sarebbe bastato che avesse voluto e la vita l avrebbe ancora sorretto. I funerali, avvenuti la domenica seguente, furono un trionfo tanto inatteso quanto spontaneo. 24

25 I pochi contrasti da parte di qualche pastore furono repressi dal fervore del popolo. Nel distacco della morte, spente le animosità dei mediocri e degli interessati, la sua opera cominciò la sua missione nel mondo. 25

26 Dopo la tesi Sul concetto di ironia, le opere più importanti sono: Aut-Aut (1843), Timore e tremore (1843), La ripresa (1843), Briciole di filosofia (1844), Il concetto dell angoscia (1844), Stadi sul cammino della vita (1845), Postilla conclusiva non scientifica (1846), La malattia mortale (1849), Esercizio del Cristianesimo (1850). Oltre ai Discorsi edificanti (pubblicati con il suo nome), di fondamentale valore psicologico e speculativo è il Diario (postumo), che va dal 1843 sino all anno della morte. 26

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28 Il pensiero 28

29 La filosofia di Kierkegaard si segnala per l attenzione rivolta all esistenza, al Singolo: in una netta contrapposizione allo spirito di sistema dello hegelismo, il filosofo danese intende sottolineare la irriducibilità dell esistenza del Singolo a un Assoluto che si presume spieghi tutto e risolva ogni contraddizione. 29

30 Per il Singolo, nell orizzonte dell esistenza concreta che ha sempre di fronte la morte, le contraddizioni restano insolute e si impongono spesso come scelte drammatiche. 30

31 Alla categoria della necessità si sostituisce quella della possibilità, alla totalità il singolo, alla sintesi rassicurante l aut-aut impegnativo. 31

32 Dal punto di vista del Singolo, l esistenza diviene un insieme di possibilità, senza il punto di riferimento della verità costituita dal sistema; quella è caratterizzata da scelte ognuna delle quali la determina in modo irreversibile e deve venir compiuta, senza poter essere fondata razionalmente, da una libertà che produce angoscia, perché l uomo deve scegliere, ma non può conoscere le conseguenze delle proprie scelte, né fondarle su criteri di qualsiasi tipo. 32

33 Categorie di Kierkegaard: SINGOLO dimensione: futuro POSSIBILITÀ SCELTA distinto originale irriducibile irripetibile unico solo LIBERTÀ ANGOSCIA 33

34 L Angoscia. L angoscia, che è la categoria per eccellenza (è anche la più gravosa) e in sé compendia tutte le altre, è tematizzata in particolare nell opera Il concetto dell angoscia. Essa è la condizione generata nell uomo dal possibile che lo costituisce ed è strettamente connessa con il peccato, anzi è a fondamento dello stesso peccato originale. 34

35 L Angoscia. L innocenza di Adamo è ignoranza; ma è ignoranza che contiene un elemento che determinerà la caduta. Questo elemento non è che un niente, ma proprio tale niente genera l angoscia. Il concetto dell angoscia «è completamente diverso da quello della paura e da simili concetti che si riferiscono a qualcosa di determinato, mentre invece l angoscia è la realtà della libertà, come possibilità per la libertà». 35

36 L Angoscia. «Il divieto divino rende inquieto Adamo, perché sveglia in lui la possibilità della libertà. Ciò che si offriva all innocenza come il niente dell angoscia è ora entrato in lui, e qui ancora resta un niente: l angosciante possibilità di potere. Quanto a ciò che può, egli non ne ha nessuna idea, altrimenti sarebbe presupposto ciò che ne segue, cioè la differenza tra il bene e il male». 36

37 L Angoscia. L individuo si scopre persona solo nel peccato, il quale, mentre fonda la pienezza della sua singolarità, lo pone, per virtù dialettica, di fronte a Dio, all infinitamente Santo. Di qui nasce l angoscia. 37

38 L Angoscia. Poiché il Singolo è libertà e possibilità, esposto ad ogni istante al rischio della scelta, di fronte all alternativa di essere solo con se stesso o solo con Dio, l angoscia è la possibilità della libertà, la vertigine della libertà, la infinità autonoma della possibilità, il senso di disorientamento totale, un indefinita inquietudine. 38

39 L Angoscia. «Con l angoscia il peccato venne al mondo, ma il peccato, da parte sua, generò l angoscia». «Imparare a sentire l angoscia è un avventura, attraverso la quale deve passare ogni uomo, affinché non vada in perdizione». 39

40 La Disperazione. Se l angoscia è la condizione in cui l uomo è posto dal possibile che si riferisce al mondo, la disperazione è la condizione in cui l uomo è posto dal possibile che si riferisce alla sua stessa interiorità, al suo io. Essa è tematizzata in particolare nell opera La malattia mortale. 40

41 La Disperazione. Essa è malattia mortale, non perché conduca alla morte dell io, ma perché è il vivere la morte dell io: è un eterno morire senza tuttavia morire, è un autodistruzione impotente. Essa è il tentativo impossibile di negare la possibilità dell io o rendendolo autosufficiente o distruggendolo nella sua natura concreta. 41

42 La Disperazione. Le due forme di disperazione si richiamano a vicenda e si identificano: disperare di sé nel senso di volersi disfare di sé significa voler essere l io che non si è veramente; voler essere se stesso ad ogni costo significa ancora voler essere l io che non si è veramente, un io autosufficiente e compiuto. Nell uno e nell altro caso la disperazione è l impossibilità del tentativo. 42

43 La Disperazione. La scaturigine della disperazione sta nel non volersi accettare dalle mani di Dio; ma negando Dio, si annienta se stessi; e separarsi da Dio equivale ad allontanarsi da «quell unico pozzo da cui si può attingere acqua». Pertanto, se la radice della disperazione è questa, è chiaro che l esistenza autentica è quella di colui che non crede più a se stesso ma solo a Dio. 43

44 La Fede. La fede è l antidoto contro la disperazione, in quanto ne è la eliminazione: essa è la condizione in cui l uomo, pur orientandosi verso se stesso e volendo esser se stesso, non si illude sulla sua autosufficienza, ma riconosce la sua dipendenza da Dio. La fede sostituisce alla disperazione la speranza in Dio. Tuttavia, essa è assurdità, paradosso e scandalo. 44

45 Ciò che caratterizza l esistenza, nella sua singolarità accidentale e irripetibile, è l assenza di ogni necessità: per l uomo l esistenza è il campo del possibile e della scelta. Nulla è garantito in essa da ragioni necessarie: l uomo, decaduto dall Eden dell innocenza, porta su di sé il peso della responsabilità e della scelta. Non più dialettica astratta dell et-et (che non riesce a dar ragione del Singolo, la cui esistenza non è riconducibile a una serie di conciliazioni), ma dialettica concreta dell aut-aut (in cui l esistenza è espressa da contraddizioni reali). Il Singolo nel sistema hegeliano è un accidentalità irrilevante, ma questa è la concreta dimensione della vita reale di ogni singolo uomo. 45

46 Per Kierkegaard la verità non è oggettiva (come nella speculazione hegeliana), ma soggettiva nel senso che in essa ne va del soggetto, in quanto è decisiva per lui e per la sua salvezza. 46

47 Caratteri della oggettività: Astrattezza (la verità è un oggetto tra gli altri) Disinteresse (la verità non tocca il soggetto) Indifferenza (una verità oggettiva vale l altra) Certezza (la verità oggettiva è inconfutabile, ma vuota) Linearità (una dialettica conciliativa del tipo: et et) 47

48 Caratteri della soggettività: Concretezza (non abbandona il terreno dell esistenza) Interesse (la verità è per il soggetto) Passione (ne va dell esistenza del soggetto) Incertezza (un rischio, nessuna garanzia per il soggetto) Biforcazione (una dialettica esclusiva del tipo: aut aut) 48

49 Caratteri della verità: Paradosso e assurdo. La verità eterna è divenuta nel tempo, l essere si è rapportato all esistenza. Il paradosso assoluto è la verità del Cristianesimo: il Dio-uomo. 49

50 Gli Pseudonimi in Kierkegaard: da un lato, essi stanno ad indicare il suo rifiuto di presentarsi come pensatore ufficiale, il desiderio di non apparire dottore, ma semmai testimone della verità ; dall altro, il suo desiderio di esprimere le molteplici possibilità che egli percepiva compresenti nella sua personalità e l adesione a un criterio di comunicazione indiretta della verità, attraverso la testimonianza, appunto, e non la dimostrazione. 50

51 Il Singolo si trova davanti a tre alternative principali, cioè a tre modelli esistenziali inconciliabili (potremmo dire: tre momenti della dialettica esistenziale): lo stadio estetico; lo stadio etico; lo stadio religioso. 51

52 Le tre sfere dell esistenza sono esclusive l una dell altra, e perciò il passaggio dall una all altra impegna il Singolo con un atto libero di scelta, che può essere soltanto suo: più che un passaggio dialettico, è un salto, la cui origine prima si perde nel mistero della persona. 52

53 Lo stadio estetico è una vita di piacere e di gioia: è la vita del dilettante, che si rifiuta di impegnarsi in un compito definito e non vuole affrontare il rischio della scelta; dell esteta, che si compiace delle belle parvenze e coltiva i piaceri raffinati dell arte; del seduttore, che al celibato chiede la garanzia di una libertà irresponsabile. 53

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55 Il Don Giovanni di Mozart ne è la rappresentazione letteraria e musicale più perfetta. L esteta vive in un presente che non si protende verso il futuro, ma si esaurisce in se stesso; gode dell attimo; pertanto, si può dire che egli, in quanto non si sceglie e non si impegna, nemmeno esista. 55

56 Lo stadio etico è la vita dedicata al dovere. Qui l individuo ha scelto il suo posto nella generalità, si è sposato, si è formato una famiglia, ha assunto delle responsabilità di marito, di cittadino, di professionista. La figura caratteristica di questo tipo di vita è l assessore Guglielmo, il quale è essenzialmente un marito fedele, un professionista onesto e laborioso, un funzionario esemplare. 56

57 Assumendo come proprie le obbligazioni comuni, inserendosi nella società, l uomo etico si sceglie ed esiste in modo autentico: nella rettitudine della sua condotta egli trova la ricompensa della pace interiore. 57

58 L etica di Kant, che si fonda sull oggettività di un imperativo categorico e pone l universalità come criterio formale delle azioni buone, è, di codesta sfera, la teorizzazione filosofica più perfetta. 58

59 La sfera religiosa è lo stadio estremo, in cui il Singolo esiste nel suo grado più alto, poiché la fede lo pone, solo e peccatore, davanti a Dio. Egli ha rinunciato a qualsiasi scopo relativo e finito di cui riconosce la radicale contingenza, ha rotto ogni vincolo con le attrattive della bellezza e dell arte, con i doveri della vita associata, per affrontare il rischio supremo in faccia all Assoluto. 59

60 La figura di Abramo è l incarnazione perfetta della sfera religiosa. Abramo ama il figlio Isacco con tutta l anima sua, e appunto perché lo ama, egli vuole sacrificarlo a Dio, che glielo chiede: se non lo amasse, il suo atto non sarebbe un sacrificio; perciò il suo amore per Dio è tale veramente per la sua opposizione paradossale all amore per il figlio. 60

61 Il suo gesto, visto dall esterno, dentro la sfera etica del generale, appare come l atto di un assassino; intuito dall intimo, nella passione religiosa di Abramo, esso è il momento culminante della sua esistenza di Singolo. Ma Abramo non può farsi comprendere, parlando con parole umane, dalla generalità. Il suo gesto si consuma nell interiorità e nel silenzio: con esso egli non è e non può essere un maestro, ma solo un testimone. 61

62 Come si è detto, tra le tre sfere non esiste continuità dialettica progressiva, non c è mediazione logica: il passaggio dall una all altra si compie con un salto, che è opera della scelta, della conversione del cuore. Con esso il Singolo nega la sfera precedente e, con una iniziativa assoluta che è privilegio della sua libertà, rompe improvvisamente con il passato e s impegna in un esistenza nuova. La sua libertà è autotrascendimento, e l atto che essa compie è imprevedibile e logicamente ingiustificabile. 62

63 E tuttavia, se non c è mediazione fra le sfere esistenziali, sussiste nell intimo di ciascuna di esse una preparazione, un presentimento della successiva, che però non dispensa il Singolo dall atto libero della scelta. 63

64 Nella sfera estetica, che non è moralità, la sfera etica è in qualche modo presente in incognito sotto la forma dell ironia. Per l ironia, che si insinua nel mondo frivolo e dilettantistico dei suoi piaceri, l esteta-seduttore avverte la vanità e la insufficienza dei suoi godimenti sino al punto da provarne disgusto. 64

65 La vita estetica rivela, così, la sua insufficienza e la sua miseria nella noia. Ma non è detto che la disperazione, alla quale l ironia può condurre l esteta, lo converta necessariamente a una vita migliore: egli può anche compiacersi della sua disperazione, e così si perde, perché non ha saputo e voluto comprendere, attraverso l ironia, il richiamo della sfera superiore. 65

66 Nella sfera etica la sfera religiosa è presente in incognito sotto forma di umore (humor): per esso il Singolo intuisce che in certi casi la morale non può essere decisiva e che ci sono circostanze in cui il dovere non è precisabile, o non implica una forma ragionevole. L umore finisce così per inquietare il Singolo e offuscare quel senso di sicurezza e di pace, che egli trova nel compimento dei suoi doveri quotidiani. 66

67 Anche in questo caso, il Singolo può non comprendere il senso della sua inquietudine e, invece di compiere il salto nell assurdo, rinchiudersi ancor più nella sfera etica; e anche questa volta egli con la sua scelta si perde. 67

68 È il senso di una colpa irrimediabile, cioè di un peccato commesso contro Dio e perciò non emendabile con mezzi puramente umani, ciò che rivela a Kierkegaard l insufficienza della vita etica. L unica via per riscattarsi dal peccato è il pentimento, cioè il riconoscimento della propria miseria, della propria impotenza, e l abbandono fiducioso a Dio come una possibile fonte di salvezza. 68

69 Il pentimento è, dunque, l ultima parola della scelta etica, quella per cui questa scelta appare insufficiente e trapassa nel dominio religioso: «Il pentimento dell individuo coinvolge se stesso, la famiglia, il genere umano, finché egli si ritrova in Dio. Solo a questa condizione egli può scegliere se stesso e questa è la sola condizione che egli vuole perché solo così può scegliere se stesso in senso assoluto». 69

70 Ecco prospettarsi, allora, la possibilità di un terzo tipo di vita, la vita religiosa, che se scelta liberamente può diventare il terzo stadio nel cammino della vita. 70

71 Questa vita è descritta da Kierkegaard nell opera Timore e tremore, che, come appare già dal titolo, descrive la religione non come una condizione di tranquillità e di ossequio alle istituzioni, quale era per lui la religione praticata dalla Chiesa luterana ufficiale (il vescovo Mynster), bensì come una situazione in cui l uomo si trova solo di fronte a Dio e decide di abbandonarsi completamente a Lui, con un atto di fede che non è la conseguenza di un ragionamento, ma un salto, cioè una decisione pura, immotivata, totalmente libera. 71

72 La religione, nella quale soltanto si deve conchiudere la dialettica esistenziale, non è nemmeno la religione naturale e razionale (quella che Kierkegaard chiama religiosità A ), teorizzata e celebrata da illuministi e deisti: questa non riesce a vincere la angoscia e il peccato, ma tutt al più a suscitare il pentimento del peccato e l aspirazione al Perfetto. 72

73 La salvezza si ottiene soltanto nella Fede cristiana (la religiosità B ), il cui oggetto è il paradosso essenziale, cioè il Cristo, la Persona dell Uomo- Dio, che è divenuto nel tempo ed è apparso sotto la forma dell uomo comune, per poter essere modello di ogni uomo. 73

74 Kierkegaard prende posizione nei confronti di Lessing, che contro il paradosso dell Incarnazione aveva affermato che verità storiche non possono mai diventare una prova per verità eterne e che il passaggio, con cui si vuol costruire una verità eterna sopra un fatto storico, è un salto, che egli non si sentì di compiere. 74

75 Per Kierkegaard l essenza del Cristianesimo è proprio nell affermazione di questa situazione paradossale: Cristo è persona in quanto si è incarnato, per un atto di libera decisione divina, in un certo tempo e in un certo luogo, cioè nella storia; l uomo è persona in quanto accetta nel tempo, con un atto libero di scelta, il Verbo incarnato come modello da imitare; Dio si è impegnato a salvare l uomo; l uomo, il Singolo, si deve impegnare a salvarsi credendo nel paradosso essenziale. 75

76 Così il Singolo, concepito come possibilità, si trova davanti a un bivio fondamentale: da un lato Dio, l Infinito, il Verbo incarnato, il paradosso, l Assurdo; dall altro la famiglia, la società, il Popolo, lo Stato, l eticità comune; da un lato la salvezza, dall altro la perdizione. Aut-aut. C è un Assoluto che non costringe ma invita e chiama, e non ha senso la sua accettazione se non è atto di una libera scelta: si può non sceglierlo (e anche questa è una scelta!), ma chi non vuole sceglierlo è perduto. 76

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78 Le caricature 78

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86 Le fonti 86

87 N. Abbagnano, G. Fornero, Protagonisti e Testi della Filosofia, volume C, Paravia, Torino 1999; E. Berti, F. Volpi, Storia della filosofia. Ottocento e Novecento, 3, Laterza, Roma- Bari 1991; Enciclopedia Garzanti di Filosofia e Logica, ecc., Garzanti, Milano 1993; C. Fabro, Introduzione a S. Kierkegaard, Il problema della fede, Antologia delle opere, a cura di C. Fabro, La Scuola, Brescia 1986; G. Faggin, Storia della filosofia, 3, Principato, Milano ; S. Tassinari, Storia della filosofia occidentale, 3*, Bulgarini, Firenze 1994; L. Tornatore, G. Polizzi, E. Ruffaldi, Filosofia. Testi e argomenti. Ottocento, 3.1, Loescher, Torino

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