IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: questioni aperte in tema di qualificazione e procedure di affidamento

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1 IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: questioni aperte in tema di qualificazione e procedure di affidamento M. Cristina Colombo Avvocato in Milano 1. Premessa La materia dei servizi pubblici locali è oggi di grande attualità a seguito dell abrogazione dell art. 4 del D.L. 138/2011 per effetto della nota pronuncia della Corte Costituzionale n. 199/2012 e del vuoto normativo, perlomeno nell ordinamento interno, che ne è scaturito. Tra i servizi pubblici oggetto di particolare attenzione per le amministrazioni locali appare quello di pubblica illuminazione, e ciò per due ordini di ragioni: anzitutto per le problematiche relative alla sua esatta collocazione giuridica su un piano definitorio (appalto o servizio?); in secondo luogo, proprio in relazione all intervenuta abrogazione dell art. 4 citato, per la modalità procedurali di affidamento del servizio; da ultimo, ma non in punto di importanza, per le problematiche in tema di riscatto degli impianti di proprietà del gestore uscente. La materia è stata di recente oggetto anche di interventi significativi dell Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici, di cui si darà conto nel corso dell illustrazione. 2. Un primo problema : La qualificazione giuridica del servizio Come accennato, un primo problema che si pone per il servizio di pubblica illuminazione è di ordine definitorio. Non si tratta tuttavia di una questione puramente formale o giuridica: dalla qualificazione del servizio dipende infatti l individuazione della corretta procedura da applicare per l affidamento dello stesso. La questione riveste allora natura sostanziale.

2 Ad un orientamento, invero più risalente, della giurisprudenza amministrativa che lo inquadra tra gli appalti e secondo il quale il servizio de quo è reso in favore della Pubblica Amministrazione e quindi non risponde alla nozione di pubblico servizio, che richiederebbe un complesso rapporto che si instaura tra gestore pubblico o privato e utente ( cfr. TAR Campania, sez. I, 29 novembre 2001, n. 5111; Cons. Stato, sez. V, 23 agosto 2004, n. 5572), si contrappone oggi un orientamento che fa leva sull individuazione del soggetto beneficiario (la comunità locale) rispetto alle modalità di remunerazione del servizio, e che qualifica l attività di illuminazione pubblica come servizio pubblico locale. (cfr., ex multis, T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. I, 11 giugno 2009, n. 966; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 27 maggio 2010, n. 2165) Anche l Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici ha affermato che il servizio di pubblica illuminazione è «per sua stessa natura, rivolto a fini sociali e destinato a soddisfare direttamente e in via immediata esigenze generali della collettività. Come tale, ha, quindi, natura di servizio pubblico locale». (cfr. AVCP, parere n. 128 del 5 novembre 2009). Qualificazione confermata nel recente parere n. 5 del 20 giugno 2012, ove l Autorità afferma che «non rilevante ai fini della corretta qualificazione del contratto come concessione o appalto è la natura di servizio pubblico locale della pubblica illuminazione, generalmente accolta dalla giurisprudenza amministrativa. Il fatto che una determinata attività sia storicamente un servizio pubblico locale o come tale venga assunta dal legislatore o dagli enti locali su base di scelte eminentemente politiche, non può mettere in dubbio che le procedure ad evidenza pubblica siano quelle imposte dal legislatore comunitario e nazionale in relazione alla tipologia di contratto che si è in concreto inteso affidare». Ancora più significativa la Deliberazione n. 110 del 19 dicembre 2012 dell AVCP nella quale l Autorità qualifica il servizio di illuminazione delle strade comunali come servizio pubblico locale, trattandosi di attività caratterizzata «sul piano oggettivo dal perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della società civile, selezionata in base a scelte di carattere eminentemente politico quanto alla destinazione delle risorse economicamente disponibili ed all ambito di intervento e su quello soggettivo dalla riconduzione diretta o indiretta ad una figura soggettiva di rilievo pubblico». 3. Un Secondo problema: la normativa applicabile per le procedure di affidamento

3 Per effetto dell intervenuta abrogazione dell art. 4 del d.l. n. 138/2010, ad opera della sentenza della Corte Costituzionale n. 199/2012, allo stato attuale, il tema delle modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici inclusa, dunque, la pubblica illuminazione si connota per un sostanziale vuoto normativo, solo formalmente colmato dalla generica disciplina prevista all art. 34 del D.L. n. 179/2012, convertito con modificazione nella L. n. 221/2012. Tale norma, si ricorda, al comma 20 prevede che «per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l'economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l'affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell'ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste. In mancanza di una disciplina interna, dunque, l interprete e gli operatori devono attingere al quadro giuridico comunitario, sulla scorta del quale l affidamento del servizio di pubblica illuminazione può avvenire secondo tre diversi modelli: i)tramite conferimento in favore di soggetti individuati mediante procedure ad evidenza pubblica (cd. esternalizzazione). Si tratta dell affidamento del servizio in favore di imprenditori o di società a seguito di procedure competitive ad evidenza pubblica. L Ente Locale gode di un ampia autonomia circa la scelta del modello procedurale ritenuto più idoneo al perseguimento dei propri obiettivi, con una valutazione da compiersi caso per caso. I possibili modelli procedurali sono: appalto di lavori e/servizi; concessione di lavori e/o servizi; concessione di costruzione e gestione; project financing; finanziamento tramite terzi; ii) Tramite affidamento ad una società mista pubblico-privata. Nel corso degli anni si è aperto un dibattito sulla possibilità per l Ente Locale, una volta selezionato tramite procedura ad evidenza pubblica il socio privato, di affidare direttamente alla società partecipata il servizio pubblico. Il noto parere del Consiglio di Stato del 18 aprile 2007, n. 456, ha suggerito di equiparare la gara per l affidamento del servizio pubblico alla gara per la scelta del socio, nel caso in cui quest ultimo si configuri come un socio «industriale ed operativo». Tale posizione è stata avallata anche dalla Commissione Europea che, nella Comunicazione 5 febbraio 2008 (C/2007/661), sottolinea la difficile praticabilità di una doppia procedura di gara. La soluzione della gara unica aveva poi trovato

4 riscontro normativo nella disciplina oggi abrogata dell art. 4 che la declinava come gara cd. a doppio oggetto. iii) Tramite affidamento diretto a società a totale capitale pubblico corrispondente al modello cd. in house providing. A seguito dell abrogazione dell art.4 del d.l. n. 138/2011, che privilegiava l affidamento secondo modalità concorrenziali, deve ritenersi che i tre modelli sopra indicati siano oggi da considerarsi astrattamente equivalenti. Sono infatti venute meno le limitazioni normative per gli affidamenti in house, che ne consentivano la praticabilità solo in presenza di situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettevano un efficace e utile ricorso al mercato e solo nel rispetto della soglia di (da ultimo abbassata a ), corrispondente all importo dell affidamento, previo svolgimento di un analisi di mercato che acclarasse puntualmente l effettiva sussistenza delle condizioni eccezionali di cui sopra. Si ricorda peraltro che la disciplina comunitaria, che non contiene limiti quantitativi di natura economica alla possibilità di affidamenti in house, prevede due condizioni di legittimità dell istituto: l amministrazione aggiudicatrice deve esercitare sul soggetto affidatario un «controllo analogo» a quello esercitato sui propri organi ed uffici; il soggetto affidatario deve svolgere la maggior parte della propria attività in favore dell ente pubblico di appartenenza. Con particolare riferimento alle procedure da seguire per l affidamento del servizio di pubblica illuminazione, un rilevante contributo è stato offerto dalla deliberazione dell AVCP del 19 dicembre scorso che ha affermato alcuni principi cosi sintetizzabili: sono da escludere tutte le forme di proroga o di tacito rinnovo degli affidamenti in corso, se non per lo stretto tempo necessario all espletamento di procedure ad evidenza pubblica; per le gestioni in essere, occorre, previa determinazione del valore degli impianti per l acquisizione al patrimonio comunale e l assunzione effettiva del titolo di proprietà in capo ai Comuni, procedere all espletamento delle procedure di evidenza pubblica, evitando il mantenimento di situazioni monopolistiche, sulla base della relazione di cui al comma 20 dell art. 34 D.L. n. 179/2012, da pubblicarsi entro la data del 31 dicembre 2013;

5 i concessionari e gli affidatari di servizi pubblici locali, a seguito di specifica richiesta, sono tenuti a fornire agli enti locali che decidono di bandire la gara per l'affidamento del relativo servizio, i dati concernenti le caratteristiche tecniche degli impianti e delle infrastrutture, il loro valore contabile di inizio esercizio, secondo parametri di mercato, le rivalutazioni e gli ammortamenti e ogni altra informazione necessaria per definire i bandi (ex art. 25, comma 6, D.L. n. 1/2012, convertito in L. n. 27/2012). 4. Infine, le modalità di riscatto degli impianti Sebbene si tratti di beni destinati ad un pubblico servizio, per i quali non può essere messa in discussione la natura pubblicistica del regime proprietario, nella pratica si distinguono due diverse situazioni, spesso conviventi tra loro in una fattispecie per così dire mista: a) gli impianti sono di proprietà del Comune: in tal caso non si pone alcun ostacolo all indizione della gara per l affidamento del servizio; b) gli impianti sono di proprietà del gestore del servizio: in tal caso è necessario che il Comune, prima di bandire la gara, riscatti gli impianti e quindi quantifichi l indennizzo spettante al gestore uscente. Il procedimento di riscatto degli impianti del gestore uscente è ancora oggi quello previsto dal D.P.R. n. 902/1986, agli artt. 8-14, e dal R.D. n. 2578/1925, all art. 24: la volontà di avvalersi della facoltà di riscatto deve risultare da una deliberazione del consiglio comunale da notificare al concessionario uscente: il concessionario deve redigere lo stato di consistenza dell impianto o dell esercizio, in caso di inerzia può provvedere l ente pubblico concedente; in caso di disaccordo tra le parti sullo stato di consistenza decide un collegio di tre periti, nominati uno per parte dall ente concedente e dal concessionario, ed un terzo, in veste di presidente, dal presidente del tribunale nella cui giurisdizione ha sede l ente riscattante. Decisivo ai fini del riscatto lo stato di consistenza: si tratta del documento che, costituendo una sorta di fotografia dell impianto, ne descrive lo stato, l estensione

6 le, condizioni, le operazioni di manutenzione, sostituzione, rinnovo eventualmente effettuati dal gestore nel corso dell affidamento. La sua determinazione è particolarmente importante in quanto costituisce la base del calcolo dell indennità di riscatto, nell osservanza dei criteri fissati dall art. 24 del R.D. n. 2578/1986. Anche il sistema di determinazione dell indennità è disciplinato da dal R.D. n. 2578/1925 e dal D.P.R. n. 902/1986; si ricorda che il D.P.R. n. 168/2010, venuto meno con l abrogazione referendaria dell art. 23 bis del d.l. n. 112/2008, prevedeva un regime più favorevole per il Comune in quanto teneva conto del valore originario dell impianto. Ai sensi dell art. 24 del R.D. n. 2578/1925, invece, l indennizzo spettante al gestore uscente è calcolato tenendo conto: del valore industriale dell impianto, tenuto conto del tempo trascorso dall effettivo inizio dell esercizio; delle anticipazioni e sussidi dati dai Comuni. Il valore industriale poi, secondo l art. 13 del D.P.R. n. 902/1986, è determinato tenendo conto dello stato di consistenza dell impianto e del costo che dovrebbe essere sostenuto per la ricostituzione dell impianto stesso, deducendo dall importo risultante: il valore di degrado fisico degli impianti, avuto riguardo del tempo trascorso dall inizio della concessione ed alla prevista durata utile degli impianti stessi; il valore degli impianti divenuti obsoleti, al netto dell eventuale valore di recupero di recupero, nonché i costi per la trasformazione degli impianti onde adeguarli alle esigenze del processo produttivo. La giurisprudenza si è occupata del rapporto tra procedure di riscatto e la determinazione dell indennità affermando, come di recente ribadito anche dall AVCP nella deliberazione più volte richiamata, che la normativa di cui al Regolamento approvato con D.P.R. n. 902/1986 non subordina la possibilità del riscatto al previo raggiungimento di un accordo tra le parti sullo stato di consistenza prima, e sulla quantificazione dell indennizzo, poi. La disciplina, infatti, prevede espressamente la possibilità, in caso di mancato accordo, di

7 rimettere la questione ad un apposito collegio arbitrale, «ma in nessun punto è espressamente previsto che il trasferimento degli impianti risulti procrastinato ad un momento successivo all avvenuta definizione e liquidazione dell indennizzo dovuto». (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. II, sent. 27 maggio 2010, n. 2165) L assenza di un diritto di ritenzione da parte del gestore uscente è stata confermata anche dal Consiglio di Stato, ad avviso del quale «l esercizio del diritto di riscatto non è in alcun modo subordinato al previo raggiungimento di un accordo tra le parti sullo stato di consistenza o sulla quantificazione dell'indennizzo, in quanto la mancata definizione consensuale della questione patrimoniale, senza paralizzare l esercizio del potere pubblicistico di disporre il riscatto, implica la rimessione della controversia economica ad un apposito collegio arbitrale». (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. 28 settembre 2011, n. 5403). In altri termini ed in conclusione, le questioni economiche tra gestore uscente e pubblica amministrazione, non possono, né debbono influire sulla possibilità di riscatto degli impianti e sulla conseguente procedura di riaffidamento del servizio, con le procedure sopra richiamate.

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