MOVIMENTO PER LA DECRESCITA FELICE

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1 70 La decrescita felice La qualità della vita non dipende dal PIL Autore: Maurizio Pallante Editore: Editori Riuniti Data di pubblicazione: Novembre 2005 MOVIMENTO PER LA DECRESCITA FELICE Il movimento per la decrescita felice è un movimento di pensiero che si propone di promuovere un ampia sostituzione delle merci prodotte industrialmente con l autoproduzione di beni e individua in questa scelta la possibilità di migliorare la qualità della vita individuale e collettiva in generale e di migliorare le relazioni tra i popoli. Questo pensiero, opposto a quello del cosiddetto sviluppo sostenibile che continua a ritenere positivo il meccanismo della crescita, propone inoltre che la sostituzione delle merci in beni debba avvenire nell ambito di una riduzione dei consumi

2 energetici ed eliminando gli sprechi. La sostituzione delle merci con beni e l acquisto con l autoproduzione comportano dunque una decrescita del PIL, ma non ristrettezze o sacrifici. Ne deriva- 71 no, però miglioramenti della qualità della vita. Al contrario, nel sistema delle merci è insito il gene della crescita ove la produzione è finalizzata alla vendita e il suo obiettivo è vendere il più possibile, infatti la crescita del PIL è l indicatore che non misura l incremento dei beni prodotti da un sistema economico ma l incremento delle merci scambiate con denaro. Tuttavia nessuno può illudersi di autoprodurre tutto ciò che gli serve per vivere. L autoproduzione di beni può però essere potenziata da scambi fondati sul dono e sulla reciprocità che oltre a favorire la decrescita, rafforzano i legami sociali. Il dono e la reciprocità non devono essere confusi con i regali fatti in circostanze, a volte addirittura fittizie, crescenti e create per potenziare il consumismo, né si possono ridurre al semplice baratto, ma consistono in uno scambio gratuito di tempo, professionalità e conoscenze, insomma disponibilità umana. Nelle società pre-industriali queste forme di scambio non mediato dal denaro hanno seguito tre regole: l obbligo di donare, l obbligo di ricevere, l obbligo di restituire più di quello che si è ricevuto. In questo modo si creano legami sociali mentre gli scambi mercantili li distruggono. Infatti, maggiore è l influenza degli scambi fondati sul dono e la reciprocità, minore è la crescita del PIL. L autoproduzione e gli scambi non mercantili non possono comunque abolire la dimensione mer- dalla fascia d età, dalle caratteristiche della propria famiglia e dalla sofferenza che si prova a rimanere attaccati alla sola dimensione mercantile. Ognuno troverà la dimensione ottimale per sé iniziando da poco e da ciò che gli sembra più facile cercando inoltre di recuperare forme di conoscenza che sono state cancellate dalla memoria collettiva come il sapere e il saper fare. Mettere in circolo il sapere e il saper fare, può consentire di realizzare un alternativa alla mercificazione totale che caratterizza la società della crescita. Un sistema economico fondato sulla mercificazione totale e sulla crescita del PIL è alla base dei criteri di valutazione della ricchezza e della povertà sia relativa che assoluta in quanto vengono misurate solo con parametri monetari, con la capacità di acquistare merci. Nelle società opulente la povertà è relativa e viene considerato povero chi ha un reddito inferiore alla metà del reddito me-

3 dio, nelle società sottosviluppate è considerato povero chi ha un reddito inferiore a 1 dollaro al 72 giorno. In questa economia l autoproduzione di beni non viene presa in considerazione e i beni autoprodotti per autoconsumo non rientrano nel calcolo della ricchezza nazionale, le merci sì. Eppure come parametro di benessere e di ricchezza il reddito monetario è più incerto dell autoproduzione: se per una qualsiasi ragione i supermercati non potessero essere riforniti, se ci fossero difficoltà di provviste di petrolio, se i prezzi delle fonti fossili salissero, la ricchezza si ridurrebbe in proporzione inversa. Come indicatori di ricchezza sono molto più significativi un orto e un bosco, cioè la possibilità di autoprodurre beni, che un conto in banca, cioè la possibilità di comprare merci. La decrescita ci spinge ad una ulteriore riflessione che riguarda da vicino il lavoro e l occupazione. Chi produce direttamente non figura tra gli occupati perché non riceve in cambio denaro quindi non fa parte delle forze di lavoro, mentre chi svolge la stessa attività in cambio di denaro è occupato e inserito nelle forze di lavoro. Se una persona produce direttamente frutta e verdura per il proprio fabbisogno non genera reddito monetario, al contrario chi produce frutta e verdura per il mercato come coltivatore diretto o imprenditore e lo fa in cambio di denaro, è occupato e inserito nelle forze di lavoro. Chiunque svolga un attività non remunerata, per quanto possa essere utile, non è occupato e non fa parte delle forze di lavoro. Le attività che producono beni per autoconsumo e servizi autogestiti non sono lavori perché non producono un reddito monetario. Sono invece il residuo di un mondo arcaico, arretrato, conservatore incapace di apprezzare i vantaggi della modernità (perché coltivare l orto per avere pomodori quando posso andare comodamente al supermercato!?). Solo se si ritiene che questo sistema economico sia il migliore dei sistemi possibili, l occupazione si può identificare col lavoro e diventa un valore assoluto anche se non è tutto il lavoro possibile, ma soltanto la parte finalizzata alla produzione di merci e la sopravvivenza fatta dipendere dall acquisto di merci. Se un economia come quella industriale costituisce un utopia negativa, anche un economia che si proponesse di produrre solo beni sarebbe negativa anch essa, meglio quindi un po e un po, in dosi variabili considerando le circostanze storiche e ambientali. I problemi posti dalla crescita furono portati all attenzione negli anni 70 in un libro USA, I limiti dello sviluppo, in cui venivano pubblicati i risultati di una ricerca sulla crescita dei consumi ener-

4 getici e sulla possibilità che le fonti fossili non fossero in grado di soddisfare il fabbisogno mondiale dopo il Di conseguenza si poneva la necessità di discutere sulla riduzione dell uso senza 73 però compromettere la crescita economica delle società industriali. Nel dibattito che seguì si delinearono due posizioni contrapposte. La prima sosteneva che la riduzione dei consumi fossili poteva essere compensata dalla fissione nucleare, l altra sosteneva l utilizzo dell energia solare in particolare i pannelli fotovoltaici, ma in entrambi i casi i risultati di queste nuove energie, considerate da sole, non sarebbero stati soddisfacenti. Da una parte il nucleare poneva i seri rischi riguardo le centrali e lo smaltimento delle scorie, altrettanto l energia solare avrebbe richiesto qualche decennio di sperimentazione prima che fosse in grado di dare un contributo significativo. Mentre tutta l attenzione pubblica si concentrava su queste due ipotesi, una piccola minoranza sosteneva che per ridurre il consumo di fonti fossili la scelta non era la loro sostituzione con altre fonti, ma la riduzione degli sprechi e il miglioramento energetico. Solo 1/3 del petrolio che entra nelle centrali termoelettriche diventa elettricità e i 2/3 si disperdono nell ambiente sotto forma di calore inutilizzato aumentando appunto lo spreco. Se si riducessero gli sprechi nei processi di trasformazione energetica si potrebbero avere gli stessi servizi consumando meno energia alla fonte e si ridurrebbero le emissioni inquinanti, inoltre se si sviluppasse l autoproduzione energetica con impianti adeguati si migliorerebbe la qualità della vita riducendo la crescita. Quando si parla di crescita del PIL pensiamo al progresso, all ideologia del progresso che non viene mai messa in discussione da nessuno, e per la quale per far crescere il PIL bisogna distruggere in continuazione i prodotti meno evoluti del passato e sostituirli con quelli più evoluti del presente ( Distruzione creatrice ). Ma non tutti i cambiamenti sono stati dei miglioramenti, quindi il progresso non esclude la conservazione bensì si realizza arricchendo il patrimonio di sapere delle generazioni precedenti. Come si sceglie cosa conservare del passato e quali cambiamenti accettare? Si fa riferimento alla vita e si valuta la potenzialità di futuro di ogni alternativa. In generale un sistema economico che pretende di accrescere la produzione di merci quando le risorse sono limitate e limitata è la capacità di assorbire le scorie, non ha potenzialità di futuro. Siamo tutti impegnati nella produzione di merci e a consumare merci, illusi che questa sia la massima espressione della modernità ma nelle società fondate sulla crescita della produzione di merci

5 dove l atto di acquistare si identifica col progresso (benessere), la mercificazione permea anche i 74 rapporti umani. Se si è convinti che acquistare è meglio di autoprodurre, perché sprecare il proprio tempo nella cura delle persone (neonati, anziani) quando si può impiegare per guadagnare denaro pagando persone che lo facciano in nostra vece? Perché impiegare tempo per costruire rapporti di qualità con i propri figli, quando utilizzandolo per guadagnare soldi si possono comprare tante più cose per loro? Un neonato come potrà in futuro costruire con gli altri rapporti disinteressati e solidali, basati sul dono e la reciprocità? Fortunatamente ci sono segnali di risveglio alla saggezza che indicano che il sistema-progressocrescita non è riuscito ad eliminare del tutto la sofferenza, che comporta la capacità di riflettere sui disagi esistenziali che i consumi producono, e che si può pensare un altro modo di vivere ( Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio). Il primo passo è quello di comprendere che la crescita non è al servizio degli uomini, ma il contrario: siamo noi subordinati alle sue esigenze.

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