La bellezza del corpo

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1 La bellezza del corpo A differenza degli altri libri biblici, il Cantico dei Cantici presenta alcune dettagliate e accurate descrizioni del corpo umano, sia in riferimento al corpo maschile (Ct 5,9-16) e sia, soprattutto, a quello femminile (Ct 4,1-7; 6,4-12; 7,1-10). E ci sono, addirittura, alcuni brevi e sintetici riferimenti, sparsi qua e là, all interno dell opera, che contengono riferimenti al corpo di lei (Ct 1, ; 2,1.14) e di lui (Ct 1, ; 2,3.9). Qualcuno ha visto in questi poemi una descrizione del Tempio di Gerusalemme o della Terra Santa, ma saremmo in una sfera simbolica decisamente lontana e del tutto estranea al modo di procedere, tipico dell autore del Cantico. Questi, al contrario, si colloca all interno di una vera e propria concretezza della vita e nella descrizione del corpo non vede altro che la bellezza della persona amata, che intende presentare e descrivere nella sua concreta e reale avvenenza (cfr Gn 12,11). La presentazione del corpo, che può essere parziale o totale, e che può cominciare dal capo e finire ai piedi, oppure all opposto, si caratterizza come una vera e propria poesia, tipica della cultura semitica e del mondo arabo, che utilizza un particolare linguaggio metaforico, mirante a descrivere in maniera sistematica il corpo dell amato o dell amata nelle sue singole membra. Si tratta di una vera e propria contemplazione del corpo, attraverso la quale l amato o l amata ammira la bellezza dell altro, in un dialogo gustoso di dolce amore e di squisita tenerezza. 1. Lʼelogio del corpo di lui L unica descrizione del corpo maschile, presente nel Cantico dei Cantici, la si trova alla fine della drammatica notte dell assenza dell amato (Ct 5,9-16). Alla domanda da parte delle amiche, rivolta alla sposa, riguardo a che cosa di speciale potesse mai avere l amato [ Che ha il tuo diletto di diverso da un altro, volutamente ripetuta per ben due volte (Ct 5,9)], lei risponde con questa particolare pennellata artistica, che descrive le singole membra dell amato. Si tratta anche dell unica descrizione del corpo maschile presente nella Bibbia, e forse anche all interno della letteratura antica. Nemmeno nella storia di Sansone, che pure si caratterizza per la sua particolare forza muscolare, è presente una così particolareggiata attenzione. La ragazza, quindi, risponde alle amiche, passando in rassegna le varie parti del corpo, miranti a descrivere le caratteristiche del suo amato. Egli è riconoscibile fra mille e mille, perché è bianco e vermiglio. Forse spiritualizzando eccessivamente il testo, potremmo dire che la prima caratteristica dello sposo è la sua profonda preziosa purezza, vissuta con una forte e intensa attrazione amorosa. L essere bianco e, nello stesso tempo, del colore del fuoco esprime probabilmente la sintesi dell amore perfetto, cioè puro e insieme coinvolgente. Anche l immagine successiva del capo di oro puro, su cui spiccano i riccioli, simili a grappoli di palma, di colore

2 nero, come il corvo, esprime la medesima contrapposizione, che determina una particolare bellezza, data dall incontro degli opposti. Gli occhi, rassomiglianti a delle colombe, poste sopra ruscelli d acqua, stanno probabilmente ad indicare la vivacità dello sguardo, nonché la sua purezza e limpidezza; i denti, che si bagnano nel latte e si posano sui bordi, come posti in un castone, determinano un equilibrio particolare di bellezza, che implica determinazione e forza. Le guance, ossia la parte bassa del volto, dove spunta la barba, sono simili ad aiuole di balsamo, cioè ad aiuole di erbe profumate (cfr Sal 133,2); le labbra assomigliano a dei gigli, sgorganti e stillanti mirra; le mani sono anelli d oro, simili a gemme; il petto è forte come l avorio, in cui sono incastonate perle preziose di zaffiro; le gambe sono colonne di alabastro, ben stabili su basi di oro puro. Lui è veramente bello agli occhi di lei: assomiglia del tutto al Libano, fiero dei suoi cedri. Ma se è bello, lo è perché egli è tutto una delizia, esattamente come lo è il suo palato, che è interamente e soltanto dolcezza. L espressione conclusiva, rivolta alle figlie di Gerusalemme: Questo è il mio diletto, questo è il mio amico (cfr Is 42,1; Mc 1,11; 9,7), non solo chiude la descrizione, ma ne determina esattamente la bellezza dell amato, che è riconoscibile fra mille e mille, perché egli solo è tutto delizia. 2. La descrizione del corpo di lei A differenza del corpo maschile, descritto nei suoi dettagli una volta sola in tutto il libro, quello della donna viene più volte presentato in tutta la sua profonda bellezza e maestosità. Abbiamo, così, la presenza di ben tre canti o elogi del corpo dellʼamata, tutti tendenti ad evidenziarne la prodigiosa veemenza e beltà. Il primo elogio (Ct 4,1-7) lo si trova subito dopo il poema della lettiga di Salomone (Ct 4,6-11) ed è seguito dallʼinvito, rivolto alla sposa, di scendere dal Libano per raggiungere finalmente lʼobiettivo dellʼincontro. Racchiusa e incorniciata allʼinterno di un ritornello, mirante ad evidenziare la bellezza della sposa, chiamata con lʼappellativo di amata mia (vv. 1; 7), la strofa poetica si presenta come vera e propria carrellata di immagini, paragonate alle diverse parti del corpo della donna amata: - le colombe raffigurano gli occhi della sposa, coperti dal velo, o forse dalla trama sottile della capigliatura simile a un velo; - il gregge di capre nellʼatto di scendere dal monte Gàlaad, rimandano alle chiome dei capelli; - il gregge di pecore tosate, risalenti dal bagno, tutte madri di due gemelli, hanno come riferimento i denti della sposa; - un nastro purpureo rimanda alle labbra, rendendo la bocca piena di fascino; - uno spicchio di melagrana è il riflesso della tempia, coperta dal velo; - la torre di Davide, costruita a strati, con appesi gli scudi degli eroi, è un

3 rimando al collo; - due cerbiatti, figli gemelli di una gazzella, che pascolano tra i gigli, sono un rimando ai due seni della donna. Questa particolareggiata descrizione del corpo ha lo scopo di incrementare nel lettore il senso di gusto e di piacevolezza, che si evince esattamente dallʼincontro con lei, che lo sposo spera di realizzare sul monte della mirra e sul colle dellʼincenso, prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre (v. 6), ossia prima della notte. Come anche in altre parti del Cantico (cfr Ct 1,9-2,7), pure qui è il mondo della campagna, dei monti e delle città della terra di Canaan che fornisce immagini e allusioni, finalizzate a descrivere la bellezza della sposa, attraverso un vero e proprio elogio fisico dellʼamata. Ciò che sorprende, infatti, è proprio la concretezza della bellezza, che si sprigiona dal volto, ed esattamente dagli occhi simili a due colombe, semi-nascoste dal velo, per poi gradualmente scendere verso le chiome dei capelli, simili a un piccolo gregge di capre, scendenti dal monte; risalire leggermente verso i denti, simili a pecore tosate; le labbra, simili a un nastro di porpora, che fanno sgorgare una particolare graziosità; la gota simile a uno spicchio di melagrana, nascosta dal velo; il collo avente le sembianza della torre fortificata, e infine i seni simili a due bellissimi cerbiatti. Potremmo dire che qui è tutto bellezza e non cʼè altro che bellezza, senza alcun difetto o macchia (v. 7b). Il poema successivo (Ct 6,4-12) riprende, anche se parzialmente, le medesime immagini, ma lʼattenzione qui sembra posta sulla particolare potenza e veemenza della sposa, paragonata a dei vessilli spiegati, terribile come un vessillo di guerra (vv. 4 e 10), ma anche bella come la luna e fulgida come il sole. Essa è chiamata dallo sposo mia colomba e mio tutto (v. 9), per cui è evidente che la descrizione della bellezza del suo corpo è il riflesso della sua importanza nel cuore del re (vv. 8-9). Segue, subito dopo, lʼultimo poema (Ct 7,1-10), che contempla le singole membra dellʼamata, ben distinto dai due precedenti, sia per la novità delle tematiche e sia perché la successione delle parti corporee è in senso opposto, ossia dai piedi sino alle labbra. Siamo probabilmente nel contesto di una danza ritmica, per cui, nella descrizione del corpo femminile, sono proprio i piedi in movimento il primo elemento ad essere posto in evidenza. Il testo è introdotto dallʼinvito alla donna, chiamata qui Sulammita, a voltarsi verso lo sposo, per essere da lui ammirata. In questa conversione è possibile certamente vedere la metafora della vita di fede, che implica un voltarsi verso lʼoggetto del proprio amore. Qui, però, il tutto è finalizzato alla contemplazione da parte di un noi, non altrimenti definito, che si incanta per la bellezza della diletta (Vogliamo ammirarti...che cosa volete ammirare?). Il plurale sembra un coinvolgimento generale, che ora afferra e ingloba allʼinterno della straordinaria bellezza della sposa. Inizia, così, la particolareggiata descrizione del corpo dellʼamata, definita

4 figlia di principe, confermando lʼatmosfera regale del poema (cfr anche v. 6c): - belli sono i piedi, posti nei sandali ; - simili a monili sono le curve dei fianchi, al punto che sembrano opera di mani dʼartista ; - coppa rotonda, piena di vino aromatico è lʼombelico; - covone di grano, circondato da gigli è il ventre; - due cerbiatti, gemelli di gazzella (v. 4) e due grappoli dʼuva (v. 9c) sono i due seni; - una torre dʼavorio è il collo; - come le piscine di Chesbon sono i due occhi; - torre del Libano, orientata verso Damasco, è il naso; - alla stregua del monte Carmelo è il capo; - simile a porpora è la chioma dei capelli; - come una palma è slanciata lʼintera statura del corpo; - come profumo di mele è il respiro; - vino squisito, che fluisce sulla labbra e sui denti è il palato della donna. A parte lʼimmagine dei seni, simili a cerbiatti, e del collo, simile a una torre dʼavorio, per il resto le immagini sono qui del tutto nuove rispetto ai due poemi precedenti. Ma anche le parti corporee, ad eccezione degli occhi e delle labbra, non sono descritte nei precedenti canti. Tutta la descrizione sembra trovare la sua sintesi nel v. 7 (Quanto sei bella e quanto sei graziosa, o amore, piena di delizie), per poi concludersi al v. 9 nel desiderio e, quindi, nella scelta di salire sulla palma, che è la sposa, per cogliere i grappoli di datteri. Viene delineata qui, in questa sublime e incantevole atmosfera dʼamore, lʼintera tensione presente in tutto il Cantico, che dʼaltro non parla che di delizia seducente. 3. Conclusione In riferimento alle presentazioni, sia del corpo della donna (Ct 4,1-7; 6,4-12; 7,1-10), come anche di quello maschile (Ct 5,9-16), ciò che emerge in tutte le descrizioni è che si tratta sempre di un corpo bellissimo, formoso, statuario, così come è chiaramente contemplato da innamorati. Sembra, quasi, avere davanti agli occhi una foto dei nostri giorni, raffigurante un bellissimo e incantevole corpo umano. I protagonisti del Cantico sembrano non avere alcuna remora nel presentare, così comʼè, la bellezza del proprio corpo, così come accade ai nostri giorni. Il problema, purtroppo, è che spesso oggi, la bellezza esteriore non è in sintonia con l interiorità e che, a volte, si è così presi dalla propria presunzione di essere i depositari e i detentori del decoro e del contegno che ci si scandalizza per come il corpo, spesso quello femminile, si presenta o viene presentato. Infatti, ci si ferma volentieri all apparenza e non si guarda alla

5 sostanza e all anima della propria interiorità, che invece è bella e affascinante. La descrizione dei corpi, così come la presenta il libro del Cantico dei Cantici, rischia sostanzialmente di scandalizzare, a motivo della sua fisicità, sensualità e carica di erotismo. Se, però, si è determinati a voler guardare oltre, è possibile scorgere, attraverso le dettagliate descrizioni del corpo di entrambi i protagonisti del poema, un cuore puro e pieno d amore; un cuore che desidera donarsi solo per amore, senza mercificazioni di sorta; un animo che desidera adattarsi totalmente al proprio amato e alla propria amata, al punto da richiedere di essere il suo sigillo, ossia la sua stessa identità (cfr Ct 8,6-7). Ed è proprio questo, in ultima analisi, ciò a cui tendono le singole descrizioni dei corpi, ossia il raggiungimento dell eternità, che è il profondo desiderio di appartenenza totale dell uno nei confronti dell altro. Ed eterno, soprattutto qui nel Cantico dei Cantici, non è un termine eccessivo, perché è solo il vero amore che può sopravvivere oltre la morte ed abbracciare nell amore i confini eterni della vita (cfr Ct 8,6-7).