Maria Colin. Data di nascita: 1910 Intervista rilasciata in dialetto nel mese di aprile 2004 Intervistatore: Italo Corai

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1 Maria Colin Data di nascita: 1910 Intervista rilasciata in dialetto nel mese di aprile 2004 Intervistatore: Italo Corai Quando è andata a lavorare al cotonificio? A tredici anni. Nel C erano le mie sorelle, mio fratello. Che numero della famiglia era lei? Del Più vecchi di me c erano otto fratelli. Quanti sono andati a lavorare dentro lo stabilimento? Tutti i fratelli tranne uno che era della marina e che è morto in guerra. Vivevate tutti in famiglia? Anche i fratelli sposati? Si viveva in famiglia; ma quando si sono sposati ognuno è andato per conto suo. Quanti fratelli stavano in casa con lei? Eravamo in quattro sorelle e un fratello. Dopo tre mesi che avevo iniziato a lavorare mi è successo l incidente. Con la mano sono andata dentro l ingranaggio della macchina. Lavoravo in doppiatura e c erano gli ingranaggi per fare le rocche; mettendo dentro la spina per fare la rocca, si è alzata la bandina e io sono andata dentro con la mano. Quella che era addetta alla macchina mi ha sentito urlare ed è stata svelta a fermare, perché altrimenti mi portava via tutte le dita. La macchina era lunga come da qui al cortile; eravamo in sei operaie; tre per parte. Lei era la più giovane lì dentro? Avevamo tutte più o meno la stessa età; nel 1923 ero grande (ndr: 13 anni) Ho lavorato anche a Torre. Ad Amman ho fatto 25 anni; 35 anni in tutto. Poi hanno anche licenziato una squadra per diminuzione del personale. Questo dopo la guerra? In quel periodo lì, perché era venuta avanti una crisi! Perché è andata dentro? Perché tutte le ragazze andavano lì. A Pordenone tutte lavoravano allo stabilimento: a Torre, Rorai, Fiume. Mia mamma che era di San Fior (ndr: Km 30 da Pordenone), è venuta poi a lavorare ad Amman. Lì ha conosciuto mio papà e si è sposata.

2 Veniva da San Fior a piedi a lavorare. C era una truppa di ragazze che andavano a casa a San Fior, Godega o in quei paesetti là, il sabato sera cantando, e al lunedì mattina alle tre, alle quattro, di nuovo a piedi tornavano a lavorare. Poi hanno fatto il cameron lì dove ci sono dei condomini. Non sono tanti anni che l hanno buttato giù; c erano le suore che facevano da mangiare alle operaie. Chi faceva il turno, alla sera poteva andare dove voleva, a ballare. Le suore facevano da mangiare, e le ragazze si arrangiavano a lavare, a fare un po di tutto. Mia mamma poi ha trovato il moroso. Mio papà era di una famiglia di contadini, che comanda Galvani, e lavorava sulla campagna. Quanti anni ha lavorato sua mamma in stabilimento? Non mi ricordo; comunque dopo sposata non è più andata lavorare. Quanti giorni davano dopo il parto? Appena partorito davano 40 giorni di permesso, non come adesso che stanno a casa un anno prima e due anni dopo, Davano 40 giorni giusti, neanche un giorno di più e poi via a lavorare. Sono piena di dolori sono qui inferma; ho le gambe sempre peggio non dico di fare la Garibaldina ma almeno di camminare un po di più. Mi sono alzata prima: dolori da morire. Ho lavorato senza interruzione fino all anno in cui ci hanno licenziato nel 54. Dal 1923 al 1954 per 31 anni; e poi di notte a Torre. Il mestiere era sempre quello; sempre in doppiatura. Cosa si faceva in doppiatura? Si facevano le rocche. Doppiatura perché di una spola se ne facevano due. I fili si doppiavano. Andavano fuori le spole e noi dovevamo metterle su, fare il nodo (el grop).venivano delle belle rocche. Per la tessitura? La tessitura era a Rorai e anche ad Amman. Mio marito era assistente alla tessitura. Anche lei ha trovato marito in stabilimento? Ci siamo visti e ci si conosceva nello stabilimento. Lui era assistente in tessitura e io ero in filatura. Nello stabilimento la tessitura era in fondo, mentre noi eravamo di qua. Zoppinger era direttore generale; direttori ad Amman sono stati Lanterna e Venier. Zoppinger stava in quella villa dove adesso hanno messo gli handicappati (ndr: Villa Carinzia). Lì stavano i rappresentanti dei padroni. Io abitavo in via Revedole, poi nel 1934 sono andata a Torre; ci sono rimasta poco perché sono tornata in via Revedole. Che anni erano quando è andata a Udine?

3 Non mi ricordo mica. Siamo salite sul treno delle bestie. Col fazzoletto nero e le parole duce bianche. Non mi ricordo l anno. Aspetti: era il E via a Udine!. Doveva venire il duce a Udine e allora tutti dovevamo andarci. Fuori dal lavoro con il fazzoletto al collo, la vestaglia. I capi, il direttore ci hanno comandato di andare a Udine. Era il 23 marzo e siamo partiti alle quattro, alle cinque sul carro bestiame. Siamo arrivati al campo sportivo di Udine alle sei del mattino e là c era da aspettare il duce che doveva venire alle nove. Dalle nove della mattina è arrivato alle sei e mezza della sera. Eravamo obbligate a gridare: duce, duce, duce e battere le mani. E il duce è arrivato alle sei e mezza, sette della sera. Dovevamo gridare duce, duce, ma qualcuno gridava qualcos altro, quel che capitava. Si rende conto dalle quattro della mattina, sotto il battente sole. Ci si divertiva anche, in compagnia. Qualche uomo tirava anche qualche bestemmia (qualche moccol). Qualcuna scappava, ma se la vedevano scappare le davano otto giorni di sospensione. Eravamo obbligati, ci toccava. E la vera? Siamo ancora che aspettiamo il caffè! Se non si dava la vera, niente caffè, niente cari! Abbiamo portato tutte la vera. Chissà dove è andato quell oro! Sono ancora che aspetto il caffè! Era in stabilimento che raccoglievano l oro? No, fuori. C erano le capitane, le maggiore, signore in divisa, con i gradi. Fasciste. Erano riunite ad un tavolo in una stanza, in alta uniforme e là prendevano l oro che portavamo. La mia era una bella vera, non tanto grossa, ma insomma Non ho dato la mia vera, sono andata a comperarne un altra! Tutte facevano così, perché dispiaceva dare via la vera matrimoniale che era bella grossa. Allora sono andata a comperarne un altra e mi ha costato 25 lire. Era finetta, ma era sempre d oro, e allora sono andata a portargliela. Ci hanno dato la vera di ferro con scritto 18 novembre. Cioè il giorno in cui l ho consegnata. Durante la guerra gli stabilimenti lavoravano regolarmente? Si, lavoravamo per i tedeschi. In serie. C erano dieci dodici file di macchine singe. Io ero sulle barzane (?); facevamo camice, braghe, divise per i soldati tedeschi. Non eravamo trattati male. Ci pagavano bene. In fondo alle macchine c erano le macchinette che facevano i soldi! Carte grandi così! I soldi non mancavano, era la roba che non si trovava! Noi ci arrangiavamo, andavamo dai contadini. Poi avevamo una brava interprete che ci diceva: Oggi rubate, rubate (robè robè) che il comandante è via. Il comandante era uno delle SS. E noi rubavamo: ci vestivamo bene sotto e al primo allarme che suonava scappavamo a spogliarci e con quella roba poi andavamo dai contadini nei paesi. Erano cancheri i contadini! Rispondevano male, ci mandavano fuori e noi poverette a portare sta roba che era nuova.

4 Odio i contadini. Non posso vederli. Eravamo io e un altra che andavamo cariche con questa roba in bicicletta, con i copertoni legati coi spaghi. Hanno mai beccato nessuno che rubava in stabilimento? No, mai perché quando suonava l allarme si correva. Si rubava quando non c era il comandante. Conosce la Ida Coran da Torre che abita in piazza? Era brava! E la signorina Crozzoli? Ci avvertivano quando il comandante andava via e intanto noi rubavamo. Perché sennò non si mangiava mica! Bisogna poi che dica la verità. Tanti tedeschi erano buoni e difatti quando c è stata la ritirata in tanti se li sono portati in casa. Dicevamo ai capi, ai marescialli, agli ufficiali di darci magari un po di carbone, perché legna non ce n era. C erano delle cataste di carbone alte così! (Ghe gera tasse de carbon!) Perché le stufe andavano a carbone. E dicevamo: dacci un pezzo di carbone e loro: Io Luchi luchi luchi come a dire noi non vediamo, portate via. Difatti portavamo a casa delle cassette di carbone e facevamo fuoco. Ce n erano di buoni! Conosceva Rovidio? Rovidio non era direttore. L ho sentito nominare ma non mi ricordo più. Giovanni Scaramelli stava in Corso Garibaldi e aveva sposato la Sartori quella che aveva Appalto lì sotto i portici e adesso c è un altra lì, bionda. Sua moglie era la Sartori; era ricca e suo papà aveva la tabaccheria. Tutta Pordenone ha lavorato in stabilimento: donne e anche tanti uomini. Non c erano altri posti. Immagini lo stradone del Cotonificio: operaie che venivano su dal lavoro! E in portineria si andava dentro per una porta dove c era una signora che ci tastava la ne palpava. Erano le palparesse cioè ci tastavano per vedere se avevamo rubato roba. Si entrava da una porta e si usciva dall altra. E lì ci appiccicavano il numero della marca. Controllavano tutte e in parte c era il tabellone delle marche; ognuna aveva il proprio numero. Se ci si prendeva tardi, per dieci minuti si prendeva la multa. Il portinaio marcava e la multa veniva trattenuta sulla paga. In ultimo si cominciava alle sei a lavorare, ma per molti anni alle cinque della mattina. Mia mamma mi svegliava alle quattro: guardate ragazze che è ora. Eravamo in tre. E io dicevo: Mamma sì, ancora un po! Smettevamo alle due. Una settimana avevamo l orario dalle cinque alle due, e l altra dalle due alle dieci. Chi faceva la mattina lavorava otto ore e mezza. Non facevamo turni di notte, anzi questi erano fatti nell ultimo periodo e a Torre. Licenziate, andavano per le case a chiedere a chi sapeva il mestiere della doppiatura. Io ero a casa in quel periodo e in tante siamo andate a lavorare di notte perché erano belle paghe. Ho fatto 4 anni a Torre, di notte. Ma a Torre era altro filato, era altro stabilimento. Si lavorava bene e il filato era migliore. Neanche da mettere con Amman! C era più bella qualità ed era anche più bello lo stabilimento. A Torre lavoravo al terzo piano. E ancora là in piedi.

5 Si andava a lavorare contente beate, cantando e si tornava a casa cantando. Quando si tirava la paga, c era una, la Serafini, che aveva quattro bambine che veniva fuori dalla portineria a vendere le mele con queste bambine sul caretto e le ceste delle mele in parte. Queste poi si sono sposate tutte bene: una ha sposato quello che vende argento, una il figlio dell impresario Raffin, la più bella ha sposato Melan che ha la bottega dei generi alimentari, l altra l impresario Pavan. Queste ragazzine (fantoline) mi ricordo ancora che erano con questo caretto.

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