1. PINO NERO E ABETE BIANCO

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1 1. PINO NERO E ABETE BIANCO Il suolo oggetto di ricerca nella mia tesi è stato campionato sotto Pino nero (Pinus nigra Arn. ssp. laricio) e sotto Abete bianco (Abies alba Mill.) nella foresta di Vallombrosa. Il Pino laricio è una sottospecie del Pino nero che ha portamento più slanciato rispetto a quest ultimo. E specie a rapido sviluppo ed è originario delle zone del Mediterraneo, ed è stato ampliamente utilizzato negli Appennini per il rimboschimento di terreni poveri. E specie frugale, eliofila, xerofila ed è più termofila dell Abete. L Abete bianco ha forma slanciata e conica e all inizio cresce lentamente. E l unica specie del genere Abies spontanea in Italia. L optimum edafico si ha su terre brune ricche di humus, sopporta suoli molto acidi e quelli calcarei superficiali ma non quelli paludosi e ricchi di metalli pesanti, tollera male la siccità, esige 1000 mm di pioggia annui ed è sciafilo. Occorre sottolineare che il loro possibile effetto sulla composizione delle comunità microbiche del suolo non è conosciuto. 1

2 2. IL SUOLO Il suolo è lo strato superficiale delle terre emerse e presenta una notevole diversità microbiologica (Nannipieri et al., 2003), ed è un comparto ambientale dinamico (Ladd and Fortser, 1996; Nannipieri et al., 2002), in evoluzione, in cui si compiono diversi processi fisici, chimici e biologici come la degradazione della sostanza organica e la produzione di humus. Dal funzionamento del suolo dipende la vita delle piante e quindi la vita degli ambienti terrestri. Si tratta di un sistema complesso, la cui fase solida, quella dominante, è costituita da particelle minerali (45%), da sostanza organica (mediamente 5%). Le altre due fasi sono quella liquida e quella gassosa; la prima è costituita dall acqua che può circolare attraverso i pori per effetto della forza gravitazionale, o tramite la tensione superficiale. Gli organismi del suolo si distinguono in base alle loro dimensioni, in microflora (batteri, funghi, alghe, licheni, radici), microfauna (protozoi), macro e mesofauna (nematodi, acari, insetti, collemboli). 2.1 LA VITA NEL SUOLO Gli organismi del suolo ed in particolare i microrganismi, svolgono un ruolo ecologico fondamentale nella demolizione della sostanza organica di tipo vegetale e animale chiudendo i cicli di molti elementi con rilascio di nutrienti che possono essere assorbiti dalle piante (Nannipieri et al., 2003). Tali processi vengono svolti principalmente da FUNGHI e BATTERI, i microrganismi prevalenti nella microflora edafica. I batteri sono il gruppo di microrganismi più abbondante e possono essere in numero pari a 10 bilioni di microrganismi per grammo di peso secco di terreno (Torsvik et al., 2002). 2

3 I funghi sono microrganismi essenzialmente eterotrofi e svolgono un azione abbastanza variegata: sono molto attivi nella decomposizione delle sostanze organiche complesse altamente polimerizzate, partecipano all humificazione, alla mineralizzazione. Questi processi dipendono dalla temperatura, umidità ed aerazione del terreno. L alta diversità batterica e fungina, come ho menzionato, gioca un ruolo importante nell ampia capacità metabolica del suolo (Giller et al., 1997). Tale diversità è influenzata da diversi fattori quali la copertura vegetale, in quanto regola da un punto di vista qualitativo e quantitativo le risorse disponibili, compete per i nutrienti con i microrganismi, rilascia attraverso le radici substrati organici che stimolano la crescita dei microrganismi eterotrofi, e determina la formazione di microclimi (Wardle, 2000): crea così una variabilità spazio temporale dei principali fattori che condizionano la struttura e la composizione della comunità edafica. Occorre precisare che le varie specie microbiche non operano da sole ma agiscono in consorzi microbici (Pietramellara et al., 2002). Alla luce di quanto è stato finora detto, si può affermare che il ruolo svolto dai microrganismi nel suolo è di enorme importanza, nonché insostituibile, in quanto in mancanza di questo il terreno sarebbe solo un supporto meccanico inerte. Solo un piccolo volume di suolo è occupato dai microrganismi. In genere una maggiore attività è riscontrata negli orizzonti più superficiali ricchi di sostanza organica (Fig. 1). 3

4 Fig. 1 Microrganismi nel suolo: l illustrazione mostra schematicamente la crescita di FUNGHI (A) tra le particelle di suolo e la presenza di BATTERI (B) tra i pori. 3. DNA NEL SUOLO ED IL PROCESSO DI TRASFORMAZIONE Nel suolo, vista l elevata presenza di specie viventi, vi è anche una grande quantità di materiale genetico assai differenziato, denominato METAGENOMA. Durante la loro vita i microrganismi, che interagiscono tra loro e con le piante, si scambiano informazioni geniche tramite tre meccanismi 4

5 fondamentali: TRASDUZIONE, CONIUGAZIONE e TRASFORMAZIONE. Le molecole di DNA, ossia quelle che portano le informazioni geniche, possono anche trovarsi libere nell ambiente (DNA extracellulare = edna) e quindi interagire direttamente con i colloidi del suolo (principalmente minerali argillosi e sostanze umiche entrambi provvisti di carica elettrica) (Radaelli e Calamai, 2001) che possono adsorbire queste molecole e proteggerle dalla degradazione enzimatica (Paget et al., 1994). I minerali argillosi sono particolarmente reattivi nell adsorbire il DNA: 1g di argilla (montmorillonite) può adsorbire fino a 30 mg di DNA, pari a ca genomi di Escherichia coli (Bertolla et al., 1999). Per quanto riguarda le sostanze umiche i massimi valori di assorbimento sono di mg di DNA per grammo di sostanza umica (Crecchio e Stotzky, 1998). Il DNA adsorbito sui colloidi del suolo può essere utilizzato ed inglobato nel genoma di cellule batteriche (processo di trasformazione); questo processo dipende dalle caratteristiche del suolo, dei colloidi e dalle molecole di DNA, per grandezza, struttura terziaria e grado di purezza (Stotzky, 1989; Lorenz and Wackernagel, ; Khanna and Stotzky, 1992; Paget and Simonet, 1994; Ceccherini et al., 2001; Ascher et al., 2002; Pietramellara et al., 2001). Tra i fattori ambientali che influenzano le interazioni e l attività biologica del DNA adsorbito, sono da menzionare il tipo di catione che satura la carica sul minerale argilloso, il ph (Greaves and Wilson, 1969) l umidità e la temperatura. Il DNA può arrivare al suolo con i residui vegetali, animali e microbici ed il tempo di permanenza di questo DNA nel suolo è determinato dalla struttura chimica del residuo in cui si trova il DNA; tale permanenza può variare da poche ore ad alcuni anni (Gebhard and Smalla, 1999; Nielsen et al., 2002; Ceccherini et al., 2002). Frammenti di DNA di grandi dimensioni presentano una maggiore probabilità di successo nel trasferimento genetico, perché si riduce la possibilità di un danneggiamento del gene interessato (Ogram et al., ; Pietramellara et al., 2000; Poly et al., 2000). Il DNA extracellulare rilasciato nel suolo dalla lisi cellulare dopo la morte o durante la crescita 5

6 batterica (Lorenz and Wackernagel, 1994), può essere inglobato nel genoma di cellule batteriche che si trovano in uno stato fisiologico particolare, detto COMPETENZA. La TRASFORMAZIONE è stata per molto tempo poco considerata, ma oggi è rivalutata dopo che si è dimostrato che il DNA extracellulare può persistere nel suolo. Tale processo permette anche lo scambio di materiale genetico a basso livello di omologia; comunque la frequenza e l efficienza della trasformazione in situ sono molto basse (Nielsen et al., 2003), visto l esiguo numero di microrganismi che la possono effettuare (ca. 10% ) e dato il fatto che la trasformazione avviene se la cellula competente viene in contatto con una molecola di edna. Evento molto difficile da verificarsi in un ambiente eterogeneo e discontinuo come il suolo. I PRINCIPALI FATTORI CHE INFLUENZANO IL PROCESSO DI TRASFORMAZIONE SONO: 1. Presenza di frammenti di edna di dimensioni sufficienti per codificare del tutto uno o più geni. Come già ribadito in precedenza, l importanza delle dimensioni è fondamentale, in quanto nella fase d ingresso del frammento di DNA nella cellula ricevente c è un danneggiamento delle sue estremità; ma se le dimensioni per codificare un gene sono opportune, il leggero danneggiamento delle estremità sarà sufficiente ad impedire l espressione di tale gene. 2. Presenza di cellule competenti o cellule in grado di sviluppare spontaneamente la competenza (Pietramellara et al., 2002). Si parla di competenza come di un particolare stato fisiologico transitorio che fa sì che la cellula possa assumere DNA dall esterno tramite l attivazione di particolari recettori proteici presenti sulla sua membrana. Alcune specie sviluppano la competenza in seguito a cambiamenti delle condizioni ambientali come le carenze di certi nutrienti. Mentre non è stato ancora osservato lo sviluppo della competenza nel suolo, lo stato di competenza è invece facilmente inducibile in laboratorio, sia con specie che sviluppano la competenza 6

7 naturalmente (Bacillus subtilis, Acinetobacter) e sia con specie che la sviluppano in condizioni artificiali (Escherichia coli). 3. Recettori specifici per il DNA presenti sulla membrana di cellule batteriche naturalmente competenti. Tali recettori sono caratterizzati dalla presenza di sequenze proteiche, più o meno specifiche, atte a bloccare le molecole di DNA o frammenti di queste. Il trasferimento orizzontale dell informazione genetica (HGT, Horizontal Gene Transfer) è stato studiato maggiormente tra i procarioti ma può anche interessare gli eucarioti. Gli scambi genetici nel suolo avvengono in zone denominate HOT SPOTS (zone calde) con condizioni fisico- chimiche idonee all attività microbica. Questi HOT SPOTS possono essere il RIZOPLANO, la RIZOSFERA e la RESIDUOSFERA. 7

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