Musica. Musica. Il barbiere di Siviglia. Lirica

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1 16 Musica Musica 17 Lirica Il barbiere di Siviglia

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3 Lirica 4 sabato 29 ottobre Il barbiere di Siviglia (titolo originale Almaviva, o sia L inutile precauzione) Melodramma buffo in due atti su libretto di Cesare Sterbini dalla commedia omonima di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais musica di Gioachino Rossini Maestro Concertatore e Direttore Francesco Quattrocchi, barbiere tuttofare Il d Almaviva, dottore in medicina, tutore di, pupilla di, maestro di musica di Berta, vecchia governante in casa di, servitore di Almaviva Un ufficiale Domenico Balzani Bogdan Mihai Filippo Polinelli Aya Wakizono Giorgio Giuseppini Maria Cioppi Giuliano Pelizon Hektor Leka La sera della prima, il 20 febbraio 1816, fischi e contestazioni accolsero la nuova opera di Gioachino Rossini, compositore pesarese appena ventitreenne: uno dei fiaschi più clamorosi nella storia del melodramma segnò il debutto del Barbiere di Siviglia, destinata a diventare ben presto una delle opere più celebri, citate, copiate, conosciute della storia. Oggi, 200 anni dopo, il Barbiere è l opera italiana più rappresentata in assoluto nei teatri di tutto il mondo. A dispetto del disastroso esordio, infatti, già dall indomani e per tutte le repliche successive lo spettacolo ebbe una trionfale accoglienza di pubblico, che applaudì parole dello stesso Rossini con un fanatismo indicibile. Simbolo della migliore tradizione dell opera buffa italiana, con una musica che gratifica le voci e numerosi intermezzi comici, in una giusta mescolanza di realismo e ironia, la vicenda presenta una galleria di personaggi benissimo tratteggiati e capaci di parlare al pubblico di ogni età e di ogni nazione: dal conte d Almaviva a don e all intraprendente. Su tutti, : esuberante, dinamico e immortale factotum della città. Argomento Atto Primo 5 regia di Giulio Ciabatti scene di Aurelio Barbato maestro del Coro Francesca Tosi orchestra, coro e tecnici della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste Nuovo Allestimento della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste Una piazza di Siviglia, verso l alba. Il d Almaviva, innamorato della bella, pupilla di Don, entra cautamente preceduto dal suo servo e da vari musicanti. Egli spera che un ardente serenata gli valga almeno un cenno di simpatia da parte della fanciulla; ma tutto è inutile: non dà segno di vita. Sconfortato, il licenzia i musicanti e fa allontanare, deciso ad attendere sotto il balcone il risveglio della bella; deve però, a sua volta, nascondersi se non vuole essere scorto da un tale che si avvicina cantando allegramente. Il nuovo arrivato è, furbo barbiere, servizievole ed astuto beniamino della città. Egli chiamato da tutti per ogni intrigo è felice che il proprio mestiere sia così vario e redditizio. Il ravvisa in lui una vecchia conoscenza; gli si rivela ed in breve

4 6 convince il barbiere ad aiutarlo presso e a persuaderla alle nozze. Ma ecco Don che esce di casa; da alcune parole il e apprendono com egli abbia intenzione di sposare la sua pupilla prima di sera. Allontanandosi il tutore, d Almaviva insiste affinché scongiuri immediatamente il pericolo. Dietro consiglio del barbiere, il si dichiara a, tacendo il suo nome e facendosi passare per un tale Lindoro: la ragazza questa volta risponde. Giubilante per l inatteso successo, Lindoro approva il piano di : si travestirà da soldato (tanto più che è amico del colonnello comandante il reggimento che deve giungere a Siviglia in giornata) e, presentando un falso biglietto d alloggio, otterrà di entrare in casa di Don. Per apparire meno pericoloso fingerà una leggera ubriachezza. Rimasti così d accordo, i due amici promettono di ritrovarsi nella bottega di ; l uno pieno di gioia per le speranze d amore, l altro gongolante per la prospettiva di lauti guadagni. Cortile della casa di Don. ha ascoltato la dichiarazione di Lindoro le cui ardenti parole hanno provocato risonanza nel suo cuore: sposerà il giovane, ha deciso. E niente varrà a farle cambiare pensiero. Adesso si tratta d intendersi col giovane e la ragazza pensa che il quale giunge in quel momento essendo barbiere, chirurgo, veterinario e speziale di Don, potrà aiutarla; naturalmente non sogna di meglio; ma ambedue girano al largo prima d impegnarsi, tastando reciprocamente il terreno. L arrivo del tutore interrompe il dialogo. si ritira e, dopo aver risposto dispettosamente al sospettoso interrogatorio cui viene sottoposta, se ne va ella pure. Don viene raggiunto da Don ex maestro di musica che, con la scusa d insegnare a, si fa complice del tutore nella speranza di buscar denari e subito gli fa premura affinché le nozze con la pupilla abbiano luogo, per amore o per forza, al più presto. Don l avverte dell arrivo del d Almaviva in Siviglia. Don trema all idea che lo sconosciuto possa avvicinare la ragazza. Don gli consiglia di eliminare il giovane a mezzo della calunnia; ma Don preferisce stendere subito il contratto nuziale: penserà poi egli stesso a mettere in salvo la moglie dalle mire degli zerbinotti. I due escono,, che tutto ha udito, s introduce cautamente: a sopraggiunta, rivela le mire del vecchio tutore. Ma la ragazza non si spaventa e preferisce sapere chi sia il giovane che, in strada, parlava con all alba. le dice trattarsi di un suo cugino studente. Essa, con ingenue ma astute domande, riesce ad avere conferma dell amore del giovane e a sapere che egli attende un biglietto d incoraggiamento. La bricconcella finge di esitare, fa la vergognosa, finché, alle istanze di, mostra il biglietto già preparato in precedenza. ammira la furberia della giovane e parte contento. Chi lo è meno è Don che, rientrando, s accorge che ha un dito macchiato d inchiostro, nota poi che manca un foglio dalla scrivania e che è stata temperata la penna. Non valgono le abili scuse di : egli sospetta, e, minacciando di richiuderla, esce inviperito., sicura di potergliela fare in barba quando vuole, non si angustia ed entra nelle sue stanze. Ed ecco arrivare il, vestito da soldato di cavalleria, in preda a falsa ubriachezza. Così può burlarsi della rabbia di, accorso alle sue grida, che, nonostante l esibizione del falso biglietto d alloggio, non vuole saperne di ospitarlo in casa sua. Al frastuono, sopraggiunge cui il si rivela ed alla quale, tra mille astuzie per eludere la gelosa attenzione del tutore, riesce a consegnare una lettera. Ma il giuoco non illude il vecchio che, pur cercando un foglio in suo possesso che lo esonera dal dar ricetto a militari, ha veduto giusto. Pretende che la carta gli venga consegnata; ma la cambia abilmente con la lista del bucato, sì che Don è burlato una volta di più. La sua collera si riversa su quell insolente soldato ubriaco che vuol rimanere ad ogni costo; invoca soccorso in modo da far accorrere un ufficiale, seguito da soldati., vedendo che le cose si mettono male, si precipita a cercar di calmarlo fingendo di minacciare Lindoro. I due continuano a litigare incolpandosi vicendevolmente; ma quando il si sente intimare l arresto, prende a parte l ufficiale e gli mostra una carta di fronte alla quale quegli non può che inchinarsi e far ritirare i soldati. I presenti commentano il fatto, sbalorditi, mentre il e ridono soddisfatti. Atto Secondo Studio in casa di Don Don è angustiato: ha fatto ricerche ovunque, ma al reggimento nessuno conosce il soldato ubriaco. Che sia un emissario del d Almaviva venuto ad insidiare la ragazza? Alcuni colpi battuti alla porta lo distolgono dai tristi pensieri. Entra il, travestito da maestro di musica, il quale assicura di essere Don Alonso, allievo di Don ammalato e da quest ultimo mandato a sostituirlo nella lezione. Don non si fida: quella faccia non gli è nuova. Allora il ricorre, suo malgrado, ad un mezzo rischioso 7

5 8 ma decisivo; egli mostra il biglietto consegnatogli da, finge di averlo intercettato, mentre era diretto al d Almaviva, per farsene un merito con lo stesso Don e gli suggerisce di servirsi di quel foglio per calunniare l innamorato presso la sua bella... La calunnia! Don riconosce la scuola di Don e non diffida più: egli stesso va a chiamare che frena a malapena la sua gioia nel riconoscere Lindoro. Fingendo di far lezione di musica, e mentre il tutore sonnecchia, i due hanno modo d intendersi perfettamente; però il giovane non fa in tempo ad avvertire la ragazza che il biglietto adesso si trova nella mani del vecchio. Intanto sopraggiunge che, con la scusa di far la barba a Don, nasconde i due che amoreggiano; abilmente riesce anche a prender la chiave del balcone di. L improvvisa comparsa di Don, che non è affatto malato, rischia di rovinar tutto; ma i tre giovani gli si fanno attorno impaurendolo, convincendolo che deve sentirsi male, che deve correre a letto perché ha una faccia cadaverica: Lindoro gli fa scivolare in mano una borsa gonfia di denaro; questo convince Don. riprende a servire Don mentre i due innamorati decidono di fuggire a mezzanotte per andare a sposarsi. Lindoro vorrebbe avvertire in merito al biglietto; ma Don, che ha colto una frase rivelatrice, capisce che il giovane è travestito, incomincia a gridare e tutti se ne vanno per evitare guai maggiori. Don fa chiudere le porte e corre egli stesso a mettersi di guardia all ingresso poiché non si fida più nemmeno della domestica Berta; la quale non può trattenersi dal commentare tutte le sciocchezze che avvengono in casa a causa dell amore. Don ha potuto rintracciare Don e da lui viene a sapere che il sedicente Don Alonso gli è completamente sconosciuto e che sospetta si tratti dello stesso d Almaviva. Il che induce il vecchio innamorato ad esigere le nozze con per la stessa sera. Don avverte che ciò non sarà possibile giacché il notaio la sera deve unire in matrimonio una nipote di ; ma Don sa che non ha nipoti, subodora un nuovo inganno e manda immediatamente il maestro di musica a chiamare il notaio affinché lo unisca alla pupilla. Indi, attuando un piano che dovrebbe convincere la ragazza, mostra a il biglietto che essa diede a Lindoro e le dice che questi non l ama ma che vuole, invece, gettarla nelle potenti braccia del d Almaviva., insospettita, cade nelle reti, e per vendetta, decide di sposare il tutore e gli confessa che di lì a poco Lindoro e devono rapirla. Don le dice di chiudersi in camera mentre egli andrà a chiamare i gendarmi ai quali consegnerà i due, facendoli passare per ladri. Appena Don è uscito, dalla finestra s introducono e il che rimangono esterrefatti dall accoglienza di che respinge Lindoro e lo accusa di volerla sacrificare alle brame del. Ma Lindoro le confessa di essere egli stesso il d Almaviva e le dice tutta la sua gioia nel sapersi tanto amato senza che il suo ceto abbia influito sui sentimenti ch ella dimostra; dalla finestra ha veduto due persone introdursi in casa: bisogna fuggire subito! Si precipita alla finestra, ma una sgradita sorpresa li attende: la scala è stata tolta! Ormai bisognerà affrontare gli eventi. Ecco Don ch entra cautamente cercando Don ed introducendo il notaio. approfitta subito di tanta fortuna: presenta al notaio ed il dicendogli che sono gli sposi che deve unire. Le obiezioni di Don vengono vinte dall offerta di un prezioso anello da un lato e dalla minaccia di una pistola dall altro. Cosicché il volpone firma, insieme con, quale testimone e i due giovani sono finalmente marito e moglie. Sopraggiunge Don accompagnato da un ufficiale e da alcuni soldati per arrestare il e, credendo che sia ancora disposta a sposare lui: quando apprende che non c è più nessuna speranza, si dà alla disperazione, accusa tutti, indica il come un ladro, sperando che lo arrestino; ma questi rivela il suo grado e il suo titolo. Don smania ancora; ma, finalmente, sentendo che il gli lascia in regalo la dote di cede al fatto compiuto e si rassegna. La vicenda si conclude così nel giubilo generale. 9

6 Note di regia Le vieux rococò Libretto di Giulio Ciabatti 10 Trovo il Teatro completamente vuoto. Poggiate al muro del retropalco sono addossate alcune assi, qualche cassa vuota, dei bauli, una scala, una panca... Penso a Rossini, che quarant anni dopo il suo Barbiere, dopo aver incendiato i cuori e aver conquistato l Europa in un baleno al pari di Napoleone, scelse il ritiro. A due passi dal Théatre des Italien. Riceveva nella sua camera da letto, il cranio rasato avvolto da un ampia sciarpa colorata e una collezione di parrucche arruffate in bella vista. Il compositore, che sessantenne si schermiva con ironia definendosi un vieux rococò, era lo stesso che da giovane aveva salito le scale di uno dei tanti alloggi provvisori dove Beethoven, scarmigliato e in miseria, l aveva accolto raccomandandogli di dare tanti Barbiere. Ma il mondo attorno nel frattempo era cambiato in fretta e l opera buffa, la satira divertente, arguta e sfrontata nei confronti della vecchia società tutta ricondotta sotto la categoria del gioco era stata accantonata in favore delle nuove idee, delle mode romantiche, del nuovo pubblico. E penso a quei commedianti, che per decenni, con i loro bagagli, con le loro robbe trasportate su carri e su barche, con le loro storie reali e immaginarie, trovarono un porto, una stanza nella quale alloggiare, far conoscere il proprio mestiere, la propria arte, a pochi o molti spettatori. Accolti in una città, imprigionati in un altra, lodati da questi, biasimati da quelli, felici col sereno e pazienti col brutto tempo, beffandosi degli imbecilli e sfidando i cattivi, ridendo della propria miseria e facendo la barba a tutti quanti. (, atto I, scena 2). Non potendo disporre di apparati scenici magnificenti, dotarsi di costumi sfarzosi o di macchinari barocchi, come nelle feste nelle quali la Corte amava rispecchiarsi, questi attori portarono sulla scena solo se stessi, la propria capacità istrionica di travestirsi, improvvisare lazzi, battute giocose e mordenti. Avvicinavano l occhio dello spettatore a Mondi Nuovi, esibendo quella diversità ed estraneità che dalle piazze migrò ai luoghi chiusi dei Theatri di Città. Giovani drammaturghi e commediografi seguirono queste compagnie, ne rimasero al fianco, o, come nel caso di Molière, le condussero alla celebrità. Il personaggio di germogliò dalla penna di Beaumarchais quando quell epoca raggiunse il suo splendore. Da quel mondo passato e dalle sue ultime luci, dal desiderio di rendere omaggio a un epoca e a uno straordinario ed eclettico compositore, prende spunto questa messa in scena del Barbiere di Siviglia, figlio del suo tempo. Atto Primo Scena I Piano, pianissimo, senza parlar, tutti con me venite qua. Suonatori Piano, pianissimo, eccoci qua. Tutto è silenzio; nessun qui sta che i nostri canti possa turbar.... Olà... Signor, son qua. Ebben!... gli amici? Son pronti già. Bravi, bravissimi, fate silenzio; piano, pianissimo, senza parlar. Suonatori Piano, pianissimo, senza parlar. Ecco, ridente in cielo spunta la bella aurora, e tu non sorgi ancora e puoi dormir così? Sorgi, mia dolce speme, vieni, bell idol mio; rendi men crudo, oh Dio, lo stral che mi ferì. Tacete! già veggo quel caro sembiante; quest anima amante ottenne pietà. Oh istante d amore! Oh dolce contento! Felice momento che eguale non ha! Ehi,? Mio Signore... Di, la vedi? Signor no. Ah, ch è vana ogni speranza! Signor, il giorno avanza. Ah! che penso! che farò? Tutto è vano... buona gente! Suonatori Mio signor. Avanti, avanti. Più di suoni, più di canti io bisogno ormai non ho. Buona notte a tutti quanti, più di voi che far non so. Suonatori Mille grazie... mio signore... del favore... dell onore... Ah, di tanta cortesia obbligati in verità. Oh, che incontro fortunato! È un signor di qualità. Sì, grazie, grazie del favor. Basta, basta, non parlate... Ma non serve, non gridate... 11

7 12 Maledetti, andate via... Ah, canaglia, via di qua! Tutto quanto il vicinato questo chiasso sveglierà. Zitti, zitti... che rumore! Maledetti! via di qua... Ve, che chiasso indiavolato! Ah, che rabbia che mi fa! Maledetti, andate via... Ah, canaglia, via di qua! Gente indiscreta! Ah, quasi con quel chiasso importuno tutto quanto il quartiere han risvegliato. Alfin sono partiti!... (E non si vede! È inutil sperar.) (Eppur qui voglio aspettar di vederla. Ogni mattina ella su quel balcone a prender fresco viene sull aurora. Proviamo) Olà, tu ancora ritirati, Fiorel. Vado. Là in fondo attendero suoi ordini. Con lei se parlar mi riesce, non voglio testimoni. Che a quest ora io tutti i giorni qui vengo per lei dev essersi avveduta. Oh, vedi, amore a un uomo del mio rango come l ha fatta bella! Eppure, eppure dev essere mia sposa! La la la... Chi è mai quest importuno? Lasciamolo passar; sotto quegli archi, non veduto, vedrò quanto bisogna; già l alba è appena, e amor non si vergogna. Scena seconda La ran la lera la ran la la (sorte) Largo al factotum della città. Largo! Presto a bottega, ché l alba è già! Presto! Ah, che bel vivere, che bel piacere per un barbiere di qualità! Ah, bravo! Bravo, bravissimo; Bravo! fortunatissimo per verità! bravo! Pronto a far tutto, la notte e il giorno sempre d intorno, in giro sta. Miglior cuccagna per un barbiere, vita più nobile, no, non si da. Rasori e pettini, lancette e forbici, al mio comando tutto qui sta. V è la risorsa, poi, del mestiere colla donnetta col cavaliere colla donnetta La la ran lera... col cavaliere... Tra la la la... Ah, che bel vivere, che bel piacere per un barbiere di qualità! Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono, donne, ragazzi, vecchi, fanciulle: Qua la parrucca... Presto la barba... Qua la sanguigna... Presto il biglietto Son qua, son qua Eccomi qua. Ahimè, che furia! Ahimè, che folla! Uno alla volta, per carità! Ehi!! Son qua! qua... là... su... giù... Pronto prontissimo son come il fulmine; sono il factotum della citta. Ah, bravo! bravo, bravissimo; a te fortuna non mancherà. La ran la la... Sono il factotum della città. [Recitativo] Ah, ah! che bella vita!... Faticar poco, divertirsi assai, e in tasca sempre aver qualche doblone, gran frutto della mia riputazione. Ecco qua: senza non si accasa in Siviglia una ragazza: a me la vedovella ricorre pel marito: io, colla scusa del pettine di giorno, della chitarra col favor la notte, a tutti onestamente, non fo per dir, m adatto a far piacere. Oh che vita, che vita! Oh che mestiere! Orsù, presto a bottega... È desso, o pur m inganno? Chi sarà mai costui?... Oh, è lui senz altro!! Mio padrone... Oh, chi veggo!... Eccellenza!... Zitto, zitto, prudenza! Qui non son conosciuto, né vo farmi conoscere. Per questo ho le mie gran ragioni. Intendo, intendo, la lascio in libertà. No... Che serve? No, dico: resta qua; forse ai disegni miei non giungi inopportuno... Ma cospetto, dimmi un po, buona lana, come ti trovo qua?... poter del mondo! Ti veggo grasso e tondo... La miseria, signore! Ah, birbo! Grazie. Hai messo ancor giudizio? Oh! e come... Ed ella, come in Siviglia? Or te lo spiego. Al Prado vidi un fior di bellezza, una fanciulla figlia d un certo medico barbogio che qua da pochi dì s è stabilito. Io, di questa invaghito, 13

8 14 lasciai patria e parenti, e qua men venni. E qui la notte e il giorno passo girando a que balconi intorno. A que balconi?... Un medico?... Oh cospetto! Siete ben fortunato; sui maccheroni il cacio v è cascato. Come? Certo. Là dentro io son barbiere, parrucchier, chirurgo, botanico, spezial, veterinario, il faccendier di casa. Oh che sorte!... Non basta. La ragazza figlia non è del medico. È soltanto la sua pupilla! Oh che consolazione! Perciò... Zitto!... Cos e? S apre il balcone. Scena terza Non è venuto ancor. Forse... Oh mia vita! Mio nume! mio tesoro! Vi veggo alfine, alfine... Oh, che vergogna! Vorrei dargli il biglietto... Ebben, ragazza? Il tempo è buono. Cos è quella carta? Niente, niente, signor: son le parole dell aria dell Inutil Precauzione. Ma brava... dell Inutil Precauzione... Che furba! Cos e questa Inutil Precauzione? Oh, bella! è il titolo del nuovo dramma in musica. Un dramma! Bella cosa! Oh, me meschina! l aria m è caduta. Raccoglietela presto. Vado, vado. Ps... Ps... Ho inteso. Presto. Non temete. Son qua. Dov è? Ah, il vento l ha portata via. Guardate. Io non la veggo. Eh, signorina, non vorrei... Cospetto! Costei m avesse preso! In casa, in casa, animo, su! A chi dico? In casa, presto. Vado, vado. Che furia! Quel balcone io voglio far murare... Dentro, dico. Ah, che vita da crepare! Scena quarta Povera disgraziata! Il suo stato infelice sempre più m interessa. Presto, presto: vediamo cosa scrive. Appunto. Leggi. Le vostre assidue premure hanno eccitata la mia curiosità. Il mio tutore è per uscir di casa; appena si sarà allontanato, procurate con qualche mezzo ingegnoso d indicarmi il vostro nome, il vostro stato e le vostre intenzioni. Io non posso giammai comparire al balcone senza l indivisibile compagnia del mio tiranno. Siate pero certo che tutto e disposta a fare, per rompere le sue catene, la sventurata. Sì, sì, le romperà. Su, dimmi un poco: che razza d uomo è questo suo tutore? È un vecchio indemoniato avaro, sospettoso, brontolone; avrà cent anni indosso e vuol fare il galante: indovinate? Per mangiare a tutta l eredità s è fitto in capo di volerla sposare... Aiuto! Che? S apre la porta. Fra momenti io torno: non aprite a nessun. Se Don venisse a ricercarmi, che m aspetti. (Le mie nozze con lei meglio è affrettare. Si, dentr oggi finir vo quest affare.) Dentr oggi le sue nozze con! Ah, vecchio rimbambito! Ma dimmi or tu! chi è questo Don?... È un solenne imbroglion di matrimoni, un collo torto, un vero disperato, sempre senza un quattrino... Già, è maestro di musica; insegna alla ragazza. Bene, bene; tutto giova saper. Ora pensate della bella a soddisfar le brame. Il nome mio non le vo dir né il grado; assicurarmi vo prima ch ella ami me, me solo al mondo, non le ricchezze e i titoli del conte d Almaviva. Ah, tu potresti... Io? No, signore; voi stesso dovete... Io stesso? E come? Zitto! Eccoci a tiro, osservate: perbacco, non mi sbaglio. Dietro la gelosia sta la ragazza; presto, presto all assalto, niun ci vede. In una canzonetta, Così, alla buona, il tutto spiegatele, signor. Una canzone? Certo. Ecco la chitarra; presto, andiamo. Ma io... Oh che pazienza! Ebben, proviamo. 15

9 16 [Canzone] Se il mio nome saper voi bramate, dal mio labbro il mio nome ascoltate. Io son Lindoro che fido v adoro, che sposa vi bramo, che a nome vi chiamo, di voi sempre parlando così dall aurora al tramonto del dì. Segui, o caro; deh, segui così! Sentite. Ah! che vi pare? Oh, me felice! Da bravo, a voi, seguite. L amoroso e sincero Lindoro, non può darvi, mia cara, un tesoro. Ricco non sono, ma un core vi dono, un anima amante, che fida e costante per voi sola sospira così dall aurora al tramonto del dì. L amorosa e sincera del suo core Lindo... Oh cielo! Nella stanza convien dir che qualcuno entrato sia. Ella si è ritirata. Ah cospettone! Io già deliro... avvampo! Oh, ad ogni costo vederla io voglio... Vo parlarle... Ah, tu, tu mi devi aiutar. Ih, ih, che furia! Sì, sì, v aiuterò. Da bravo: entr oggi vo che tu m introduca in quella casa. Dimmi, come farai?... Via!... Del tuo spirito vediam qualche prodezza. Del mio spirito!... Bene... vedrò... ma in oggi... Eh via! T intendo. Va là, non dubitar; di tue fatiche largo compenso avrai. Davver? Parola. Dunque, oro a discrezione? Oro a bizzeffe. Animo, via. Son pronto. Ah, non sapete i simpatici effetti prodigiosi che ad appagare il mio signor Lindoro, produce in me la dolce idea dell oro. [Duetto] All idea di quel metallo portentoso, onnipossente, un vulcano la mia mente già comincia a diventar. Su, vediam di quel metallo qualche effetto sorprendente, del vulcan della tua mente qualche mostro singolar. Voi dovreste travestirvi, per esempio... da soldato. Da soldato? Sì, signore. Da soldato?... e che si fa?... Oggi arriva un reggimento. Sì, è mio amico il Colonnello. Va benon. Eppoi? Cospetto! Dell alloggio col biglietto quella porta s aprirà. Che ne dite, mio signore? Non vi par? Non l ho trovata?, Che invenzione prelibata! Bravo, bravo, in verità! Bella, bella, in verità! Piano, piano... un altra idea! Veda l oro cosa fa. Ubriaco... sì, ubriaco, mio signor, si fingerà. Ubriaco? Si, signore. Ubriaco?... Ma perché?... Perché d un ch è poco in sé che dal vino casca già, il tutor, credete a me, il tutor si fiderà., Che invenzione prelibata! Bravo, bravo, in verità! Bella, bella. Dunque... All opra. Andiamo. Da bravo. Oh, il meglio mi scordavo! Dimmi un po, la tua bottega per trovarti, dove sta? La bottega?... Non si sbaglia; guardi bene; eccola là. Numero quindici a mano manca quattro gradini, facciata bianca, cinque parrucche nella vetrina sopra un cartello Pomata fina, mostra in azzurro alla moderna, v è per insegna una lanterna... Là senza fallo mi troverà. Ho ben capito... Or vada presto. Tu guarda bene Io penso al resto. Di te mi fido... Colà l attendo. Mio caro... Intendo, intendo. Porterò meco... La borsa piena... Sì, quel che vuoi, ma il resto poi... Oh non si dubiti, che bene andrà... Ah, che d amore la fiamma io sento, nunzia di giubilo e di contento! D ardore insolito quest alma accende, e di me stesso maggior mi fa. Ecco propizia che in sen mi scende. 17

10 18 Delle monete il suon già sento! Già viene l oro, viene l argento; eccolo, eccolo che in tasca scende; delle monete il suon già sento! D ardore insolito quest alma accende e di me stesso maggior mi fa. Evviva il mio padrone! Due ore, ritto in pie, là come un palo mi fa aspettare e poi mi pianta e se ne va. Corpo di Bacco! Brutta cosa servire un padron come questo, nobile, giovinotto e innamorato; questa vita, cospetto, è un gran tormento! Ah, durarla cosi non me la sento! Scena quinta Una voce poco fa qui nel cor mi risuonò; il mio cor ferito è già, e Lindor fu che il piagò. Sì, Lindoro mio sarà; lo giurai, la vincerò. Il tutor ricuserà, io l ingegno aguzzerò. Alla fin s accheterà e contenta io resterò... Si, Lindoro mio sarà; lo giurai, la vincerò. Io sono docile, son rispettosa, sono obbediente, dolce, amorosa; mi lascio reggere, mi fo guidar. Ma se mi toccano dov è il mio debole sarò una vipera e cento trappole prima di cedere farò giocar. [Recitativo] Sì sì, la vincerò. Potessi almeno mandargli questa lettera. Ma come? Di nessun qui mi fido; il tutore ha cent occhi... basta, basta; sigilliamola intanto. Con, il barbier, dalla finestra discorrer l ho veduto più d un ora; è un galantuomo, un giovin di buon core... Chi sa ch ei non protegga il nostro amore! Scena sesta Oh buon dì, signorina! Buon giorno, signor. Ebbene, che si fa? Si muor di noia. Oh diavolo! Possibile! Un ragazza bella e spiritosa... Ah, ah, mi fate ridere! Che mi serve lo spirito, che giova la bellezza se chiusa io sempre sto fra quattro mura, che mi par d esser proprio in sepoltura?... In sepoltura?... ohibò! Sentite io voglio... Ecco il tutor. Davvero? Certo, certo: è il suo passo... Salva, salva; fra poco ci rivedremo: ho da dirvi qualche cosa. E ancor io, signor. Bravissima. Vado. Quanto è garbato! Scena settima Ah, disgraziato! Ah, indegno! Ah, maledetto! Ah, scellerato! Ecco qua: sempre grida. Ma si può dar di peggio! Uno ospedale ha fatto di tutta la famiglia A forza d oppio, sangue e stranutiglia. Signorina, il barbiere lo vedeste? Perché? Perché lo vo sapere. Forse anch egli v adombra? E perché no? Ebben, ve lo dirò. Si, I ho veduto, gli ho parlato, mi piace, m è simpatico il suo discorso, il suo gioviale aspetto... (Crepa di rabbia, vecchio maledetto.) Vedete che grazietta! Più l amo, e più mi sprezza la briccona. Certo, certo è il barbiere che la mette in malizia. Chi sa cosa le ha detto! Chi sa! Or lo saprò. Ehi Berta. Ambrogio! Berta Eccì... Ambrogio Ah! Che comanda? Dimmi. Berta Eccì! Il barbiere parlato ha con? Berta Eccì! Rispondi almen tu, babbuino! Ambrogio Ah, ah! Che pazienza! Ambrogio Ah, ah, che sonno! Ebben! Berta Venne, ma io Berta Eccì.. Che serve! Eccoli qua, son mezzo morti. Andate. Berta Eccì... Eh, il diavol che vi porti! Scena ottava Ah! Barbiere d inferno... Tu me la pagherai... Qua, Don ; giungete a tempo! Oh! Io voglio, per forza o per amor, dentro domani sposar la mia. Avete inteso? Eh, voi dite benissimo e appunto io qui veniva ad avvisarvi... 19

11 20 Ma segretezza!... È giunto il d Almaviva. Chi? L incognito amante della? Appunto quello. Oh diavolo! Ah, qui ci vuol rimedio! Certo; ma... alla sordina. Sarebbe a dir?... Così, con buona grazia bisogna principiare a inventar qualche favola che al pubblico lo metta in mala vista, che comparir lo faccia un uomo infame, un anima perduta... Io, io vi servirò: fra quattro giorni, credete a me, ve lo giura, noi lo farem sloggiar da queste mura. E voi credete? Oh certo! È il mio sistema. E non sbaglia. E vorreste? Ma una calunnia... Ah, dunque la calunnia cos è voi non sapete? No, davvero. No? Uditemi e tacete. [Aria] La calunnia è un venticello, un auretta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente incomincia a sussurrar. Piano piano, terra terra, sottovoce, sibilando, va scorrendo, va ronzando; nelle orecchie della gente s introduce destramente e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar. Dalla bocca fuori uscendo lo schiamazzo va crescendo prende forza a poco a poco, vola già di loco in loco; sembra il tuono, la tempesta che nel sen della foresta va fischiando, brontolando e ti fa d orror gelar. Alla fin trabocca e scoppia, si propaga, si raddoppia e produce un esplosione come un colpo di cannone, un tremuoto, un temporale, un tumulto generale, che fa l aria rimbombar. E il meschino calunniato, avvilito, calpestato, sotto il pubblico flagello per gran sorte va a crepar. [Recitativo] Ah! che ne dite? Eh! sarà ver, ma intanto si perde tempo e qui stringe il bisogno. No: vo fare a mio modo: in mia camera andiam. Voglio che insieme il contratto di nozze ora stendiamo. Quando sarà mia moglie, da questi zerbinotti innamorati metterla in salvo sarà pensier mio. Vengan denari: al resto son qua io. Scena nona Ma bravi! Ma benone! Ho inteso tutto. Evviva il buon dottore! Povero babbuino! Tua sposa? Eh via, pulisciti il bocchino. Or che stan là chiusi, procuriam di parlare alla ragazza: eccola appunto. Ebbene, signor. Gran cose, signorina. Sì, davvero? Mangerem dei confetti. Come sarebbe a dir? Sarebbe a dire che il vostro bel tutore ha stabilito esser dentro doman vostro marito. Eh, via! Oh, ve lo giuro; a stender il contratto col maestro di musica là dentro or s è serrato. Si? Oh, l ha sbagliata affe! Povero sciocco! L avrà a far con me. Ma dite, signor, voi poco fa sotto le mie finestre parlavate a un signore... Ah, un mio cugino, un bravo giovinotto; buona testa, ottimo cuor; qui venne i suoi studi a compire e il poverin cerca di far fortuna. Fortuna? Oh, la farà. Oh, ne dubito assai: in confidenza ha un gran difetto addosso. Un gran difetto... Ah, grande: è innamorato morto. Sì, davvero? Quel giovane, vedete, m interessa moltissimo. Per Bacco! Non ci credete? Oh sì! E la sua bella, dite, abita lontano? Oh no!...cioè... Qui!... due passi... Ma è bella? Oh, bella assai! Eccovi il suo ritratto in due parole: grassotta, genialotta, capello nero, guancia porporina, occhio che parla, mano che innamora... E il nome? Ah, il nome ancora? Il nome... Ah, che bel nome!... Si chiama... Ebben, si chiama? Si chiama... erre... o... ro... si.... [Duetto] Dunque io son... tu non m inganni? Dunque io son la fortunata!... Già me l ero immaginata: lo sapeva pria di te. Di Lindoro il vago oggetto siete voi, bella. Oh, che volpe sopraffina, ma l avrà da far con me. Senti, senti... ma a Lindoro per parlar come si fa? 21

12 22 Zitto, zitto, qui Lindoro per parlarvi or or sarà. Per parlarmi? Bravo! bravo! Venga pur, ma con prudenza; io già moro d impazienza! Ma che tarda?... cosa fa? Egli attende qualche segno, poverin, del vostro affetto; sol due righe di biglietto gli mandate, e qui verrà. Che ne dite? Non vorrei... Su, coraggio... Non saprei... Sol due righe... Mi vergogno... Ma di che? di che?... si sa! Presto, presto; qua il biglietto. Un biglietto?... eccolo qua. Già era scritto? Ve, che bestia! Il maestro faccio a lei! Fortunati affetti miei! Io comincio a respirar. Ah, tu solo, amor, tu sei che mi devi consolar! Donne, donne, eterni Dei, chi vi arriva a indovinar? Qui verrà. A momenti per parlar qui sarà. Scena decima Ora mi sento meglio. Questo è un bravo giovinotto. Insomma, colle buone, potrei sapere dalla mia che venne a far colui questa mattina?? Non so nulla. Ti parlò? Mi parlò. Che ti diceva? Oh! mi parlò di cento bagattelle Del figurin di Francia, del mal della sua figlia Marcellina. Davvero!... Ed io scommetto... Che vuol dir questo dito così sporco d inchiostro? Sporco? oh, nulla. Io me l avea scottato e coll inchiostro or or l ho medicato. Diavolo! E questi fogli... Or son cinque... eran sei. Que fogli?... e vero. D uno mi son servita a mandar dei confetti a Marcellina. Bravissima! E la penna perché fu temperata? Maledetto! La penna!... Per disegnare un fiore sul tamburo. Un fiore? Un fiore. Un fiore. Ah! fraschetta! Davver. Zitto! Credete. Basta cosi. Signor... Non più... tacete. [Aria] A un dottor della mia sorte queste scuse, signorina! Vi consiglio, mia carina, un po meglio a imposturar. I confetti alla ragazza? Il ricamo sul tamburo? Vi scottaste: eh via! Ci vuol altro, figlia mia, per potermi corbellar. Perché manca là quel foglio? Vo saper cotesto imbroglio. Sono inutili le smorfie; ferma là, non mi toccate! Figlia mia non lo sperate ch io mi lasci infinocchiar. Via, carina, confessate; son disposto a perdonar. Non parlate? Vi ostinate? So ben io quel che ho da far. Signorina, un altra volta quando andrà fuori, la consegna ai servitori a suo modo far saprà. Eh, non servono le smorfie, faccia pur la gatta morta. Cospetton! per quella porta nemmen l aria entrar potrà. E innocentina, sconsolata, disperata, in sua camera serrata fin ch io voglio star dovrà. Scena undicesima Brontola quanto vuoi, chiudi porte e finestre. Io me ne rido: già di noi femmine alla più marmotta per aguzzar l ingegno e far la spiritosa, tutto a un tratto, basta chiuder la chiave e il colpo è fatto. Scena dodicesima Berta Finora in questa camera mi parve di sentir un mormorio; sarà stato il tutor, colla pupilla non ha un ora di ben... Queste ragazze non la voglion capir. Battono. Aprite! Berta Vengo... Eccì... Ancora dura; quel tabacco m ha posta in sepoltura. Scena tredicesima Ehi di casa!... buona gente!... Ehi di casa!... niun mi sente!... Chi è costui?... che brutta faccia! È ubriaco! chi sarà? Ehi, di casa!... maledetti! Cosa vuol, signor soldato?... Ah!... sì... sì... bene obbligato. Qui costui che mai vorrà? Siete voi... Aspetta un poco... Siete voi... dottor Balordo? 23

13 24 Che balordo?... Ah, ah, Bertoldo? Che Bertoldo? Eh, andate al diavolo! Dottor. Ah, bravissimo; dottor Barbaro; benissimo. Un corno! Va benissimo; già v è poca differenza. Non si vede! Che impazienza! Quanto tarda! Dove sta? Io già perdo la pazienza, qui prudenza ci vorrà. Dunque voi... siete dottore? Son dottore... sì, signore. Ah, benissimo; un abbraccio, qua, collega. Indietro! Qua Sono anch io dottor per cento, maniscalco al reggimento. Dell alloggio sul biglietto osservate, eccolo qua. Dalla rabbia e dal dispetto io già crepo in verità. Ah, ch io fo, se mi ci metto, qualche gran bestialità! Ah, venisse il caro oggetto della mia felicità! Vieni, vieni; il tuo diletto pien d amor t attendo qua. Scena quattordicesima Un soldato ed il tutore! Cosa mai faranno qua? È ; or son contento. Ei mi guarda, e s avvicina. Son Lindoro. Oh ciel! che sento! Ah, giudizio, per pietà! Signorina, che cercate? Presto, presto, andate via. Vado, vado, non gridate. Presto, presto, via di qua. Ehi, ragazza, vengo anch io. Dove, dove, signor mio? In caserma, oh, questa è bella! In caserma?... bagattella! Cara! Aiuto! Olà, cospetto! Dunque vado... Oh, no, signore, qui d alloggio non può star. Come? Come? Eh, non v è replica: ho il brevetto d esenzione. Il brevetto? Mio padrone, un momento e il mostrerò. Ah, se qui restar non posso, deh, prendete... Ohimé, ci guarda! Ah, trovarlo ancor non posso... Prudenza! Ma sì sì, lo troverò. e Cento smanie io sento addosso. Ah, più reggere non so. Ah ecco qui... Con la presente il Dottor, etcetera. Esentiamo... Eh, andate al diavolo! Non mi state più a seccar. Cosa fa, signor mio caro? Zitto là, Dottor somaro. Il mio alloggio è qui fissato e in alloggio qui vo star. Vuol restar? Restar, sicuro. Oh, son stufo, mio padrone; presto fuori, o un buon bastone ti farà di qua sloggiar. Dunque lei, lei vuol battaglia? Ben! Battaglia le vo dar. Bella cosa è una battaglia! Ve la voglio qui mostrar. Osservate! questo è il fosso... L inimico voi sarete Attenzion... E gli amici... giù il fazzoletto....e gli amici stan di qua. Attenzione! Ferma, ferma! Che cos è? ah!... Vo vedere. Sì, se fosse una ricetta! Ma un biglietto... è mio dovere... Mi dovete perdonar. Grazie, grazie! Grazie un corno! Qua quel foglio; impertinente! A chi dico? Presto qua. Ma quel foglio che chiedete per azzardo m è cascato; è la lista del bucato. Ah, fraschetta! Presto qua. Ah, che vedo! ho preso abbaglio! È la lista, son di stucco! Ah, son proprio un mammalucco! Ah, che gran bestialità! e Bravo, bravo il mammalucco che nel sacco entrato è già. Berta Il barbiere... Quanta gente! Non capisco, son di stucco; qualche imbroglio qui ci sta. Sol do re mi fa re sol mi la fa si sol do ma che imbroglio è questo qua? Ecco qua! sempre un istoria; sempre oppressa e maltrattata; ah, che vita disperata! Non la so più sopportar. Ah,... poverina... 25

14 26 Vien qua tu, cosa le hai fatto? Ah, fermate... niente affatto... Ah, canaglia, traditore! Tutti Via, fermatevi, signore. Io ti voglio subissar! Tutti (eccetto il ) Gente! Aiuto, soccorretelo! Lasciatemi! Tutti Gente! aiuto, per pietà! Scena quindicesima Alto là! Che cosa accadde, signori miei? Che chiasso è questo? Eterni Dei! Già sulla strada a questo strepito s è radunata mezza città. Signor, giudizio, per carità. Quest è un birbante... Quest è un briccone... Ah, disgraziato! Ah, maledetto! Signor soldato, porti rispetto, o questo fusto, corpo del diavolo, or la creanza le insegnerà. Signor, giudizio, per carità. Brutto scimmiotto! Birbo malnato! Tutti Zitto, dottore... Voglio gridare..., Berta,, Fermo, signore... Voglio ammazzare..., Berta,, Fate silenzio, per carità. No, voglio ucciderlo, non v è pietà. Tutti Zitti, che battono... Che mai sarà? Chi è? La forza, aprite qua. Tutti La forza! Oh diavolo! e L avete fatta! Tutti Quest avventura, ah, come diavolo mai finirà? Scena ultima Fermi tutti. Niun si mova. Miei signori, che si fa? Questo chiasso d onde è nato? La cagione presto qua. Questa bestia di soldato, mio signor, m ha maltrattato. Io qua venni, mio signore, questo chiasso ad acquetare. Berta e Fa un inferno di rumore, parla sempre d ammazzare. In alloggio quel briccone non mi volle qui accettare. Perdonate, poverino, tutto effetto fu del vino. Ufficiale Ho inteso. Galantuom, siete in arresto. Fuori presto, via di qua. Io?... In arresto?... Fermi, olà.,, e Berta Fredd(o/a) ed immobile come una statua fiato non restami da respirar. Freddo ed immobile come una statua, fiato non restagli da respirar. Guarda Don! Sembra una statua! Ah ah! dal ridere sto per crepar! Ma, signor... Zitto tu! Ma un dottor... Oh, non più! Ma se lei... Non parlar! Ma vorrei... Non gridar! Berta,, Ma se noi... Zitti voi! Berta,, Ma se poi... Pensiam noi! Berta,, Ma se noi... Zitto tu! Berta,, Ma se noi... Non parlar! Vada ognun pe fatti suoi, si finisca d altercar. Ma sentite, ascoltate. Berta,,,, Zitto su! Zitto giù! Zitto qua! Zitto là! Tutti Mi par d esser con la testa in un orrida fucina, dove cresce e mai non resta delle incudini sonore l importuno strepitar. Alternando questo e quello pesantissimo martello fa con barbara armonia muri e volte rimbombar. E il cervello, poverello, già stordito, sbalordito, non ragiona, si confonde, si riduce ad impazzar. 27

15 28 Atto Secondo Scena prima [Recitativo] Ma vedi il mio destino! Quel soldato, per quanto abbia cercato, niun lo conosce in tutto il reggimento. Io dubito eh, cospetto! Che dubitar? Scommetto che dal d Almaviva è stato qui spedito quel signore ad esplorar della il core. Nemmen in casa propria sicuri si può star! Ma io... Chi batte? Ehi, chi è di là? Battono, non sentite! In casa io son; non v è timore, aprite. Scena seconda Pace e gioia sia con voi. Mille grazie, non s incomodi Gioia e pace per mill anni. Obbligato in verità. Questo volto non m è ignoto, non ravviso... non ricordo ma quel volto... ma quel volto... non capisco... chi sarà? Ah, se un colpo è andato a vuoto a gabbar questo balordo, un novel travestimento più propizio a me sarà. Gioia e pace, pace e gioia! Ho capito. Oh ciel! che noia! Gioia e pace, ben di core. Basta, basta... per pietà, Ma che perfido destino! Ma che barbara giornata! Tutti quanti a me davanti! Che crudel fatalità! Il vecchion non mi conosce: oh, mia sorte fortunata! Ah, mio ben! Fra pochi istanti parlerem con libertà. Insomma, mio signore, chi è lei si può sapere? Don Alonso, professore di musica ed allievo di Don. Ebbene? Don sta male, il poverino, ed in sua vece... Sta mal? Corro a vederlo. Piano, piano. Non è mal cosi grave. Di costui non mi fido. Andiam, andiamo. Ma signore... Che c è? Voleva dirvi... Parlate forte. Ma... Forte, vi dico. Ebben, come volete, ma chi sia Don Alonso apprenderete. Vo dal di Almaviva Piano, piano. Dite, dite, v ascolto. Il... Piano, per carità. Stamane nella stessa locanda era meco d alloggio, ed in mie mani per caso capitò questo biglietto dalla vostra pupilla a lui diretto. Che vedo! è sua scrittura! Don nulla sa di quel foglio: ed io, per lui venendo a dar lezione alla ragazza, volea farmene un merito con voi... perché con quel biglietto... si potrebbe... Che cosa? Vi dirò... s io potessi parlare alla ragazza, io creder verbigrazia le farei che me lo die del conte un altra amante, prova significante che il conte di si fa gioco. E perciò... Piano un poco. Una calunnia! Oh bravo! Degno e vero scolar di Don! Io saprò come merita ricompensar sì bel suggerimento. Vo a chiamar la ragazza; poiché tanto per me v interessate, mi raccomando a voi. Non dubitate. L affare del biglietto dalla bocca m è uscito non volendo. Ma come far? Senza un tal ripiego mi toccava andar via come un baggiano. Il mio disegno a lei ora paleserò; s ella acconsente, io son felice appieno. Eccola. Ah, il cor sento balzarmi in seno. Scena terza Venite, signorina. Don Alonso, che qui vedete, or vi darà lezione. Ah! Cos è stato? È un granchio al piede. Oh nulla: sedete a me vicin, bella fanciulla. Se non vi spiace, un poco di lezione, di Don invece, vi darò. Oh, con mio gran piacer la prenderò. Che vuol cantare? Io canto, se le aggrada, il rondò dell Inutil Precauzione. Da brava, incominciamo. [Aria] Contro un cor che accende amore di verace, invitto ardore, s arma invan poter tiranno di rigor, di crudeltà. D ogni assalto vincitore sempre amor trionferà. Ah Lindoro, mio tesoro, se sapessi, se vedessi! Questo cane di tutore, ah, che rabbia che mi fa! Caro, a te mi raccomando, tu mi salva, per pietà. Non temer, ti rassicura; sorte amica a noi sarà. 29

16 30 Dunque spero? A me t affida. E il mio cor? Giubilerà. Cara immagine ridente, dolce idea d un lieto amor, tu m accendi in petto il core, tu mi porti a delirar. Bella voce! Bravissima! Oh! mille grazie! Certo, bella voce, ma quest aria, cospetto! è assai noiosa; la musica a miei tempi era altra cosa. Ah! quando, per esempio, cantava Caffariello quell aria portentosa la, ra, la... sentite, Don Alonso: eccola qua. [Arietta] Quando mi sei vicina, amabile... l aria dicea Giannina, ma io dico... Il cor mi brilla in petto, mi balla il minuetto. Recitativo Bravo, signor barbiere, ma bravo! Eh, niente affatto: scusi, son debolezze. Ebben, qui dunque, che vieni a fare? Oh bella! Vengo a farvi la barba: oggi vi tocca. Oggi? non voglio. Oggi non vuol?... Dimani non potrò io. Perché? Perché ho da fare a tutti gli Ufficiali del nuovo reggimento barba e testa... alla marchesa Andronica il biondo parrucchin coi maronè... al contino Bombe il ciuffo a campanile... purgante all avvocato Bernardone che ieri s ammalo d indigestione... e poi e poi... che serve? Doman non posso. Orsù, meno parole. Oggi non vo far barba. No? Cospetto! Guardate che avventori! Vengo stamane: in casa v è l inferno. Ritorno dopo pranzo: oggi non voglio Ma che? M avete preso per un qualche barbier da contadini? Chiamate pur un altro, io me ne vado. Che serve? a modo suo; vedi che fantasia! Va in camera a pigliar la biancheria. No, vado io stesso. Ah, se mi dava in mano il mazzo delle chiavi, ero a cavallo. Dite: non è fra quelle la chiave che apre quella gelosia? Sì, certo; è la più nuova. Ah, son pur buono a lasciar qua quel diavolo di barbiere! Animo, va tu stesso. Passato il corridor, sopra l armadio il tutto troverai. Bada, non toccar nulla. Eh, non son matto. Allegri! Vado e torno. Il colpo è fatto. E quel briccon, che al ha portato il biglietto di. Mi sembra un imbroglion di prima sfera. Eh, a me non me la ficca Ah, disgraziato me! Ah, che rumore! Oh, che briccon! Me lo diceva il core. Quel è un grand uomo; or che siam soli, ditemi, o cara: il vostro al mio destino d unir siete contenta? Franchezza! Ah, mio Lindoro, altro io non bramo... Ebben? Tutto mi ha rotto; sei piatti, otto bicchieri, una terrina. Vedete che gran cosa! Ad una chiave se io non mi attaccava per fortuna, per quel maledettissimo corridor così oscuro, spezzato mi sarei la testa al muro. Tiene ogni stanza al buio, e poi... e poi... Oh, non più! Dunque andiam. Giudizio. A noi. Scena quarta Don! Cosa veggo! Quale intoppo! Come qua? Servitor di tutti quanti. Che vuol dir tal novità? e Qui franchezza ci vorrà. Di noi che mai sarà? Don, come state? Come sto? Or che s aspetta? Questa barba benedetta la facciamo si o no? Ora vengo! Ehi... il Curiale? Il Curiale? Io gli ho narrato che già tutto è combinato. Non è ver? Sì, tutto io so. Ma, Don, spiegatevi. Ehi, Dottore, una parola. Don, son da voi. Ascoltate un poco qua. Fate un po ch ei vada via, ch ei ci scopra ho gran timore: della lettera, signore, ei l affare ancor non sa. 31

17 32 Dite bene, mio signore; or lo mando via di qua. Io mi sento il cor tremar! Non vi state a disperar. Ah, qui certo v è un pasticcio; non l arrivo a indovinar. Colla febbre, Don, chi v insegna a passeggiar? Colla febbre? E che vi pare? Siete giallo come un morto. Sono giallo come un morto? Bagattella! Cospetton! Che tremarella! Questa è febbre scarlattina! Scarlattina! Via, prendete medicina, non vi state a rovinar. Presto, presto, andate a letto. Voi paura inver mi fate... Dice bene, andate a letto...,,, Presto, andate a riposar. Una borsa! Andate a letto! Ma che tutti sian d accordo?,,, Presto a letto. Eh, non son sordo. Non mi faccio più pregar. Che color!... Che brutta cera! Brutta cera?..., e Oh, brutta assai!... Dunque vado...,,, Vada, vada! Buona sera, mio signore, presto, andate via di qua. Maledetto seccatore! Pace, sonno e sanità. Buona sera ben di core, poi diman si parlerà. Non gridate, ho inteso già. Orsù, signor Don Son qua. Stringi, bravissimo., deh, ascoltatemi. V ascolto; eccomi qua. A mezzanotte in punto a prendervi qui siamo: or che la chiave abbiamo non v è da dubitar. Ahi! ahi! Che cos e stato?... Un non so che nell occhio! Guardate... non toccate... soffiate per pieta. A mezzanotte in punto, anima mia, t aspetto. Io già l istante affretto che a te mi stringerà. Ora avvertir vi voglio, Cara, che il vostro foglio, perché non fosse inutile il mio travestimento... Il suo travestimento? Ah, ah! bravo, bravissimo! Sor Alonso, bravo! bravi! Pace, gioia, bricconi, birbanti! Ah, voi tutti quanti avete giurato di farmi crepar! Su, fuori, furfanti, vi voglio accoppar. Di rabbia, di sdegno mi sento crepar., e La testa vi gira. Ma zitto, Dottore, vi fate burlar. Tacete, tacete, non serve gridar. L amico delira. Intesi ci siamo, non v è a replicar. Scena quinta Ah! disgraziato me! ma come! ed io non mi accorsi di nulla! Ah! Don sa certo qualcosa. Ehi! chi è di là? Chi è di là? Senti, Ambrogio: corri da Don qui rimpetto, digli ch io qua l aspetto, che venga immantinente che ho gran cose da dirgli e ch io non vado perché... perché... perché... ho di gran ragioni. Va subito. Di guardia tu piantati alla porta, e poi... no, no... non me ne fido. Io stesso ci starò. Scena sesta Berta Che vecchio sospettoso! Vada pure e ci stia finché crepa... Sempre gridi e tumulti in questa casa; si litiga, si piange, si minaccia... Non v è un ora di pace con questo vecchio avaro, brontolone! Oh, che casa! Oh, che casa in confusione! [Aria] Il vecchiotto cerca moglie, vuol marito la ragazza; quello freme, questa è pazza. Tutti e due son da legar. Ma che cosa è questo amore che fa tutti delirar? Egli è un male universale, una smania, un pizzicore, un solletico, un tormento. Poverina, anch io lo sento, né so come finirà. Oh! vecchiaia maledetta. Son da tutti disprezzata E vecchietta disperata mi convien cosi crepar. Scena settima Dunque voi Don Alonso non conoscete affatto? Affatto. Ah, certo il lo mandò. Qualche gran trama qui si prepara. 33

18 34 Io poi dico che quell amico era il in persona. Il? Il. La borsa parla chiaro. Sia chi si vuole... amico, dal Notaro vo in questo punto andare; in questa sera stipular di mie nozze io vo il contratto. Il Notar? siete matto? Piove a torrenti, e poi questa sera il Notaro è impegnato con ; il barbiere marita sua nipote. Una nipote? Che nipote! Il barbiere non ha nipoti. Ah, qui v e qualche imbroglio. Questa notte i bricconi me la voglion far; presto, il Notaro qua venga sull istante. Ecco la chiave del portone: andate, presto, per carità. Non temete; in due salti io torno qua. Scena ottava Per forza o per amore avrà da cedere. Cospetto! Mi viene un altra idea. Questo biglietto che scrisse la ragazza ad Almaviva potria servir... Che colpo da maestro! Don Alonso, il briccone, senza volerlo mi die l armi in mano. Ehi,,, Avanti, avanti. Del vostro amante io vi vo dar novella. Povera sciagurata! In verità collocaste assai bene il vostro affetto! Del vostro amor sappiate ch ei si fa gioco in sen d un altra amante. Ecco la prova. Oh cielo! il mio biglietto! Don Alonso e il barbiere congiuran contro voi; non vi fidate. Nelle braccia del d Almaviva vi vogliono condurre. In braccio a un altro! Che mai sento ah, Lindoro! ah, traditore! Ah sì! vendetta! e vegga, vegga quell empio chi è. Dite, signore, di sposarmi voi bramavate... E il voglio. Ebben, si faccia! Io son contenta! ma all istante. Udite: a mezzanotte qui sarà l indegno con il barbier; con lui fuggire per sposarlo io voleva... Ah, scellerati! Corro a sbarrar la porta. Ah, mio signore! Entran per la finestra. Hanno la chiave. Non mi muovo di qui. Ma e se fossero armati? Figlia mia, poiché ti sei si bene illuminata facciam cosi. Chiuditi a chiave in camera, io vo a chiamar la forza; dirò che son due ladri, e come tali, corpo di Bacco! l avrem da vedere! Figlia, chiuditi presto; io vado via. Quanto, quanto è crudel la sorte mia! Scena nona Alfin, eccoci qua., dammi man. Poter del mondo! Che tempo indiavolato! Tempo da innamorati. Ehi, fammi lume. Dove sarà? Ora vedremo! Eccola appunto. Ah, mio tesoro! Indietro, anima scellerata; io qui di mia stolta credulità venni soltanto a riparar lo scorno, a dimostrarti qual sono, e quale amante perdesti, anima indegna e sconoscente. Io son di sasso. lo non capisco niente. Ma per pietà!... Taci. Fingesti amore per vendermi alle voglie di quel tuo vil Almaviva... Al? Ah, sei delusa! oh me felice! Adunque tu di verace amore ami Lindoro... rispondi... Ah, si! T amai purtroppo! Ah, non è tempo Di più celarsi, anima mia, ravvisa colui che sì gran tempo seguì tue tracce, che per te sospira, che sua ti vuole; mira, o mio tesoro, Almaviva son io, non son Lindoro. [Terzetto] Ah! qual colpo inaspettato! Egli stesso? o Ciel, che sento! Di sorpresa e di contento son vicina a delirar. Son rimasti senza fiato: ora muoion di contento. Guarda, guarda il mio talento che bel colpo seppe far! Qual trionfo inaspettato! Me felice! oh bel momento! Ah! d amore e di contento son vicino a delirar. Son rimasti senza fiato ecc. Mio signor! ma voi... ma io... Ah, non più, non più, ben mio. Il bel nome di mia sposa, idol mio, t attende già. Il bel nome di tua sposa oh, qual gioia al cor mi dà! Sei contenta? Ah! mio signore! e Dolce nodo avventurato che fai paghi i miei desiri! Alla fin de miei martiri tu sentisti, Amor, pietà. Presto andiamo, vi sbrigate; via, lasciate quei sospiri. Se si tarda, i miei raggiri fanno fiasco in verità. Ah! cospetto! che ho veduto! Alla porta una lanterna, due persone! che si fa? 35

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