Il diario di Ulisse La storia di Ulisse riscritta e reinterpretata dagli alunni della classe I B Anno scolastico

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1 1 Il diario di Ulisse La storia di Ulisse riscritta e reinterpretata dagli alunni della classe I B Anno scolastico

2 Ulisse Sono Ulisse il protagonista dell Odissea, l uomo dal multiforme ingegno ovvero capace di adattare la propria intelligenza a qualunque situazione. Sono figlio di Laerte e di Anticlea e sono re di Itaca e eroe della guerra di Troia. Sono un uomo forte e coraggioso, ma anche astuto, prudente e intelligente. Spinto dalla curiosità e dal desiderio di conoscere, (disegno di Lorenzo Mandelli) affronto tutti i pericoli e resisto alle sofferenze. Il mio più grande desiderio non è ottenere la gloria e la fama, ma ritornare in patria. La mia terra è Itaca, un isola del mar Ionio situata a ovest della Grecia. E un isola pianeggiante ed è la più inoltrata nel mare. Qui si trovano grandi e possenti ulivi, si coltivano viti e si allevano le pecore dalla bella lana. [Adriano] 2

3 La mia famiglia 3 disegno di Tommaso Cammarata Sono figlio di Laerte e Anticlea. Laerte, mio padre era il re di Itaca e da lui ereditai il trono: era molto valoroso e partecipò alla spedizione degli Argonauti per conquistare il vello d oro, cioè il mantello dorato di un ariete alato che aveva il potere di guarire le ferite. Mia madre purtroppo morì di dolore proprio per la mia assenza. Passò molto tempo preoccupata per la mia sorte sia nella Guerra di Troia sia durante il mio ritorno a casa. Autoico era mio nonno, figlio del dio Ermes. Dal nonno ho ereditato l astuzia e la forza in battaglia. Mia moglie è Penelope, una gran donna che mi ha aspettato fedele per tanti anni, nonostante ci fossero i Proci che aspiravano a prendere il mio posto accanto a lei e sul mio trono. Telemaco è mio figlio. Quando partii per la guerra di Troia era molto piccolo e lo affidai a Penelope e a Mentore, che si doveva

4 occupare della sua educazione. Quando divenne più grande, assistito dalla dea Atena, si recò a Sparta e a Pilo per cercare mie notizie e quando seppe che ro ancora vivo, rientrò a Itaca dove attese il mio ritorno e mi aiutò nella vendetta contro i Proci. [Christian Canali] 4

5 Odissea L opera di cui sono protagonista è l'odissea, un poema Epico, scritto in versi in greco antico, diviso in 24 canti. Prende il titolo dal mio nome greco Odisseo. Il mio nome in latino è Ulisse e spesso con questo io sono passato alla storia. Racconta le avventure vissute da me nel lungo viaggio di ritorno in Patria, dopo la guerra di Troia. E una straordinaria avventura per mare, nel corso della quale incontro genti strane, dee e Maghe, esseri giganteschi e mostruosi, cannibali, pericolosissimi mostri marini e affascinanti sirene. 5 L opera a me dedicata si può dividere in tre parti: -il racconto di Telemaco -nella terra dei Feaci -il ritorno e la vendetta disegno di Matilde Brambilla ed Erica Brivio [testo di Cristian Farruggia]

6 Il mio viaggio tra fantasia e realtà 6 Su questa carta è tracciato il mio viaggio. In rosso è indicato il percorso da Troia fino all isola di Calipso, dove rimasi per sette anni prigioniero della ninfa. In blu è indicato il percorso dalla isola di Calipso fino all isola dei Feaci e finalmente a Itaca. Ecco di seguito le tappe del mio viaggio con l indicazione dei luoghi fantastici narrati da Omero e i luoghi reali corrispondenti. Troia: Turchia Terra dei Ciconi : Grecia, penisola Calcidica Terra dei Lotofagi :TUNISIA,GOLFO DI GABET Terra dei Ciclopi:SICILIA, CATANIA Isola di Eolo : Sicilia Isole Eolie Terra dei Lestrigoni.:SARDEGNA, BOCCHE DI BONIFACIO Palazzo della maga Circe :LAZIO, MONTE CIRCEO Oltretomba : LAZIO, LAGO D AVERNO Scilla e Cariddi : SICILIA, STRETTO DI MESSINA Isola di Calipso :SPAGNA, GIBILTERRA Terra del dio Sole :SICILIA, LAMPEDUSA Feaci : GRECIA, CORFU Itaca : GRECIA, ISOLE IONIE [ testo di Marco Colombo]

7 Omero Il celebre poema che porta il mio nome, l Odissea, è opera di Omero. Da piccolo Omero viaggiò molto con un ricco mercante che si chiamava Mentore di Leucade. Poi venne colpito da una malattia alla vista, ma continuò comunque ad andare di città in città per narrare e cantare le vicende di quei tempi. Omero scrisse inoltre l Iliade, un poema che narra le vicende della guerra di Troia e che ha per protagonista l eroe Achille. Molti storici, notando delle differenze tra le due opere, attribuiscono ad Omero solo la stesura di uno dei due poemi. Altri studiosi presumono che Omero abbia scritto prima l Iliade, in età giovanile, e poi l Odissea, in età adulta. Il poeta, che con i suoi versi ha raccontato la mia storia, è vissuto nel VIII secolo in Grecia. La sua città di nascita è incerta: alcuni dicono sia Smirive, altri Chio, altri ancora Rodi o Atene o Argo. 7 [testo di Nicolò Fumagalli] Disegno di Erica Brivio

8 La guerra di Troia Io e i miei compagni partimmo per la guerra di Troia, Ilio. Una guerra che mi tenne lontano da mia moglie e mio figlio per quasi vent anni! Tutto iniziò con le nozze di Teti, figlia di Oceano, ed il re Peleo, dai quali nacque il coraggioso e glorioso Achille. Tutti gli dei furono invitati al matrimonio, eccetto una: Eris, la dea della discordia. Essa disperdeva ovunque parole di veleno e cattiveria e proprio per questo motivo non venne invitata alle nozze. Eris provò molto e si vendicò solo come lei sapeva fare. Creo` una meravigliosa mela sulla quale c era una scritta che diceva: alla più bella. Le tre dee, Era, moglie di Zeus, Afrodite, dea dell amore e della bellezza, e Atena, dea della sapienza, mentre passeggiavano nel giardino videro la mela e cominciarono a litigare per ottenere l ambito pomo. Zeus intervenne e decretò che sarebbe stato un umano a decidere a chi appartenesse la mela. 8 disegno di Ivana Aleksova

9 Il padre degli dei scelse Paride, il bellissimo principe di Troia, come arbitro. Egli doveva indicare chi fosse la più bella tra le dee. Ciascuna dea cercò di condizionare la scelta di Paride. Era promise a Paride il dominio su tutta l Asia; Atena invece la saggezza e l invincibilità. Infine Afrodite gli assicurò che, se l avesse scelta, gli avrebbe fatto sposare la donna più bella del mondo cioè Elena, moglie di Menelao. Tra tutti i doni Paride scelse quello di Afrodite e diede a lei la mela, mentre le altre dee giurarono odio eterno a Paride e al popolo troiano. Afrodite, come aveva promesso, fece innamorare Elena di Paride. Non appena Elena lo vide se ne innamorò e fuggì con lui a Troia. Menelao per vendicarsi chiamò in aiuto gli altri re Achei e organizzò una spedizione contro Troia, per riprendersi sua moglie. Il comando venne affidato al fratello di Menelao, Agamennone, re di Micene. Alla spedizione partecipai anch io, Ulisse, re di Itaca. Partii senza sapere quanti anni sarei stato lontano dalla mia amata terra. [ testo di Vanessa Okonkowo] 9 disegno di Lorenzo Mandelli

10 Il cavallo di Troia Dopo dieci lunghi anni di assedio alla città di Troia, io, il grande Ulisse, escogitai un piano: dovevamo abbandonare la spiaggia di fronte a Troia, fingendo di esser partiti, e lasciare un enorme cavallo di legno costruito da Epeo con l'aiuto della dea Atena. La maggior parte dei greci si nascose nella vicina isola di Tenedo, fingendo di ritornare in patria. Dentro al cavallo ci nascondemmo io e alcuni altri valorosi guerrieri. Il mattino dopo, i troiani pensarono che ci fossimo arresi e ce ne fossimo andati. Temete, per primo, ammirando il cavallo, disse di introdurlo dentro le mura e collocarlo nella rocca. Altri erano più sospettosi, pensavano ad un inganno e proposero di lanciare il cavallo in mare, dopo averlo dato alle fiamme o di distruggerlo. Quand ecco sentimmo la voce di Laocoonte sacerdote di Poseidone, che disse: " Credete Disegno di Tommaso Cammarata partito il nemico? Potete immaginare un regalo dei Greci senza un trucco? Non fidatevi del cavallo Troiani!" Poi scagliò un gran giavellotto contro la pancia del cavallo. Il colpo rimbombò all interno, noi tutti tememmo di essere scoperti, ma non fu così. La dea Atena, che parteggiava per noi, punì Laocoonte mandando due enormi serpenti marini, che uscendo dal mare avvinghiarono i suoi due figli, stritolandoli. Laocoonte cercò di accorrere in loro aiuto ma subì la stessa sorte. Così il cavallo fu portato all interno della città di Troia e lì, nella notte, dopo che tutti i Troiani si erano addormentati, dopo aver festeggiato quella che pensavano la partenza dei nemici, noi uscimmo dal cavallo, chiamammo gli altri compagni e incendiammo la città. [testo di Desi Mollova] 10

11 I mangiatori di Loto Sbarcai nuovamente in una terra sconosciuta: non sapevo dove fossi, e decisi di chiedere ai compagni se qualcuno volesse andare ad esplorare questa terra. Uno di loro subito mi disse che forse era un po pericoloso, allora io ribattei immediatamente che si sbagliava, che doveva credere in se stesso e nei suoi compagni e di farsi coraggio. Dopo, solo tre si offrirono: scesero dalla barca e si incamminarono Io rimasi sulla nave con gli altri, sperando che ritornassero sani e salvi. Solo dopo un po di tempo mi accorsi che non erano ancora arrivati, pensavo che fossero morti. Allora io e Disegno di Tommaso Cammarata altri miei compagni armati ci inoltrammo nell isola e saliti su una piccola collina vidi da lontano un piccolo villaggio. Poi feci cenno ai compagni di scendere e di stare in guardia. Arrivati giù sfilammo le nostre spade e li spaventammo tutti, tutti tranne tre: erano i miei compagni, che avevano tutti e tre la bocca sporca di una sostanza bianca e avevano in mano una ciotola con dentro una specie di farina. Domandai subito loro perché non fossero tornati e perché stessero mangiando quella specie di farina. Uno di loro ne prese una manciata e con la bocca piena mi disse che quella farina era buonissima e che faceva dimenticare il passato; poi lui e gli altri due ne presero una manciata e mi ripeterono che faceva dimenticare il desiderio di tornare a casa. Compresi che eravamo capitati nell Isola dei Lotofagi, i mangiatori di loto e che i miei compagni erano stati drogati con il fiore di loto, un fiore che toglie la memoria e i desideri. 11

12 Allora presi la ciotola con furia e la gettai a terra e feci così con tutte le altre: non potevano continuare così, rischiavano di morire e di non tornare più in patria. A quel punto i tre si disperarono, mi implorarono e gridarono contro di me. Io li ignorai, poi dissi agli altri miei compagni di legare a tutti e tre le mani e di trascinarli in barca. Una volta saliti sulla nave decisi di legarli all albero maestro, per evitare che si gettassero in mare col rischio di morire Poi partimmo 12 [testo di Tommaso Cammarata]

13 I ciclopi Dopo aver navigato a lungo io e i miei compagni arrivammo in una terra sconosciuta. Sembrava disabitata: era un isola molto grande, ma tutta deserta tranne un punto in cui vi era una caverna. Allora, visto che eravamo tutti molto affamati, la raggiungemmo. La caverna era un rifugio gigantesco; all interno vi erano molte pelli di pecora e altri tessuti, sulle mensole di grandezza sovrumana, c erano molti pezzi di formaggio di cui ci servimmo subito a causa della nostra fame arretrata. Ad un tratto io e i miei compagni sentimmo delle scosse come se ci fosse un terremoto, ma, quando vidi un piede gigante entrare nella grotta, capii subito che non si trattava di un Disegno di Christian Canali terremoto, ma di un essere enorme con il suo gregge. Dietro di se chiuse l ingresso con un grande masso. Rimasi immobile all ombra della grossa figura che ci notò e disse: Chi siete e cosa fate nella mia grotta? Ed io risposi: Siamo soldati greci, veniamo da Ilio e stiamo tornando ad Itaca, volevamo fare provviste d acqua e cibo. Ma prima che potessimo riaverci dallo spavento, dopo avre visto il mostro da un occhio solo, Polifemo (questo era il nome dell essere gigantesco che avevamo di fronte) con la sua mano afferrò due dei miei compagni e li inghiottì in un solo boccone. Polifemo mangiava come un leone affamato, non avanzava neanche le ossa. 13

14 Rimanemmo pietrificati per l orrore, ma io mi feci coraggio e dissi piano ai compagni: Presto, nascondiamoci dietro le rocce e ci precipitammo dietro un grosso masso riposto in fondo alla caverna. Una volta nascosti parlai ai miei compagni: Aspettiamo che il gigante si addormenti. Uno dei miei compagni mi interruppe: Dobbiamo ucciderlo prima che ci mangi tutti. Io replicai: No, se lo uccidessimo resteremmo intrappolati qui dentro per sempre, perché non ce la faremmo mai a spostare da soli il masso all ingresso. Dobbiamo aspettare. La mattina dopo Polifemo si alzò, spostò il masso dalla porta, ma, prima che noi potessimo scappare fuori, richiuse l entrata, bloccandoci nella grotta. In quel momento mi venne un idea che condivisi con i miei compagni: Ho un piano, ma mi serve un palo di legno. Ci mettemmo tutti a perlustrare la caverna, finché non ne trovammo uno e lo nascondemmo dietro una roccia, poi attendemmo il ritorno del ciclope. Al tramonto Polifemo ricomparve e, dopo aver fatto entrare le pecore, richiuse l ingresso col masso. Allora versai del vino in una gigantesca ciotola e gliela porsi. Dopo che ebbe a bevuto gli riempii di nuovo la ciotola. Come ti chiami? mi chiese il ciclope. Pensai un attimo e poi risposi: Nessuno e intanto gli versai dell altro vino. Che nome strano mi disse Polifemo e poco dopo si accasciò ubriaco e prese a russare. Presto, è ora di agire! dissi ai miei compagni: Portatemi il palo ordinai. Dopo aver preso il palo, lo rendemmo incandescente sul fuoco, poi andammo vicino al ciclope che dormiva; afferrammo il palo e con tutta la forza che avevamo lo conficcammo nell unico occhio di Polifemo. Il gigante si mise ad urlare per il dolore e, portandosi le mani alla faccia, prese a correre per tutta la grotta inciampando dappertutto. Quando gli altri ciclopi che abitavano l isola udirono quel boato, gli chiesero: Che succede? e Polifemo rispose: Nessuno mi ha accecato e gli altri ciclopi confusi dissero: Se nessuno ti ha fatto male, perché tanto fracasso? e se ne andarono pensando che fosse impazzito. La mattina dopo Polifemo spostò il masso e, preparandosi a portare fuori le pecore, gridò: Non scapperete!. Ma avevo un altro piano: dovevamo legare insieme le pecore tre a tre, e poi ordinai ai miei compagni: Sdraiatevi sotto le pecore e aggrappatevi alla pecora di mezzo. Le bestiole uscirono e, pur toccandone il dorso, il ciclope non si accorse di noi. Quando fummo fuori dalla caverna corremmo alla nave e poi tutti remammo forte. 14

15 Polifemo, in preda all ira, scaraventò grossi massi contro la nave, ma non riuscì a colpirci perché era cieco. Allora pensando che fossimo in salvo gridai: Io mi chiamo Ulisse. Io e i miei compagni ci illudemmo di essere in salvo, ma il ciclope era figlio di Poseidone il dio del mare che promise di vendicarlo. [testo di Samuele Fumagalli] 15

16 L'isola di Eolo Allontanatomi dalla terra dei Ciconi, sbarcai su un isola su cui pensavo di essere già stato,ma vidi un palazzo che non avevo mai visto, quindi incuriosito senza i miei compagni,andai a vedere. All interno dell edificio trovai Eolo,il dio al quale Zeus donò il controllo dei venti che conservava tutti insieme in una caverna sulla sua isola e poteva liberare come voleva o come gli dèi gli chiedevano di fare. Eolo mi regalò un otre in pelle di bue,spiegandomi che fino a quando la bocca ne fosse rimasta chiusa e stretta da un filo d'argento, tutto sarebbe andato bene. Quell'otre conteneva tutti i venti, all'infuori del dolce vento d'occidente, che avrebbe spinto direttamente le mie navi attraverso il mare Ionio fino Disegno di Ivana Aleksova a Itaca. Presi il dono e ritornai sulla nave e ripresi il mare con i miei compagni. Poi, stanco, caddi addormentato. Non so esattamente cosa successe. So solo che ad un certo punto sentii soffiare venti fortissimi, mi svegliai e dovetti riprendere il comando delle navi. Capii che cosa era successo: Disegno di Ivana Aleksova pensando che nell otre ci fossero chissà quali tesori o forse solo del 16 buon vino, i miei compagni lo avevano aperto e proprio quando all orizzonte si vedeva la terra di Itaca fummo sospinti ancora al largo. Ivana Alksova

17 I lestrigoni Dopo sei giorni e sei notti in mare,arrivammo su un isola sconosciuta. Io e molti miei compagni andammo ad esplorare la terra. Ad un certo punto incontrammo una ragazza e le chiedemmo dov eravamo ed essa rispose che eravamo nella terra dei Lestrigoni, dove regnava il re Antifate. A quel punto ci incamminammo verso la reggia. Arrivati ci stupimmo di una donna gigantesca: doveva essere la moglie del re. Cominciò a chiamarlo a gran voce e lui si precipitò subito dalla moglie. Appena ci vide mangiò subito due miei compagni. A quel punto capii che erano cannibali. Quindi chiamai i compagni e così cominciammo a fuggire.intanto però la moglie aveva già dato l allarme.poco dopo quindi arrivò un esercito di giganti,che cominciò a Disegno di Erica Brivio scagliare pietre e veri e propri macini su di noi e le nostre navi. Essi erano Disegno dotati di Erica di una Brivio mira infallibile quindi tutte le navi affondarono tranne una, la mia. Essi uccisero anche molti uomini, mentre altri, pochi, riuscirono a salvarsi buttandosi in mare, alcuni riuscii a salvarli portandoli a bordo. Così col dolore nel cuore ripartimmo per altre terre sconosciute. 17 [testo di Erica Brivio]

18 Ulisse e la maga circe Approdammo sull isola di Eea e i miei compagni, guidati da Euriloco, si diressero al palazzo di Circe dove videro alcune case costruite in pietra e, intorno ad esse, molti animali, in precedenza uomini, che la maga aveva fatto diventare tali. Sentendo Circe cantare all interno del palazzo, i miei si fermarono davanti alle porte; poi, incominciarono a gridare per farsi sentire, lei subito aprì le porte e li Disegno di Desi Mollova invitò dentro. La seguirono tutti tranne Euriloco, che sospettava fosse una trappola. Intanto Circe fece accomodare i compagni e diede loro vino e cibo a cui mischiava pozioni per far dimenticare la patria; poi li toccò con la bacchetta e li trasformò in porci. Nel frattempo Euriloco, scampato alla trappola, mi riferì l accaduto, allora io, con arco e frecce mi diressi verso la casa di Circe. Durante il cammino, incontrai Ermes, che mi spiegò come resistere alla magia della maga porgendomi l antidoto alle sue pozioni magiche, poi quando se ne andò, mi rimisi in cammino e arrivai davanti alla casa di Circe. Cominciai a gridare, lei mi aprì, entrai e mi porse una bevanda a cui aveva aggiunto la stessa pozione che aveva dato ai miei compagni, quindi prese la bacchetta e mi sfiorò la spalla. Mi ordinò di andare nel porcile e, per tutta risposta, mi gettai addosso a lei con una lama; Circe, impaurita, si rese conto che solo Ulisse, l uomo dal multiforme ingegno, era capace di sfuggire alla sua magia. Mi accolse e chiamò le sue ancelle per farmi preparare un bagno, ma ero triste sapendo che i miei compagni erano ancora maiali. Circe se ne accorse e, a uno a uno, li toccò con la bacchetta. Una volta che ebbe finito di ritrasformarli, mi disse di chiamare i compagni rimasti sulla nave per festeggiare. 18

19 I festeggiamenti durarono tutta la notte. Mi trovavo così bene, tra banchetti e feste, che mi fermai addirittura un anno. Un giorno i miei uomini mi ricordarono del viaggio, di Penelope e di Itaca, io mi scusai per essermene scordato e andai da Circe per chiederle di lasciarci andare. Lei rispose che non ci poteva trattenere lì contro la nostra volontà e prima di partire mi avvertì del viaggio che avremmo dovuto affrontare nell Ade a cercare Tiresia, il saggio indovino cieco, che ci avrebbe detto come affrontare i pericoli del ritorno. Avvertii i compagni e saliti sulla nave, partimmo, con le vele spiegate, sospinti da un forte vento. 19 [Testo di Diana Bonassi]

20 La discesa nell Ade 20 Disegno di Tommaso Cammarata Saliti sulla nave ripresi il mare con i miei compagni, lasciando alle spalle la terra della maga Circe. Seguimmo le sue indicazioni per raggiungere il regno dell Oltretomba. Arrivato, seguii ancora le istruzioni e sacrificai un capretto : il sangue si riversò a terra. Incontrai dunque l indovino Tiresia, che mi predisse il futuro: mi parlò della vendetta di Poseidone e del mio ritorno solitario in patria, dove avrei trovato i Proci. Vidi molte altre anime: quella di Agamennone, del valoroso Achille e a anche quella di mia madre Anticlea, che mi rivelò di essere morta per il dolore. Mi parlò anche del mio vecchio padre Laerte. Tentai di abbracciarla, ma come un ombra mi sfuggì. [testo di Safy Bamba]

21 Ulisse e le sirene Così partii sulla mia barca spinta da un buon vento e nel mentre raccontavo ai miei compagni che ci stavamo dirigendo verso una zona pericolosa: quella delle sirene,capaci di manipolarti col loro canto magnifico. Ad un certo punto il vento cessò: ci stavamo avvicinando sempre più a quelle incantevoli creature. Come mi aveva consigliato, Circe presi un disco di cera, lo misi sotto al sole per farlo sciogliere. Con la cera tappai le orecchie di tutti i miei compagni, per evitare che sentendo il canto delle sirene si gettassero in mare senza fare ritorno. Io volevo invece ascoltare il suono della voce di quelle creature di cui avevo sentito parlare. Così per evitare che anch io potessi fare la stessa fine di quei marinai che erano stati inghiottiti dal nero mare dopo aver ascoltato le sirene, mi feci legare stretti mani e piedi ad un albero della nave e ordinai ai miei compagni di non slegarmi e anzi di stringere sempre più le corde quando il mio desiderio di raggiungere le fantastiche creatura fosse diventato più forte. Ad un certo punto sentii le sirene che mi chiamavano e mi spingevano a raggiungerle in mare; implorai i compagni di slegarmi, ma essi non mi sentivano le mie parole a causa della cera, ma vedendo che mi dimenavo, fedeli ai miei ordini mi strinsero le corde sempre sempre di più, quasi da fermarmi il sangue. 21 Stavo impazzendo,quando,finalmente, uscimmo da quel tratto di mare abitato da quelle manipolatrici imponenti. Circe aveva detto che nessun uomo può sopravvivere sentendo il canto delle grandi,imponenti,bellissime e forti sirene. Eppure io, Ulisse, ci ero riuscito. [testo di Matilde Brambilla] Disegno di Desi Mollova e Giada Fumagalli

22 Scilla e Cariddi Dopo essere riuscito a evitare le Sirene incantatrici, avevo Disegno di Tommaso Cammarata e Diana Bonassi proseguito per il mare, ma dovetti affrontare Scilla, mostro marino con un volto da ragazza e con gambe circondate da facce di cani, e i terribili vortici di Cariddi. Appena arrivato in quel tratto di morte, le sei teste di Scilla afferrarono e divorarono improvvisamente altrettanti miei compagni. Essi invocarono il mio aiuto, ma non potei far nulla per loro. Poi Cariddi creò nel mare un vortice e si alzarono onde che arrivavano fino a tre metri di altezza. Nel cielo vi erano fulmini e lampi. Vidi i miei compagni cadere in acqua e la nave spezzarsi. A un certo punto non vedevo più nessuno e mi resi conto che la nave stava affondando. Riuscii ad attaccarmi ad un pezzo di legno che mi faceva galleggiare a malapena. Ero stanco e avevo paura, non sapevo cosa fare e quindi mi feci trasportare dalla corrente. Pensavo ai miei compagni e alla mia terra. 22 [Testo di Diego Casiraghi]

23 Le vacche sacre del dio Sole Come per incanto il mare si calmò eravamo giunti alla terra di Trinacria. Un lontano belato giunse alle nostre orecchie, insieme ai muggiti delle Disegno di Ivana Aleksova vacche sacre. Annunciai ai miei compagni che Circe e Tiresia mi avevano raccomandato di non avvicinarci alla terra del dio Sole. Ma un compagno, sopravvissuto a Scilla e Cariddi, di nome Euriloco si lamentò e propose ai compagni di fermarsi a riposare per la notte e di ripartire il mattino all'alba. Io dovetti cedere: tutti i miei compagni erano dalla parte di Euriloco. Prima di scendere dalla nave feci giurare ad ognuno di loro di non toccare nè le vacche, nè le pecore del dio Sole: loro giurarono e scesero. Il mattino dopo la bonaccia rendeva impossibile ripartire. Rammentai che nella nave c'erano delle provviste e ricordai ai compagni il giuramento. La bonaccia durò un mese, ma le scorte finirono e fu a quel punto che Euriloco mi tradì: incitò i compagni ad uccidere una vacca per sfamarsi. Quando lo venni a sapere rimproverai lui e gli altri traditori e il mattino seguente il vento fece gonfiare le vele e noi ripartimmo. Ci allontanammo dall'isola, ma sapevo che l'ira del dio Sole non sarebbe tardata. 23 [testo di Camilla Puccini]

24 Nell'isola di Calipso Scampato ai vortici di Cariddi approdai sull isola di Ogigia dove vi era una donna, anzi una ninfa, che mi attendeva: era Calipso. Era una donna molto bella che abitava in una grotta profonda, con molte sale: tutto attorno vi era un grande giardino con grandi alberi e sorgenti. Calipso passava il tempo a filare, tessere con le altre ninfe cantando. 24 Disegno didesi Mollova Calipso si innamorò di me e lo capii fin da subito, perché mi guardava con i suoi occhi splendenti e pieni di amore. Tentò invano di convincermi a restare promettendomi l immortalità. Ma io conservavo dentro di me l amore per mia moglie Penelope e tutto ciò che desideravo era di tornare da lei. Stetti con la ninfa per sette anni, finchè la dea Atena, mia protettrice, capendo il mio dolore e il mio desiderio di ritornare a Itaca, costrinse Calipso a lasciarmi andare. Così ripresi il mare. [testo di Matilde Crippa]

25 Nell isola dei Feaci 25 Disegno di Giada Fumagalli e Matilde Crippa Gli dei alla fine impietositi mandarono Ermes a spingere Calipso a lasciarmi andare. Così partii, ma Poseidone, che mi odiava, colpì la mia nave con una tempesta. Quando mi risvegliai mi trovai su una spiaggia e vidi una bellissima fanciulla con le sue ancelle. Scoprii che mi trovavo nella terra dei Feaci, un popolo pacifico che non conosceva guerre né mura fortificate : non avevano bisogno di proteggersi dai nemici. La fanciulla, che era la principessa Nausicaa, mi accompagnò dal padre Alcinoo e durante un banchetto raccontai la mia storia :dal mio approdo nella terra dei Ciconi fino all arrivo nell isola di Ogigia, dove Calipso mi tenne prigioniero per ben sette anni. Dopo aver finito di raccontare la mia storia Alcinoo, commosso, mi fornì una nave e mi aiutò a partire. Finalmente sarei arrivato alla mia cara Itaca. [Testo di Marco Savasta]

26 Il ritorno a Itaca Finalmente giunsi alla mia amata Itaca. La dea Atena mi consigliò di travestirmi da mendicante per non farmi riconoscere e in queste nuove vesti mi diressi alla reggia. Lungo il tragitto, incontrai il mio vecchio servo Eumeo, che non mi riconobbe. Chi avrebbe potuto farlo, dopo che ero stato tanti anni lontano da casa. Quando Disegno di Vanessa Okonkwo giunsi alla reggia vidi in un angolo il mio amatissimo cane Argo, compagno di avventure e amico fidato. Argo era uno dei miei tesori, ma oramai era vecchio e malato. Mi avvicinai a lui e, quando mi vide, tirò su le orecchie, mi guardò e capii che mi aveva riconosciuto. Poi volse nuovamente e per l ultima volta lo sguardo su di me e morì ai miei piedi. Versai la mia prima lacrima del mio ritorno a casa e non potei fare nulla se non raccogliere l'affetto impagabile di chi mi aveva aspettato per 20 anni.fu invece la mia nutrice Eraclea a riconoscere le mie cicatrici, mentre mi lavava: le raccomandai di non tradirmi e di non dire niente a nessuno. Di lì a poco tutti avrebbero riconosciuto il grande Ulisse. 26 [testo di Andrea Noemi Mauri ]

27 La gara con l arco I Proci scoprirono che Penelope tesseva la tela di giorno e la sfilava di notte e per questo fu costretta a dare il triste annuncio. Disse infatti, che ormai era passato troppo tempo e che io probabilmente ero morto; per questo era arrivato il momento di risposarsi. Così indisse una gara con l arco : chi fosse riuscito a scagliare le frecce e colpire gli anelli sarebbe stato il suo sposo. Tutti i Proci erano pronti a gareggiare. Anch io, travestito da mendicante annunciai che volevo provare : essi cominciarono a prendermi in giro, chiedendosi come un vecchio mendicante potesse tirare un arco come quello. Fatto sta che a me non importò di quello che dissero i proci e tirai lo stesso, facendo passare la freccia nei dodici anelli e colpendo in pieno il bersaglio. Tutti rimasero stupefatti Disegno di Tommaso Cammarata per quella mira perfetta. Si stava avvicinando il momento della vendetta. 27 [ testo di Vittoria Brivio]

28 La vendetta di Ulisse Avevo preparato con cura il piano della vendetta. I Proci che mi credevano morto si sbagliavano: dopo tutti quegli anni di assenza ero tornato furioso e assetato di vendetta. Dopo aver centrato il bersaglio con l arco, nascosi le armi e chiusi tutte le vie d uscita, poi salii su un tavolo e con voce decisa dissi: Ascoltate Proci, voi pensavate che io fossi morto, ma sono ritornato. Tirai fuori dalla sacca una freccia e pregando Apollo mirai alla testa di Antino colpendo il suo collo e trapassandolo, facendo uscire una mare di sangue. I Proci si scaraventavano contro i muri e le uscite, cercando la fuga, ma... niente da fare la morte per loro era sempre più vicina. Decisi di risparmiare solo uno di loro, un cantore che in futuro avrebbe potuto narrare la mia vendetta. 28 [testo di Giada Fumagalli] Disegno di Tommaso Cammarata

29 Incontro tra Ulisse e Penelope Dopo aver punito quei vigliacchi dei Proci, mi lavai, mi cambiai e corsi da mia moglie Penelope. Ma lei non parlava né si muoveva: sembrava una statua. Penelope! Perché non corri tra le braccia di tuo marito che dopo venti lunghi anni è tornato da te, in patria! Dissi io. Ma lei era muta e fredda come il ghiaccio. Devo farmi riconoscere perché non crede neppure lei che io sia vivo. Così dissi alla mia fedele balia Euriclea di portarmi un letto nel quale dormire. Allora Penelope, per capire se ero veramente Ulisse, disse alle serve: - Sì, il nostro ospite ha bisogno di riposare. Che gli si porti il suo letto! Io colsi al volo l occasione per farmi riconoscere: - Mia amata Penelope, ben mi ricordo che, quando eravamo giovani, lo intagliai da un antico ulivo lasciando le radici ancora nel Disegno di Erica Brivio terreno. Non si può muovere, mia cara moglie! Sentito questo Penelope ebbe un sussulto e corse piangendo di gioia tra le mie braccia. Anche Euriclea scoppiò a piangere per quel felice momento. A lungo ho vagato dopo la distruzione dell alta rocca di Troia dissi io e sempre ho pensato a te e ho desiderato ardentemente di rivederti. - Passai i due giorni più belli della mia vita da quando partii diretto a Ilio per quella nefasta guerra. Tutti gli abitanti di Itaca organizzarono in mio onore un grande banchetto con canti e giochi, che di più belli non si vedevano da molti anni. Mi costrinsero a raccontar loro la mia storia e così la sala si riempì di pianti di commozione e di lamenti per i compagni caduti. Quando ebbi finito andai a dormire e a riposare. 29

30 Il comandante delle guardie mi svegliò dicendomi: - Ulisse! Ulisse! Ci sono i parenti dei Proci, armati fino ai denti, alle porte del palazzo che chiedono vendetta! - -Fai preparare l esercito, gli andiamo incontro! risposi io. In breve furono armati cinquecento uomini e con essi scesi nella piana sotto al palazzo. Quando l aurora dalle dita di rosa non era ancora giunta, i due eserciti erano già l uno di fronte all altro. Poi, come per incanto l esercito nemico si inchinò a me e in coro dissero: - Bentornato nostro re! Non sappiamo quale pazzia ci ha condotti così armati dinanzi alla tua porta, ma ti chiediamo perdono. E così se ne andarono. Io non sapevo spiegare questo fenomeno, ma ci pensò Atena a farlo: - il divino Zeus è stufo di tante guerre e perciò ha fatto perdere la memoria ai parenti dei Proci facendogli dimenticare la vendetta! E così passai felice e in pace gli ultimi anni della mia vita assieme a Penelope, a Telemaco e al mio anziano padre Laerte. 30 [testo di Lorenzo Mandelli]

31 I mostri I mostri sono gli esseri che odio di più in assoluto, ne ho incontrati tanti e sono riuscito a sopravvivere. Uno dei più orribili è Disegno di Tommaso Albrigo e Marco Savasta Polifemo: era un ciclope, figlio di Poseidone. Era un bestione tutto muscoli e niente cervello, con un solo occhio sulla fronte. Abitava in una caverna e allevava pecore. Non rispettava né gli uomini né gli dei e divorò alcuni miei compagni. Ricordo com è stato facile ingannarlo, facendogli bere del vino e facendolo cadere così in un sonno profondo. Quindi io e i miei compagni lo abbiamo accecato con un palo e poi, nascosti sotto il ventre delle sue stesse pecore, siamo fuggiti. 31 Scilla è un mostro marino. La leggenda narra che era una splendida ninfa, figlia di Forco e Crataide. Trascorreva i suoi giorni nel mare, giocando con le altre ninfe e rifiutava tutti i pretendenti. Quando Glauco, figlio di Poseidone, si innamorò di lei, andò dalla maga Circe a chiedere un filtro d amore, ma Circe a sua volta si invaghì di lui.

32 Rifiutata da Glauco, Circe, rosa dalla gelosia, trasformò la rivale Scilla in un mostro con dodici piedi e sei teste, nelle cui bocche spuntavano tre file di denti. Secondo alcuni, intorno alla vita aveva appese teste di cani che abbaiavano e ringhiavano ferocemente. Scilla è immortale, anche se alla fine venne trasformata in roccia; per questo Enea è riuscito a passare dallo stretto (fortunato lui!). Cariddi era una bellissima ninfa, figlia di Poseidone e Gea, dedita alle rapine e famosa per la sua voracità. Un giorno rubò ad Eracle i buoi di Gerione e ne mangiò alcuni. Allora Zeus la fulminò, facendola cadere in mare, dove la trasformò in un gigantesco mostro simile ad una lampreda, che formava vortici marini con la sua immensa bocca. Era capace di inghiottire le navi di passaggio : la nostra, fortunatamente non l ha inghiottita, ma comunque l ha gettata contro uno scoglio; se non fosse stato per la mia prontezza, ora non sarei qui! 32 Le sirene erano mostri per metà donne e per metà donne, figlie della ninfa Melpomene e del fiume Acheloo, terribili incantatrici. La loro voce melodiosa incantava i marinai di passaggio, spingendoli a buttarsi in mare per raggiungerle, trovando così la morte. La leggenda dice che erano semplici fanciulle e che furono trasformate per metà uccelli quando la loro amica Persefone venne rapita da Plutone. Infatti loro chiesero di poter avere le ali per poter cercare la loro amica scomparsa. Un altra leggenda racconta invece che furono trasformate in mostri per punizione per non aver cercato di salvare Persefone. Qualunque sia la verità, dovetti affrontarle e riuscii a salvare i miei compagni, ma anche ad ascoltare il loro dolce canto, senza però rimanerne vittima. [testo di Alessio Guddemi]

33 I miei compagni Quando dovetti partire per la guerra di Troia, radunai tutti gli uomini di Itaca. Partimmo con dodici navi undici navi su dodici affondarono e rimase soltanto la mia nave con i compagni più fedeli, che erano Euriloco, Perimede e Polite. Tra tutti i miei compagni, Euriloco, Perimede e Polite erano i più fidati. Euriloco era il mio vice durante il lungo viaggio di ritorno dalla guerra. Durante la sosta nell isola della maga Circe, fu l'unico a scappare e a non farsi trasformare in porco e quando dovemmo attraversare il tratto di mare delle Sirene, fu lui a legarmi all'albero maestro della nave. Una volta mi deluse: eravamo sull'isola del Dio Sole e nonostante gli avessi raccomandato di non uccidere sacre vacche, istigò i compagni a sgozzarle. Anche Perimede era uno dei miei compagni più fedeli, aiutò Euriloco a legarmi all'albero maestro della nave per sopravvivere alle sirene, mi accompagnò nella terra dei Ciclopi e nell'ade, dove sgozzò un capretto come sacrificio. Polite fu trasformato dalla maga Circe in maiale, poi, grazie a me, riprese le sembianze umane. Euriloco, Perimede e Polite morirono durante la tempesta scatenata da Zeus, che fece affondare la nave con un fulmine 33 Anticlo era uno dei Greci penetrati con me nel cavallo di legno; fu lui che nel viaggio di ritorno aprì l'urna dei venti facendo scaraventare la nave nella terra dei Lestrigoni. Morì divorato dall orribile Scilla.

34 Sinone si fece appositamente Disegno di Tommaso Cammarata prendere prigioniero dai Troiani, e una volta catturato riuscì a convincerli ad introdurre dentro le mura il famoso cavallo di legno. I Troiani, si lasciarono convincere e accolsero il cavallo entro le mura; ma nel cuore della notte lo stesso Sinone fece uscire i Greci che si erano nascosti nel ventre del cavallo dando inizio alla conquista della città. Morì nel tratto di mare tra Scilla e Cariddi 34 Antifo rimase vittima di Polifemo Elpenore durante la sosta presso la maga Circe, venne trasformato, insieme ad altri Greci, in un maiale. Successivamente, la maga gli ridiede le sue fattezze umane. Ubriaco, Elpenore si sdraiò a dormire sul tetto dell'abitazione di Circe. Al mattino, essendosi dimenticato di dove si trovasse, cadde e morì per la rottura dell'osso del collo. [testo di Emanuele Villa]

35 I Proci Ero stato lontano da casa per più di vent anni. I proci erano i principi della mia isola e di quelle vicine, che avevano approfittato della mia assenza per installarsi a casa mia e dilapidare i miei beni. Mangiavano e bevevano a volontà, dormivano nella mia casa! Erano rozzi, volgari e prepotenti. Erano ben 109 e miravano a prendere il mio posto sul trono. Ciò che mi infastidiva ancor di più era che volevano sposare la mia amata Penelope. Tra i maggior pretendenti di mia moglie c erano Antinoo e Eurimaco. Antinoo era maleducato Disegno di Tommaso Cammarata con Penelope e con mio figlio Telemaco. Scommetto che stesse progettando di uccidere quest ultimo per eliminare l erede al trono. Mi aveva persino insultato nonostante fossi travestito da mendicante e quindi considerato da tutti come un sacro ospite. Eurimaco invece era considerato tra i favoriti nella competizione per ottenere la mano di Penelope, perché era uno dei più ricchi e belli. 35 [Testo di Stefano Penati]

36 Gli dei dell Olimpo I personaggi che tutto sentono e tutto vedono sono gli Dèi, che guidano o ostacolano il nostro cammino. I nostri Dèi risiedono sul Monte Olimpo ( Όλυμπος ) che si trova a nord della Grecia.La vetta del monte è perennemente circondata da nubi bianche ed è impossibile per i mortali raggiungerla senza il permesso degli dei. Il capo e padre di tutti loro è Zeus, Signore dell Universo, dio del cielo e del tuono, che vigila su tutti noi. Sua moglie è Era, protettrice delle donne e del matrimonio. Atena è la Dea della Guerra e della Saggezza, mi ha aiutato molto durante il mio ritorno a casa. Poseidone è il Dio del Disegno di Erica Brivio Mare e al contrario di Atena mi ha ostacolato in tutti i modi, per vendicarsi del fatto che ho accecato suo figlio Polifemo. Ade è il Re dei morti e risiede nell Averno, il Regno dei morti. Apollo, invece, è il Dio del Sole, della Musica e della Medicina. 36 [testo di Tommaso Albrigo]

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