La condizione giuridica dei fedeli orientali af dati alla cura dei Vescovi latini

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1 La condizione giuridica dei fedeli orientali af dati alla cura dei Vescovi latini ABSTRACT In recent years the presence of Eastern-rite Catholics in the territories of the Latin Church has increased considerably. As a result, many Christians of Eastern tradition nd themselves living outside their original environment, in Catholic countries where the majority of the faithful are Latin-rite. The current legislation of the Church (CIC, CCEO e PB), implementing the directives of the Second Vatican Council, establishes norms which seek to safeguard the identity of the Eastern Catholic Churches and to provide for the protection of minorities outside their own territories, thus assuring them the right to live the faith according to their own spiritual, theological, liturgical and disciplinary patrimony. The present article examines the juridical status of Eastern-rite faithful within the territories of the Latin Church, with particular reference to some problems of pressing relevance, such as: the power of the Eastern Hierarch and its territorial limits; the structures provided by the Latin Code for the care of the Eastern faithful and the jurisdiction of Latin Ordinaries over them; the incardination of Eastern clerics in a Latin Diocese and the admission of Eastern candidates to Latin religious institutes. Keywords: eastern-rite faithful, juridical status, latin bishop

2 204 Introduzione Negli ultimi anni è aumentata considerevolmente la presenza dei fedeli cattolici orientali nei territori della Chiesa latina. Infatti, i nostri tempi, in seguito ai vari cambiamenti socio-politici, sono caratterizzati da forti ussi migratori verso i Paesi occidentali. Per questo, tanti cristiani di tradizione orientale si trovano a vivere fuori del loro ambiente d origine, in Paesi cattolici a maggioranza latina. Il fenomeno, che porta a diverse conseguenze sul piano canonico e pastorale, interessa sia i latini sia gli orientali. Da una parte i fedeli appartenenti alle Chiese cattoliche orientali si ritrovano non solo in una società ed in una cultura diversa dalla propria, ma anche in un ambiente estraneo alle loro tradizioni religiose. D altra parte la Chiesa latina locale che ospita questi fedeli deve far fronte ad una realtà nuova, essendo in dovere di aiutarli a rimanere fedeli alle loro tradizioni e ad assicurare loro il diritto di vivere la fede secondo il patrimonio spirituale, teologico, liturgico e disciplinare proprio. Non di meno, la questione interessa anche i Gerarchi orientali i quali devono trovare le modalità di collaborazione con i Vescovi latini per andare incontro alle necessità spirituali dei propri fedeli residenti nelle diocesi latine. Ora, con il battesimo ogni persona diventa membro del corpo di Cristo, appartiene alla Chiesa e viene ascritto ad una determinata Chiesa, latina od orientale sui iuris 1. Ogni fedele, 1 Il termine Chiese sui iuris viene utilizzato dal Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, 1990 (d ora in poi CCEO) per de nire le Chiese orientali cattoliche. Il can. 27 de nisce il concetto di una Ecclesia sui iuris da un punto di vista strettamente giuridico. Il termine sostituisce vari altri modi che venivano impiegati per indicare le Chiese Orientali sia nei documenti del Concilio Vaticano II sia nel Codex Iuris Canonici, 1983 (d ora in poi CIC): Chiese particolari o ritti (OE 2); Ecclesia ritualis sui iuris (can. 111, 2; 112, 1 e 2); Ecclesia ritualis (can. 111, 1), Ritus (can. 372, 2), Ritus orientalis (can. 1015, 2). Dietro la questione terminologica sta un nuovo modo di intendere e interpretare l identità delle Chiese orientali; queste non sono più dei semplici riti, come spesso venivano indicati, ma delle Chiese. Si passa, infatti, da un principio ritualistico ad uno ecclesiologico.

3 La condizione giuridica dei fedeli orientali sotto la guida del suo Vescovo, in comunione con esso e con tutto il Corpo mistico di Cristo, vive la sua fede secondo il patrimonio liturgico, teologico, spirituale e disciplinare della propria Chiesa sui iuris. Il diritto di vivere la propria vita liturgica e spirituale in fedeltà alle tradizioni della propria Chiesa rituale è un diritto fondamentale di ogni fedele 2. Il Legislatore Supremo che promuove e tutela la fedeltà al proprio rito, riconosce questa fedeltà come un diritto fondamentale, sancito nell elenco degli obblighi e diritti di tutti i fedeli 3. L esercizio di questo diritto va garantito sia ai fedeli che si trovano nel proprio Paese sia a quelli che vivono in diaspora. Le applicazioni di questo principio si possono cogliere innanzitutto nelle forme di assistenza previste dalle due legislazioni. Il Codice latino (CIC), nel can , stabilisce che il Vescovo diocesano deve provvedere alle necessità spirituali dei fedeli orientali mediante sacerdoti, parrocchie rituali oppure attraverso un Vicario episcopale. Il Codice orientale (CCEO) è molto più esplicito nel dettare la normativa di tutela dei vari riti appartenenti alle tradizioni orientali 4. Vedremo più avanti le strutture di collaborazione per la cura dei fedeli orientali, previste nei due Codici. Ma prima ci fermeremo ad analizzare qual è il rapporto esistente tra il Gerarca orientale e i suoi fedeli che si trovano a dimorare fuori del territorio della propria Chiesa sui iuris, e che dunque non si trovano sotto la sua giurisdizione. 2 Cfr. CIC, can. 214: «I fedeli hanno il diritto di rendere culto a Dio secondo le disposizioni del proprio rito approvato dai legittimi Pastori della Chiesa e di seguire un proprio metodo di vita spirituale, che sia però conforme alla dottrina della Chiesa». 3 Cfr. CIC, cann ; CCEO, cann Cfr. M. BROGI, «Diritto all osservanza del proprio rito», in Antonianum 68 (1993)

4 206 1 La potestà del Gerarca orientale La potestà del Gerarca orientale è una potestà territoriale. Può il Patriarca orientale esercitare la giurisdizione sui fedeli della Chiesa alla quale egli è «padre e capo» che si trovano fuori del suo territorio? Il problema si è posto sia nei lavori conciliari, sia nell elaborazione del CCEO 5. Il Concilio, che non ha accolto la richiesta di estendere la giurisdizione patriarcale fuori dei con ni del Patriarcato 6, nel decreto sulle Chiese orientale cattoliche, OE 9, conferma il principio generale, sancito gia dai primi Concili ecumenici 7, circa la territorialità dell esercizio della potestà delle autorità ecclesiastiche orientali: «Questo santo Sinodo stabilisce che siano ripristinati i loro diritti e i loro privilegi, secondo le antiche tradizioni di ogni chiesa e secondo i decreti dei sinodi ecumenici». (OE 9) Infatti nei Canoni degli Apostoli e nei primi Concili ecumenici si afferma il principio di territorialità della potestà patriarcale 8 : CANONI DEGLI APOSTOLI, can. 34: Bisogna che i vescovi di ciascuna nazione sappiano chi tra loro è il primo e lo considerino come loro capo e non facciano nulla di importante 5 Cfr. Nuntia 22 (1986) 4-12; Nuntia 29 (1989) Cfr. Nuntia 29 (1989) Concilio ecumenico di Nicea I (325), cann. 6-7; Concilio ecumenico di Costantinopoli (381), can. 2; Concilio ecumenico di Efeso (431), can. 8; Concilio ecumenico di Calcedonia (451), can. 28. Cfr. G. ALBERIGO et alii (a cura di), Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Bologna 1991, 8-9; 31-32; 68-69; Cfr. D. SALACHAS, Il diritto Canonico delle Chiese orientali nel primo millennio, Roma- Bologna 1997, 73. Sull osservanza dell antico principio della territorialità si è soffermato anche il Segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano nel suo intervento al Simposio Internazionale per il decennale dell entrata in vigore del CCEO. Cfr. CONGREGAZIONE PER LE CHIE- SE ORIENTALI, Ius Ecclesiarum Vehiculum Caritatis,

5 La condizione giuridica dei fedeli orientali senza il suo assenso; ciascuno non si occuperà che di ciò che riguarda il suo distretto e i territori che da esso dipendono. CONCILIO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI I, can. 2: I vescovi di una diocesi non intervengano nelle Chiese situate fuori dai suoi con ni, né le gettino nel disordine. Questo principio fu ribadito da Giovanni Paolo II in risposta ai membri della Commissione per il Codice orientale che avevano proposto l estensione dei poteri dei Patriarchi fuori del territorio delle loro Chiese. La stessa Commissione, nei limiti della sua competenza, ha cercato di formulare i canoni in modo tale da provvedere al massimo bene dei fedeli orientali sparsi nel mondo, pur mantenendo fermo il principio generale, affermato nei Concili ecumenici, circa la territorialità del potere patriarcale 9. Nonostante la proposta non fosse accolta, nel nuovo Codice le Chiese Patriarcali risultano avere poteri molto più ampi di quanto non ne avessero nello ius precedente 10. In particolare si è ampliata la potestà patriarcale sui propri fedeli residenti al di fuori dei con ni territoriali della Chiesa Patriarcale. E quanto viene sottolineato in una «Nota circa alcuni canoni che nel nuovo CICO rendono più esteso il potere dei Patriarchi orientali» 11. Il nuovo Codice, tuttavia, conserva il principio di 9 Cfr. Nuntia 29 (1989) Per i canoni che riguardano la potestà dei Patriarchi orientali nella legislazione precedente si veda l articolo di I. ŽUŽEK, «Canons concerning the authority of Patriarchs over the faithful of their own rite who live outside the limits of patriarchal territory», in Nuntia 6 (1978) «Si tengano presenti le seguenti nuove norme riguardanti i territori extra i con ni delle Chiese patriarcali: 1. la possibilità che il territorio delle Chiese patriarcali venga esteso dalla Santa Sede anche oltre le regiones orientales (can. 146, comparato con lo Schema previo in Nuntia 19, can. 118; si è eliminata di proposito la clausola ab antiqua aetate ); 2. la facoltà di ordinare ed intronizzare i Metropoliti e i Vescovi (can. 85 2); 3. lo ius vigilantiae in tutto il mondo (can ); 4. l ef cace azione nella erezione delle parrocchie orientali in tutto il mondo (can ); 5. la facoltà di benedire i matrimoni dei fedeli della propria Chiesa in tutto il mondo (can ); 6. l obbligo dei Vescovi (agregatus) di

6 208 territorialità e la sostanza del diritto precedente perché viene considerato il migliore ordinamento giuridico per il retto ordine della Chiesa di Cristo e per la salvaguardia degli orientali cattolici viventi fuori i con ni delle Chiese Patriarcali 12. Sulla potestà del Patriarca, il Codice orientale afferma: CCEO, can. 78 2: La potestà del Patriarca può essere esercitata validamente soltanto entro i con ni del territorio della Chiesa patriarcale, a meno che non consti diversamente dalla natura della cosa, oppure dal diritto comune o particolare approvato dal Romano Ponte ce. CCEO, can : Il territorio della Chiesa a cui presiede il Patriarca si estende a quelle regioni nelle quali si osserva il rito proprio della stessa Chiesa e dove il Patriarca ha il diritto legittimamente acquisito di erigere province, eparchie, come pure esarcati. 2. Se sorge un dubbio sui con ni di un territorio della Chiesa patriarcale, oppure se si tratta di un cambiamento dei con ni, spetta al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale approfondire la cosa dopo aver ascoltato la superiore autorità amministrativa di ciascuna Chiesa sui iuris intervenire nei Sinodi (cann. 67, 102, 311); 7. l obbligo degli stessi di intervenire nei conventus patriarchales (cann. 140, 143 1,1 2 2); 8. l obbligo degli stessi di trasmettere al Patriarca un exemplar della relazione quinquennale (cann , 316 2); 9. l obbligo degli stessi di fare la «promissio oboedientiae erga Patriarcham in iis, in quibus Patriarchae ad normam iuris subiecti sunt» (can ); 10. la raccomandazione (velint) fatta agli stessi di promulgare le decisioni sinodali come leggi per la propria eparchia (can ); 11. l obbligo di consultarsi con il Patriarca fatto ad un Vescovo che non appartiene ad alcuna provincia ecclesiastica nello scegliere un Metropolita da cui dipende (can. 139); 12. la raccomandazione che la visita ad limina almeno aliquoties una cum Patriarcha at (can. 206); 13. il grave obbligo di tutti i Vescovi del mondo che hanno sudditi orientali «omnia providendi, ut hi christi deles propriae Ecclesiae ritum retineant, eumque colant ac pro viribus observent et cum auctoritate superiore eiusdem Ecclesiae relationes foveant» (can )». Nuntia 29 (1989) Cfr. I. ŽUŽEK, «Un Codice per una Varietas Ecclesiarum», in I. ŽUŽEK, Understanding the Eastern Code, Roma 1997, 257.

7 La condizione giuridica dei fedeli orientali interessata, come pure, dopo che la cosa è stata discussa nel Sinodo stesso, porgere la petizione debitamente istruita sulla soluzione del dubbio o sul cambiamento dei con ni al Romano Ponte ce al quale soltanto spetta dirimere autenticamente il dubbio o emanare un decreto sul cambiamento dei con ni. Questi canoni hanno tenuto conto sia delle tradizioni orientali sia delle decisioni conciliari e hanno sottolineato il principio generale della potestà territoriale. Nello stesso tempo, i suddetti canoni aprono la strada ai Sinodi Patriarcali, per presentare al Sommo Ponte ce proposte concrete per ottenere uno ius speciale relativo all estensione della giurisdizione patriarcale al di fuori dei con ni dei territori delle loro Chiese 13. Ai Patriarchi e agli Arcivescovi Maggiori spetta, riguardo ai loro fedeli, l attuazione dell ius vigilantiae che si estende anche al di fuori dei con ni del territorio della loro Chiesa 14. Questo diritto di vigilanza si concretizza nel diritto e nell obbligo dei Gerarchi di assumere opportune informazioni sui fedeli dimoranti al di fuori del proprio territorio anche mediante dei Visitatori, da loro inviati con l assenso della Sede Apostolica: CCEO, can. 148: 1. E diritto e dovere del Patriarca, nei riguardi dei fedeli cristiani che dimorano fuori dei con ni del territorio della Chiesa da lui presieduta, di cercare le opportune informazioni, anche per mezzo di un Visitatore, inviato da parte sua con l assenso della Sede Apostolica. 2. Il Visitatore, prima di iniziare il suo compito, si presenti al Vescovo eparchiale di questi fedeli cristiani e gli mostri la lettera di nomina. 3. Finita la visita, il Visitatore invii una relazione al Patriarca, il quale dopo aver discusso della cosa nel Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale può proporre alla Sede Apostolica i mezzi opportuni af nché si possa provvedere Nuntia 29 (1989) Cfr. L. LORUSSO, Gli orientali cattolici e i pastori latini, Roma 2003,

8 210 dappertutto alla tutela e all incremento del bene spirituale dei fedeli cristiani della Chiesa a cui presiede, anche attraverso la costituzione di parrocchie e di esarcati o eparchie proprie. Del Visitatore nulla si dice riguardo alla sua dignità o ai suoi titoli. E opportuno, in ogni caso, che la persona inviata sia un Vescovo della Curia Patriarcale o Arcivescovile Maggiore oppure che il Sinodo dei Vescovi di quella Chiesa designi un Vescovo che risieda in Curia con l incarico di mantenere i legami con i fedeli in diaspora. Poiché si tratta di fedeli non soggetti alla potestà del Patriarca o Arcivescovo Maggiore, il Visitatore non potrà ricevere alcuna facoltà e potrà esercitare, nel corso della visita, soltanto le facoltà che gli saranno eventualmente concesse dai singoli Vescovi ai quali sono af dati i fedeli 15. In base alle relazioni del Visitatore il Sinodo potrà fare delle proposte concrete alla Sede Apostolica. Non possiamo affrontare l argomento della potestà territoriale del Patriarca senza far riferimento all ambito di applicazione delle leggi. Normalmente le leggi sono emanate dal Sinodo dei Vescovi, promulgate dal Patriarca e hanno vigore dentro il territorio 16. Se si tratta però di leggi di indole liturgica esse hanno vigore sui propri fedeli non soltanto entro i con ni territoriali della Chiesa patriarcale ma anche fuori, nella diaspora. Nel caso delle leggi disciplinari, o di altre decisioni del Sinodo, il loro valore giuridico è vincolato alla territorialità. Ma, se queste leggi o decisioni sono state approvate dalla Sede Apostolica, hanno valore giuridico dappertutto. Il CCEO, can. 150 stabilisce: CCEO, can Le leggi emanate dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale e promulgate dal Patriarca, se sono leggi liturgiche hanno vigore dappertutto; se invece 15 Cfr. M. BROGI, «Cura pastorale di fedeli di altra Chiesa sui iuris», in Revista Española de Derecho Canónico 53 (1996), Cfr. CCEO, cann. 110 e 150.

9 La condizione giuridica dei fedeli orientali sono leggi disciplinari, o se si tratta di tutte le altre decisioni del Sinodo, hanno valore giuridico entro i con ni del territorio della Chiesa patriarcale. 3. Vogliano i Vescovi eparchiali costituiti fuori dei con ni del territorio della Chiesa patriarcale attribuire valore giuridico nelle proprie eparchie alle leggi disciplinari e a tutte le altre decisioni sinodali che non eccedono la loro competenza; se però queste leggi o decisioni sono state approvate dalla Sede Apostolica, hanno valore giuridico dappertutto. La scelta di dare alle leggi liturgiche un valore vincolante anche fuori dal territorio di una Chiesa Patriarcale o Arcivescovile Maggiore può essere motivata, altresì, dall importanza che il patrimonio liturgico assume nella conservazione della propria identità. In conclusione si può affermare che il nuovo Codice orientale, benché non abbia esteso la potestà del Gerarca orientale fuori del proprio territorio, ha creato tante possibilità giuridiche per la tutela del rito dei fedeli e la loro cura nella diaspora. Il CCEO fornisce ogni mezzo pastorale per poter provvedere ai propri fedeli fuori dal territorio delle Chiese patriarcali, mentre «è tutt altro che certo o per no solidamente probabile che una eventuale generica estensione della potestà dei Patriarchi su tali fedeli fosse una buona soluzione» 17. Oltre alla possibilità dei Patriarchi di seguire i propri fedeli attraverso le modalità viste sopra, la legislazione della Chiesa cattolica prevede anche altri modi di venire in aiuto a questi fedeli. Si tratta soprattutto di strutture previste per la Chiesa latina delle quali ci occuperemo in seguito. 2 Le strutture previste del Codice latino per la cura pastorale dei fedeli orientali Oggi ci confrontiamo spesso con casi di fedeli appartenenti alle Chiese orientali aventi, per diverse circostanze, il domicilio 17 I. ŽUŽEK, «Un Codice per una Varietas Ecclesiarum», 258.

10 212 o il quasi domicilio in territori latini, dove manca il proprio parroco oppure dove non è costituita una Gerarchia orientale. E un problema quanto mai attuale, a cui viene incontro il decreto conciliare CD, che al numero 23 afferma: «Dove si trovano fedeli di diverso rito, il Vescovo deve provvedere alle loro necessità spirituali, sia per mezzo di sacerdoti o parrocchie dello stesso rito; sia per mezzo di un vicario episcopale, munito delle necessarie facoltà e, se opportuno, insignito anche del carattere episcopale; sia da se stesso esercitando l incarico di ordinario di diversi riti». (CD 23) Lo stesso decreto CD aggiunge in seguito che: «ogni volta che lo richieda un saggio governo della diocesi, il Vescovo può costituire uno o più vicari episcopali, coloro cioè che in forza del diritto stesso, [...] nei riguardi dei fedeli di un determinato rito, godono dello stesso potere che il diritto comune attribuisce al vicario generale». (CD 27) Quanto stabilito nel CD ai numeri 23 e 27 è una novità rispetto alla normativa del CIC 17; tale situazione veniva, invece, regolata nel Motu proprio Cleri Sanctitati: CS, can : Si in aliqua dioecesi ritus latini adsint communitates delium ritus orientalis, constituatur Syncellus qui de iis curam suscipiat: qui si eri potest, sit et ipse ritus orientalis, secus, sacerdos latini ritus, idoneus ac rerum orientalium bene doctus, assumatur. Ispirandosi ai documenti conciliari e tenendo presente la normativa precedente, il Codice latino stabilisce, tra i compiti pastorali del Vescovo, quello di provvedere alla cura degli orientali che si trovano nella sua diocesi mediante sacerdoti, parroci oppure costituire per essi un Vicario episcopale: CIC, can : Se il Vescovo ha nella sua diocesi fedeli di rito diverso, provveda alle loro necessità spirituali sia mediante sacerdoti o parroci del medesimo rito, sia mediante un Vicario episcopale.

11 La condizione giuridica dei fedeli orientali CIC, can. 476: Ogni qualvolta lo richieda il buon governo della diocesi, possono essere costituiti dal Vescovo diocesano anche uno o più Vicari episcopali; essi hanno la stessa potestà ordinaria che, per diritto universale, a norma dei canoni seguenti, spetta al Vicario generale, o per una parte determinata della diocesi, [...] o in rapporto ai fedeli di un determinato rito o di un ceto determinato di persone. L obbligo dell autorità competente di assicurare la cura pastorale dei fedeli orientali e di costituire le strutture necessarie, laddove ci sia il suf ciente numero di persone di questo rito, è un esigenza che scaturisce dallo stesso diritto dei fedeli di rendere culto a Dio secondo le legittime prescrizioni del proprio rito 18. In de nitiva si tratta di assicurare ai fedeli orientali la tutela della propria identità. Anche il Codice orientale nel canone correlativo stabilisce quanto segue: CCEO, can : Il Vescovo eparchiale alla cui cura sono af dati dei fedeli cristiani di un altra Chiesa sui iuris ha il grave obbligo di provvedere in ogni modo af nché questi fedeli cristiani conservino il rito della propria Chiesa, lo coltivino e lo osservino con tutte le loro forze e favoriscano le relazioni con l autorità superiore della stessa Chiesa. 2. Il Vescovo eparchiale provveda alle necessità spirituali di questi fedeli cristiani, per quanto è possibile, mediante presbiteri o parroci della stessa Chiesa sui iuris e fedeli cristiani, oppure anche mediante un Sincello costituito per la cura di questi fedeli cristiani. 3. I Vescovi eparchiali che costituiscono questo tipo di presbiteri, di parroci o Sincelli per la cura dei fedeli cristiani delle Chiese patriarcali, prendano contatto con i relativi Patriarchi e, se sono consenzienti, agiscano di propria autorità informandone al più presto la Sede Apostolica; se però i Patriarchi per qualunque ragione dissentono, la cosa venga deferita alla Sede Apostolica. 18 Cfr. L. LORUSSO, Gli orientali cattolici e i pastori latini, 88.

12 214 L ultimo paragrafo di questo canone sembrerebbe avere rilevanza anche per i Vescovi latini. La Ponti cia Commissione per la Revisione del CICO avrebbe voluto estendere questa norma anche alla Chiesa latina 19. Il testo promulgato non fa però nessuna menzione espressa per cui, a norma del CCEO, can. 1, la disposizione vincola giuridicamente soltanto gli orientali. Tuttavia, essendo questa una questione che presenta grande somiglianza nelle due legislazioni, si può ricorrere all interpretazione in base ai luoghi paralleli 20. Prima di nominare dei sacerdoti, parroci o vicari episcopali per questi fedeli, i Vescovi latini dovrebbero prendere contatto con la loro Gerarchia, specialmente con il loro Patriarca 21 (nel caso si trattasse di fedeli appartenenti ad una Chiesa patriarcale). Non bisogna dimenticare che i fedeli delle Chiese orientali, anche se af dati alla cura del Gerarca di un altra Chiesa sui iuris, rimangono tuttavia ascritti alla propria Chiesa sui iuris (cf. CCEO, can. 38). Anche per quanto dispone il Codice latino riguardo ai Vicari episcopali, il CCEO, can. 246, stabilisce allo stesso modo del CIC, can. 476: CCEO, can. 246: Ogni qualvolta lo richiede il buon governo dell eparchia, possono essere costituiti uno o più Sincelli, i quali cioè per il diritto stesso hanno la medesima potestà che il diritto attribuisce al Protosincello relativamente a una determinata parte dell eparchia o in un determinato genere di affari, oppure nei riguardi dei fedeli cristiani ascritti ad un altra Chiesa sui iuris o di un determinato raggruppamento di persone. Un altro modo per venire incontro alla cura dei fedeli orientali è la costituzione di parrocchie personali sulla base del rito. 19 Cfr. Nuntia 24-25, Schema 1986, can. 191, Cfr. D. SALACHAS, «Problematiche interrituali nei due codici orientale e latino», in Apollinaris 67 (1994) Cfr. M. BROGI, «I Cattolici Orientali nel Codex Iuri Canonici», in Antonianum 58 (1983) 237.

13 La condizione giuridica dei fedeli orientali Il criterio generale per determinare la giurisdizione di una parrocchia, sia nel Codice latino sia nel Codice orientale, è quello territoriale, non escludendo però altri criteri con i quali si possa venire meglio in aiuto ai fedeli. Nella legislazione precedente per costituire parrocchie personali era necessario l indulto apostolico: CIC 17, can : Non possunt sine speciali apostolico indulto constitui paroeciae pro diveristate sermonis seu nationis delium in eadem civitate vel territorio degentium, nec paroeciae mere familiares aut personales; ad constitutas autem quod attinet, nihil innovandum, inconsulta Apostolica Sede. La necessità dell indulto ponti cio era sancita anche dal Motu proprio Cleri Sanctitati al can , 1 : CS, can , 1 : Non possunt sine speciali Sedis Apostolicae indulto constitui paroeciae pro diversitate sermonis delium eiusdem ritus in eadem civitate vel territorio degentium, nec paroeciae mere familiares aut personales; ad constitutas autem quod attinet, nihil innovandum, inconsulta Apostolica Sede. A distanza di quarant anni il legislatore ha sentito l esigenza di annoverare tra le diverse parrocchie personali anche quelle costituite sulla base del rito, fatto che non avveniva, invece, nel CIC La legislazione attuale, circa la possibilità di costituire parrocchie personali in base al rito dei fedeli, non prevede più la necessità dell indulto ponti cio. Infatti, il CIC, can 518, come pure il suo corrispondente del CCEO, can , stabilisce: CIC, can. 518: Come regola generale, la parrocchia sia territoriale, tale cioè che comprenda tutti i fedeli di un determinato territorio; dove però risulti opportuno, vengano costituite parrocchie personali, sulla base del rito, 22 Codex Iuris Canonici, 1917.

14 216 della lingua, della nazionalità dei fedeli appartenenti ad un territorio, oppure anche sulla base di altre precise motivazioni. Nel caso in cui nelle diocesi latine si costituiscono delle parrocchie personali per quei fedeli di un determinato rito, giuridicamente esse fanno parte integrante della diocesi latina, e i parroci del medesimo rito fanno parte integrante del clero diocesano del Vescovo latino. I fedeli, invece, anche se sono giuridicamente sotto la giurisdizione dell Ordinario del luogo, non cessa la loro appartenenza alla propria Chiesa orientale, restando essi sempre ascritti alla propria Chiesa sui iuris 23. Il suddetto canone, come anche il CIC, can , non fa nessun riferimento alla Chiesa sui iuris di quei fedeli. Il Vescovo latino, tuttavia, sebbene i fedeli orientali siano sotto la sua giurisdizione, prima di istituire per essi delle parrocchie personali, di designare un sacerdote come assistente o parroco, o addirittura un vicario episcopale, si dovrebbe mettere in contatto sia con la Congregazione per le Chiese Orientali sia con la loro Gerarchia e in particolare con il loro Patriarca, se tali fedeli appartenessero ad una Chiesa patriarcale 24. Il decreto conciliare sull uf cio pastorale dei vescovi li esorta, come abbiamo ora visto, a provvedere alle necessità dei fedeli orientali che si trovano nel loro territorio sia attraverso sacerdoti, parrocchie, vicari episcopali sia da se stessi come Ordinari di diversi riti. Poi aggiunge: «Ma se tutto questo, secondo il giudizio della Sede apostolica, per ragioni particolari non si può fare, si costituisca una gerarchia propria per ciascun rito» (CD 23). Il decreto conciliare prevede, dunque, anche l erezione di una Gerarchia propria per ciascun rito nel territorio delle diocesi latine D. SALACHAS, Lo stato giuridico delle minoranze di fedeli cattolici nei territori della Chiesa latina, Firenze 1997, Cfr. M. BROGI, «I Cattolici Orientali nel Codex Iuri Canonici», Per la questione delle giurisdizioni parallele si veda l articolo di P. SZABÓ, «Stato attuale e prospettive della convivenza delle Chiese cattoliche

15 La condizione giuridica dei fedeli orientali A norma del CIC, can , le diocesi o le chiese particolari sono circoscritte entro un determinato territorio. Anche se raccomandato da questo canone, come regola generale, il criterio territoriale non è un elemento essenziale della chiesa particolare. Il CIC, can 369, infatti, offrendo una sintesi teologica della chiesa particolare in base a CD 11, nella sua de nizione non menziona l elemento territoriale: CIC, can. 369: La diocesi è la porzione del popolo di Dio che viene af data alla cura pastorale del Vescovo con la cooperazione del presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore e da lui riunita nello Spirito Santo mediante il Vangelo e l Eucaristia, costituisca una Chiesa particolare in cui è veramente presente e operante la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica. Nonostante questa nuova impostazione di origine conciliare, la determinazione territoriale della chiesa particolare rimane stabile. In ogni caso, il Codice latino nel secondo paragrafo dell anzidetto can. 372 prevede: CIC, can : Tuttavia dove a giudizio della Suprema Autorità della Chiesa, sentite le Conferenze Episcopali interessate, l utilità lo suggerisca, nello stesso territorio possono essere erette Chiese particolari distinte sulla base del rito dei fedeli o per altri simili motivi. La legislazione latina considera la possibilità di circoscrizioni ecclesiastiche distinte nello stesso territorio sulla base del rito dei fedeli. Questa possibilità, tuttavia, deve intendersi come vera eccezione. Di norma, anche in base alle antiche tradizioni, nello stesso territorio non deve esistere che una sola Gerarchia 26. sui iuris», in Territorialità e personalità nel diritto canonico e ecclesiastico, Cfr. L. LORUSSO, Gli orientali cattolici e i pastori latini, 83.

16 218 L ordinamento della Chiesa prevede quattro tipi di circoscrizione ecclesiastica di carattere personale 27 : 1. Le diocesi personali (CIC, can. 369); 2. Le prelature personali (CIC, cann ) 28 ; 3. Gli ordinariati militari 29 ; 4. Gli ordinariati latini per la cura di fedeli di rito orientale. Dal punto di vista strutturale e di regime giuridico, tra le caratteristiche comuni alle varie circoscrizioni personali vanno segnalate le seguenti 30 : - sono coetus delium o portiones populi Dei delimitati, seguendo oggettivamente e direttamente un criterio personale, come per esempio il rito; - sono erette dalla Santa Sede dietro parere delle Conferenze Episcopali interessate (CIC, can ); - hanno un proprio diritto speciale, stabilito dalla Suprema Autorità, che determina gli elementi speci ci propri; - richiedono una forma di coordinamento con le Gerarchie territoriali locali; - hanno una qualche dimensione territoriale giuridicamente rilevante, come la Chiesa - sede dell Ordinario, la curia, il rispettivo seminario; 27 Cfr. J. I. ARRIETA, Diritto dell organizzazione ecclesiastica, Milano 1997, L unica prelatura personale al momento è quella dell Opus Dei, eretta da Giovanni Paolo II con la Const. Ap. Ut Sit (28 novembre 1982), in AAS 75 (1983) L istituto dell ordinariato militare fu creato da Giovanni Paolo II con la Const. Ap. Spirituali militum curae (21 aprile 1986), in AAS 78 (1986) Esso sostituisce la precedente gura dei vicariati castrensi, tipizzata nel 1951 dall Istruzione Solemne sempre. Cfr. S. C. CON- SISTORIALIS, Instr. Solemne Sempre, de Vicariis Castrensibus (23 aprile 1951), in AAS 43 (1951) Cfr. J. I. ARRIETA, Diritto dell organizzazione ecclesiastica,

17 La condizione giuridica dei fedeli orientali sono sottoposte ai normali controlli gerarchici di qualsiasi circoscrizione: visita ad limina, relazione quinquennale (ed altro). Rimanendo saldo il principio che stabilisce la presenza di una sola Gerarchia in un determinato territorio, la legislazione prevede, dunque, come eccezione, la possibilità di circoscrizioni ecclesiastiche distinte nello stesso territorio sulla base del rito dei fedeli. Gli ordinariati 31 sono delle strutture giuridiche latine che devono provvedere alle necessità pastorali dei fedeli di rito orientale non aventi Gerarchia di rito proprio nel paese in cui dimorano 32. Generalmente essi sono pluri-rituali (Argentina, Austria, Brasile e Francia), rivolti a tutti i fedeli cattolici di rito orientale dimoranti in un paese, indipendentemente dal rito o dalla Chiesa sui iuris di appartenenza. L ordinariato di Polonia, sebbene appaia nell Annuario Ponti cio come pluri-rituale, 31 Gli ordinariati «sono strutture ecclesiastiche geogra che stabilite per la comunità cattoliche orientali che non hanno gerarchia proprio nel luogo. A capo dell ordinariato c è un Prelato col titolo di Ordinario, nominato dalla Santa Sede, con giurisdizione sugli orientali cattolici sprovvisti di Vescovo proprio. Gli ordinariati hanno avuto inizio con la Litt. Ap. Of cium supremi Apostolatus del 15 luglio 1912». Annuario Ponti cio 2004, Arrieta sostiene invece che gli ordinariati risalgono al 1930 e rappresentano un ulteriore evoluzione degli esarcati apostolici (con gurati nell attuale forma giuridica con la creazione nel 1912 dell esarcato apostolico ruteno di Canada). Cfr. J. I. ARRIETA, Diritto dell organizzazione ecclesiastica, 365. Per una statistica degli ordinariati nel mondo, cfr. Annuario Ponti cio 2009, Attualmente gli ordinariati sono 8: Argentina ( O. per i fedeli di rito orientale sprovvisti di Ordinario del proprio rito); Austria ( e O. per i fedeli di rito bizantino); Brasile ( O. per i fedeli di rito orientale sprovvisti di Ordinario del proprio rito); Europa Orientale ( O. per gli armeni cattolici dell Europa Orientale); Francia ( O. per i fedeli orientali sprovvisti di Ordinario del proprio rito); Grecia ( O. per i cattolici di rito armeno residenti in Grecia); Polonia ( O. per i fedeli di rito orientale sprovvisti di Ordinario del proprio rito); Romania ( O. per i cattolici di rito armeno residenti in Romania). Cfr. Annuario Ponti cio 2009,

18 220 riguarda soltanto gli armeni 33. Per gli armeni sono istituiti anche gli Ordinariati di Europa Orientale, Grecia e Romania. La cura dei fedeli, in questi ordinariati, è af data normalmente ad un Vescovo di rito latino in qualità di Ordinario proprio, senza creare uno speci co uf cio episcopale con propria sede e chiesa. Egli deve essere nominato a tale uf cio dal Sommo Ponte ce 34. Non raramente, la giurisdizione dell Ordinario sui fedeli orientali si estende all intero Stato di appartenenza e supera pertanto i con ni della loro diocesi estendendosi su altre diocesi, gli Ordinari delle quali, secondo la legislazione orientale 35, dovrebbero essere i Gerarchi di quei fedeli 36. La giurisdizione e i compiti dell Ordinario degli orientali vengono stabiliti nel decreto di erezione. Tale decreto determina la natura della potestà dell Ordinario, il genere di coordinamento e dipendenza nei confronti del Vescovo locale, oppure rispetto alla Gerarchia cattolica orientale L Ordinariato degli armeni di Polonia succede a quello per i fedeli di rito greco-cattolico e di rito armeno, eretto dieci anni prima e soppresso il 16 gennaio 1991 con il ripristino dell eparchia di Przemysl, di rito bizantino-ucraino. Cfr. M. BROGI, «Cura pastorale», Ad esempio, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia all uf cio di Ordinario per i cattolici di rito orientale residenti in Francia e sprovvisti di Ordinario proprio, canonicamente presentata dal Card. Jean-Marie Lustiger, Arcivescovo emerito di Parigi e ha nominato come Ordinario per i suddetti fedeli il suo successore, Mons. André Vingt-Trois. Cfr. L Osservatore Romano, marzo 2005, Cfr. CS, can. 22 e CCEO, can Cfr. M. BROGI, «Cura pastorale», J. I. ARRIETA, Diritto dell organizzazione ecclesiastica, 366. Lo stesso Arrieta esempli ca le scelte diverse fatte dal diritto speciale: in Francia la giurisdizione dell Ordinario è cumulativa con quella degli Ordinari locali e questi ultimi devono agire soltanto in via sussidiaria, benché sia necessario il loro consenso per la validità degli atti che gli riguardino. Cfr. CONGREGTIO PRO ECCLESIIS ORIENTALIBUS, Déclaration interpretative du décret du 27 juillet 1954 (30 aprile 1986), in AAS 78 (1986) In Argentina e in Brasile il decreto di erezione stabilisce che la «potestas iurisdictionis Ordinarii in praedictos deles ritus orientalis erit exclusiva». Cfr. S.CONGREGATIO PRO ECCLESIA ORIENTALI, Decr. Annis praeteris (19

19 La condizione giuridica dei fedeli orientali L Ordinario, nell esercizio della sua funzione, è investito dalle attribuzioni proprie di un Vescovo diocesano, e i vari decreti sanciscono il suo dovere di costituire chiese, erigere parrocchie per i fedeli orientali, nominare i sacerdoti, curare la formazione dei seminaristi, provvedere alle necessarie opere educative ed assistenziali 38. I decreti di erezione stabiliscono anche le modalità di collaborazione tra l Ordinario degli orientali e gli Ordinari del luogo. L Ordinario per i fedeli orientali residenti in Francia, per esempio, deve in questi casi, raggiungere ad validitatem accordi previ con l Ordinario del luogo mentre nulla viene indicato in tal senso per gli altri Ordinariati, la cui potestà e con gurata diversamente 39. Gli ordinariati sono istituzioni latine praeter legem 40. Il Codice orientale ignora tale gura mentre prevede, dove ciò fosse febbraio 1959), in AAS 54 (1962) 49-50; Decr. Cum delium (14 novembre 1951), in AAS 44 (1952) Cfr. J. I. ARRIETA, Diritto dell organizzazione ecclesiastica, 366; L. LORUSSO, Gli orientali cattolici e i pastori latini, Cfr. CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI, Déclaration interprétative du décret du 27 juillet 1954, 30 aprile Dalla stessa Dichiarazione possiamo trarre alcuni degli compiti degli Ordinari degli orientali: 1. autorizzare la costituzione di nuove comunità legate a delle Chiese orientali, sentito il parere dell autorità superiore delle Chiese orientali interessate; 2. riconoscere, dopo il parere dell autorità superiore della Chiesa orientale, i gruppi e le associazioni di fedeli latini che intendono vivere secondo le tradizioni di una Chiesa orientale, celebrando la liturgia e vivendone la spiritualità; 3. edi care delle Chiese o luoghi di culto, autorizzare la loro costruzione o il loro adattamento in favore dei fedeli orientali; 4. erigere delle parrocchie orientali, nominare i loro parroci e i presbiteri incaricati di un ministero presso i fedeli o comunità legate a una Chiesa orientale, dopo aver consultato o dietro proposta dell autorità superiore di questa Chiesa; 5. approvare ad normam iuris gli statuti dei monasteri e degli istituti di vita consacrata e di tutte le altre associazioni o gruppi legati a una Chiesa orientale. Cfr. L. LORUSSO, Gli orientali cattolici e i pastori latini, Eccetto l ordinariato per gli armeni cattolici dell Europa Orientale che è af dato ad un Vescovo ed è equiparabile ad un esarcato apostolico.

20 222 necessario, la costituzione di esarcati apostolici 41. Ad essi è riservato il Titolo VIII del CCEO: De Exarchiis et de Exarchis, cann Gli esarcati costituiscono circoscrizioni ecclesiastiche governate da un Esarca ed erette entro o al di fuori dei territori soggetti a Chiese Patriarcali o Arcivescovili Maggiori: CCEO, can. 311: 1. L esarcato è una porzione del popolo di Dio che, per speciali circostanze, non viene eretta in eparchia e che, circoscritta da un territorio o con qualche altro criterio, è af data alla cura pastorale dell Esarca. 2. Nell erezione, modi cazione e soppressione di un esarcato che è situato entro i con ni del territorio di una Chiesa patriarcale occorre osservare il can. 85, 3; la erezione, modi cazione e soppressione di tutti gli altri esarcati compete alla sola Sede Apostolica. I motivi della mancata erezione in eparchia sono rappresentati da speciali circostanze che possono essere tra le più svariate: la considerazione del contesto storico, geogra co, politico, sociale e religioso della comunità dei fedeli destinataria di un simile provvedimento, la possibilità di sussistenza economica, l utilità e la necessità del bene spirituale dei fedeli, la salvaguardia del proprio rito, specie di quanti vivono fuori del territorio della Chiesa Patriarcale o Arcivescovile Maggiore 42. Le fonti del can. 311 riportano tra i motivi di erezione di un esarcato non ancora costituito in eparchia, l esiguo numero di fe- 41 Gli esarcati apostolici «equivalgono ai Vicariati Apostolici del diritto latino e sono circoscrizioni ecclesiastiche rette da un Esarca e stabilite in territori non soggetti ai Patriarchi né agli Arcivescovi Maggiori, nei quali non è stata organizzata la gerarchia della Chiesa orientale sui iuris (CCEO, can. 311). Dall Esarca Apostolico dipendono tutti i fedeli della propria Chiesa sui iuris. L Esarca è sempre nominato dalla Santa Sede (CCEO, can ) ed esercita la giurisdizione nel nome del Romano Ponte ce». Annuario Ponti cio 2004, Per la gura dell esarcato apostolico si veda anche l articolo di D. M. JAEGER, «Erezioni di circoscrizioni ecclesiastiche orientali», in Antonianum 75 (2000) , specialmente Cfr. L. SABBARESE, «Commento al can. 311», in P. V. PINTO (a cura di), Commento al Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, 277.

21 La condizione giuridica dei fedeli orientali deli o altra grave causa 43. Nonostante ciò, si deve tenere conto che i fedeli, proprio perché membri della Chiesa universale, devono poter essere membri di una Chiesa particolare che rispecchi la Chiesa universale. Perciò, gli esarcati, che sono circoscrizioni dalla gura eccezionale, non possono essere concepiti a perdurare stabilmente, per tutto il futuro prevedibile, ma soltanto come realtà transitorie, destinate a trasformarsi in un futuro più o meno vicino in Chiese particolari pienamente costituite, ossia eparchie vere e proprie. Quindi l erezione degli esarcati dovrebbe darsi soltanto in presenza di una speranza fondata che in un futuro più o meno prevedibile queste nuove populi Dei portiones possano acquistare o, secondo i casi, perfezionare gli elementi ancora non presenti, o non completamente presenti, richiesti perché ci siano delle Chiese particolari pienamente costituite 44. Gli esarcati apostolici 45, fuori del territorio della Chiesa Patriarcale e Arcivescovile 43 Cfr. Motu proprio Cleri sanctitati, cann e Cfr. D. M. JAEGER, «Erezioni di circoscrizioni ecclesiastiche orientali», Gli esarcati apostolici sono 16: America Latina e Messico ( per i fedeli di rito armeno residenti in America Latina e Messico); Argentina ( per i fedeli Greco-Melkiti residenti in Argentina); Francia ( per i fedeli Ucraini di rito bizantino residenti in Francia); Germania e Scandinavia ( per i fedeli Ucraini di rito bizantino residenti in Germania e Scandinavia); Gran Bretagna ( per i fedeli Ucraini di rito bizantino residenti in Gran Bretagna); Grecia ( per i cattolici greci di rito bizantino); Harbin ( per i Russi di rito bizantino e per tutti i cattolici di rito orientale - China); Istanbul, Costantinopoli ( e per i fedeli di rito bizantino residenti in Turchia); Macedonia ( per i cattolici di rito bizantino residenti nella ex-repubblica Jugoslava di Macedonia); Miskolc ( per i cattolici di rito bizantino in Ungheria); Repubblica Ceca ( per i cattolici di rito bizantino residenti nella Repubblica Ceca); Russia (1917 per i cattolici di rito bizantino); Serbia e Montenegro ( per i cattolici di rito bizantino residenti in Serbia e Montenegro); So a (1926 per i cattolici di rito bizantino-slavo residenti in Bulgheria); Venezuela ( per i fedeli Greco-Melkiti residenti in Venezuela; ; per i fedeli Siri residenti in Venezuela). Cfr. Annuario Ponti cio 2009,

22 224 Maggiore 46, sono eretti mediante Costituzione Apostolica da parte del Romano Ponte ce e riguardano sempre i fedeli appartenenti ad una concreta Chiesa orientale. Quanto al Gerarca di queste Chiese, il decreto conciliare OE 7 stabilisce che: «Dovunque si costituisce un gerarca di qualche rito fuori dei con ni del territorio patriarcale, a norma del diritto esso rimane aggregato alla gerarchia del patriarcato dello stesso rito». (OE 7) L autorità competente per l erezione degli ordinariati e degli esarcati è la Santa Sede che agisce attraverso la Congregazione per le Chiese Orientali. La Congregazione per le Chiese Orientali ha, tra le sue competenze 47, quella di vigilare con premurosa attenzione i fe- 46 Entro i con ni del territorio di una Chiesa Patriarcale l erezione, la modi ca e la soppressione di un esarcato spetta al Patriarca col consenso del Sinodo permanente: CCEO, can. 85 3: Il Patriarca, col consenso del Sinodo permanente, può erigere, mutare e sopprimere degli esarcati. Tutto ciò vale anche nel caso di esarcati entro i con ni di una Chiesa Arcivescovile Maggiore. 47 La Congregazione per le Chiese Orientali tratta le materie concernenti le Chiese orientali cattoliche sia circa le persone sia circa le cose. Esercita ad normam iuris sulle eparchie, sui Vescovi, sul clero, sui religiosi e sui fedeli delle Chiese orientali le facoltà che la Congregazione per i Vescovi, per il Clero, per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica e per l Educazione cattolica hanno all interno della Chiesa latina. Inoltre, ha autorità esclusiva sugli orientali e sui latini nelle seguenti regioni orientali : Egitto e penisola del Sinai, Eritrea ed Etiopia del Nord, Albania meridionale, Bulgaria, Cipro, Grecia, Iran, Iraq, Libano, Palestina, Siria, Giordania, Turchia e Afganistan. La competenza si estende a tutti gli affari, che sono propri delle Chiese Orientali e che devono essere deferiti alla Sede Apostolica, anche se sono misti, cioè quegli affari che, si tratti di cose o di persone, riguardano anche i latini, come ad esempio il cambiamento del rito. Quando il CCEO rinvia alla Sede Apostolica si intende questa Congregazione, competente per trattare gli affari sia circa la struttura e l ordinamento delle Chiese Orientali, sia l esercizio delle funzioni di insegnare, di santi care e di governare, sia circa le persone, il loro stato, i loro diritti e doveri. Inoltre, nelle regioni sopra menzionate nelle quali questa Congregazione ha competenza esclusiva anche sui latini, essa deve procedere dopo aver consultato, se lo richiede

23 La condizione giuridica dei fedeli orientali deli orientali presenti in territori latini. Essa adempie tale missione anche attraverso l invio di Visitatori: PB 59: La Congregazione segue parimenti con premurosa diligenza le Comunità di fedeli orientali che si trovano nelle circoscrizioni territoriali della Chiesa latina, e provvede alle loro necessità spirituali per mezzo di Visitatori, anzi, laddove il numero dei fedeli e le circostanze lo richiedano, possibilmente anche mediante una propria Gerarchia, dopo aver consultato la Congregazione competente per la costituzione di Chiese particolari nel medesimo territorio. La Congregazione invia dei Visitatori, con titolo di suoi Delegati, con lo scopo di incontrare, sostenere ed incoraggiare detti fedeli, di facilitare il loro dialogo con gli Ordinari. Nella prassi della Santa Sede, in determinati casi, è stato invece istituito un Visitatore stabile. Si tratta di un Visitatore della Congregazione oppure di un Visitatore Apostolico, cioè di nomina ponti cia, e dotato, in casi particolari, di determinate facoltà 48. La legislazione attuale, come risulta dai casi esaminati, prevede una duplice gura di Visitatore. Quella considerata da PB 59 e quella prevista dal CCEO, can Benché tutti e due siano istituiti per venire incontro alle dif coltà dei fedeli della diaspora, il Visitatore inviato dalla Santa Sede ha competenze diverse rispetto a quello mandato dal Patriarca. l importanza della cosa, il Dicastero competente per la stessa materia nei confronti della Chiesa latina. Particolare sollecitudine compete a questa Congregazione per i fedeli orientali in territori latini. Essa vigila con attenzione, anche per mezzo di Visitatori, sui nuclei non ancora organizzati di fedeli orientali e, per quanto è possibile, provvederà alle loro necessità spirituali, anche costituendo una gerarchia propria dopo aver consultato la Congregazione per i Vescovi o la Congregazione per l Evangelizzazione dei Popoli competente per la costituzione di Chiese particolari nel medesimo rispettivo territorio. Cfr. D. SALACHAS, «Congregazione per le Chiese Orientali», in P. V. PINTO (a cura di), Commento alla Pastor Bonus e alle norme sussidiarie della Curia Romana, Città del Vaticano 2003, Cfr. M. BROGI, «Cura pastorale», 129.

24 226 La Costituzione Apostolica Pastor Bonus, allo stesso numero 59, avverte, inoltre, che la dove il numero dei fedeli e le circostanze lo richiedono, la Congregazione per le Chiese Orientali può prevedere al loro bene spirituale anche mediante una propria Gerarchia. In questo modo la Pastor Bonus aggiunge un altro elemento, il numero dei fedeli, a quelli già previsti dai due Codici af nché si possano costituire delle Chiese particolari orientali in territori a popolazione prevalentemente latina. Prima di arrivare a questo provvedimento, però, si deve procedere alla consultazione delle Congregazioni competenti per la costituzione di chiese particolari nel medesimo territorio 49. La Sede Apostolica esprime la sua particolare attenzione verso i fedeli orientali e la conservazione della loro identità anche attraverso il lavoro del Ponti cio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti 50. Cercando di riassumere quanto detto possiamo, dunque, affermare che la legislazione attuale prevede la tutela dei riti e dei diritti fondamentali dei fedeli, attraverso tre organi di governo: 49 Si tratta della Congregazione per i Vescovi oppure della Congregazione per l Evangelizzazione dei Popoli. 50 Nell Istruzione Erga Migrantes viene fatto un particolare accenno alla situazione dei migranti cattolici orientali e vengono date delle precise indicazioni per la loro cura pastorale nel dovuto rispetto della loro identità e del proprio patrimonio rituale. «In relazione ai migranti cattolici la Chiesa contempla una pastorale speci ca, dettata dalla diversità di lingua, origine, cultura, etnia e tradizione, o da appartenenza ad una determinata Chiesa sui iuris, con proprio rito, che si frappongono spesso a un pieno e rapido inserimento dei migranti nelle parrocchie territoriali locali, o che sono da tener presenti in vista dell erezione di parrocchie o gerarchia propria per i fedeli di determinate Chiese sui iuris. Ai tanti sradicamenti a cui l espatrio forzatamente sottopone, non si dovrebbe infatti aggiungere anche quello dal rito o dall identità religiosa del migrante», AAS 96 (2004) 787. La stessa Istruzione, dopo aver ricordato a riguardo dei cattolici di rito orientale l obbligo giuridico di osservare dovunque quando sia possibile il proprio rito, indica le strutture previste dai due Codici per la cura di questi fedeli. Cfr. PONTIFICIUM CONSILIUM DE SPIRITUALI MIGRANTIUM ATQUE ITINERANTIUM CURA, Instr. Erga Migrantes caritas Christi (3 maggio 2004), in AAS 96 (2004)

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