I cannoni veneziani della Fortezza Vecchia di Corfù

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Francesca Landi
6 anni fa
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1 I cannoni veneziani della Fortezza Vecchia di Corfù La necessità di promuovere una produzione di artiglierie in ferro nello stato veneziano ha origine da una fondamentale trasformazione della marina da guerra della Repubblica. Fino al secondo decennio del XVII secolo la flotta si era basata quasi esclusivamente su unità a remi (essenzialmente galee e galeazze), lasciando alle navi da guerra a vela un ruolo marginale. Equipaggiare di artiglierie l Armata sottile, come veniva chiamato l insieme di galee e galeazze, non rappresentava un problema particolarmente difficile. Le galee erano armate con soli quattro cannoni, le galeazze non superavano i venti ; e il numero di unità in servizio si era ridotto (dopo l eccezionale exploit di Lepanto) a galee e 4-6 galeazze. Complessivamente l Armata sottile richiedeva non più di 300 cannoni, cifra per la quale erano sufficienti le fonderie di artiglierie di bronzo presenti nell Arsenale di Venezia (1). La situazione incominciò a cambiare dopo la difficile guerra di Candia ( ) contro l impero Ottomano. La necessità di avere una flotta di grandi navi a vela era irreversibile e non era economicamente possibile continuare a noleggiare vascelli inglesi od olandesi, come fatto sino ad allora. La creazione di una moderna squadra da battaglia di vascelli di linea comportava necessariamente la revisione del sistema di approvvigionamento delle artiglierie. Le prime tredici unità previste nel 1676 richiedevano almeno cannoni, ai quali si aggiungevano i bisogni dell Armata sottile, per un totale che avrebbe presto superato i mille pezzi. Era indispensabile pensare di sostituire, o almeno integrare, le costose artiglierie in bronzo con i più economici pezzi in ferro. La complessa tecnologia necessaria per la fusione di questi ultimi apparteneva però ad un ristretto gruppo di paesi: Inghilterra, Svezia e, in misura minore, Germania. Nonostante la disponibilità di alcune miniere in Terraferma, la Repubblica non aveva fonderie del genere, mentre avviarne di nuove avrebbe richiesto notevoli capacità tecniche e finanziarie, senza alcuna garanzia di successo. Non sorprende quindi se il patriziato di origine mercantile, che controllava il governo della Serenissima, abbia preferito in un primo momento continuare ad operare attraverso il mercato (1) Grazie al suo impegno e alla rete di relazioni attivate, nel triennio la Repubblica riuscì ad importare dall Inghilterra quasi 500 cannoni di ferro. Tuttavia la Repubblica si dovette accorgere ben presto che la natura stessa dei mercati internazionali, e in modo particolare di quello delle armi, li rendeva fortemente dipendenti dalle vicissitudini politico-militari. La caduta degli Stuart (1688), il mancato riconoscimento veneziano del nuovo sovrano Guglielmo III d Orange (motivato dalla necessità di non guastare i già difficili rapporti con la Francia di Luigi XIV) e la partecipazione dell Inghilterra alla guerra della Lega di Augusta, resero impossibile l approvvigionamento di artiglierie di Oltremanica. (1) Il primo fornitore nazionale di cannoni in ferro fu il fonditore bresciano Tiburzio Bailo, nella cui fonderia di Sarezzo vennero prodotti più di 470 cannoni tra il 1689 ed il Fu una produzione di alta qualità, superiore a quella inglese, ma la discontinua richiesta di forniture, concentrata nei momenti di belligeranza, e la scarsa disponibilità economica che ormai affliggeva la Repubblica, unitamente al divieto di esportazione delle armi prodotte, portarono alla chiusura della fonderia, rimasta esempio di eccezionale capacità imprenditoriale e tecnica. Dopo un tentativo fallito di realizzare i cannoni in ferro direttamente nel proprio Arsenale ( ), Venezia trovò un nuovo fornitore in Carlo Camozzi, che creò una nuova industria a Clanezzo nel bergamasco, attiva dal 1722 ai primi anni Quaranta del Settecento.

2 Camozzi aveva lavorato per la fonderia Bailo e quindi la tecnologia utilizzata era la continuazione dell esperienza già maturata. Il dott. Alberto Secco ha ritrovato all Archivio di Stato di Venezia documenti che attestano che i soli cannoni in ferro del calibro da 40 libbre sottili (0,301 Kg) di produzione veneziana vennero fusi da Carlo Camozzi a Clanezzo e da Giovanni Torre a Castro di Lovere dal 1761 al Questi cannoni vennero inizialmente prodotti esclusivamente per l'impiego navale. Erano gli equivalenti dei 24 lbs inglesi. I pezzi della prima serie, comprendente i prototipi consegnati e provati nel 1722, furono i più corti e leggeri ( libbre). L'11 luglio 1722 i Deputati al Militar, sentito il parere di Schulenburg, persuasero il Senato ad "accrescere due linee in culatta", con un aumento del peso valutato in libbre. I pezzi di queste prime due serie erano lunghi 18 bocche 0 onze e 1 decimo o secondo altro dato 18 bocche, pari a piedi 7:11 e 3/10. La terza serie, prodotta dal novembre del 1725 al 1732, venne portata alla lunghezza di 19 bocche e un quarto, con peso aumentato a 5700 libbre (in pratica, circa 5500). Secondo un disegno allegato al decreto del 1722, che riporta vari segmenti aventi lunghezza corrispondente al diametro di bocca dei vari calibri veneti, quello da 40 era pari a 153 mm, sicché in unità metriche i pezzi delle prime due serie e quelli della terza dovrebbero aver avuto rispettivamente la lunghezza di 276 e 291 cm circa. I due cannoni presenti nella Fortezza di Corfù risultano, in base anche alle scritte rilevate, prodotti dal Camozzi. [ C B (Camozzi Bergamo) e CAMUTIUS F. ( Camozzi fecit)]. La loro lunghezza li fa attribuire l uno (276 cm) alla seconda serie ( ), mentre l altro ( 293 cm) alla terza, quindi successivo al novembre Il primo (identificazione n 6) oltre alle iniziale C B ed al leone marciano porta uno stemma non ancora identificato, probabilmente appartenente al Provveditore alla Artiglierie in carica. Sul secondo (identificazione N 18) oltre alla scritta latinizzata si scorge ancora un leone in moleca, cioè racchiuso come in una conchiglia, purtroppo molto deteriorato. Le misure delle bocche sono alquanto alterate dalla corrosione del metallo, alquanto scheggiato specialmente nel secondo esemplare. L affusto del numero 6 è un modello navale, tratto dai prototipi originali in scala conservati dalla Fondazione Querini di Venezia. L affusto del numero 18 è un modello da fortezza, riprodotto sulla base dell originale conservato nell Arsenal Museum di Copenaghen.

DURANTE LA PRIMA GUERRA DI MOREA (1684-99) di Guido Candiani.

3 (1) TIBURZIO BAILO E I CANNONI DI SAREZZO. POLITICA NAVALE E FORNITURE MILITARI NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DURANTE LA PRIMA GUERRA DI MOREA ( ) di Guido Candiani. Si ringrazia l autore per la concessione dell uso del testo. Cannone 6 ( ) Cannone 6 ( )

4 Cannone 6 ( ) Cannone 18 (1735)

5 Cannone 18 (1735) Cannone 18 (1735)

6 Cannone 18 (1735)

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