Menaechmi, Plauto. Personaggi. Prologo. Atto I. Scena I (Spazzola) Scena II (Menecmo, Spazzola)
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- Annibale Palma
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1 Menaechmi, Plauto Personaggi Penicolo\Spazzola Parassita di Menecmo (coda) Pennello, spazzola Menecmo Adulescens (forza + lancia) Forte nella lotta Sosicle (MenecmoI) Adulescens (io salvo) Salvatore Erozia Meretrice di Menecmo (amore) Cilindro Cuoco di Erozia (io aggiro) Voltolo Messenione Servo di Sosicle (luogo di provenienza) della Messenia Ancella Serva di Erozia Matrona Moglie di Menecmo Vecchio Suocero di Menecmo Medico Prologo È Spazzola, il parassita di Menecmo, il primo ad entrare in scena. Egli racconta l antefatto della commedia: la vicenda è ambientata in Sicilia, a Siracusa, dove un vecchio commerciante (Mosco) aveva avuto due gemelli identici e, compiuti i sette anni, decise di portarne uno con lui a Taranto per ragioni di lavoro, lasciando l altro a casa. Successe però che, una volta a Taranto, scoprì che si stavano svolgendo dei giochi e in quelle circostanze il bambino si perse; fu per questo che il commerciante morì di dolore. Quando la notizia arrivò a Siracusa, il nonno dei gemelli cambiò il nome del bimbo rimasto da Sosicle a Menecmo (II), come il fratello. Finito il racconto, Spazzola dice di dover tornare a Epidamno, dove deve fare delle commissioni, così ne approfitta per chiedere al pubblico se qualcuno ha da affidargli delle commissioni, pagandolo chiaramente. Menecmo fu trovato da un venditore di Epidamno, che era molto ricco ma non aveva nessun erede a cui lasciare la sua fortuna, così, portato il bambino a casa con lui, lo crebbe come suo figlio, lo fece sposare con una donna ricca e, quando morì, gli lasciò tutto. Menecmo abita quindi ancora a Epidamno, mentre Sosicle lo cerca. Atto I Scena I (Spazzola) Sempre il parassita, racconta l origine del suo nome, dovuto al suo spazzolare la mensa quando mangia. Egli inoltre, dice che il miglior modo che hanno a disposizione i padroni per evitare la fuga di un servo è quello di offrirgli da mangiare e bere, evitando di punirlo fisicamente e lui, servo di Menecmo, ne è la prova. In quel momento è in cerca proprio del suo padrone. Scena II (Menecmo, Spazzola) Menecmo, uscendo da casa sua, urla contro la moglie: ella infatti non detesta le stesse cose che detesta lui, così minaccia di cacciarla di casa, se mai ancora lo interromperà sulla porta di casa per sapere dove vada, e di andare a cena con un altra donnetta. Spazzola, udendo quest ultima cosa, riflette sul fatto che più che essere diretta alla moglie è un intimidazione diretta a lui. Riuscito ad allontanarsi dalla moglie, Menecmo, soddisfatto, vorrebbe che gli altri uomini con un amante si congratulassero con lui per la sua strenua battaglia. Spazzola, che a questo punto si fa vedere, con le sue parole, fa notare quanto sia disponibile se in palio per i suoi servigi ci sia un piatto in tavola. Menecmo allora gli chiede di annusare un mantello sottratto alla moglie da regalare all amante, il parassita lo fa e dice di sentir odore di furto, di cortigiana, di pranzo, rivelando la loro destinazione: la casa della prostituta Erozia.
2 Scena III (Erozia, Spazzola, Menecmo) Arrivati alla porta della casa di Erozia, questa saluta Menecmo, che le chiede di far preparare il pranzo. Quando l uomo le dà il mantello, Spazzola critica Erozia perché pensa che voglia solo le ricchezze del suo padrone. Date disposizioni per il cibo, Menecmo e Spazzola si dirigono al foro ed Erozia fa chiamare il suo cuoco. Scena IV (Erozia, Cilindro) Cilindro, cuoco di Erozia, prende i soldi che gli consegna la padrona e, dopo aver aver ironizzato sulla veracità di Spazzola, va al mercato. Atto II Scena I (Sosicle, Messenione) Sosicle e Messenione, suo schiavo, mentre sono in viaggio per nave, scorgono terra. Lo schiavo, stanco degli anni passati per mare a cercare il gemello del padrone, chiede perché si trovino proprio a Epidamno, città da cui nessuno esce senza danno. Il padrone risponde che stanno cercando suo fratello, o almeno qualcuno che sappia qualcosa su di lui. Scena II (Sosicle, Messenione, Cilindro) Cilindro, di ritorno dal mercato soddisfatto, vede Sosicle e lo scambia per Menecmo, così lo saluta. Sosicle risponde al saluto nonostante dichiari di non conoscere chi ha di fronte. Cilindro non si scompone e chiede dove sia il suo parassita, ma Sosicle non capisce e pensa sia pazzo, appoggiato da Messenione. Il cuoco allora si presenta come servo della sua amante Erozia, ma non fa altro che confermare la loro ipotesi e, a un certo punto della conversazione, anche Cilindro comincia a pensare che Menecmo sia pazzo, ma si spiega tutto come uno scherzo dell uomo ed entra in casa promettendo di avvisare Erozia della sua presenza. Scena III (Erozia, Sosicle, Messenione) Erozia, sentita la notizia, dà disposizioni per preparare il pranzo, poi cerca fuori dalla porta Menecmo e lo invita dentro visto che il pranzo era ormai pronto. Anche ora Sosicle non capisce e reputa la donna pazza, così Messenione pone a Erozia delle domande sulla loro conoscenza e lei risponde sempre, credendo che si tratti di uno scherzo, invitandolo ancora una volta ad entrare. Lui però è restio, così Erozia gli chiede dove sia Spazzola e lui, non conoscendo il parassita, si chiede perché la donna gli chieda informazioni su una spazzola, arrivando sempre alla conclusione della pazzia. La conversazione continua fino a quando Sosicle racconta di essere giunto su una nave proprio quel giorno in città e Erozia, per convincerlo, nomina i suoi predecessori, chiedendo se fosse veramente figlio di Mosco di Siracusa, regno di Ierone. L uomo a questo punto si convince ad entrare (pur contro il parere di Messenione) e finge di aver messo alla prova la meretrice per evitare che Messenione (che a questo punto finge di non conoscere) andasse a spifferare tutto alla moglie. Erozia gli chiede ancora una volta di Spazzola e lui dice di non aspettarlo e comanda di non farlo entrare se mai arrivasse. Alla fine la donna chiede a quello che crede Menecmo di portare il mantello che le aveva regalato per farlo modificare, in modo tale da renderlo irriconoscibile alla moglie e l uomo accetta, facendosi precedere all interno da lei. Rimasto fuori da solo, richiama Messenione e gli ordina di far sistemare il suo equipaggio in una locanda e di raggiungerlo prima del tramonto, infine entra. Atto III Scena I (Spazzola) Il parassita rimpiange di essersi buttato anima e corpo nell assemblea, in quanto in quel momento ha perso di vista il padrone, dando la colpa a chi ha inventato le assemblee per i cittadini occupati anziché per i disoccupati. Per questo motivo quindi, crede che Menecmo sia andato dall amante lasciandolo lì e che quindi abbia perso il suo pranzo. In ogni caso, egli decide di recarsi a casa di Erozia per cercare gli avanzi, ma, quando arriva a destinazione, trova Menecmo (in realtà Sosicle) che esce dall abitazione.
3 Scena II (Sosicle, Spazzola) Sosicle, uscendo, rassicura la padrona di casa del fatto che andrà dal sarto per il suo mantello e Spazzola, vedendolo, promette di vendicarsi, mentre l uomo si rallegra della bella giornata che sta passando. Quando Sosicle vede Spazzola farglisi incontro, si chiede chi sia e il parassita si arrabbia con lui e lo insulta. Chiaramente Sosicle non lo conosce, così lo minaccia e lo offende a sua volta, scatenando la sua promessa di andare a raccontare tutto a sua moglie. Scena III (Sosicle, Ancella) Sparito Spazzola, esce un ancella di Erozia, che riferisce a Menecmo la richiesta della donna di far modificare anche un bracciale che le aveva regalato in precedenza. L uomo naturalmente accetta subito, appropriandosi oltre che del mantello anche del bracciale d oro. L ancella ne approfitta per chiedere a Menecmo di regalarle due orecchini d oro, ma lui, non ricavandocene niente, rifiuta e, quando la serva rientra, va a cercare Messenione. Atto IV Scena I (Matrona, Spazzola) A questo punto Spazzola ha già raccontato alla moglie di Menecmo le malefatte del marito, così la donna si lascia andare apertamente al disprezzo per il marito che la tradisce. Mentre aspettano Menecmo, il parassita consiglia di nascondersi per coglierlo di sorpresa. Scena II (Menecmo, Spazzola, Matrona) Il protagonista, entrando in scena, spiega che un suo cliente ha voluto che lo difendesse in tribunale, impedendogli di andare a pranzo da Erozia, la quale, si augura, si consoli con il mantello che le ha regalato. La matrona sente tutto, appostata con Spazzola, e, quando Menecmo dice di voler andare dalla meretrice, si rivela, mentre il parassita si vanta della vendetta appena compiuta. L accusa che la donna gli fa è quella di aver donato il suo mantello alla sua amica, mentre Spazzola la appoggia aggiungendo il rimprovero di non averlo aspettato per il pranzo. Menecmo nega, ignorando e minacciando il parassita, fino a quando non arriva a dire che glielo aveva solo prestato e che non aveva proprio mangiato. La matrona allora intima al marito che se non tornerà col mantello, non entrerà più in casa sua. Menecmo si vanta di avere in ogni caso un posto dove andare e vi si reca, per chiedere indietro il mantello della moglie, promettendo a Erozia di comprargliene un altro ancora più bello. Scena III (Menecmo, Erozia) La meretrice, sentendo la voce di Menecmo, si affaccia alla porta di casa e, alla richiesta dell uomo, rimane sconcertata, in quanto lei gli aveva già consegnato il mantello, insieme a un bracciale, così lo caccia, dicendogli che se voleva poteva tenersi gli oggetti, e rientra stizzita, senza ascoltare Menecmo, che rimpiange la sua giornata. Atto V Scena I (Sosicle, Matrona) Sosicle, entrando in scena, maledice Messenione, intuendo che stia sperperando i suoi averi. Mentre passeggia passa davanti alla casa del fratello (senza saperlo) e la matrona lo chiama, insultandolo per il suo coraggio spudorato di mostrarsi con indosso il suo mantello. All inizio Sosicle evita di insultare la sconosciuta, ma dopo un po si infervora e comincia anche lui, spingendo la donna a desiderare di essere vedova. Naturalmente l uomo non capisce che la frase era diretta a lui e continuano a insultarsi, fino a quando la donna non minaccia di chiamare suo padre e raccontargli tutto, ma comunque Sosicle non capisce. Scena II (Vecchio, Matrona, Sosicle) Il vecchio si trascina sulla scena lamentandosi delle difficoltà che porta con sé la vecchiaia e del fatto che la figlia l ha mandato a chiamare. Egli ipotizza che lei e il marito abbiano litigato perché lei abbia voluto tener
4 sottoposto lo sposo, sentendosi forte per via della sua cospicua dote, mentre Menecmo in confronto la sopporta come un santo. La matrona gli si fa incontro e gli spiega la situazione: è continuamente offesa dal marito, che la tradisce e si ubriaca dalla sua cortigiana. Il padre le spiega che più lo opprimerà, più lui amerà la sua prostituta di lei e più berrà per punirla della sua arroganza. Inoltre il vecchio pensa che, visto la bella vita che conduce, non possa proprio lamentarsi del consorte. La donna prova a difendersi, ma il padre non l ascolta e preferisce andare a chiedere spiegazioni al genero. Quest ultimo però non riconosce l uomo e lo dichiara apertamente, scatenando la reazione incredula del vecchio. Padre e figlia a questo punto pensano che Menecmo abbia perso la testa e Sosicle decide di assecondarli e si finge pazzo, immaginando prima che Bacco lo chiami ma lui non lo possa raggiungere perché una cagna (la matrona) e un caprone (il vecchio) gli bloccano la strada, poi che Apollo gli ordini di ucciderli. Il vecchio si chiede cosa sia più opportuno fare e alla fine decide di mandare a chiamare il medico, mentre la donna scappa in casa spaventata. Scena III (Sosicle, Vecchio) Sosicle a questo punto riesce a scappare e chiede agli spettatori di non indicare la via per la quale è fuggito. Nel frattempo il vecchio sta aspettando il medico e declama le sue opere miracolose, come quella di aver riattaccato un braccio ad Apollo e una gamba a Esculapio, suo figlio (probabilmente solo alle loro statue). Scena IV (Medico, Vecchio) Finalmente il medico arriva e chiede informazioni sulla malattia del giovane, ma il vecchio dice di non saperne nulla e, dopo che il medico ha promesso che guarirà Menecmo, lo conduce verso il genero, il vero Menecmo, che sta arrivando ignaro di tutto. Scena V (Menecmo, Vecchio, Medico) L uomo arriva a casa sua lamentandosi della sua sorte nera e il medico gli si avvicina, ma riceve solo insulti, così pensa che sia veramente pazzo, fino a quando, riacquistata la calma, Menecmo comincia a dare risposte sensate all uomo (senza rinunciare agli insulti però). Il vecchio allora racconta cosa aveva avvertito che avrebbe fatto poco prima e Menecmo nega tutto. Allora il medico decide che la cosa migliore da fare sia portare il giovane nel suo studio per guarirlo, così chiede al vecchio di farlo trasportare lì da alcuni uomini ed entrambi escono di scena. Rimane così solo Menecmo, ignaro del complotto dei due personaggi appena andati via, che ricomincia a lamentarsi della propria giornata, sperando che almeno di notte riuscirà a entrare in casa. Scena VI (Messenione) Entra in scena Messenione, che cerca Sosicle, e nel frattempo racconta secondo lui chi è il buon servo: colui che anche in assenza del padrone si occupa del suo bene, anteponendo schiena e gambe alla gola e al ventre per non patire castighi violenti. Scena VII (Vecchio, Menecmo, Messenione) Rientra in scena il vecchio, che conduce con sé alcuni schiavi fustigatori, istruendoli sul da farsi, poi esce di nuovo. Gli schiavi prendono di peso Menecmo, che prova a ribellarsi e chiede aiuto ai cittadini, ma solo Messenione, che passava di lì, risponde alla chiamata, incredulo del fatto che stiano malmenando quello che lui crede il suo padrone. Riusciti a mettere in fuga gli schiavi a furia di calci e pugni, Messenione esalta il suo comportamento e Menecmo lo ringrazia, ma il servo gli chiede di liberarlo e il giovane obietta di non esserne in grado, in quanto lui non era chi credeva che fosse. Alla fine Menecmo decide di accontentarlo e gli dice che, per quanto gli riguardava, poteva ritenersi libero; il servo, in ogni caso, decide di continuare a servirlo e gli promette di portargli la borsa con i soldi. Non appena questo è uscito di scena, Menecmo cerca di capire cosa stia succedendo quel giorno così strano e dice che si recherà a casa di Erozia per convincerla a restituirgli il mantello. Scena VIII (Sosicle, Messenione) Sosicle ora incontra Messenione che, di ritorno con la borsa con i soldi, è convinto di averlo già visto e di avergli salvato la vita poco prima. Sosicle non gli crede e lo riporta sotto il suo potere.
5 Scena IX (Menecmo, Sosicle, Messenione) Entra in scena anche Menecmo e Messenione pensa di vederci doppio, soprattutto quando l uomo lo saluta. Il servo gli chiede il suo nome e lui gli risponde di buon cuore di essere Menecmo e di essere siciliano, mentre Sosicle conferma che anche lui ha lo stesso nome e viene da quella stessa terra. Menecmo continua a sostenere di chiamarsi così e aggiunge che suo padre si chiamava Mosco. Sosicle si sorprende del fatto che abbiano il genitore in comune e Messenione, sentendoli, accarezza l idea di aver finalmente trovato il gemello scomparso del suo padrone, così lo chiama in disparte e lo mette al corrente della sua ipotesi. Fatto ciò, comincia a interrogare Menecmo e alla fine si scopre che è veramente quello che cercava, così i due fratelli si abbracciano e si raccontano cosa è successo durante la giornata. Messenione viene liberato e Menecmo decide di seguire il fratello in Sicilia, a Siracusa. La commedia si conclude con Messenione che annuncia l asta dei beni di Menecmo, compresa la moglie, e chiede l applauso al pubblico.
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