INTERVISTE CLASSE 3^A SCUOLA SECONDARIA DI 1^ GRADO MONTEREALE VALCELLINA



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Transcript:

PROGETTO INTERCULTURA, PROGETTO VOLONTARIATO PACE INTERVISTE CLASSE 3^A SCUOLA SECONDARIA DI 1^ GRADO MONTEREALE VALCELLINA I materiali sono estratti dalle interviste raccolte dagli alunni. Le interviste sono state proposte a persone, familiari e conoscenti, che erano bambini durante la seconda guerra mondiale e durante la guerra nella ex - Jugoslavia, a Montereale, Grizzo, Longarone, Claut, Erto e Casso ma anche in altri luoghi d'italia, Treviso, Genova, Livorno, Palermo e all'estero, in Serbia e in Bangladesh. La pace è negazione della guerra: Della guerra mi ricordo tantissima miseria, la fame, gli zii che tornavano a casa pieni di pidocchi, molto magri e raccontavano di aver visto tanti morti. Mi ricordo molte cose brutte perché avevo 11 anni. E ho visto anche che siamo stati molto fortunati, perché lì avevamo la montagna. E su quella montagna venne il comando tedesco e fece delle trincee per mettere dentro i cannoni, perché da quella montagna si vede un tratto del Piave. Sono stati lì un anno e mezzo e facevano andare là i nostri padri e tutti quelli che avevano almeno 15 anni. Ogni quindici giorni davano loro dei soldi. Poi hanno cominciato a bombardare. Però noi fortunatamente siamo stati salvati. Vivevo insieme a mia madre e ai miei nonni, nella loro fattoria. Era più sicura della nostra casa oltre a tutte le notti insonni che si passavano ascoltando i suoni degli spari, ricordo che ogni notte mi alzavo e andavo vicino alla porta dove dormivano i miei nonni e mia madre e pregavo che tutto quello finisse al più presto e che io e la mia famiglia potessimo tornare a casa, a vivere la nostra vita come sempre Non avevo più contatti con gli amici della scuola e i parenti. Non potevo tornare a scuola e quindi imparare. Mia mamma usciva la mattina presto, forse le 5 o le 6 e correva a prendere ciò che poteva nell orto della fattoria. Ma visto che per giorni non veniva curato, certe verdure marcivano Il tenore di vita era basato solo sulle poche cose che si riusciva a coltivare nell orto e dagli animali da cortile rimasti dopo le razzie partigiane e tedesche. Durante la guerra, parlare di pace e giustizia non era semplice perché anche le normali attività quotidiane potevano essere in ogni momento stravolte. Avevamo poco cibo e perciò andavamo nei boschi a raccogliere le castagne. Mio nonno aveva una capra e così potevamo avere un po' di latte e un po' di formaggio. Per passare il tempo e non pensare al peggio si costruivano pupazzi di legno. Per i ragazzi dell età degli studenti che vanno alle medie o alle elementari, quando c era la guerra era difficile. volevamo solo giocare ma i nostri genitori volevano che restassimo a casa, per paura; tutti avevano paura. Quando i bambini andavano a scuola, si sperava sempre che non ci fossero pericoli. I bambini, anche se piccoli, capivano la gravità della situazione anche se non riuscivano a trovare la spiegazione per quello che stava succedendo. Sapevano di tutti i problemi che avevano i genitori e cercavano di fare sempre tutto quello che loro chiedevano, rassicurandoli sempre con un bacino sulla guancia o abbracciandoli.

Io non andavo a scuola, perché avevo paura di morire. I miei genitori andavano a lavorare e io restavo a casa con i miei fratelli più piccoli. Mi dicevano piangendo:- Conci, li affido a te. Era un giorno di dicembre, il 18, ero a casa, in cantina, mi stavo nascondendo da mio cugino perché stavamo giocando a nascondino in casa. Ero tranquillo, ero sicuro che nessuno mi avrebbe trovato. Dopo mezz ora, non sentivo rumori, uscii, trovai mio cugino con un buco sul cuore e intorno al corpo il suo sangue. Da quel giorno non giocai più a nascondino. Non ho molti ricordi di quel periodo ma purtroppo i pochi che ho sono molto brutti. Vicino a casa avevamo un rifugio sotterraneo per nasconderci dai tedeschi, quando bombardavano il ponte della ferrovia o il campo di aviazione di Maniago. A scuola, quando suonava la sirena, le maestre ci facevano distendere nel corridoio o sotto i banchi, per ripararci. Mio zio si era nascosto dai tedeschi in cantina, dove erano nascoste le provviste come cibo, coperte, cereali e altre cose. Venne scoperto, preso e portato nel cortile di casa e lì, una volta legate le mani dietro la schiena, lo hanno ucciso, davanti agli occhi dei suoi genitori. Non contenti i tedeschi, dopo aver rubato le provviste, hanno dato fuoco alla casa gettandolo all interno. In quel giorno in paese sono state bruciate cinque case. Un giorno i tedeschi vennero in paese e radunarono alcuni uomini in piazza e li costrinsero a salire nei loro camion e li portarono al confine con la Jugoslavia, per scavare trincee. Fra questi c era anche mio nonno, il più giovane in famiglia, aveva solo 16 anni. Raccontava sempre a mio papà che mentre scavava sentiva il fischio delle pallottole che gli passavano sopra la testa. Mi ricordo che avevamo nascosto tutte le armi in una cassa sotto terra, perché quando venivano i soldati, se le scoprivano, eravamo morti. Io e mia sorella siamo andati a vivere in paese dai miei zii, perché ci avevano fatto saltare in aria la casa e i miei genitori erano morti. Dovevamo sempre stare in allerta, perché ogni giorno venivano sganciate bombe. Si andava a scuola e poi si tornava a casa, ma non si poteva andare in giro. Tendevano a bocciarci per proteggerci, perché a scuola si era meno in pericolo. Ci sono stati dei saccheggi, sia da parte dei tedeschi che dei partigiani. Una mattina, portando il mais al mulino di San Quirino, tornando indietro, i partigiani mi hanno fermato per prendermi la farina. Ma sono riuscito a scappare. la vita, per i ragazzi della vostra età, era dura, e per passare il tempo e non pensare al peggio giacavamo a pallone. Nel periodo di guerra si stava sempre chiusi in casa, c'era molta povertà e soprattutto molta paura. Per stare più tranquilli e al sicuro si andava nelle case a ballare in compagnia. Ricordo il paese invaso dai soldati. Un soldato tedesco passò il portico di casa e con il gesso scrisse NON BRUCIARE KINDER che significa BAMBINI. Un giorno nel cielo di Claut ci fu una battaglia aerea. L'aereo tedesco era stato colpito. Prima di schiantarsi il pilota si è lanciato col paracadute e si è salvato. Mi ricordo un giorno in particolare, quando i tedeschi si sono arrabbiati perché tre dei loro militari erano stati uccisi, allora fecero radunare trenta uomini clautani (dieci per ogni soldato morto) in piazza, per fucilarli. Ma il parroco di allora offrì la propria vita al posto di quegli uomini e convinse i tedeschi ad andare al cimitero, a vedere dove erano seppelliti i militari. Quando hanno visto le tombe e hanno capito che i soldati erano stati seppelliti cristianamente, hanno rinunciato alla loro vendetta. Io non ho alcun ricordo, perché sono nato a giugno nel 1945, a guerra finita. Però l'ho vissuta nei racconti di mia madre, che ad ogni allarme si recava nei rifugi, o scappava nei campi per evitare i bombardamenti e

gli attacchi aerei. Con mia madre, che mi portava in grembo, abbiamo saltato parecchi fossi e partecipato a corse dissennate, tanto che credo sia rimasta ancora un po' di agitazione nel mio carattere. Nel gennaio del '43 avevo dieci anni e ho assistito ai bombardamenti mare-terra a Genova. Prima di ogni bombardamento si sentiva l'allarme e si doveva correre nelle gallerie. Nel '44 mi sono trasferita a Grizzo: alla sera dovevi spegnere ogni luce, altrimenti bombardavano la casa. Molta gente rimaneva mutilata. Nel '45 hanno bruciato le case dei partigiani a Montereale. Per noi bambini la vita era dura e giocare era difficile. Giocavamo giochi di strada, come saltare la corda, nascondino, la cavallina. Ho solo ricordi brutti, forse l'unico ricordo bello che ho è quando li abbiamo cacciati e la guerra è finita. Dov'ero io non c'erano bambini, era tutto chiuso, ma ho sentito che i serbi, in un paesino vicino, hanno preso tutti i bambini e i ragazzi maschi e li hanno ammazzati tutti in piazza. Speranze di pace: Ero un ragazzo che aveva molte speranze per il futuro e facevo molti progetti: il primo era di costruirmi una casa per formare una famiglia. E' così che sono diventato muratore! Speravo solo che non si avvicinassero a noi, e che, se proprio... facessero poche vittime. Ma ovviamente il mio pensiero non poteva fare miracoli. Speravo che noi ragazzi potessimo tornare a scuola e giocare, e che le famiglie potessero tornare al lavoro e portare a casa il pane e riabbracciare i propri figli. Sperai questo per molto tempo, ma ogni giorno che passava mi rendevo conto che le mie speranze non avrebbero fatto la differenza. Al tempo non capivo cosa fosse la pace e quando lo chiesi a mia madre lei mi disse:- La pace è quando qualcuno abbraccia qualcun altro- E così, tutti i giorni, appena alzato, abbracciavo i miei nonni e mia mamma. Perché per me era quella la mia speranza... un abbraccio. Le speranze per il futuro in quel tempo non c'erano. Erano tempi bui. Le mie speranze erano di sopravvivere, perché era abbastanza difficile sopravvivere. Le speranze erano molte. Si sperava di tornare a ridere, di riprendere le feste e le sagre e di tornare a giocare in campagna, dove c'era sempre il profumo dei frutti appena maturi e della terra zappata. Si aveva voglia di vedere il sole e di andare al mare, bagnarsi con l'acqua e asciugarsi con la sabbia calda. Si aveva voglia di estate, ma soprattutto di Pace. Speravo nella libertà. Non si avevano speranze. Forse l'unica speranza era di arrivare al giorno successivo. Ho sperato che per le generazioni future fosse tutto più semplice e divertente. Per il futuro speravo in una vita migliore, di andare a scuola, avere una famiglia e avere un lavoro degno. Si sperava sempre il meglio, in un mondo migliore, che tutti avessero la possibilità di avere un'istruzione, diritto di studio, diritto alla libertà, a poter giocare serenamente, di non doversi nascondere, di non avere più paura e che non ci fossero più guerre.

A guerra finita, la città di Treviso rinasceva ancora più bella e venivano offerte molte occasioni di lavoro, per cui c'era speranza in un futuro migliore. Io speravo che la guerra finisse subito e in un futuro migliore, che la felicità ritornasse nel nostro paese e tutti vivessero in pace e non ci fossero più guerre. Speravo di poter lavorare e durante le vacanze estive andavo in Svizzera a lavorare con mio padre che era cameriere. I diritti che tutti i ragazzi speravano di poter avere erano vivere e lavorare degnamente vicino alla propria casa. Da piccola speravo in un mondo in pace, senza litigi e conflitti. Ho sperato che la guerra finisse e che in tutto il mondo non ci fossero più guerre, perché io ho capito che cos'è la guerra. Pace e Giustizia: Pace è vivere bene. Invece giustizia è punire qualcuno che ha fatto qualcosa di sbagliato. Secondo me sono collegate, perché se c'è giustizia, c'è pace. Per me la pace è tranquillità e altruismo e ti porta ad accettarsi l'un l'altro. Invece la giustizia è il modo di fare le cose, senza egoismo. Secondo me sono collegate, perché portano all'uguaglianza e non ti portano a dire -E' mio... o -E' tuo... Pace significa non più odio tra i popoli, invece giustizia vuol dire che ognuno deve rispettare gli altri e una vita equa. Secondo me pace e giustizia sono collegate e vorrebbero dire non più guerre e invidie. La pace è essere tutti d'accordo. La giustizia è punire chi ha provocato e accettato la guerra. Per me pace e giustizia sono collegate. Per me la pace è un sogno, libertà e giustizia. Secondo me la pace e la giustizia dovrebbero andare di pari passo, però non è sempre così. Alcuni non si comportano correttamente e per questo non vanno di pari passo. Secondo me la pace e la giustizia dovrebbero andare di pari passo, ma purtroppo non è sempre così. Infatti in Italia è da anni che viviamo in pace, ma la giustizia è latitante... Secondo me le guerre sono inutili e, come diceva uno striscione all'adunata degli Alpini a Pordenone, - Volersi bene costa poco- e io aggiungo, non costa nulla. La pace per me è uguaglianza, rispetto, che ognuno stia nel proprio paese, così non si fanno più guerre. Poi condivisione dei beni, in modo che non sia necessario fare guerre per averli... e serenità. La giustizia invece è che tutti si rispettino. Il rispetto è la cosa principale. Per ritrovare la pace, dopo la guerra, ci è voluto tanto. Fortunatamente Italo, mio marito, si è salvato ed è stato lui a farmi ritrovare la pace.

Per me la pace è uguaglianza di diritti, è amore, vedere il cielo azzurro: infatti quando la guerra finì e osservai il cielo, quello era tornato azzurro, senza macchie grigie. Pace è amicizia, convivenza con gli altri,, che tutti abbiano gli stessi diritti. Giustizia è farla pagare alle persone che hanno sbagliato. Per me pace e giustizia sono collegate. Pace è tranquillità e divertimento. Giustizia è una cosa fondamentale per vivere: la devono avere tutti. La pace è tranquillità. Non so cosa sia la giustizia, perché come non c'era allora, non c'è neanche adesso. Non c'è molta giustizia in guerra. La pace è una cosa meravigliosa, che ti fa vivere serenamente. La giustizia è importantissima: senza, non avremmo ordine e la capacità di sentirci liberi da certe preoccupazioni. Sì, generalmente pace e giustizia sono collegate e quelle poche volte che non lo sono è perché una persona crede di essere nel giusto. Ma ognuno di noi deve capire se si ha sbagliato e in quel caso rimediare e trovare l'insegnamento nel proprio errore, per non farlo più, e vivere nel modo corretto. Tutti abbiamo una coscienza, anche se la si passa liscia il tormento c'è sempre. Alcuni tipi di pace vanno trovati in noi stessi, facendoci un esame e traendo le giuste conclusioni, capendo gli sbagli e migliorando. Senza la giustizia la vita è difficile e, per ottenere giustizia, bisogna combattere per la pace. Per me la pace è convivenza civile con tutti gli esseri umani, senza guerre. La giustizia è un sentimento di pace, nel senso che non si può essere costretti a fare una cosa contro la propria volontà. Se c'è giustizia, c'è pace. La pace è serenità, una cosa che tutti almeno una volta nella vita dovrebbero provare. La giustizia si deve conquistare. La pace è quiete, tranquillità, libertà e le voci dei bambini. Giustizia vuol dire lottare per le cose in cui si crede e i due concetti sono collegati. La pace, secondo me, è libertà di vivere e la giustizia punisce le persone che limitano la tua libertà. L'incertezza svanì nel momento in cui la gente riprese la propria libertà, ritornando ad un periodo di pace, quando la giustizia non era più dettata da un singolo, ma dal popolo. Giustizia è sinonimo di pace, cioè quando un conflitto viene risolto senza violenza. Quando ero piccola, io stavo male a sentire litigare mia mamma, mio papà, mio nonno... Era brutto e soffrivo anche se sono dalla parte della ragione... Adesso, quando i miei nipoti litigano, gli faccio subito fare la pace. E così, a fare anche questo poco, mi sembra di esser una grande signora. Quando vedo la guerra al telegiornale sto malissimo e mi chiedo:- Come si fa ad andare avanti così? Bisogna fare la pace, subito! Io credo nella pace e penso che chi non ci crede sia fuori strada. Purtroppo nel nostro paese la giustizia non funziona, non gioca bene e questo comporta malessere tra le persone, che fa venir meno la pace.