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Da un punto di vista tipologico le case si suddividevano in due grandi categorie: le domus, ossia le case signorili, e le insulae, ovvero i caseggiati popolari, articolati in più piani e suddivisi in appartamenti. Un primo mito da sfatare è che le case romane erano tutte grandi e belle come le immaginiamo oggi dai resti che ci sono pervenuti. In realtà se oggi disponiamo perlopiù dei resti di domus romane è perché trattandosi di abitazioni di uomini ricchi questi potevano permettersi di utilizzare materiali resistenti e di qualità per la loro costruzione; lo stesso non possiamo dire per le insulae per le quali si utilizzavano materiali più deperibili, soprattutto il legno.
Inizialmente le stanze erano disposte intorno all' atrium che costituiva il fulcro della residenza, il cuore della vita familiare. In seguito l'assetto della domus divenne più complesso e la centralità dell'atrio divenne meno accentuata. Gli elementi ricorrenti erano un primo corridoio di ingresso, il vestibulum a cui ne seguiva un altro che immetteva nell'atrio (fauces). L' atrium era caratterizzato da un ambiente solitamente quadrato, aperto, con al centro una vasca chiamata impluvium, all'interno della quale si raccoglieva l'acqua piovana e collegata sotto a una cisterna sotterranea, in modo tale da conservare l'acqua; un lato dava sul giardino, il peristilio, un ambiente circondato da portici e pieno di vegetazione. Dal cortile si accedeva ai cubicula, ovvero le stanze da letto che erano piccole e buie, senza finestre; al tablinum, che inizialmente aveva la funzione di sala da pranzo, dove le famiglie consumavano i pasti ma in un momento successivo diventò una sala di ricevimento degli ospiti; al triclinum che comparve successivamente e sostituì la sala da pranzo, era il luogo in cui si svolgevano i banchetti alla maniera greca, sui triclinari, ovvero dei letti. Vi era poi la taberna, la moderna cucina. Il peristilio era sicuramente il vero ambiente di rappresentanza dove i romani amavano ostentare la propria ricchezza arricchendolo di statue e fontane; Gli ambienti di servizio come bagni, cucine o le stanze riservate alla servitù erano disposti in maniera non visibile agli ospiti ma comunque in una posizione da rendere possibili comunicazioni comode e veloci.
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La colonna di Marco Aurelio è un monumento di Roma, eretto tra il 176 e il 192 per celebrare, forse dopo la sua morte, le vittorie dell'imperatore romano Marco Aurelio (161-180) ottenute sulle popolazioni germaniche dei Marcomanni, dei Sarmati e dei Quadi, stanziate a nord del medio corso del Danubio durante le guerre marcomanniche. La colonna, che era alta 29,617 metri (pari a 100 piedi romani; 42 metri se si considera anche la base), è ancora nella sua collocazione originale davanti a palazzo Chigi e dà il nome alla piazza nella quale sorge, piazza Colonna. Il monumento, coperto di bassorilievi, è ispirato alla Colonna Traiana. Il fregio scultoreo che si arrotola a spirale intorno al fusto, se fosse svolto, supererebbe i 110 metri in lunghezza Fu innalzata sull'esempio della colonna di Traiano ma, al contrario di quest'ultima, le scene rappresentate non sono poste in ordine cronologico. La cronologia degli avvenimenti è molto incerta, ma si ipotizza che raffiguri le campagne militari che si svolsero dal 168 al 172, nella prima parte della colonna, fino alla rappresentazione della Vittoria (con la Germania subacta, ovvero la Germania soggiogata), e dal 173 al 174 nella seconda parte. Nei bassorilievi, considerati meno raffinati rispetto alla colonna di Traiano, viene frequentemente rappresentata la figura dell'imperatore. Le rappresentazioni furono realizzate con lo stile plebeo o popolare che si stava cominciando ad affermare in quegli anni, e che avrebbero soppiantato lo stile ufficiale più classicistico. Pag.99/101
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