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Rivista scientifica bimestrale di Diritto Processuale Civile ISSN 2281-8693 Pubblicazione del 17.10.2014 La Nuova Procedura Civile, 6, 2014 Editrice Comitato scientifico: Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) Silvio BOLOGNINI (Professore straordinario di Filosofia del diritto) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) Costanzo Mario CEA (Magistrato, Presidente di sezione) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) Francesco FIMMANO (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) Francesca PROIETTI (Magistrato) Serafino RUSCICA (Consigliere parlamentare, Senato della Repubblica) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO (Presidente di Corte di Appello) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato, Vice Capo dell Ufficio legislativo finanze del Ministro dell economia e delle finanze) Antonella STILO (Consigliere Corte di Appello) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato). La nullità della testimonianza: così va eccepita ed in questo momento. La nullità della testimonianza resa da persona incapace deve essere eccepita subito dopo l'espletamento della prova, ai sensi dell'art. 157, secondo comma, cod. proc. civ. (salvo il caso in cui il procuratore della parte interessata non sia stato presente all'assunzione del mezzo istruttorio, nel qual caso la nullità può essere eccepita nell'udienza successiva), sicché, in mancanza di tempestiva eccezione, deve intendersi sanata, senza che la preventiva eccezione di incapacità a testimoniare, proposta a norma dell'art. 246 cod. proc. civ., possa ritenersi comprensiva dell'eccezione di nullità della testimonianza comunque ammessa, ed assunta nonostante la previa opposizione. Tribunale di Firenze, sezione terza, sentenza del 20.8.2014 omissis

Tanto premesso, ritiene il giudicante che entrambe le questioni siano infondate. Quanto alla eccepita intempestività della denuncia del vizio è infatti assorbente la circostanza che xxxx ha riconosciuto il vizio in questione. Ciò rende superflua la denuncia, giusto il disposto dell'art. 1667, II co, ultimo periodo, c.c.. In punto di fatto vengono infatti in rilievo le dichiarazioni dell'arch. xxxxxxxx direttore dei lavori, la quale sentita quale teste, ha confermato che nel giugno 2007, a seguito degli accertamenti eseguiti dalla ditta MIPE, nel frattempo intervenuta sugli scarichi del Condominio adiacente, e previo sopralluogo in contraddittorio, il xxxxx riconobbe il vizio e si impegnò a rimborsare il costo della sua eliminazione (che non eseguì direttamente perché al momento impegnato in altro cantiere). Tale deposizione, malgrado l'eccezione di incapacità a testimoniare sollevata, è da considerarsi senz'altro utilizzabile ed attendibile. Quanto al primo aspetto, va rilevato che l'eccezione, sollevata al momento dell'assunzione della prova dalla difesa del convenuto e già respinta da questo giudice, (cfr verb. Ud 27.9.2011) è superata dalla mancata tempestiva proposizione di eccezione di nullità della relativa deposizione. Sul punto si richiama il condivisibile orientamento della SC secondo cui "La nullità della testimonianza resa da persona incapace deve essere eccepita subito dopo l'espletamento della prova, ai sensi dell'art. 157, secondo comma, cod. proc. civ. (salvo il caso in cui il procuratore della parte interessata non sia stato presente all'assunzione del mezzo istruttorio, nel qual caso la nullità può essere eccepita nell'udienza successiva), sicché, in mancanza di tempestiva eccezione, deve intendersi sanata, senza che la preventiva eccezione di incapacità a testimoniare, proposta a norma dell'art. 246 cod. proc. civ., possa ritenersi comprensiva dell'eccezione di nullità della testimonianza comunque ammessa, ed assunta nonostante la previa opposizione" (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8358 del 03/04/2007; N. 9553 del 2002 Rv. 555489, N. 2995 del 2004). Ogni eventuale vizio inerente la suddetta deposizione è pertanto senz'altro sanato. Quanto poi alla valutazione di attendibilità del teste, se è vero che, atteso il ruolo assunto nei lavori, lo stesso avrebbe potuto avere interesse ad addossare ogni responsabilità all'impresa, ritiene il giudicante che ciò non comprometta la sua attendibilità alla luce degli ampi riscontri acquisiti alle sue dichiarazioni. La deposizione del teste xxxx è riscontrata infatti sotto altri profili dagli altri elementi istruttori acquisiti. La circostanza che xxxx avesse riconosciuto le sue responsabilità è confermata dal fatto, incontestato, che lo stesso ebbe ad intervenire, senza mai richiedere od ottenere alcun compenso, nel settembre 2007 per il riempimento e la sistemazione del resede del F. dopo le opere di risanamento eseguite dalla ditta MIPE. Ove, come egli sostiene in questa sede, tale riconoscimento non vi fosse mai stato, è evidente xxxxx non avrebbe mai accettato di eseguire tali opere a titolo gratuito. Ulteriore riscontro alla deposizione xxx è costituito dalla circostanza, documentata, che xxxx il conto consuntivo dei costi addebitati a quest'ultimo dal Condominio per la riparazione delle tubazioni.

E' evidente che la consegna di tale conteggio preludeva ad una richiesta danni o di rilevazione dello stesso xxx.. Ove lo stesso non avesse avuto responsabilità, il medesimo non avrebbe accettato per ricevuta il suddetto conteggio, ovvero comunque avrebbe formalmente precisato la sua estraneità all'evento. Ancora, a parziale supporto della deposizione dell'arch. xxxx vi è la deposizione del geom. L., professionista incaricato nel 2007 dall'amministratore del condominio per accertare le cause del malfunzionamento degli scarichi condominiali. Anche se lo stesso ha detto che in sua presenza xx non riconobbe responsabilità, circostanza che peraltro non esclude che il riconoscimento vi sia stato in sua assenza, L. ha confermato che il non corretto funzionamento dello scarico porta via del condominio dipendeva dalla eccessiva altezza con cui era stato ricostituito il portavia della nuova fossa biologica eseguita dalxxxxx., così confermando quanto sul punto dichiarato xxxx Resta pertanto confermato in punto di fatto l'intervenuto riconoscimento del vizio. Tale circostanza rende superfluo l'accertamento della effettiva data di ultimazione delle opere (primi giorni di agosto 2004, come dedotto dal convenuto, ovvero gennaio 2005, come sostiene l'attore). Resta così superata anche ogni questione inerente la genuinità delle deposizioni dei testi indotti dal convenuto, che vertono essenzialmente su tale circostanza. Non si ravvisano pertanto ragioni per effettuare segnalazioni ai sensi dell'art. 331, IV co. c.p.p., come richiesto da parte attrice. Parimenti infondata è l'eccezione di prescrizione sollevata. E' evidente infatti che il riconoscimento del vizio nel giugno 2007, e quindi decorso il biennio di cui all'art. 1667 c.c., con l'impegno a farsi carico dei costi di riparazione, così come l'effettiva esecuzione di alcuni dei lavori di ripristino costituiscono, in difetto di altri elementi, indici sicuri ed inequivoci della volontà di rinunciare alla maturata prescrizione. Va da sé che il successivo rifiuto di provvedere al rimborso delle somme sostenute da F. costituisce mero ripensamento e tentativo, tardivo, di sottrarsi alle proprie responsabilità. 3) I vizi e difetti dell'opera Sul punto le argomentazioni dell'attore sono fondate. La problematica che ha dato origine al presente contenzioso è dipesa da un errore nel posizionamento della quota delle tubazioni dell'impianto di scarico delle acque reflue e delle relative pendenze. Anche ad ammettere un errore del xxxxxxx, è evidente la corresponsabilità dell'impresa, la quale avrebbe certamente potuto agevolmente constatare autonomamente, avvalendosi della propria professionalità, l'insufficiente pendenza degli scarichi. M. avrebbe pertanto dovuto, al fine di esonerarsi da responsabilità, avvertire la committenza della suddetta incongruenza, e procedere nell'opera solo in caso di successivo preciso ordine in tal senso. Nei suoi confronti è pertanto senz'altro applicabile la garanzia di cui all'art. 1667 c.c., con conseguente sua responsabilità per i danni sofferti dalla committente.

Sul punto si richiama infatti quel condivisibile principio di diritto secondo cui "L'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale "nudus minister", per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l'appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8016 del 21/05/2012; N. 821 del 1983). Non rileva pertanto la circostanza che il fatto sia dipeso anche da altre circostanze, ovvero che nella fattispecie sia ipotizzabile un concorso di colpa della Direzione dei Lavori. Il convenuto infatti non ha provato o chiesto di provare di aver segnalato alla committenza ed alla DL la erroneità del progetto o delle direttive fornite. Palese appare pertanto la responsabilità, sia pure in ipotesi solo concorsuale, dell'impresa appaltatrice. D'altra parte anche ammettendo una corresponsabilità, l'impresa appaltatrice sarebbe comunque tenuta a prestare interamente la garanzia di legge. Sul punto trova infatti applicazione il principio della responsabilità solidale per il risarcimento del danno ex art. 2055 c.c., secondo cui " se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno", salva la facoltà di regresso di chi ha risarcito il danno per intero nei confronti degli altri co-obbligati, e stante la pacifica applicabilità di tale principio anche in tema di responsabilità contrattuale. In merito, il Giudicante si riporta al consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui "in tema di responsabilità solidale per il fatto illecito imputabile a più persone, il vincolo di solidarietà che lega i coautori del fatto dannoso importa che il danneggiato possa pretendere la totalità della prestazione anche da uno solo dei co-obbligati, mentre la diversa gravità delle rispettive colpe e la diseguale efficienza causale di esse possono avere rilevanza unicamente ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento fra i corresponsabili e cioè ai fini dell'azione di regresso" (tra le tante: Cassazione Civile 9167/02). Conclusivamente è solo il caso di aggiungere che l'accoglimento della domanda di garanzia a titolo di responsabilità solidale, anziché per responsabilità esclusiva, come richiesto dalla parte attrice, non comporterebbe alcuna violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c.. La domanda di condanna al risarcimento del danno sul presupposto dellaresponsabilità esclusiva dell'appaltatrice è infatti fondata su fatto costitutivo (imputabilità del fatto esclusivamente alla parte convenuta) avente contenuto più ampio di quello necessario ai fini della condanna per responsabilità solidale (ove è sufficiente provare che la condotta della convenuta è stata mera concausa dei danni). Considerata la identità soggettiva tra le due azioni, essendo in facoltà del creditore solidale pretendere l'adempimento solo da uno dei condebitori in

solido, e la identità del petitum, costituito dal risarcimento dell'intero danno, non v'è dubbio che, pur avendo l'attore proposto domanda risarcitoria sul presupposto della esclusiva responsabilità della convenuta, la richiesta potrebbe essere accolta anche laddove si ritenesse accertato il concorso di colpa di terzi. Sulla base di quanto sopra xxxxx. è pertanto tenuto a garantire e rilevare indenne anche ai sensi dell'art. 2055 c.c. il committente degli esborsi da questo sostenuti per la definitiva riparazione del difetto. 4) La quantificazione dei danni Parte attrice ha documentato di aver sostenuto, a seguito del riparto dei costi eseguito dall'amministratore del Condominio la spesa complessiva di Euro 8.672,47 (doc. 3 e xxxx Poiché il relativo conteggio è stato consegnato alla ditta xxxxxx già in data 4.3.2009, senza che la stessa abbia in via stragiudiziale mai contestato alcunché, e che nessuna contestazione specifica in punto di quantificazione dei danni è stata sollevata in sede di comparsa di costituzione e risposta e prima memoria ai sensi dell'art. 183, VI co. c.p.c., l'importo di cui sopra è fatto proprio da questo giudice, anche ai sensi dell'art. 115 c.p.c.. Del tutto tardive sono infatti le contestazioni di cui agli scritti conclusionali, ove la difesa del convenuto dubita della inerenza e della congruità dei suddetti costi, potendo i suddetti atti difensivi avere un mero contenuto riepilogativo ed argomentativo e non potendo gli stessi essere usati per sollevare questioni nuove. 5) Conclusioni La domanda attorea va pertanto senz'altro accolta. M. va quindi condannato al pagamento dell'importo di Euro 8.672,47 a titolo di risarcimento del danno. Trattandosi di debito di valore su tale importo è dovuta la rivalutazione monetaria ISTAT dalla data del pagamento, 30.4.2009, ad oggi al fine di neutralizzare la perdita del potere di acquisto della moneta. Sugli importi annualmente rivalutati sino ad oggi sono poi dovuti gli interessi legali sino al saldo. Come è stato condivisibilmente affermato "Per i debiti di valore - fra i quali è compreso anche quello di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale di obbligazioni non pecuniarie - va riconosciuto il cumulo della rivalutazione monetaria e degli interessi legali, l'una e gli altri assolvendo a funzioni diverse, giacché la prima mira a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato ponendolo nella condizione in cui si sarebbe trovato se l'inadempimento non si fosse verificato, mentre i secondi hanno natura compensativa; ne' consegue che le due misure sono giuridicamente compatibili e che, pertanto, sulla somma risultante dalla rivalutazione debbono essere corrisposti gli interessi, il cui calcolo va effettuato con riferimento ai singoli momenti in relazione ai quali la somma s'incrementa nominalmente, in base agli indici prescelti di rivalutazione monetaria ovvero ad un indice medio". (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9517 del 01/07/2002; Massime precedenti Conformi: N. 5845 del 1997; N. 11937 del 1997)Spese del giudizio Le spese seguono la soccombenza e sono da liquidare avuto riguardo al valore della causa ed all'attività defensionale espletata ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

p.q.m. Visto l'art. 281 quinquies c.p.c. Il Tribunale di Firenze, definitivamente decidendo, ogni altra e contraria istanza disattesa e respinta, 1) CONDANNA xxxxxxxx. al pagamento in favore di xxxxxxxxxxx dell'importo di Euro 8.672,47, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali come in parte motiva; 2) CONDANNA il convenuto a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, che si liquidano in Euro 212,16 per esborsi, ed Euro 4.000,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge. Così deciso in Firenze, il 20 agosto 2014. Depositata in Cancelleria il 20 agosto 2014. Editrice