PEDOPORNOGRAFIA ONLINE: LA CORTE DI CASSAZIONE RITIENE INTEGRATO IL REATO ANCHE IN IPOTESI DI CONDIVISIONE SU FACEBOOK

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PEDOPORNOGRAFIA ONLINE: LA CORTE DI CASSAZIONE RITIENE INTEGRATO IL REATO ANCHE IN IPOTESI DI Il giudice nomofilattico estende l ambito di applicazione dell art. 600ter c.p. rubricato pornografia minorile anche alla condivisione su profili internet a visibilità limitata. Valentina Caldarella (redattore Alessio Giaquinto) Articolo divulgativo - Pubblicato, Mercoledì 6 Maggio 2015

La rete internet consente la condivisione e il trasferimento di dati tra persone localizzate in ogni parte del pianeta in modo pressochè istantaneo. La vastità dell'oceano informatico impedisce un controllo tout court sul materiale "storato" e condiviso, il che consente il proliferare di fenomeni criminosi in rete. La pedopornografia online è una piaga che affligge il web oramai da molto, troppo, tempo, ed i presidi posti dal legislatore a tutela del minore si dimostrano da sempre insufficienti. L'art. 600ter c.p. (inserito ex l. 3 agosto 1998, n. 269 e ss. modifiche) si occupa del reato di pornografia minorile, sanzionando con la medesima pena (1) una serie di condotte rivolte a minori di anni diciotto tutt'alto che omogenee: realizzazione di esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produzione di materiale pornografico; reclutamento o induzione alla partecipazione ad esibizioni io spettacoli pornografici ovvero dai suddetti ne trae profitto; commercializzazione di materiale pornografico. Ad una pena ridotta è soggetto chi, al di fuori delle ipotesi precedenti, con qualsiasi mezzo, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale dei minori di anni diciotto. L'art. 600quater c.p., introdotto successivamente, si apre con una clausola di riserva e punisce la detenzione di materiale pedopornografico e prevede una aggravante speciale qualora il materiale detenuto sia di ingente quantità. Con la legge 6 febbraio 2006 n. 38 si affidò al "Centro Nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet" la lotta a questo odioso crimine. Il Centro è istituito presso il Servizio Polizia postale e delle comunicazioni del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, e si occupa di prevenzione e repressione di questi reati. Il Centro monitora e ricerca gli spazi virtuali clandestini nei quali vengono offerti immagini e filmati di minori abusati. A seguito del monitoraggio e del dialgono con altre istituzioni, 2 / 6

anche internazionali, viene stilata la c.d. black list dei siti pedopornografici in rete e viene fornita agli Internet Service Provider affinchè ne inibiscano la navigazione attraverso apposite tecniche di filtraggio. Sempre la stessa legge istituì l'osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con compiti di monitoraggio del fenomeno per il raccordo di tutte le Istituzioni interessate alle tematiche minorili, inclusi gli organi giudiziari e i Servizi sociali. A livello mondiale Interpol, con la partecipazione di Europol, attua quotidianamente collaborazioni internazionali di Polizia per l'identificazione delle vittime della pedopornografia, dovunque esse risiedano. Nonostante i continui tentativi di adeguamento e modernizzazione legislativa i mezzi a disposizione per fermare questo turpe fenomeno paiono sempre insufficienti. Ulteriore elemento di complicanza è costituito dal numero di giovani che nel 2015 dispongono di un profili su social network e su applicazioni di messaggistica mobile. Si consideri che al 2015 il 75% dei minori dispone di un account Facebook e quasi il 60% è dotato di un sistema di messaggistica su smartphone. Questo rende ancor più facile l'adescamento del minore attraverso la creazione, da parte dei criminali, di profili falsi (andando così ad integrare anche il reato di furto di identità). Recentemente la Corte di Cassazione (sent. 16340/2015) si è pronunciata proprio sull'utilizzo dei social nella perpetrazione del reato di pedopornografia online, confermando la condanna in Appello nei confronti di un uomo imputato di reati di violenza sessuale aggravata e pornografia minorile ai danni di una minorenne. La terza sezione penale non ha considerato fondata la difesa dell'imputato, la quale si basava sull'insussistenza del reato ex art. 600ter co.1 "non sussistendo nell'imputato alcun intento diffusivo a una cerchia indeterminata di pedofili del materiale pornografico nè essendosi egli avvalso di una organizzazione, neanche a livello embrionale". L'imputato sosteneva di aver condiviso foto pornografiche della vittima minorenne con il solo scopo di soddisfare i propri impulsi sessuali e non con l'intento di 3 / 6

condividere il materiale con altri pedofili. La Suprema corte ha affermato che il "delitto di pornografia minorile costituisce reato di pericolo concreto", "mediante il quale l'ordinamento appresta una tutela penale anticipata della libertà sessuale del minore, reprimendo quei comportamenti prodromici che, anche se non necessariamente a fine di lucro, ne mettono a repentaglio il libero sviluppo personale con la mercificazione del suo corpo e l'immissione nel circuito perverso della pedofilia", come insegnano le Sezioni Unite nella sentenza 31 maggio 2000 n. 13 citata anche nel ricorso; pertanto, insegnano ancora le Sezioni Unite, sussiste, salva l'ipotizzabilità di altri reati, quando ricorre "una consistenza tale da implicare concreto pericolo di diffusione del materiale prodotto". Detto pericolo deve essere accertato di volta in volta dal giudice, sulla base di vari elementi sintomatici, tra i quali le Sezioni Unite annoverano anche l'esistenza di una struttura organizzativa, seppure eventualmente rudimentale, "atta a corrispondere alle esigenze di mercato dei pedofili" e "la disponibilità materiale di strumenti tecnici di riproduzione e/o trasmissione, anche telematica, idonei a diffondere il materiale pornografico in cerchie più o meno vaste di destinatari". Insegnamento che si è consolidato nella giurisprudenza successiva di questa Sezione, la quale ha sempre colto come parametro della sussistenza del reato la consistenza del pericolo concreto di diffusione materiale (Cass. sez. 3^, 21 gennaio 2005 n. 5774; Cass. sez. 3^, 1 dicembre 2009 n. 49604), tale da non limitare la fruizione del prodotto pornografico in una sfera strettamente privata (Cass. sez. 3^, 20 novembre 2007-14 gennaio 2008 n. 1814), e supportata dall'inserimento della condotta in un contesto come minimo embrionale da cui derivi una destinazione almeno potenziale del materiale ad una fruizione successiva di terzi (Cass. sez. 3^, 11 marzo 2010 n. 17178; v pure Cass. sez. 3^, 5 giugno 2007 n. 27252, correttamente citata anche nel ricorso)". Nel caso di specie la Corte afferma che il livello di notorietà di un social network del calibro di Facebook esonera il giudice dall'accertamento del pericolo concreto della idoneità dello stesso alla diffusione del materiale ad una cerchia indefinita di utenti, in particolare "Il convogliamento di materiale, in questi casi, sulla bacheca di un account si traduce in una metastasi diffusiva con la massima facilità. La "cerchia sterminata di pedofili" - come si esprimeva con suggestiva efficacia e oggettivo ribrezzo l'arresto sopra citato delle Sezioni Unite -, quindi, ormai non è più agevolmente e specificamente estrapolabile da una platea così estesa, miscelata e in ultima analisi onnicomprensiva 4 / 6

come quella di un social network quale Facebook, per cui l'inserimento del materiale nel relativo meccanismo diffusorio è già di per sè potenzialmente idoneo, ovvero integra il pericolo concreto di diffusione anche tra i pedofili", In questo modo la Corte di Cassazione, attraverso la propria funzione di giudice nomofilattico, estende l'ambito di applicazione del reato di pornografia minorile a casi limite di condivisione di materiale su profili a visibilità limitata (o a scarsa visibilità), in modo da corrodere le sacche di impunità che negli anni sono state lasciate proliferare. Una riflessione sorge però necessaria nel momento in cui nell'ordinamento italiano il primario compito di adeguamento dell'assetto normativo ai mutamenti della realtà dovrebbe spettare al legislatore e non all'organo giudiziario. (1) Art. 600 ter c.p. "[I]. È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque: 1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico; 2) recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto [600-septies, 600-septies.1, 600-septies.2, 602-ter]. [II]. Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma. [III]. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde (3) o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero 5 / 6

distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni di-ciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 2.582 euro a 51.645 euro [600-septies, 600-septies.1, 600-septies.2, 602-ter]. [IV]. Chiunque al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164 [600-septies, 600-septies.1, 600-septies.2, 602-ter, 609-decies, 734-bis]. [V]. Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità. [VI]. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000 [600-septies, 600-septies.1, 600-septies.2]. [VII]. Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali. 6 / 6