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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8735 Anno 2018 Presidente: FUMO MAURIZIO Relatore: MORELLI FRANCESCA Data Udienza: 05/12/2017 SENTENZA sul ricorso proposto da: BELGRADO ANTONELLA nato il 21/07/1962 a UDINE avverso la sentenza del 19/09/2016 della CORTE APPELLO di TRIESTE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA MORELLI Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PASQUALE FIMIANI che ha concluso per Il Proc. Gen. conclude per l'annullamento senza rinvio Udito il difensore L'avv. Monai, sollevando eccezione sulla modalità di presentazione del ricorso, chiede l'inammissibilità come da conclusioni che deposita unitamente alla nota spese. L'avv. Dri chiede rigettarsi dell'eccezione e insiste per l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello di Trieste ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Udine del 26.3.15, che aveva condannato Belgrado Antonella alla pena di giustizia ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in quanto colpevole del reato di cui all'art.489 c.p. per avare fatto uso di falsi attestati di frequenza a corsi di prevenzione. La Corte ha assolto l'imputata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, prendendo atto che l'art. 489 co.2 c.p. è stato abrogato con d.lgs. n.7 del 2016, l'ha condannata alla sanzione pecuniaria civile di euro 500 ed ha confermato le statuizioni civili, con condanna alla rifusione delle spese di difesa della parte civile sostenute nel secondo grado. 2. Propone ricorso il difensore dell'imputata denunziando, con il primo motivo, violazione di legge e vizi motivazionali, per la mancata valutazione degli elementi che avrebbero dovuto condurre ad una assoluzione perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato. 2.1.Con il secondo motivo viene dedotta la violazione di legge con riguardo alla conferma delle statuizioni civili. 2.2. Con il terzo motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali in riferimento alla condanna alla sanzione pecuniaria civile. 2.3. Con il quarto motivo si deducono analoghi vizi con riguardo alla ritenuta sussistenza di un danno risarcibile. 2.4. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge, essendo errata la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel secondo grado di giudizio. 2.5. Con il sesto motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali con riferimento all'ammontare della sanzione irrogata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Va preliminarmente osservato che il ricorso è stato trasmesso per posta alla Cancelleria della Corte d'appello, risulta sottoscritto dell'imputata e la sottoscrizione è stata autenticata dai difensori avvocato Andrea Dri e avvocato Alessia Cisilino. L'avvocato Dri è iscritto all'albo dei difensori abilitati al patrocinio innanzi alla Corte di Cassazione soltanto dal novembre 2017, quindi non lo era al momento della presentazione del ricorso, e l'avvocato Cisilino tuttora non è abilitato. 1

Orbene, è inammissibile l'impugnazione proposta personalmente dall'imputato a mezzo raccomandata la cui sottoscrizione non sia autenticata, in quanto è necessario assicurarsi la certezza della sottoscrizione, che può provenire esclusivamente dall'attestazione dei soggetti a tal fine espressamente designati dalla legge (Sez. 5, n. 11116 del 22/01/2015 Rv. 263039 e precedenti conformi N. 25967 del 2004 Rv. 229709, N. 33873 del 2007 Rv. 237589, N. 26151 del 2008 Rv. 240730, N. 46666 del 2012 Rv. 253964). E' ammessa l'autenticazione del ricorso in cassazione da parte del difensore soltanto se si tratti di un avvocato iscritto all'albo dei difensori abilitati al patrocinio innanzi alle Giurisdizioni superiori (Sez. F, n. 36277 del 30/08/2016 Rv. 267943 e precedenti conformi: N. 32668 del 2006 Rv. 235072, N. 46666 del 2012 Rv. 253964). Sotto tale profilo, quindi, il ricorso è inammissibile. 2. Va evidenziato, tuttavia, che, nel caso in esame, si verte in tema di reato depenalizzato e delle conseguenze della depenalizzazione sull'azione civile e con riguardo alla irrogazione delle sanzioni pecuniarie civili, sicché va chiarito in che misura la Corte di Cassazione possa intervenire ad annullare statuizioni illegittime se investita della questione in base ad una impugnazione inammissibile. Sul punto esistono due diversi orientamenti nella giurisprudenza di legittimità. Secondo un primo orientamento, l'inammissibilità del ricorso per cassazione per qualunque causa verificatasi non impedisce la possibilità di dichiarare la depenalizzazione del reato nel frattempo intervenuta (Sez. 5, n. 48005 del 19/10/2016 Rv. 268167; Sez. 5, n. 44088 del 02/05/2016 Rv. 267751; Sez. 5, n. 40282 del 14/04/2016 Rv. 268204; Sez. 5, n. 1787 del 22/09/2016, dep. 16/01/2017,Rv. 268753). In senso contrario Sez. 5, n. 40290 del 14/04/2016 ; R v. 268205; Sez. 5, n. 42315 del 02/05/2016 Rv. 268463, che valutano come impeditiva rispetto alla accertamento che il fatto non è più previsto come reato l'intervenuta rinuncia al ricorso, ed altresì Sez. 5, n.27815 del 17/01/2017 Rv. 270451 In posizione apparentemente analoga ma che, in realtà, ribadisce il primo degli orientamenti giurisprudenziali sopra citati Sez. 5, n. 27821de1 19/04/2017 Rv. 270378 x secondo cui "In tema di impugnazioni, la Corte di cassazione può rilevare d'ufficio l'intervenuta "abolitio criminis" anche nel caso di rinuncia al ricorso, trattandosi di causa di inammissibilità che, diversamente dell'intempestiva proposizione del ricorso, interviene dopo la valida instaurazione del rapporto processuale". 2

2.1. Questo Collegio ritiene di aderire al primo orientamento, in ossequio al principio della ragionevole durata del processo, che impone di evitare una pronunzia di inammissibilità che avrebbe quale unico effetto un rinvio della soluzione alla fase esecutiva. A ben vedere, identiche ragioni impongono di considerare, oltre che l'accertamento della intervenuta abrogazione della norma penale, anche gli ulteriori effetti, in tema di risarcimento del danno e sanzioni civili, inevitabilmente connessi alla depenalizzazione. Si può, quindi, affermare che l'inammissibilità del ricorso per cassazione, per qualunque causa verificatasi, non impedisce la possibilità di dichiarare la depenalizzazione del reato nel frattempo intervenuta né di revocare le statuizioni civili e di annullare le sanzioni civili illegittimamente irrogate dal giudice di merito. Va, infatti, osservato che l'accertamento dell'illegalità della pena, quale è l'irrogazione della sanzione pecuniaria civile ad opera della Corte d'appello, non è precluso dall'inammissibilità del ricorso (Sez. 5, n. 46122 del 13/06/2014 Rv. 262108). 3. La sentenza impugnata deve essere, quindi, annullata laddove conferma le statuizioni civili, in ossequio ai principi enunciati da Sezioni Unite n. 46688 del 29/09/2016 Rv. 267884 (In caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice dell' impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili, fermo restando il diritto della parte civile di agire "ex novo" nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l'eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile). Va, parimenti, annullata la condanna dell'imputata al pagamento della sanzione pecuniaria civile di euro 500, posto che, secondo il disposto dell'art.8 d.lgs. 7/16, tale sanzione è irrogata dal giudice competente a conoscere dell'azione di risarcimento del danno. 4. Pur non ignorando l'esistenza di una pronuncia in senso contrario (Sez. 3, n. 37419 del 16/03/2017 Rv. 270743 secondo cui "È legittima la condanna dell'imputato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile in caso di assoluzione in appello per la trasformazione del reato in illecito civile ai sensi del d.lgs. 15 gennaio 2016 n. 7 ed annullamento delle statuizioni civili di condanna al risarcimento del danno, non risultando la parte civile soccombente"), si ritiene illegittima anche la condanna dell'imputata, in esito al giudizio di appello, alla rifusione delle spese di difesa della parte civile. 3

L'art.541 c.p.p. collega la condanna dell'imputato e del responsabile civile al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, alla sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento. L abrogazione del reato determina la revoca delle statuizioni civili e, conseguentemente, fa venir meno il titolo legittimante la pretesa della parte civile di vedersi rifuse le spese di difesa. 5. A stretto rigore, viste le premesse in tema di rilevabilità della intervenuta depenalizzazione e situazioni connesse nel caso in cui il ricorso sia inammissibile, il primo motivo di ricorso non andrebbe esaminato. Per ragioni di completezza espositiva, va comunque rilevato che ise l'abrogazione del reato è sopravvenuta ad una doppia conforme di condanna, come nel caso di specie, anche l'astratta fondatezza del ricorso indurrebbe a rilevare un vizio di motivazione senza, tuttavia, alcuna possibilità di seguito processuale ( S.U.n. 46688 del 29/09/2016 Rv. 267884 in motivazione). L'abolitio criminis fa venir meno l'esistenza della norma incriminatrice e tale circostanza processuale deve essere immediatamente dichiarata dal giudice. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata. Così deciso il 5 dicembre 2017 Il Presidente Maurizio Fumo