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Fecondazione eterologa, la Consulta non boccia il divieto (Guida al Diritto.it) di Marina Castellaneta Il precedente Il divieto di fecondazione eterologa non viola la Convenzione La Corte Costituzionale non boccia la fecondazione assistita eterologa, ma rinvia gli atti ai tribunali che avevano promosso i ricorsi. L'indicazione della Consulta è di valutare la questione alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'uomo del 3 novembre 2011. Quest'ultima aveva stabilito che impedire per legge alle coppie sterili di ricorrere alla fecondazione in vitro eterologa non è una violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Insomma i singoli tribunali dovranno decidere ancora ma nel frattempo resta in vigore il divieto della tecnica eterologa. Il pronunciamento della Corte Costituzionale arriva nel pomeriggio: i giudici della Consulta erano chiamati a decidere appunto sulla costituzionalità degli articoli della legge 40/2004 che riguardano la fecondazione assistita, che prevedono il divieto di fecondazione eterologa, ossia con ovociti o gameti non appartenenti alla coppia, sulla base di tre ordinanze di rinvio dei tribunali civili di Milano, Firenze e Catania. La decisione apre immediatamente il dibattito. Secondo l'ex sottosegretario alla salute Eugenia Roccella, «la questione della legittimità del divieto di fecondazione eterologa, anche se non lo è formalmente, è nella sostanza chiusa». Di parere diverso gli avvocati delle coppie promotrici dei ricorsi contro il divieto di fecondazione. Infatti, con la decisione di rinviare gli atti, come rileva l'avvocato Filomena Gallo, legale della coppia il cui ricorso ha dato l'avvio all'iter istituzionale che ha portato al pronunciamento della Consulta, la Corte ha espresso una posizione «interlocutoria», lasciando la possibilità ai magistrati che hanno sollevato dichiarazione di incostituzionalità di riformulare il quesito, non avendo però come parametro la sentenza della Corte Ue per i diritti dell'uomo che aveva legittimato il 'nò all'eterologa.

Anche secondo l'avvocato Marilisa D'Amico, ordinario di Diritto costituzionale all'università di Milano e legale di alcune coppie, quella della Corte è una «decisione interlocutoria, coi cui la Consulta dà spazio ai giudici che poi torneranno di fronte alla Corte stessa. Sono contenta ha commentato che la Corte non abbia chiuso la questione, ma l'abbia lasciata aperta e sono fiduciosa che tornerà ad affrontarla quando tra un anno, un anno e mezzo, i Tribunali gliela riproporranno». Una decisione comunque sofferta quella dei giudizi della Consulta che, secondo quanto si apprende, si sarebbero in una prima fase divisi tra chi avrebbe optato per una decisione definitiva e chi, invece, propendeva per una 'sospensione della decisione. Decisiva sarebbe stata la mediazione del presidente. Ma se la sentenza della Corte «si inserisce nel solco di equilibrio e di civiltà tracciato dalla Legge 40, e ribadito dalle sentenza della Corte europea» secondo Alfredo Mantovano (Pdl), di segno opposto è il giudizio di Livia Turco (Pd): «Dopo la decisione della Consulta afferma è sempre più evidente che il parlamento deve assumersi la responsabilità di rivedere la Legge 40. La politica non può lasciare che il difficile equilibrio di quel testo sia affrontato nei tribunali». Per 16 volte i giudici hanno deciso contro la legge 40 Cinque volte in tutto la legge 40 è finita sui banchi della Corte Costituzionale (nel 2005, due volte nel 2009 e una nel 2010 e infine ora). Se si considerano anche i ricorsi per altre parti della legge come quelli per ottenere la possibilità di congelamento degli embrioni, la diagnosi preimpianto e il limite di utilizzo di tre embrioni per ciclo di fecondazione sono complessivamente 16 le volte che i giudici hanno ordinato l'esecuzione delle tecniche di fecondazione secondo i principi Costituzionali affermando i diritti delle coppie e non secondo la legge 40. Questi i precedenti 2004 Il tribunale di Cagliari sentenzia che non c'è differenza tra gravidanza ottenuta con Pma e gravidanza naturale se sussistono i presupposti per accedere alla 194 la donna può abortire. Una donna a causa dell'obbligo contemporaneo di impiantare tutti gli embrioni prodotti aveva avuto un gravidanza trigemina. Il giudice ha permesso l'aborto. 2005 Il 16 luglio un giudice del tribunale di Cagliari aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13. Ad una donna portatrice sana di beta talassemia era stata negata la possibilità della diagnosi preimpianto. Il 9 novembre 2006, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il ricorso perché formulato in modo contraddittorio, ma senza entrare nel merito. 2007 Una sentenza del Tribunale di Cagliari ha riconosciuto che la diagnosi preimpianto è consentita. A dicembre anche il tribunale di Firenze ha confermato la decisione di Cagliari per un altra coppia, consentendo l'indagine preimpianto. 2008 Il 23 gennaio il Tar del Lazio, oltre ad annullare le linee guida per l'applicazione della legge per «eccesso di potere»nella parte in cui vietavano le indagini cliniche sull'embrione, ha sollevato la questione di costituzionalità delle norme (articolo 14, commi 2 e 3) che prevedono la possibilità di produrre un

numero di embrioni non superiore a tre e l'obbligo del contemporaneo impianto. Il 26 agosto del 2008 il tribunale di Firenze per due procedimenti diversi ha sollevato nuove questioni di costituzionalità sul limite della creazione di soli tre embrioni. Inoltre il giudice ha formulato «anche una proposta per ampliare la possibilità di congelare gli embrioni in più. 2009 La Consulta ha accolto la prima parte delle osservazioni con sentenza 151 del primo aprile, quanto alla seconda parte è stato introdotta una deroga al divieto di crioconservazione degli ovuli. 2010 Il 13 gennaio il giudice Antonio Scarpa, del Tribunale di Salerno, ha autorizzato, per la prima volta in Italia, la diagnosi genetica preimpianto ad una coppia fertile portatrice di una grave malattia ereditaria, l'atrofia Muscolare Spinale di tipo 1. Seguono decisioni in tal senso presso i tribunali di Firenze, Bologna e Salerno per altre coppie. In tutti questi casi il giudice consente anche le indagini preimpianto sull'embrione e il trasferimento in utero dei soli embrioni sani. Il 6 ottobre la prima sezione del Tribunale civile di Firenze ha sollevato il dubbio di costituzionalità sul divieto delle coppie sterili di accedere alla fecondazione eterologa, con ovuli o seme donati da persone esterne alla coppia. Il 22 ottobre il tribunale di Catania ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sulla parte della legge 40 che vieta la fecondazione eterologa, quella con seme o ovuli che arrivano da donatori esteri. Nel novembre dello stesso anno anche il tribunale di Milano ha conferma il dubbio di legittimità costituzionale sul divieto di eterologa sollevato al Tribunale di Firenze. GUIDA AL DIRITTO IL SOLE-24 ORE 14 N 46 19 NOVEMBRE 2011 Una brusca marcia indietro che spegne le speranze di tante coppie che avevano guardato a Strasburgo come ultima possibilità per rimuovere gli ostacoli all utilizzo di alcune forme di procreazione assistita posti nelle legislazioni nazionali, inclusa quella italiana che, con legge 16 febbraio 2004 n. 40 «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita», proibisce inmodo assoluto il ricorso alla fecondazione eterologa, prevedendo anche l applicazione di un sistema sanzionatorio. Il verdetto del Collegio - La Grand Chambre della Corte europea dei diritti dell uomo, il massimo organo giurisdizionale di Strasburgo, con sentenza del 3 novembre (S.H. e altri contro Austria, ricorso n. 57813/00), ha ritenuto che la scelta di uno Stato di proibire alcune tipologie di fecondazione eterologa non è contraria al diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dalla Convenzione europea dei diritti dell uomo (articolo 8), ribaltando le conclusioni della Camera che, invece,

con sentenza del 1 aprile 2010, aveva riconosciuto che il divieto assoluto di fecondazione eterologa in vitro non era compatibile con la Convenzione, tanto più che l impossibilità di ricorrere a questo tipo di fecondazione infrangeva il diritto alla vita familiare di ogni individuo e costituiva una violazione del divieto di discriminazione nei casi in cui erano trattate diversamente coppie che si trovarono in una situazione di infertilità. Questa conclusione aveva senza dubbio aperto a molte coppie la possibilità di rimuovere i divieti imposti dalla legislazione nazionale. Tuttavia, con la pronuncia della Grand Chambre, Strasburgo rimette la questione delle regole in materia di procreazione assistita interamente nellemani del legislatore nazionale. Il fatto - Due coppie austriache con problemi di fertilità risolvibili solo ricorrendo alla fecondazione in vitro con donazione esterna di ovuli o sperma, vietata, però, dalla legge austriaca, avevano presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell uomo. Sul piano nazionale, anche la Corte costituzionale austriaca aveva stabilito che le disposizioni nazionali fossero compatibili con i principi stabiliti dalla Convenzione europea. La Camera della Corte di Strasburgo non aveva condiviso queste conclusioni e aveva condannato l Austria ritenendo che vi fosse una violazione sia dell articolo 8, perché s impediva a coppie con problemi di infertilità la possibilità di costituire una famiglia, sia dell articolo 14 riguardante il divieto di discriminazione poiché erano trattate diversamente coppie che si trovavano in una situazione di sterilità. L Austria, il 1 luglio, aveva chiesto il deferimento del caso alla Grand Chambre che si è pronunciata il 3 novembre ribaltando il giudizio della Camera. Un verdetto che non ha mancato di scaldare gli animi suscitando reazioni di segno opposto, tra chi ha salutato la decisione come il riconoscimento della libertà dei governi di regolare la materia e chi lo ha visto come un limite alla libertà dell individuo di regolare la sua vita privata. n

Paesi che adottano leggi in materia di fecondazione Austria, Azerbaidjan, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Germania, Estonia, Federazione russa, Francia, Georgia, Grecia, Islanda, Italia, Lettonia, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina e Ungheria Paesi che adottano prassi cliniche Belgio, Finlandia, Irlanda, Malta, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Serbia e Slovacchia Fonte: Consiglio d Europa - Comitato sulla bioetica - Rapporto del 12 luglio 2005 - Cdbi/Inf (2005)7 Spente le speranze di una scelta internazionale la palla torna nell area del legislatore nazionale DI MARINA CASTELLANETA Le opzioni legislative in Europa S A N I T À E B I O E T I C A I L Q U A D R O G E N E R A L E GUIDA AL DIRITTO IL SOLE-24 ORE 15 N 46 19 NOVEMBRE 2011 Fecondazione eterologa: scusi lei è favorevole o contrario? Con la vicenda che ha investito Strasburgo ci si è avvicinati ai livelli di interesse suscitato nell opinione pubblica ai tempi del divorzio.un dibattito che non ha lasciato, ovviamente neutrali i governi nazionali, alcuni dei quali, come quello tedesco e italiano, sono intervenuti nel procedimento che ha condotto alla sentenza del 3 novembre (ricorso n. 57813/00) trovandosi su posizioni opposte rispetto a quelle di organizzazioni non governative. Il margine di discrezionalità concesso agli Stati nel campo della procreazione assistita - Il dato di partenza è l applicabilità dell articolo 8 che garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Sul punto, lo stesso Governo austriaco non ne ha più contestato l applicazione ai casi di fecondazione allineandosi così a quanto stabilito dalla Camera. Quest ultima, infatti, nella sentenza del 2010, aveva sancito che, in ragione della nozione ampia di vita privata che «include, inter alia, il diritto di stabilire e sviluppare relazioni con altri esseri umani», nonché altri aspetti come lo sviluppo della propria

personalità e «il diritto al rispetto della decisione di avere o non avere bambini», l articolo 8 deve essere applicato anche alle questioni legate alla procreazione. LaGrand Chambre ha condiviso questa conclusione anche in linea con la prassi giurisprudenziale precedente. Nel caso Dickson contro Regno Unito, ad esempio, la Corte, con sentenza del 4 dicembre 2007, aveva ritenuto applicabile l articolo 8 nel caso di rifiuto delwww.guidaaldiritto.ilsole24ore.com (area IL DOCUMENTO DELLA SETTIMANA) IL COMMENTO DI MARINA CASTELLANETA Il dato di partenza è l applicabilità dell articolo 8 sul rispetto della vita privata e familiare Corte europea dei diritti dell Uomo - Grande Camera Sentenza 3 novembre 2011 - Ricorso n. 57813/00 - Commento (Presidente Costa; S.H. e altri contro Austria) Scarica il testo della sentenza all indirizzo: LA MASSIMA Sanità e bioetica - Fecondazione in vitro - Donazione di sperma e di ovociti - Normativa interna - Ammissibilità della procreazione assistita eterologa - Divieto di donazione di ovociti - Eventuale contrarietà alla Convenzione europea dei diritti dell uomo - Diritto al rispetto della vita privata e familiare - Divieto di discriminazione - Mancanza di consenso tra gli Stati membri - Autonomia degli Stati nella scelta della legislazione in materia di procreazione - Esistenza di obblighi positivi e negativi - Divieto di ricorrere alla donazione di sperma e di ovociti - Compatibilità con la Convenzione. (Convenzione europea dei diritti dell uomo, articoli 8 e 14) Gli Stati parti alla Convenzione europea dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali hanno il diritto di scegliere le regole interne idonee a disciplinare l accesso alla procreazione assistita di carattere eterologo. Non è contraria al diritto al rispetto della vita privata e familiare, che si applica anche ai casi in cui i genitori cerchino di avere figli, la normativa interna che, tenendo conto di motivazioni etiche e giuridiche, vieta il ricorso ad alcune forme di fecondazione eterologa. In assenza di un consenso tra gli Stati parti e di atti internazionali in materia, gli Stati hanno libertà di scelta nella predisposizione del quadro normativo anche se le autorità nazionali devono tener conto dei mutamenti introdotti dalla scienza medica. La Grande camera della Cedu inverte la rotta:

legittimo il divieto di fecondazione eterologa S A N I T À E B I O E T I C A L A N A L I S I D E L L A D E C I S I O N E GUIDA AL DIRITTO IL SOLE-24 ORE 16 N 46 19 NOVEMBRE 2011 le autorità nazionali di consentire il ricorso all inseminazione artificiale a un detenuto e a sua moglie proprio perché il diritto al rispetto della vita familiare include il diritto a diventare genitori biologici. Detto questo, però, Austria, Germania e l Italia hanno rivendicato il potere degli Stati di porre limiti al ricorso ad alcune tipologie di procreazione assistita anche per evitare abusi e forme di selezione genetica, possibili, a loro dire, soprattutto ricorrendo alla fecondazione in vitro. In quest ultimo caso, per il governo austriaco, si pongono numerosi problemi di carattere etico e giuridico, anche perché sussiste il legittimo interesse del bambino a essere informato sull identità di coloro che hanno permesso la sua nascita con la donazione di sperma e ovociti. Anche la Germania, evidenziando la legittimità della propria legislazione che vieta la fecondazione eterologa, ha rimarcato che tale divieto è dovuto alla necessità di tutelare il benessere del bambino che non deve trovarsi in situazione di ambiguità riguardo all identità della madre. Non solo. Anche dal punto di vista legale la situazione è densa di incertezze. La madre biologica potrebbe ritenere quella genetica responsabile di alcune malattie del bambino e addirittura arrivare a respingere il bimbo. Per quanto riguarda l Italia, ribadito che la legislazione italiana è differente da quella austriaca perché proibisce ogni forma di fecondazione eterologa, il Governo ha sostenuto che l articolo 8 non pone sugli Stati alcun obbligo positivo: di conseguenza, le autorità nazionali non sono tenute a mettere a disposizione delle coppie con problemi di sterilità tutte le tecniche

mediche per assicurare la procreazione. La Grand Chambre, preso atto che in numerosi Paesi europei si fa ricorso alla procreazione assistita, ha evidenziato che gli Stati non hanno un approccio uniforme in ordine all individuazione delle regole sui rapporti che possono determinarsi con i donatori. Meglio garantire l anonimato del donatore o potrebbe essere più utile al minore conoscere l identità dei genitori genetici? A queste domande, i Paesi del Consiglio d Europa non hanno dato una risposta uniforme e tuttora non vi sono soluzioni definitive. Una situazione d incertezza che, però, ad avviso della Grand Chambre non incide sull obbligo degli Stati di applicare l articolo 8 e, nell assicurarne il pieno rispetto, di valutare non solo la sussistenza di obblighi negativi che impongono alle autorità nazionali di astenersi dall interferire nella vita privata e familiare dell individuo, ma anche di obblighi positivi. Questo vuol dire che, sul piano interno, sono necessariemisure finalizzate ad assicurare la piena attuazione del diritto alla realizzazione della vita privata e familiare, raggiungendo un equilibrio tra i diversi interessi in gioco. La legittimità di alcune restrizioni all accesso alla procreazione assistita - La legislazione austriaca vieta, come detto, la fecondazione in vitro con donazione esterna di ovuli o di sperma. Ora, la Corte ritiene che tale restrizione persegua un fine legittimo e può essere considerata necessaria in una società democratica in ragione dell ampiomargine di apprezzamento concesso agli Stati, tanto più che la Corte non può certo sostituirsi agli Stati «nel determinare la più appropriata politica per regolare il settore della procreazione artificiale». A ciò si aggiunga che la discrezionalità degli Stati e la loro autonomia nel predisporre una regolamentazione in uno specifico settore aumenta laddove manca un consenso tra gli Stati membri del Consiglio d Europa. È questo il caso della procreazione assistita che, tra l altro, pone

questioni etiche emorali di grande rilievo. Anche la Grand Chambre, al pari della Camera, ha fatto il punto sulla situazione legislativa nei diversi Stati avvalendosi di taluni studi effettuati nel contesto del Consiglio d Europa. Paesi come Italia, Lituania, Turchia e Austria vietano la donazione di sperma (ammessa invece in altri Paesi) e negano la donazione di ovociti al pari di Croazia, Germania,Norvegia e Svizzera, con legislazioni, però, che, pure perseguendo le stesse finalità, presentano talune differenze. Austria, Germania e Italia hanno rivendicato il potere degli Stati di porre dei paletti anche per evitare abusi e forme di selezione genetica, possibili, a loro dire, soprattutto ricorrendo alle tecniche in vitro S A N I T À E B I O E T I C A L A N A L I S I D E L L A D E C I S I O N E GUIDA AL DIRITTO IL SOLE-24 ORE 17 N 46 19 NOVEMBRE 2011 Pur riconoscendo, quindi, che sussiste una chiara tendenza verso la donazione di gameti nel campo della fecondazione in vitro, la Corte ritiene che questo consenso non è dovuto a principi consolidati, con la conseguenza che non può incidere sull autonomia attribuita agli Stati che devono bilanciare le esigenze individuali con quelle degli interessi della collettività. È vero - precisa la Corte - che non sembrano sussistere ragioni a un divieto assoluto al ricorso alla procreazione assistita condotta con donazione di ovuli, ma è giustificato che gli Stati procedano con particolare cautela in un settore nel quale gli avanzamenti scientifici sono continui. La scelta della legislazione austriaca di riservare l utilizzo delle tecniche di procreazione assistita a personale medico esperto e di proibire ogni forma di remunerazione per le donazioni di ovuli e di sperma appare

conforme alla Convenzione tanto più che mira a evitare forme di eugenetica e fenomeni di sfruttamento. Un vuoto di consenso che lascia spazio alla discrezionalità - A ciò si aggiunga che non c è un atto internazionale che preveda una regolamentazione sulla materia. Sia la Convenzione sulla biomedicina del 1997, sia il Protocollo del 2002, nonché la direttiva Ue 2004/23 sono silenti sulla questione e riconoscono l autonomia degli Stati. Una chiara assenza di consenso nell ordinamento internazionale sul tema della procreazione assistita che lasciamaggiore spazio agli interventi discrezionali. La Grand Chambre ha poi cura di precisare che il legislatore austriaco ha tenuto conto degli aspetti generali delle questioni da affrontare. D altra parte - osserva la Corte - l articolo 8 richiede l adozione di norme che regolano gli aspetti importanti della vita familiare e privata, ma non certo ogni singolo interesse riguardante questioni individuali che possono assumere rilievo nei singoli casi. È compito del legislatore, poi, assicurare un sistema normativo che fornisca un quadro certo ai fini della sicurezza giuridica che la collettività deve avere. Anche l ammissibilità di alcune tecniche e non di altre nel quadro normativo della procreazione assistita non può essere specifico oggetto di analisi perché il quadro va analizzato nel suo complesso e in un contesto più ampio rispetto alla singola fattispecie. Il legislatore austriaco, nel vietare donazioni eterologhe, ha tenuto conto degli orientamenti della società nazionale e delle possibili ripercussioni negative che potrebbero verificarsi sul bambino, nonché di eventuali abusi derivanti da questo sistema. Il consentire la donazione di sperma e non quella di ovociti è un segnale dell attenta analisi effettuata dal legislatore che ha considerato essenziale per il bambino avere un unica madre e non separare quella genetica da quella biologica. Inmodo singolare, poi, la Grand

Chambre considera positivo che l Austria non impedisce, né punisce coloro che si recano all estero per ricorrere a queste tecniche ritenendo che la società austriaca non è pronta ad accoglierle nel proprio ordinamento, ma che al singolo è consentito farvi ricorso andando in altri luoghi. Ma, in questo caso, i rischi di abusi vengonomeno? Non si pone più il problema del diritto del bambino ad avere informazioni sulla madre? A queste domande, a nostro avviso cruciali, la Grand Chambre non dà risposta, rilevando che il codice civile austria- Il precedente contrario Sanità e bioetica - Procreazione medicalmente assistita eterologa - Legislazioni nazionali - Divieto assoluto - Contrarietà alla Convenzione europea dei diritti dell uomo - Contrasto con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e con il divieto di discriminazione - Sussistenza di giustificazioni - Evitare il rischio di tecniche selettive di procreazione - Obiettivo legittimo - Possibilità di ricorrere a misure proporzionali - Carattere sproporzionato dei divieti assoluti. (Convenzione europea dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali, articoli 8 e 14). Il divieto di utilizzare le tecniche di procreazione assistita di carattere eterologa non è compatibile con la Convenzione europea. Gli Stati sono liberi di prevedere il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, ma nel momento in cui ammettono la possibilità di utilizzare tale tecnica non devono discriminare tra le coppie a seconda del tipo di infertilità. Non è compatibile con la Convenzione europea il divieto assoluto di fecondazione eterologa anche perché gli Stati possono ricorrere a misure proporzionali rispetto agli obiettivi perseguiti, senza limitare i diritti riconosciuti nella Convenzione. n Corte europea dei diritti dell Uomo, sentenza 1 aprile 2010 - Ricorso n. 57813/00; Sh e altri contro Austria S A N I T À E B I O E T I C A L A N A L I S I D E L L A D E C I S I O N E GUIDA AL DIRITTO IL SOLE-24 ORE 18 N 46 19 NOVEMBRE 2011 co consente di regolarizzare la situazione. Una valutazione che porta la Corte a concludere che non si è verificata una violazione dell articolo 8 della Convenzione e tantomeno dell articolo 14 che vieta ogni forma di discriminazione. Detto questo, però, Strasburgo aggiunge un tassello, a questo punto, forse, per ragioni più politiche che giuridiche, tenendo conto delle legittime richieste di numerose coppie alle prese con problemi di infertilità per le quali è certo inaccettabile che il proprio Paese vieti in casa determinati comportamenti, ma spiani la strada alla possibilità di andare all estero regolando la situazione ex post, con ciò di fatto compiendo, a nostro avviso, una discriminazione sulla base del censo perché solo coppie con ampie possibilità economiche potranno effettuare viaggi e cure

costose e ripetute in altri Paesi. Per lagrand Chambre, il Parlamento austriaco è tenuto, al pari di quelli di altri Stati, a effettuare una nuova e più ampia valutazione della legislazione in materia, chiedendo che vengano prese in considerazione le modifiche introdotte dalla scienza. Pertanto, anche se nel caso di specie, non vi è stata alcuna violazione della Convenzione, tenendo conto che si tratta di un settore in continua evoluzione proprio in ragione dei cambiamenti e degli sviluppi della tecnica e della medicina, il legislatore deve adeguarsi alle novità. Gli effetti sull ordinamento italiano - Se la sentenza della Camera del 2010 aveva accesomolte speranze anche per le coppie italiane, la pronuncia della Grand Chambre arresta ogni entusiasmo sulla possibile riforma della legge interna. Com è noto, l Italia, ha una posizione restrittiva perché la legge 16 febbraio 2004 n. 40, oltre a impedire la diagnosi preimpianto, proibisce il ricorso alla fecondazione eterologa, punendo chi vi fa ricorso non più con la detenzione, ma con una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 300mila e 600mila euro. Sull applicazione di una parte di questa legge è stata chiamata a pronunciarsi la Corte europea su ricorso di una coppia di cittadini italiani che non può accedere, a causa della legislazione interna, allo screening di embrioni malgrado il rischio di una grave malattia genetica per il feto (ricorso n. 54270/10). Anche in questo caso è stata contestata la violazione dell articolo 8 della Convenzione europea, che garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare, nonché dell articolo 14 sul divieto di discriminazioni perché la coppia non può ricorrere alla fecondazione in vitro e quindi allo screening degli embrioni. In Italia, infatti, la fecondazione in vitro è ammessa solo nei casi di sterilità e lo screening è permesso solo se il partner di sesso maschile abbia una malattia sessualmente trasmissibile come l Aids (decreto

del ministero della salute n. 31639 dell 11 aprile 2008). La coppia aveva avuto un figlio che era risultato malato di fibrosi cistica e dopo aver dovuto ricorrere all aborto durante una seconda gravidanza avendo accertato la malattia del feto, voleva essere certa, con la diagnosi pre-impianto, di non trasmettere lamalattia a un altro figlio. Tuttavia, proprio perché la legge n. 40 vieta la fecondazione in vitro per le coppie non affette da sterilità, gli aspiranti genitori hanno presentato, il 13 ottobre 2010, proprio dopo la pronuncia della Camera nei confronti dell Austria, ma prima di quella della Grand Chambre, ricorso alla Corte che deve ora pronunciarsi sulla ricevibilità del ricorso e, poi, eventualmente sull eventuale sussistenza della violazione. n Il caso italiano pendente Resta pendente alla Corte europea dei diritti dell Uomo il ricorso presentato da una coppia italiana, in cui entrambi i componenti sono portatori di fibrosi cistica. La strada di Strasburgo è stata intrapresa nella speranza di arrivare a utilizzare le tecniche di procreazione medicalmente assistita per avere un figlio sano scegliendo gli embrioni privi di alterazioni genetiche. Nel ricorso gli avvocati dei due coniugi sostengono che con il divieto di selezionare gli embrioni verrebbe violato il diritto alla vita privata e familiare, oltre a quello di non essere bersaglio di discriminazioni rispetto a genitori sani, principi sanciti dagli articoli 8 e 14 della Convenzione europea sui diritti dell uomo. La Cedu, nel comunicato con cui il 27 giugno scorso aveva annunciato di aver avviato il procedimento, ha ricordato come coppie nella stessa situazione in altri Paesi possono servirsi della selezione degli embrioni e accedere alle tecniche, possibilità quest ultima che la legge n. 40 riconosce solo in presenza di diagnosi di infertilità. È la prima volta che la Corte si occupa della legge italiana che, a differenza di quella austriaca vieta anche la donazione del seme finalizzata alla fecondazione «in vitro», dando il via libera solo a quella «in vivo». S A N I T À E B I O E T I C A L A N A L I S I D E L L A D E C I S I O N E