Storia. dell Aeronautica Militare Italiana. Storia dell Aeronautica



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Transcript:

Aeronautica Militare Comando Generale delle Scuole DIVISIONE FORMAZIONE SOTTUFFICIALI E TRUPPA S.S.A.M. Caserta Storia dell Aeronautica Militare Italiana 1

2 Storia dell Aeronautica

ATTO DI APPROVAZIONE Approvo la pubblicazione dell opera dal titolo: Storia dell Aeronautica Militare Italiana Il Comandante la Div. Formazione Sottufficiali e Truppa - S.S.A.M. (Gen. Div. Salvatore LIVATINO) 3

4 Storia dell Aeronautica

Lo stemma dell Aeronautica Militare Storia dell Aeronautica Lo stemma dell Aeronautica Militare, sormontato dall aquila turrita, simbolo dei piloti militari, racchiude i distintivi di quattro squadriglie che, durante la Prima Guerra Mondiale, si misero in luce per abilità, coraggio ed eroismo. Il cavallo / leone alato con fiaccola raffigura il distintivo dell impavida 27ª Squadriglia Aeroplani, erede della 10ª Squadriglia Farman; fu protagonista, nel primo conflitto mondiale, di numerose missioni di ricognizione e di bombardamento. Il quadrifoglio ri- produce il simbolo della 10ª Squadriglia da bombardamento Caproni, anch es- sa impiegata in audaci azioni belliche durante la Grande Guerra. Il grifo rampante rappresenta l insegna della 91ª Squadriglia da Caccia, nota come Squadriglia degli Assi, che ebbe tra le sue file eroi come Francesco Baracca, Piccio, Ruffo di Ca- labria e Ranza. Il celebre leone di San Marco fu adottato come emblema dalla 87ª Squadriglia Aeroplani, ribattez- zata La Serenissima, in omaggio alla città di Venezia; è di questa squadriglia l epico volo su Vienna al comando di Ga- briele D Annunzio. Accompagna lo stemma il cartiglio con il motto Virtute Siderum Tenus (con valore verso le stelle), che sintetizza il coraggio, la bravura ed il sacrificio di tutti gli Aviatori italiani. 5

Medaglie concesse alla Bandiera dell Aeronautica Croce di Cavaliere dell Ordine Militare d Italia Roma, 13 settembre 1991 Croce di Cavaliere dell Ordine Militare di Savoia Roma, 28 aprile 1937 Medaglia d Oro al Valor Militare Roma, 4 giugno 1936 Medaglia d Oro al Valor Militare Roma, 31 gennaio 1949 Medaglia d Oro al Valor Aeronautico Roma, 12 marzo 1973 Medaglia d Argento al Valor Militare Roma, 5 giugno 1920 Medaglia d Argento al Valor Militare Roma, 8 ottobre 1920 Medaglia d Argento al Valor Militare Roma, 20 dicembre 1928 Medaglia d Argento al Valor Militare Roma, 3 ottobre 1929 Medaglia d Argento al Valor Militare Roma, 25 aprile 1932 Croce di Guerra al Valor Militare Roma, 11 marzo 1926 Medaglia d Oro Ai Benemeriti della Salute Pubblica Roma, 3 aprile 1981 6

I Capi di Stato Maggiore dell Aeronautica Militare Gen. D.A. Pier Ruggero Piccio 1 gennaio 1926-6 febbraio 1927 Gen. S.A. Armando Armani 10 febbraio 1927-13 ottobre 1928 Gen. B.A. Giuseppe Valle 22 febbraio 1930-23 novembre 1933 Gen. D.A. Antonio Bosio 23 novembre 1933-22 marzo 1934 Gen. S.A. Giuseppe Valle 22 marzo 1934-10 novembre 1939 Gen. S.A. Francesco Pricolo 10 novembre 1939-15 novembre 1941 Gen. S.A. Rino Corso Fougier 15 novembre 1941-26 luglio 1943 Gen. D.A. Renato Sandalli 27 luglio 1943-18 giugno 1944 Gen. D.A. Pietro Piacentini 19 giugno 1944-11 dicembre 1944 Gen. S.A. Mario Aimone 13 dicembre 1944-25 febbraio 1951 Gen. S.A. Aldo Urbani 25 febbraio 1951-10 novembre 1954 Gen. S.A. Ferdinando Raffaelli 10 novembre 1954-1 febbraio 1958 Gen. S.A. Silvio Napoli 1 febbraio 1958-1 settembre 1961 Gen. S.A. Aldo REMONDINO 1 settembre 1961-28 febbraio 1968 Gen. S.A. Duilio FANALI 28 febbraio 1968-31 ottobre 1971 Gen. S.A. Vincenzo LUCERTINI 1 novembre 1971-27 febbraio 1974 Gen. S.A. Dino CIARLO 27 febbraio 1974-19 giugno 1977 Gen. S.A. Alessandro METTIMANO 20 giugno 1977-1 aprile 1980 Gen. S.A. Lamberto BARTOLUCCI 2 aprile 1980-12 ottobre 1983 Gen. S.A. Basilio COTTONE 19 ottobre 1983-17 settembre 1986 Gen. S.A. Franco PISANO 18 settembre 1986-15 aprile 1990 Gen. S.A. Stelio NARDINI 16 aprile 1990-24 marzo 1993 Gen. S.A. Adelchi PILLININI 25 marzo 1993-3 giugno 1995 Gen. S.A. Mario ARPINO 4 giugno 1995-5 febbraio 1999 Gen. S.A. Andrea FORNASIERO 5 febbraio 1999-3 agosto 2001 Gen. S.A. Sandro FERRACUT 3 agosto 2001-4 agosto 2004 Gen. S.A. Leonardo TRICARICO 5 agosto 2004-19 settembre 2006 Gen. S.A. Vincenzo CAMPORINI 20 settembre 2006-29 gennaio 2008 Gen. S.A. Daniele TEI 29 gennaio 2008-25 febbraio 2010 Gen. S.A. Giuseppe BERNARDIS 25 febbraio 2010-24 febbraio 2013 Gen. S.A. Pasquale PREZIOSA 25 febbraio 2013 7

8 Storia dell Aeronautica

Capitolo I Dagli aerostieri alla vigilia del primo conflitto mondiale Dai palloni all affermazione del più pesante Il 28 marzo 1923 fu fondata l Aeronautica Militare come forza armata autonoma. Le sue origini risalgono, però, a qualche decennio prima quando, sullo scenario del potenziale bellico nazionale, fa il suo primo e ancor timido ingresso una nuova specialità il cui sviluppo è legato, almeno per il momento, al più leggero dell aria, a quei palloni, cioè, grazie ai quali arditi aeronautici avevano conquistato il cielo. Siamo nel 1884 per l esattezza e, agli ordini del tenente Alessandro Pecori Giraldi, viene costituito a Roma dapprima al Forte Tiburtino, quindi alla caserma di Castel Sant An ge lo un Servizio aeronautico che, nel gennaio dell anno successivo diventa Sezione aerostatica del 3 Reggimento del genio, il cui parco comprende due palloni da 550 metri cubi, l Africo e il Torricelli, un generatore di idrogeno e un verricello a vapore per la manovra del cavo di ascensione. Un inizio davvero modesto per quella che sarà la futura arma azzurra! Nell estate di tre anni dopo la Sezione, grazie alla prima legge dello Stato relativa alla nuova specialità, viene assorbita, insieme a tutti gli altri servizi speciali del genio, dalla Compagnia specialisti, che ha subito modo di dimostrare sul campo le proprie capacità partecipando alla spedizione del generale Asinari di San Marzano, nei possedimenti italiani sul Mar Rosso, con tre aerostati - il Serrati, il Volta e il Lana - che vengono impiegati in ascensioni frenate di ricognizione. Per la prima volta nella storia fa la sua comparsa quello che sarà poi il colore della forza armata: una nappina azzurro cobalto viene infatti adottata come distintivo di specialità e va a fregiare il copricapo del personale assegnato alla Compagnia che, nel 1889, subisce un ulteriore aggiustamento ordinativo diventando Brigata mista del genio, articolata in una Compagnia treno per il trasporto dei materiali in dotazione e una Compagnia specialisti. Uno dei tre aerostieri utilizzati nei possedimenti italiani del Mar Rosso Quest ulti ma si impone nell estate del 1894 9

agli onori della cronaca con la prima ascensione libera di un pallone militare di costruzione italiana, il Generale Durand de la Penne, compiuta dal capitano Maurizio Moris e dal tenente Cesare Dal Fabbro i quali, più animati da grande coraggio che sorretti da specifica preparazione, si levano in volo dalla piazza d armi ai Prati di Castello (nei pressi dell attuale piazza Mazzini in Roma) per discendere poi, fortunatamente senza incidenti, a qualche chilometro dalla capitale. Altri, in questi primi tentativi, saranno meno fortunati: la prima vittima è un geniere di vent anni, Oreste Vacca, che il 15 giugno 1899 precipita su una riva del Tevere dopo essere rimasto aggrappato ad una delle funi di vincolo di un pallone strappato dal vento; la seconda il capitano Arnaldo Ulivelli il cui pallone prende fuoco in volo, il 7 giugno 1907, dopo essere stato colpito da un fulmine. Nel novembre del 1894 il Ministero della Guerra decide di riunire in un unico reparto tutti i servizi di aeronautica: nasce così la Brigata specialisti che nel 1909 diventerà autonoma. I primi voli liberi con pallone, se da una parte avevano fatto già ampiamente intravedere le grandi potenzialità del nuovo mezzo, dall altro ne avevano anche evidenziato tutti i limiti, soprattutto in applicazioni militari, derivanti dal fatto che la loro traslazione orizzontale era affidata esclusivamente ai Maurizio Mario Moris venti. La necessità di dotarli di un sistema autonomo di navigazione rappresenta dunque, agli inizi del secolo, il maggior problema tecnico alla cui soluzione vengono rivolti studi e ricerche che vedono seriamente impegnati anche gli uomini della Brigata. Questi sforzi si concretizzano nella realizzazione del primo dirigibile militare italiano, l N.1, ideato, progettato e costruito dai capitani Gaetano Arturo Crocco e Ottavio Ricaldoni. Questo semirigido - di 2.500 m3, rivestito di seta verniciata esternamente in alluminio, lungo 63 metri e con un diametro di 10 alla sezione maestra - effettua durante il mese di ottobre del 1908 quindici uscite, condotto in volo dagli stessi costruttori. Gli esperimenti si concludono proprio l ultimo giorno del mese con il volo Vigna di Valle- Anguillara-Roma e ritorno, per un totale di 80 chilometri percorsi in un ora e trentacinque minuti. Per la prima vol ta nella storia un dirigibile vola, a 500 metri di quota, sulla 10 capitale del Regno; un giornale l indomani titolerà: Da Bracciano al Quirinale in 32

minuti. Esattamente un anno dopo l N.1 bis parte da Vigna di Valle ed effettua, in 14 ore di volo senza scalo, una crociera di 470 chilometri nel corso della quale vengono sorvolate Napoli e Roma. Ma il progresso ormai incalza e, accanto agli studi sul più leggero e alle relative realizzazioni dovute nel nostro Paese ad uomini geniali come Almerigo da Schio, Enrico Forlanini (noto anche per aver legato il suo nome all ideazione dell elicottero), Domenico Piccoli o Celestino Usuelli, tanto per citarne alcuni, il nuovo secolo vede schiudersi un nuovo, decisivo capitolo nella storia del volo. Il dirigibile N. 1 in volo su Roma Il 17 dicembre 1903 un velivolo a motore realizzato da due fratelli, Orville e Wilbur Wright, si alza a tre metri da terra sulla spiaggia di Kitty Hawk e compie per dodici secondi un volo di trentasei metri... troppo modesto - dirà poi lo stesso Orville - se paragonato a quello degli uccelli, ma pur tuttavia il primo nella storia del mondo. La grande impresa è compiuta e, ovviamente enorme è lo scalpore che essa suscita ovunque. Gli Stati Uniti per primi, ma anche il Vecchio Continente grazie soprattutto alla Francia, iniziano la costruzione delle nuove macchine volanti. In Italia ci si limita all acquisto da parte del Club degli aviatori del velivolo Wright n. 4 - costruito in Francia e 11

capace di una velocità di 58 chilometri l ora con un carico utile di 120 chilogrammi - che è in assoluto la prima macchina più pesante in linea nel nostro esercito. Su di esso lo stesso Wilbur compie, il 15 aprile 1909, il primo di una lunga serie di voli Il primo volo dei fratelli Orville e Wilbur Wright a Kitty Hawk circondato dall entusiasmo di una folla enorme convenuta per l occasione sull aeroporto romano di Centocelle. Ben presto, però, anche nel nostro Paese sorgono le prime case costruttrici, certamente con strutture e metodologie ancora artigianali, ma che di fatto aprono la strada a quella che, di lì a pochi anni, diventerà una vera e propria industria aeronautica. Nascono così, nel 1909, il triplano di Aristide Faccioli sul quale, particolare curioso, il pilota manovra stando in piedi; il primo biplano Caproni, dell anno successivo, capostipite di una gloriosa serie di velivoli; i motori Anzani a raffreddamento ad aria, uno dei quali viene montato sul Blériot con il quale il celebre costruttore compie la prima traversata della Manica; le costruzioni aeronautiche di Franz Miller, di Mario Cobianchi, di tanti altri, noti e meno noti, la cui opera contribuirà comunque al progresso dell aviazione. Insie me alle prime macchine, ecco anche i primi piloti italiani regolarmente brevettati: il sottotenente di vascello Mario Calde rara, brevetto di pilota di aeroplano n. 1, conseguito il 12 settembre 1909 per acclamazione durante il 1 Circuito aereo internazionale di Brescia, e il tenente del genio Umberto Savoia, n. 2, entrambi addestrati da Wilbur Wright durante la sua permanenza romana. Il 1910 rappresenta un anno decisivo per le sorti della nuova specialità e segna storicamente il primo atto ufficiale del riconoscimento della validità dell aeroplano come mezzo operativo e, quindi, della nascita dell aviazione militare. 12

Si organizza a Centocelle la prima Scuola militare di aviazione; le nascenti forze aeree vengono riordinate e potenziate con la costituzione, agli ordini di Maurizio Moris, ora tenente colonnello, del Battaglione specialisti autonomo del genio nel quale viene inserita la nuova Sezione aviazione, con sede a Torino, che viene posta sotto il comando del tenente colonnello Vittorio Cordero di Montezemolo; il Parlamento, soprattutto, ratifica ufficialmente l importanza dell aviazione approvando uno stanziamento, cospicuo per l epoca, di 10 milioni di lire per la costruzione di nove dirigibili, l acquisto di 10 aeroplani e il pagamento delle indennità speciali spettanti a tutto il personale del settore. Una materia, quest ultima, che sarà più compiutamente disciplinata l anno successivo con il Regio Decreto n. 1265 del 25 settembre. Alla sua costituzione il Battaglione può contare su una forza di otto piloti e altrettanti veli- Il primo aereo usato in Libia fu il Farman del Cap. Piazza (al centro sopra l aereo) voli - tre Farman e cinque Blériot tutti dislocati a Centocelle - che rappresentano, insieme a due dirigibili e ad alcuni aerostati, tutta la nostra forza aerea. La quale, peraltro, ha ben presto la possibilità di dimostrare ancora una volta sul campo le sue capacità. Nel settembre del 1911 scoppia infatti il conflitto italo-turco per il possesso della Libia, dove, insieme a tre dirigibili ed alcuni aerostati, viene inviata una flottiglia di aeroplani di cinque piloti effettivi e sei di riserva, una trentina tra graduati e uomini di truppa e nove aerei - tre Nieuport, due Blériot, due Etrich e due Farman - tutti con motore 13

da 50 HP. Questa esperienza, durata poco più di un anno, ha assunto particolare rilevanza nella storia dell aeronautica, non solo italiana, in quanto ha costituito il primo caso al mondo di impiego bellico del più pesante dell aria. Da allora nomi come quello di Piazza, Gavotti o Moizo, tanto per limitarci ai più noti, sono Il campo di Centocelle nel 1923 ormai legati storicamente alla prima missione di ricognizione strategica, al primo bombardamento, al primo volo di guerra notturno, alla prima missione di aerocooperazione o alla prima concezione dell aviazione da caccia. Tutto ciò, più di ogni teoria, convince le autorità di governo che è ormai impensabile trascurare la nuova specialità e gli atti ordinativi si susseguono per razionalizzarne e potenziarne l organizzazione. Il Regio Decreto 25 febbraio 1912 n. 182 istituisce a Vigna di Valle la prima unità di quello che diventerà il Servizio meteorologico dell aeronautica: la Regia Stazione aerologica principale. Con la legge 27 giugno 1912 n. 698 viene istituita, nell ambito del Ministero della Guerra un organizzazione aeronautica che - attraverso un Ufficio d ispezione dei servizi aeronautici - si articola sul preesistente Battaglione specialisti di Roma (al quale viene affidato l impiego esclusivo di dirigibili e palloni), un Battaglione aviatori con sede a Torino e uno Stabilimento costruzioni ed esperienze, sempre nella capitale, alle cui dipendenze 14 viene posto il Cantiere sperimentale di Vigna di Valle.

Contemporanea mente prende il via un programma di potenziamento che prevede - entro la pri mavera del 1913 - la costruzione di dieci dirigibili e la costituzione di dieci squadriglie con 150 aeroplani. Anche l idroaviazione trova intanto applicazione in campo militare. Dopo i riusciti esperimenti di Guidoni, Crocco e Ginocchio, che avevano dato risultati concreti intorno al 1911, nell ottobre dell anno successivo viene costituita a Venezia la Sezione idroaeroplani, prima nell ambito del Regio Esercito, poi, l anno successivo, in quello della Marina. Nel cominciare a porre concretamente le basi della sua organizzazione aeronautica militare, negli stessi anni l Italia è anche il primo paese, e per lungo tempo l unico, nel quale si sviluppa, grazie a Giulio Douhet, una vera e propria dottrina del potere aereo e del suo impiego nel campo strategico, una dottrina che fa del dominio dell aria la chiave di volta decisiva per il conseguimento della vittoria finale in un conflitto moderno. Il 1915, alla vigilia del nostro intervento in guerra, vede intanto configurarsi con maggior chiarezza un organizzazione aeronautica sempre più staccata dall Arma del genio. Il Regio Decreto del 7 gennaio di quell anno, poi convertito in legge nel 1917, istituisce infatti il Corpo aeronautico militare - dipendente dal Ministero della Guerra e articolato fondamentalmente su due Comandi, quattro Battaglioni, uno Stabilimento costruzioni aeronautiche, una Direzione tecnica dell aviazione militare e un Istituto centrale aeronautico - il quale, insieme all Ispettorato sommergibili e aviazione che vedrà ufficialmente la luce l anno successivo nell ambito dello Stato Maggiore Marina, rappresenta il quadro di tutta la forza aerea nazionale al momento in cui i colpi di pistola sparati a Sarajevo danno inizio a una terribile guerra. 15

16 Storia dell Aeronautica

Capitolo II La Grande Guerra e l intervento Malgrado la preziosa esperienza acquisita durante la Campagna di Libia e i successivi tentativi di dare una più organica e funzionale definizione alla nuova arma, lo scoppio della Grande Guerra nell agosto del 1914 trova comunque le nostre forze aeree del tutto impreparate, scarse di mezzi e di infrastrutture e senza un adeguato supporto di un industria di settore, la cui capacità produttiva complessiva è ancora limitata a pochissime macchine all anno. Neppure i mesi che trascorrono tra l inizio delle ostilità e l intervento italiano sono sufficienti per modificare sostanzialmente questa situazione. Il 24 maggio 1915, dunque, il nostro Paese si presenta sul teatro di guerra con una forza aerea di 15 squadriglie di aeroplani, di cui solo 12 mobilitate - 6 su Blériot, 4 su Nieuport e 2 su Maurice Farman - oltre a 3 dirigibili: il P.4 (messo a disposizione, della Marina), l M.1 e il P.5. A questi mezzi, facenti parte dell aeronautica dell Esercito, si aggiungono quelli della Marina comprendenti 15 idrovolanti - 5 Curtiss, 4 Borel, 4 Albatros e 2 Bréguet - e due dirigibili: l M.2 Città di Ferrara e il V.1 Città di Jesi. Un totale di un ottantina tra aeroplani e idrovolanti, tutti di costruzione straniera, a fronte dei 1.150 velivoli della Francia, ad esempio, o dei 764 della Germania. I piloti di aeroplano sono circa 130, di cui solo una cinquantina ai reparti mobilitati; gli specialisti, tra motoristi e montatori, poche unità di più; gli ufficiali osservatori una ventina. L attività dei nostri reparti aerei inizia fin dal primo giorno di guerra con ricognizioni fotografiche nella zona di Podgora effettuate dal tenente pilota Gaetano Coniglio e dal tenente Andrea De Brani, appartenente quest ultimo ad una specialità, l osservazione, nata fin dal 1911 alla Scuola di Aviano dopo il positivo giudizio espresso dallo Stato Maggiore sulla prima partecipazione del mezzo aereo alle Grandi manovre dell Esercito. Il 25 maggio la prima azione di guerra vera e propria: cinque velivoli del 3 Gruppo effettuano con esito positivo il bombardamento dei cantieri di Monfalcone. In questa prima fase, comunque, l attività della nostra aviazione è piuttosto limitata, soprattutto se confrontata con quella svolta dagli austriaci, il cui livello di organizzazione e di addestramento è sensibilmente superiore al nostro. In aggiunta a ciò, si fa ben presto sentire l usura della guerra: già nel mese di agosto, dopo solo tre mesi, la consistenza dell aeronautica dell Esercito si riduce a otto squadriglie di aeroplani, con i Blériot praticamente scomparsi dalla scena. 17

Nei mesi immediatamente successivi, grazie anche agli aiuti francesi e ad una più funzionale strutturazione dell industria del settore, vengono acquisiti mezzi più moderni e in numero tale da consentire di organizzare quattordici squadriglie da bombardamento e ricognizione. L entrata in linea dei nuovi trimotori Caproni appositamente realizzati per il bombardamento e la costituzione della prima squadriglia da caccia segnano per la nostra aviazione un ulteriore e decisivo salto di qualità. La nuova specialità deve comunque segnare il passo fino alla primavera successiva, soprattutto a causa della difficoltà di installare armi efficaci sui velivoli. Nel 1915 i piloti sono ancora armati con una pistola, sia pure a tiro rapido, la cui utilizzazione è evidentemente limitata all eventualità di atterraggio in territorio nemico. Il trimotore Caproni La situazione migliora decisamente con l entrata in linea del Nieuport Bebè, un monoposto costruito in Italia dalla Macchi, lo stesso con il quale, il 7 aprile 1916, il maggiore Francesco Baracca ottiene la prima vittoria della caccia italiana abbattendo un Brandenburg austriaco nel cielo di Medeuzza. Quando sarà a sua volta abbattuto sul Montello le vittorie di questo asso ammonteranno a 34. Nei quattro anni del conflitto le forze aeree svolgono un ruolo determinante per la Il Nieuport Bebè vittoria finale. Le operazioni si sviluppano in varie forme: dall osservazione al bombardamento, dall appoggio alle forze di superficie all attacco, anche con razzi, a palloni drachen. La fantasia popolare, comunque, si appropria soprattutto delle imprese dei cacciatori, romanticamente visti come la moderna versione degli antichi eroi cavallereschi. Nella battaglia del Piave del giugno del 1918 l impiego della massa da caccia e di quella da bombardamento rappresenta l elemento determinante del ripiegamento del nemico che aveva sferrato l ultima offensiva. Il 9 agosto dello stesso anno dieci SVA dell 87ª Squadriglia nota come La Serenissima compiono un impresa senza precedenti volando su Vienna sulla quale 18 lancia-

no manifestini tricolore con un messaggio di Gabriele D Annunzio. Il 24 ottobre comincia la battaglia di Vittorio Veneto dove, a fronte di un aviazione austriaca ormai allo sbando, tutte le specialità dell aeronautica italiana La Serenissima al ritorno dal volo su Vienna; da sinistra: Granzarolo, Allegri, Locatelli, Palli, D Annunzio, Massoni, Finzi e Censi (manca il Ten. Sarti, costretto partecipano attivamente all ulti- ad atterrare per guasto al motore a Wiener Neustadt) ma lotta prima della vittoria. Al momento dell armistizio, il 4 novembre 1918, le forze aeree del nostro Paese comprendono: 70 squadriglie di aeroplani e 5 dirigibili dell Esercito; 45 squadriglie tra idrovolanti e aeroplani e 15 dirigibili della Marina. Complessivamente i velivoli in linea sui fronti italiano, francese e greco-albanese sono 1.758 più 26 dirigibili. Malgrado tutto lo sforzo industriale era stato imponente: nel corso della guerra erano stati costruiti 11.986 velivoli e prodotti 23.979 motori, 39.783 eliche, 7.700 mitragliatrici, 512.400 bombe d aereo e 10.644 metri quadrati di lastre fotografiche. Le scuole di volo - 31 del l Ese r cito e 4 della Marina - avevano fornito ai reparti 5.100 piloti (fra cui circa 500 allievi per il servizio aereo degli Stati Uniti, detti anche i foggiani dalla scuola dove erano stati addestrati sui Caproni), 500 osservatori, 100 mitraglieri e 5.000 specialisti. Al nome di Baracca si erano ben presto affiancati quelli di Scaroni, Piccio, Baracchini, Pier Ruggero Piccio 19

Ruffo di Calabria e Ranza, tanto per citare l inizio di un albo d oro che, a fine conflitto, raggiunge le 43 unità se ci limitiamo a conteggiare solo gli aviatori accreditati di almeno cinque aerei abbattuti, duecento invece i protagonisti di un numero inferiore di Ufficiali americani sul campo di Foggia Nord davanti ad un biplano Firman MF14; al centro della foto, con la bustina, si riconosce Fiorello La Guardia, futuro sindaco di New York vittorie. Gli aviatori caduti in voli di guerra, in incidenti di volo o in addestramento erano stati 1.784. Il riconoscimento del valore dimostrato sul campo dagli appartenenti alla nostra aviazione si concretizza con la concessione di 24 medaglie d oro al valor militare, più una ad un ufficiale del Corpo aereo americano, di 1.890 d argento e di 1.312 di bronzo; il Corpo aeronautico militare italiano viene decorato della Croce di cavaliere dell Ordine militare di Savoia e di due medaglie d argento al v.m.. 20

Capitolo III Il dopoguerra e la nascita della Regia Aeronautica Le esigenze belliche avevano avuto senza dubbio l effetto di accelerare lo sviluppo della nuova arma aerea, del suo impiego - sia pure nella contrapposizione dottrinaria tra aviazione d assalto, di cui era sostenitore Amedeo Mecozzi, e aviazione strategica, propugnata già da tempo dal Douhet - e, più in generale, del progresso tecnico del materiale di volo e dell aeroplano. A fronte di questi fermenti positivi, però la situazione economica della Nazione appare gravemente compromessa dai quarantuno mesi di conflitto. Il che - unitamente alla mancanza di una reale volontà politica in favore dell aviazione, relegata a rango subalterno da un Esercito e una Marina che, non dimentichiamo, erano ancora le uniche a esistere come forze armate indipendenti - provoca una vera e propria smobilitazione che, se fa segnare delle battute d arresto, non può però fermare il cammino di quella che è ormai considerata l arma del futuro. Non a caso, anche in questo periodo di crisi, gli aviatori sono comunque i protagonisti di imprese importanti e significative. Già nei primi mesi del 1919 una missione militare italiana parte per l Argentina. Di essa fanno parte Antonio Locatelli e Luigi De Riseis. Il 2 luglio Locatelli decolla con uno SVA da Buenos Aires diretto in Cile: un improvvisa tempesta scoppiata sulla Cordigliera delle Ande, sulle quali due mesi prima era caduto il pilota argentino Matienzo, rende impossibile questo primo tentativo. L impresa riesce il 30 luglio e viene ripetuta il 5 agosto sul percorso inverso dallo stesso Locatelli che copre i 1.500 chilometri di distanza in sette ore e mezzo. Nel volo di andata, sul punto approssimativo dove era caduto Matienzo, Locatelli lascia cadere una corona di fiori e una pergamena con le firme di tutte le donne italiane di Mendoza. De Riseis, dal canto suo, parte il 2 agosto da Rio Lujan, nei dintorni di Buenos Aires, e, risalendo il Rio della Plata, raggiunge Asunciòn, percorrendo la rotta inversa quattro giorni dopo. Il 12 maggio dello stesso anno, intanto, Mario Stoppani e Giuseppe Grassa partono da Torino con uno SVA 5 e uno SVA 9 e, in quattro ore, raggiungono Barcellona in tempo per l inaugurazione dell Esposizione mondiale aeronautica. Dopo alcune esibizioni acrobatiche nella stessa città catalana e a Madrid, Stoppani rientra in Italia con un volo senza scalo di 1.900 chilometri che si conclude sull aeroporto di Centocelle. L opinione pubblica seguiva con grande interesse queste gesta delle quali venivano 21

colti soprattutto gli aspetti di affermazione individuale e quelli tecnico-sportivi. Senza dubbio, però, l impresa che più d ogni altra colpì la fantasia della gente e che fu vista a livello di cultura popolare come una versione aggiornata del viaggio di Marco Polo, fu il volo Roma-Tokio. Un impresa incredibile per l epoca in cui si svolse e che, più concretamente, ha costituito il primo esempio pratico delle enormi possibilità dell aeroplano e del suo impiego come moderno vettore di pace e di progresso tra i popoli. Tra il gennaio e il febbraio del 1920, dunque, quattro trimotori Caproni partono isolatamente senza peraltro riuscire ad andare più in là dell Asia Minore dove vengono bloccati da incidenti di vario genere. Nel marzo decollano ancora, questa volta in formazione, cinque SVA agli ordini del capitano Mario Mario Stoppani Gordesco. Anche questo tentativo non ha fortuna: l ultimo dei cinque velivoli subisce un incidente irreparabile a Calcutta. Contro ogni previsione il successo arride invece ad altri due piloti, Francesco Ferrarin e Guido Masiero, che il 14 febbraio erano decollati da Centocelle su due SVA con a bordo due giovani motoristi, Gino Cappannini e Roberto Maretto. Partiti in aggiunta alla missione ufficiale, con alle spalle appena sette giorni di tempo per organizzare il volo, con un bagaglio individuale che, come avrebbe poi scritto lo stesso Ferrarin, comprende due chilogrammi di zucchero, una bottiglia di acqua di colonia, una camicia e un paio di mutande, i due arrivano in coppia fino ad Adalia per poi proseguire separatamente verso Tokio che raggiungono insieme il 31 maggio e dove sono oggetto di eccezionali festeggiamenti che si protraggono per quarantadue giorni. In tre mesi e mezzo di viaggio i due hanno percorso circa 18.000 chilometri per complessive 112 ore di volo alla media di circa 160 km/h. I due SVA, reduci dalla Grande Guerra, e sommariamente revisionati, erano dotati solo di strumenti per il controllo del motore: un contagiri, un termometro della temperatura dell acqua, un manometro della pressione dell olio e un indicatore del livello del carburante. Per la navigazione Ferrarin, che era stato il solo ad arrivare con lo stesso SVA con cui era partito, si era servito di una piccola bussola prelevata da un caccia inglese Sopwith e 22 di alcune pagine strappate da un atlante. Per il pilotaggio nessuno strumento, nem-

meno l indicatore di velocità. I tempi per dare alla nuova arma quell autonomia fino ad oggi mancatale si rivelano a questo punto maturi, se non sul piano strettamente militare, non vedendo l Esercito e la Marina di buon occhio il sorgere di una terza forza armata che avrebbe esercitato la sua competenza su quella componente aerea che esse avevano sempre impiegato in proprio, certamente su quello politico, i cui maggiori esponenti avevano invece colto già da tempo le grandi possibilità offerte dalla carica di novità, modernità, progresso tecnico e tensione spirituale che circondava il mondo dell aviazione. Il 24 gennaio 1923 viene istituito il Commissariato per l aeronautica; il 28 marzo la Regia Aeronautica e, pochi mesi dopo, l Accademia Aeronautica. Il 4 novembre, quinto anniversario della vittoria, la nuova forza armata riceve, nelle mani del suo primo Comandante generale, l asso e medaglia d oro Pier Ruggero Piccio, la bandiera di guerra. Il 30 agosto 1925 il Commissariato diventa Ministero. 23

24 Storia dell Aeronautica

Capitolo IV La Regia Aeronautica tra primati e trasvolate La costituzione della Regia Aeronautica in forza armata autonoma dà un nuovo impulso allo sviluppo dell aviazione italiana che si ripropone ben presto all attenzione del mondo con altre imprese eccezionali. Nel 1925 Francesco De Pinedo e il motorista Ernesto Campanelli volano per 370 ore su tre continenti, percorrendo con l idrovolante S.16ter Gennariello, 55.000 chilometri da Sesto Calende a Melbourne, a Tokio fino a Roma. Sempre De Pinedo, questa volta con Carlo Del Prete e con il motorista Carlo Zacchetti, compie nel L idrovolante Gennariello in una stampa dell epoca 1927, a bordo dell S.55 Santa Maria, una crociera di 46.700 chilometri sul percorso Elmas- Porto Natal-Rio de Janeiro-Buenos Aires-Asunciòn-New York-Terranova-Lisbona-Roma. L anno 1926 vede invece protagonista il dirigibile nella prima trasvolata del Polo Nord. L iniziativa è ideata contemporaneamente dal celebre esploratore Roald Amundsen e dal colonnello Umberto Nobile, direttore dello Stabilimento aeronautico di Roma. Amundsen, dopo aver tentato invano di raggiungere il Polo con degli aerei, aveva infatti rivolto la sua attenzione al più leggero dell aria sollecitando l Aero Club norvegese ad ac- 25

quistare un dirigibile. La scelta era caduta sull N.1 costruito in Italia da Nobile che viene acquistato grazie ai finanziamenti forniti da un amico dello stesso Amundsen, Lincoln Ellsworth. La preparazione tecnica dell impresa e l allestimento delle basi lungo il percorso vengono fatte dal governo italiano: l avventura ha inizio. Il dirigibile, battezzato Norge, parte il 10 aprile Il dirigibile Italia sorvola il Duomo di Milano 1926 da Ciampino agli ordini di Nobile. Giunto in Norvegia, e presi a bordo Amundsen ed Ellsworth alla Baia del Re, alle 9,50 dell 11 maggio parte per l ultima tappa della trasvolata polare. Il giorno dopo, alle 1,30, sorvola il Polo Nord sul quale vengono lanciate tre bandiere: quella italiana, la norvegese e, in onore del finanziatore dell impresa, l americana. 26

Il 14 alle 7,30 il Norge approda a Teller, in Alaska, dopo aver percorso 5.300 chilometri in 70 ore e 40 minuti. Trascorrono due anni e Nobile è pronto con un nuovo dirigibile, gemello del primo, che viene chiamato Italia. La nuova spedizione è composta da quattordici italiani, un cecoslovacco e uno svedese. Il 15 aprile 1928 il dirigibile condotto da Nobile parte da Milano e, dopo un viaggio fortunoso, raggiunge la Baia del Re. Il 24 maggio alle 0,20 il Polo è raggiunto ancora una volta. Durante il viaggio di ritorno, dopo 131 ore di navigazione, la tragedia: il dirigibile perde improvvisamente quota e urta violentemente contro la banchisa. Dei sedici uomini a bordo uno muore nell urto, nove sono sbalzati sui ghiacci e sei vengono trascinati via dall aeronave ormai squarciata: di questi ultimi non si saprà più nulla. I superstiti, al riparo della celebre tenda rossa, resisteranno sul pack fino a quando la generosa corsa contro il tempo per salvarli, nella quale perdono la vita alcuni uomini tra i quali lo stesso Amundsen, non si concluderà felicemente. I naufraghi sono avvistati da Umberto Maddalena, Nobile viene portato in salvo dal primo aereo che riesce a prendere terra, quello dello svedese Lundborg, gli altri dal rompighiaccio sovietico Krassin. L avventura polare chiude definitivamente il discorso, nel nostro Paese, del più leggero, forse solo con un piccolo anticipo sui tempi. Nel frattempo in Italia - dove nel 1927 era stato costituito a Guidonia un Centro studi ed esperienze dotato di sofisticati laboratori di ricerca e di apparecchiature d avanguardia - si va facendo strada il progetto di effettuare lunghi raid con un numero consistente di aerei. Nascono così le crociere collettive, di cui si fa energico sostenitore Italo Balbo, Ministro dell Aeronautica. Il primo esperimento di navigazione aerea di massa viene compiuto dal 26 maggio al 2 giugno del 1928 nel Mediterraneo occidentale con una brigata e due stormi per un totale di 61 tra S.59bis ed S.55 sul percorso di 2.804 chilometri da Orbetello alla penisola iberica e ritorno. Un anno dopo dal 5 al 19 giugno, trentacinque S.55 volano per 4.667 chilometri effettuando la crociera del Mediterraneo orientale sul percorso Taranto-Atene-lstanbul- Varna-Odessa-Costanza con rientro ad Orbetello, un idroscalo che l anno successivo vedrà nascere la Scuola di navigazione aerea d alto mare e i preparativi per la prima traversata in formazione dell Atlantico dall Italia al Brasile. Dopo un accurata e capillare organizzazione la mattina del 17 dicembre 1930 alle 6,45, quattordici idrovolanti S.55A due dei quali attrezzati ad officina, decollano da Orbetello, agli ordini di Italo Balbo. Il 15 gennaio 1931, dopo aver toccato Cartagena, Kenitra, Villa Cisneros, Bolama e poi, attraverso l Atlantico, Porto Natal e Bahia, in 61 ore e mezzo di volo per 10.350 chilometri, la crociera si conclude a Rio de Janeiro sollevando l entusiasmo di tutto il mondo e, più concretamente, aprendo di fatto la strada alle linee regolari tra i due continenti e ponendo le basi per un serio 27

addestramento collettivo moderno. Il successo della prima Crociera atlantica e il prestigio che da essa deriva all ancor giovane Aeronautica, consente di mettere in piedi un progetto analogo con cui celebrare degnamente il decennale della forza armata: la traversata dell Atlantico fino agli Stati Uniti in occasione dell Esposizione internazionale di Chicago e dell inaugurazione del monumento a Cristoforo Colombo. La preparazione tecnica, l organizzazione logistica, l approntamento delle basi di appoggio, tutto viene previsto e organizzato con una cura, se possibile, ancora maggiore dell esperienza precedente. Sempre agli ordini di Balbo, il 1 luglio 1933 otto squadriglie di ventiquattro S.55X, versione potenziata dell ormai celebre idrovolante, decollano da Orbetello e, dopo varie tappe, raggiungono New York il giorno 19 in un clima di incredibile entusiasmo che ha il suo epilogo nella trionfale sfilata per Broadway. Se le crociere di massa hanno segnato il passaggio dal periodo romantico dell aviazione, dove tutto o quasi era affidato all iniziativa del singolo, a quello moderno, fatto soprattutto di organizzazione e programmazione seria e meticolosa, non per questo esse hanno impedito che nello stesso periodo altri primati e imprese individuali arricchissero il già blasonato albo d oro della Regia Aeronautica. Nel 1928 Ferrarin e Del Prete avevano volato dall Italia al Brasile con un idrovolante S.64, percorrendo 7.666 chilometri in 58 ore L arrivo a New York del 19 luglio 1933 e 34 minuti e battendo i primati mondiali di durata e distanza in circuito chiuso. Gli stessi, dopo appena 28 un

mese, erano partiti da Montecelio e, dopo 51 ore di volo, senza scalo, avevano raggiunto in 7.188 chilometri Touros sulle coste del Brasile. I due primati erano stati migliorati due anni dopo da Maddalena e da Fausto Cecconi che con un S.64bis avevano percorso 8.188 chilometri in 67 ore e 13 minuti. Nel 1934 il pilota Renato Donati conquista il primato di altezza raggiungendo i 14.433 metri, oltre mille in più del record precedente detenuto dal francese Lemonine. Per l impresa viene opportunamente adattato un velivolo Ca.113 trasformandolo per le alte quote e dotandolo anche di un impianto di erogazione automatica di ossigeno. Dopo mesi di duro lavoro e di severo allenamento, Donati decide di tentare la mattina dell 11 aprile. Preparato l aereo e indossata la tuta termoelettrica, alle 11,38 egli decolla. Secondo i calcoli la quota massima sarebbe stata raggiunta intorno a mezzogiorno; in realtà l aereo inizia a scendere solo alle 12,45. Dopo un brusco atterraggio l aereo, invece di fermarsi, comincia a girare su se stesso con Donati che, Renato Donati svenuto al momento di toccare terra, non è in condizioni di agire sui comandi. L intervento sollecito dei meccanici evita più gravi conseguenze. Il pilota, ripresi i sensi, apprende di aver battuto il primato. Il 7 maggio 1937 il colonnello Mario Pezzi, comandante del Reparto alta quota costituito a Guidonia, raggiunge i 15.655 metri d altezza e poi, dopo essere stato superato dall inglese Adams, ritenta l impresa il 22 ottobre dell anno successivo su uno speciale Ca.161bis dotato di un motore Piaggio a doppio compressore e di una cabina stagna, antesignana delle moderne cabine pressurizzate. I 17.083 metri raggiunti costituiscono ancor oggi un primato imbattuto per velivoli con motore a pistoni. Nel 1937, intanto, l equipaggio formato da Cupini e Paradisi su S.79 vince la gara Istres-Damasco-Parigi. Un anno dopo Roma è collegata con Rio de Janeiro da tre S.79 della famosa Squadriglia dei sorci verdi in 24 ore e 20 minuti di volo con una sola tappa intermedia a Dakar. Un susseguirsi, insomma, di imprese tra le quali la più singolare resta quella compiuta nel 1933 da Tito Falconi che vola da Saint Louis a Chicago in tre ore, sei minuti e trentasei secondi... a testa in giù. In una decina d anni la Regia Aeronautica in competizione con le altre nazioni industrialmente progredite, aveva guadagnato oltre cento primati in varie categorie. Alla vigilia dell entrata in guerra, nel 1939, essa - sugli 84 primati previsti dalla Federazione aeronautica internazionale - ne deteneva ben 33, contro i 15 della Germania, 12 della Francia, 11 degli Stati Uniti, 7 dell Unione Sovietica, 3 del Giappone, 2 dell Inghilterra e 1 della Cecoslovacchia. 29

Le crociere, i raid, i primati avevano prodotto effetti considerevoli, sia sul piano interno che all estero, in termini di prestigio e di crescita tecnico-organizzativa, ma avevano anche evidenziato limiti che la mancanza di un dibattito interno serio e spregiudicato impedì di cogliere. Al di là di ogni altra considerazione, l affermazione dell Aeronautica come nuova forza armata alla pari delle altre due, non costituì un elemento unificante della nostra politica militare, ma, in luogo di un auspicabile maggior cooperazione tra le tre componenti, accentuò di fatto la tendenza isolazionistica di ognuna di esse. 30

Capitolo V L Aeronautica tra i due conflitti mondiali Dopo la conclusione della Prima Guerra Mondiale, l Italia fu impegnata nelle operazioni per la riconquista della Libia, che iniziarono nel 1922 e si conclusero solo dieci anni dopo. La repressione della resistenza interna attuata attraverso la guerriglia fu infatti più lunga ed estenuante del previsto, e il ruolo della Regia Aeronautica si rivelò determinante soprattutto per l appoggio che essa fornì alle truppe di superficie. Alle operazioni parteciparono praticamente soltanto bombardieri e ricognitori in quanto, non esistendo aviazione avversaria, non furono impiegati reparti da caccia. Gli aerei utilizzati furono, all inizio, quelli residuati dalla Grande Guerra e, successivamente, i Ro.1, i Ca.73 e i Ca.101. Erano passati solo tre anni quando il governo fascista, approfittando con estremo tempismo della crisi del sistema di equilibri europei determinata dal ritorno della Germania nazista ad una politica di potenza, decise di giocare la carta del posto al sole : un modo per consolidare il potere e rispondere, come soluzione alla depressione in atto, a quelle aspettative che lo stesso regime aveva ingenerato nelle masse popolari. Iniziò così nel 1935, cogliendo a pretesto un presunto attacco ad un presidio italiano, la campagna di Etiopia, uno dei pochi territori africani non ancora colonizzato. L obiettivo era importante e grande fu quindi lo sforzo organizzativo e logistico. Solo per consentire una funzionale operatività delle forze aeree furono costruiti 83 nuovi aeroporti: 29 in Eritrea e 54 in Somalia. La proporzione delle forze, la diversa qualità degli armamenti, l assenza di un aviazione contrapposta, la decisione del Negus, soprattutto, di affrontare il nemico in campo aperto piuttosto che ricorrere a forme di La battaglia di Mau Cei, in Etiopia, raffigurata sulla guerriglia, tutto ciò fece si che la Domenica del Corriere guerra si risolse molto più rapida- 31

mente del previsto: dopo soli sette mesi dalla dichiarazione di guerra, infatti, le truppe italiane entravano vittoriose ad Addis Abeba e l impero riappariva sui colli fatali di Roma. La Regia Aeronautica aveva affrontato nella campagna una prova impegnativa, sia per le difficoltà ambientali e climatiche incontrate, sia per la vastità del territorio da controllare. Un ruolo essenziale nella condotta delle operazioni fu svolto dall Aeronautica nel campo della ricognizione, del trasporto e dell aerorifornimento. Ma non meno determinante fu, prima della caduta della capitale abissina e durante la successiva repressione della resistenza, l impiego del mezzo aereo in campo tattico, contro truppe e postazioni avversarie, e in campo strategico, con bombardamenti di fortificazioni, ponti, vie di comunicazione e centri abitati. Inizialmente i reparti operanti furono equipaggiati con i Ro.1, Ca.97, Ca.101 e CR.20, ma ben presto questi aerei vennero sostituiti dai più moderni Ro.37 e Ca.111 per la ricognizione, mentre il bombardamento vennero utilizzati i monoplani Ca.133 ed S.81. Era appena terminata la campagna etiopica che un altra occasione si presentò al governo italiano per estendere la sua influenza fuori dai patrii confini: dopo alcuni chiari segni premonitori, infatti era scoppiata in Spagna una durissima guerra civile che coinvolse ben presto alcune nazioni, tra le quali la nostra, e migliaia di volontari. Da una parte i democratici schierati a difesa di una Repubblica che, nelle lacerazioni interne e nel mancato Caproni 133 sul campo di Macallé sostegno delle grandi democrazie occidentali, sempre più prudenti quando nel gioco entrava la Germania, aveva visto esaurirsi in mille contraddizioni la spinta propulsiva per l edificazione di una società nuova; dall altra i generali, con a capo Franco, che contro questa Repubblica proponevano un progetto di restaurazione di stampo nazionalista e reazionario. A sostegno di questi ultimi si schierò l Italia che, appena dodici giorni dopo il pronunciamento dei generali spagnoli, intervenne con nove trimotori S.81- inquadrati nel Tercio, la Legione straniera spagnola - che da Melilla assicurarono il potere aereo sufficiente per consentire lo sbarco delle truppe franchiste dal Marocco alla penisola iberica. Se nei primi mesi della guerra le forze aeree in campo non furono numerose, ben presto i contendenti vennero però riforniti di materiale moderno. La Regia Aeronautica partecipò ai 32 mesi del conflitto con 730 velivoli: bombardieri S.81, S.79 e Br.20, caccia CR.32 32 e Ro.41, assaltatori Ba.65, ricognitori Ro.37, idrovolante Cant.Z.506 e, sperimental-

mente, anche i nuovi caccia monoplani G.50. Per l esigenza Operazioni militari in Spagna furono effettuati oltre 8.500 voli di guerra e conferite agli aviatori 56 medaglie d oro al valor militare, di cui due ad ufficiali spagnoli. CR 32 Senza entrare nel merito di un analisi storico-politica delle vicende spagnole, l utilizzazione dell aviazione in questo teatro dette preziosi insegnamenti sull impiego tecnico operativo del mezzo aereo, soprattutto in ordine alla vulnerabilità delle formazioni da bombardamento in assenza di protezione della caccia. Si era appena chiuso con la vittoria del franchismo il conflitto spagnolo, che l Italia in armi era di nuovo sul piede della mobilitazione. Appena tre mesi dopo, infatti, il nostro governo decise, il 7 aprile 1939, di occupare militarmente un territorio, l Albania, che dal 1927 era un protettorato italiano. Organizzata dal Ministero della Guerra, la spedizione, che altro non fu se non un velleitario tentativo di Mussolini per arginare la penetrazione tedesca nei Balcani, si concluse con estrema rapidità, grazie soprattutto alla mancanza G 50 di una seria opposizione avversaria, piuttosto che alla bontà di un organizzazione che in realtà fu messa in piedi in maniera quanto meno affrettata e approssimativa. La Regia Aeronautica fu chiamata a partecipare con 261 aerei che, in una decina di giorni, effettuarono 1.800 ore di volo per azioni dimostrative, di spezzonamento e di protezione alle colonne terrestri, di ricognizione, aviosbarco e trasporto di personale e materiale. Se queste partecipazioni belliche avevano confermato il ruolo determinante ormai assunto in un conflitto moderno dall aviazione sia in campo tattico, sia in quello strategico, e si erano rivelate come esperienze estremamente significative di impiego militare 33

del mezzo aereo, esito altrettanto positivo esse non ebbero per il nostro Paese sul piano più strettamente politico. A parte, ma non è poco, il logoramento praticamente senza soste a cui furono sottoposte le nostre forze armate e lo svuotamento delle casse dello Stato per le ingenti e sproporzionate risorse che queste campagne avevano assorbito, sottraendole a quello che avrebbe dovuto essere un normale e più realistico potenziamento, tali esperienze ingenerarono nell opinione pubblica l illusione di una potenza militare certamente superiore alla realtà e alle possibilità della Nazione, come gli eventi della 2ª Guerra Mondiale avrebbero presto messo impietosamente a nudo. 34

Capitolo VI Dallo scoppio della 2ª Guerra Mondiale alla Rinascita La Regia Aeronautica nella 2ª Guerra Mondiale I limiti di sviluppo di cui soffrirono nel loro complesso le forze armate italiane tra le due guerre mondiali non furono, fino ad un certo punto, un nostro fatto esclusivo. Mentre però negli altri paesi gli anni 35 e 36 segnarono, a fronte del profilarsi sempre più evidente del riarmo tedesco, la svolta decisiva per colmare i ritardi accumulati grazie a stanziamenti per la difesa di eccezionale portata, in Italia nello stesso periodo le risorse vennero invece assorbite da una politica di potenza a breve respiro che trovò in Etiopia e in Spagna le manifestazioni più rilevanti. Se a questi ritardi, reali soprattutto per l Esercito e l Aeronautica, si aggiungono poi gli altri elementi di debolezza strutturale del nostro potenziale, il quadro che ne deriva non è certo tale da spingere a condividere il troppo facile ottimismo di chi, all epoca, vagheggiava una guerra di breve durata, al termine della quale sedersi al tavolo della pace dalla parte dei vincitori. Su questi elementi di debolezza e sul peso reale che essi ebbero, mancano ancor oggi studi adeguati e momenti di serio approfondimento critico, tutto essendo per lo più limitato alla ricostruzione di singoli avvenimenti che, presi anche nel loro insieme, sono però staccati da quel più ampio quadro di riferimento indispensabile per collegarli ed interpretarli correttamente. In tal modo tutto finisce quindi per trovare la sua ragione d essere nella generica individuazione di responsabilità, di volta in volta attribuite all incapacità della classe politica o all inettitudine di quella militare, allo strapotere del nemico o addirittura all accanirsi di un destino avverso. Anche se rilevante è il pericolo di cadere in schematizzazioni e generalizzazioni approssimative - un pericolo peraltro altrettanto facile quanto quello di affastellare acriticamente tutto il passato in quanto tale nell esaltazione agiografica e indiscriminata della tradizione - non è però possibile non accennare, se non vogliamo fermarci ai singoli episodi o alle vicende puramente politiche, a quegli elementi che pesavano in negativo sul nostro paese alla fine degli anni 30: l arretratezza tecnologica dell industria nazionale, ad esempio, o la relativa capacità di mobilitazione da essa messa in atto, la mancanza di materie prime o, per converso, quella di una chiara dottrina militare, o ancora l incapacità del regime di comporre con coerenza la sua volontà di perseguire un certo tipo di politica insieme con l ovvia necessità di indirizzare a questo fine risorse ben più ampie di quanto avvenne. Si pensi, tanto per avere un più concreto riscon- 35