Tribunale di Bergamo, ordinanza 16 settembre 2015



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Tribunale di Bergamo, ordinanza 16 settembre 2015

TRIBUNALE DI BERGAMO ordinanza avente ad oggetto domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'unione Europea Fatto e diritto L'imputato è stato tratto a giudizio per rispondere del reato sopra indicato con decreto di citazione diretta in data 13.11.2014; con memoria difensiva depositata in occasione della prima udienza dibattimentale utile dell'8.7.2015 venivano prodotti la contestazione dell'agenzia delle Entrate concernente l'omesso versamento IVA nei termini e per il periodo di imposta sopra indicati, la relativa cartella esattoriale iscritta a ruolo in data 6.11.2013, l'accoglimento dell'istanza di rateizzazione presentata dall'imputato e l'attestazione dei pagamenti delle prime rate dal medesimo imputato effettuati. Deve dunque concludersi che l'imputato è stato sottoposto a procedimento penale dopo essere stato oggetto di un regolare procedimento amministrativo definitivamente concluso prima dell'instaurazione del procedimento penale, in relazione al quale procedimento amministrativo - come risulta dalla documentazione prodotta e sopra indicata - l'autorità amministrativa sta riscuotendo l'intero ammontare dell'imposta non pagata oltre alla sanzione pari ad euro 84.748,74. In un simile contesto, ritiene questo giudice, sulla scorta della giurisprudenza comunitaria, che la celebrazione e la definizione del presente procedimento penale possano rappresentare una violazione del divieto di bis in idem sancito dall'art. 50 CDFUE ("Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell'unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge"); in argomento assumono rilievo, tra le altre, tre recenti pronunce delle Corti europee: - Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 26.2.2013 nella causa C-617/10, Aklagaren c. Hans Akelberg Fransson, secondo cui una combinazione di sanzioni amministrative e penali per le medesime violazioni in materia di obblighi dichiarativi sarebbe astrattamente compatibile con il

principio del ne bis in idem sancito dall'art. 4 del protocollo 7 CEDU e dal citato art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'unione Europea, salvo che la sanzione amministrativa non debba essere in concreto ritenuta di natura penale all'esito della valutazione rimessa al giudice nazionale; - Sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, IV Sezione, del 20.5.2014 nella causa Nykanen contro Finlandia, secondo cui deve essere qualificata come di natura penale (sulla base dei notori "Engel criteria") la sovrattassa di 1.700 euro applicata in sede amministrativa al ricorrente e divenuta definitiva prima dell'instaurazione del procedimento penale per frode fiscale, conclusosi con sentenza di condanna a pena detentiva; - Sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, V Sezione, del 27.11.2014 nella causa Lucky Dev contro Svezia, che ha fornito una precisa interpretazione del concetto di "stesso fatto" ("same offence"). Orbene, quanto al Diritto nazionale, la sanzione amministrativa per gli omessi versamenti, alle prescritte scadenze, di imposte (periodici, in acconto, a conguaglio o a saldo) risultanti dalla dichiarazione è prevista dall'art. 13 comma 1 DLgs 471/97 ed è corrispondente al 30% dell'importo non versato; la disciplina penale prevede, all'art. 10-ter del DLgs 74/2000, che sia punito con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque non versi l'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo e sempre che l'ammontare dell'imposta sia superiore a una determinata soglia di rilevanza penale, nel caso in esame abbondantemente superata. La materia di interesse nel sistema italiano è specificatamente regolata dagli artt. 19 e segg. DLgs 74/2000, raccolti nel titolo "Rapporti con il sistema sanzionatorio amministrativo e fra procedimenti"; in sintesi, è normativamente previsto che: - il procedimento penale e quello amministrativo procedano separati, cioè che nessuno dei due debba essere sospeso in attesa della definizione dell'altro; - che l'ufficio competente irroghi comunque le sanzioni amministrative relative alle violazioni finanziarie oggetto della notizia di reato; - che tuttavia tali sanzioni non siano eseguibili, salvo che il procedimento penale sia definito con archiviazione o con sentenza irrevocabile di assoluzione o proscioglimento che escluda la rilevanza penale del fatto, e in quest'ultimo caso il termine per la riscossione decorre dalla data di comunicazione all'ufficio del provvedimento assolutorio. Tale articolata previsione, tuttavia, scongiura solo in astratto il pericolo che sanzione penale e sanzione amministrativa si cumulino in capo al responsabile, essendo in concreto possibile - e il caso in esame ne è prova evidente - che un soggetto si trovi sottoposto a procedimento penale dopo che gli è stata inflitta in via definitiva una sanzione amministrativa; ma soprattutto il sistema delineato entra in palese contraddizione con se stesso nel momento in cui è prevista, all'art. 13 del medesimo DLgs, l'attenuante speciale del pagamento del debito tributario (attenuante che sola rende altresì possibile il "patteggiamento" per i reati tributari), pagamento che, per espressa dizione del comma 2, "deve riguardare anche le

sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme tributarie, sebbene non applicabili all'imputato a norma dell'art. 19". Si desume insomma che chi voglia godere di benefici in sede penale deve volontariamente rinunciare al divieto di bis in idem. Passando ad esaminare il caso di specie, l'attuale imputato è stato "condannato" in via definitiva dall'amministrazione Finanziaria per l'omesso versamento di IVA risultante dalla dichiarazione relativa all'anno di imposta 2011 per un ammontare complessivo di euro 282.495,76; tale "condanna" ha comportato il pagamento della somma di euro 84.748,74 a titolo di sanzione, ed è attualmente in esecuzione alla luce della documentata rateizzazione. Per gli stessi fatti l'imputato è stato tratto a giudizio in sede penale. Quanto all'identità soggettiva di chi si assume più volte sanzionato per lo stesso fatto, la documentazione prodotta attesta che la cartella di pagamento è stata emessa nei confronti della persona fisica M. L., e che il medesimo M. è rinviato a giudizio quale titolare dell'omonima ditta individuale; vi è dunque coincidenza tra destinatario della sanzione amministrativa e soggetto rinviato a giudizio. Quanto all'identità del fatto, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale nazionale, il principio di specialità non si applicherebbe nei rapporti tra i reati di omesso versamento (di ritenute certificate o IVA) e gli illeciti amministrativi di omesso versamento periodico delle somme dovute a tali titoli, in quanto tra reato e illecito amministrativo intercorrerebbe un rapporto (non di specialità ma) di "progressione": l'illecito amministrativo cioè si perfezionerebbe al momento dell'omesso versamento periodico delle singole scadenze mentre il reato si consuma alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale. Al di là dell'osservazione per cui una simile interpretazione trascura il dato sostanziale per cui il reato implica necessariamente il passaggio attraverso gli illeciti amministrativi, e dunque non pare applicare correttamente il principio dell'assorbimento, ben diversi sono i criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo fin dal noto caso Sergey Zolotukhin contro Russia, che ha costituito una fondamentale inversione di rotta rispetto all'orientamento precedente. In sintesi, secondo la Corte, il punto di riferimento non deve essere l'astratta previsione legislativa ("legal characterisation"), ma il fatto concreto, e in applicazione di tali principi ha concluso che il procedimento tributario e quello penale che si riferiscano al medesimo periodo temporale e allo stesso ammontare debbono essere considerati come idem factus ai sensi dell'art. 4, prot. n. 7 CEDU. Quanto alla natura penale della sanzione, aspetto che secondo la sentenza Fransson della Corte di Giustizia deve essere apprezzato dal giudice nazionale, deve rilevarsi che la sovrattassa del 30% dell'importo non pagato prevista dalla normativa tributaria appare adeguatamente afflittiva e soprattutto munita di funzione deterrente, aspetti questi comuni alla sanzione penale in base alla consolidata interpretazione della Corte EDU. Sulla base delle argomentazioni sopra svolte, risulta necessario sospendere il processo e rinviare gli atti alla Corte di Giustizia dell'unione Europea ai sensi dell'art. 267 del vigente Trattato sul

funzionamento dell'unione, affinché chiarisca se la previsione dell'art. 50 CDFUE, interpretata alla luce dell'art. 4 prot. n. 7 CEDU e della relativa giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo poc'anzi citata, osti alla possibilità di celebrare un procedimento penale avente ad oggetto un fatto per cui il medesimo soggetto abbia riportato sanzione amministrativa irrevocabile, nei termini di cui in motivazione; ulteriori determinazioni sulla sospensione del procedimento e sulla sospensione della prescrizione come da dispositivo. P.Q.M. Visto l'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'unione, - Dispone il rinvio degli atti alla Corte di Giustizia dell'unione europea, formulando la seguente questione pregiudiziale di interpretazione del diritto dell'unione: se la previsione dell'art. 50 CDFUE, interpretato alla luce dell'art. 4 prot. n. 7 CEDU e della relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, osti alla possibilità di celebrare un procedimento penale avente ad oggetto un fatto (omesso versamento IVA) per cui il soggetto imputato abbia riportato sanzione amministrativa irrevocabile; - Dispone la sospensione del procedimento fino alla pronuncia della Corte di Giustizia nonché la sospensione della prescrizione del reato ai sensi dell'art. 159 comma 1 n. 2 c.p.