Nell ordinamento italiano la fonte primaria del diritto tributario è la Costituzione.



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Capitolo 1 Le fonti 1. La Costituzione: principi in materia tributaria A) Generalità Nell ordinamento italiano la fonte primaria del diritto tributario è la Costituzione. La Carta Costituzionale differenzia i prelievi dalle altre limitazioni della proprietà ponendo le norme relative sotto la rubrica «rapporti politici» e non tra quella intitolata ai «rapporti economici»; ciò, comunque, non significa che l imposizione tributaria determini restrizioni della libertà personale, perché si tratta di norme idonee ad assicurare la collaborazione e la solidarietà all interno dello Stato. Gli articoli fondamentali, in materia di imposte, sono: l art. 23 che sancisce la riserva di legge in materia tributaria accogliendo il principio della legalità delle imposte, tipico del cd. «Stato di diritto»; l art. 53 secondo il quale «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva» e «il sistema tributario è informato a criteri di progressività»: contiene perciò i due fondamentali principi dell universalità dell imposta, della progressività del sistema tributario e dell uguaglianza del carico tributario. Il principio essenziale che si ricava da questi articoli è che non esiste correlazione tra la prestazione pecuniaria del singolo e il beneficio che questi riceve dall azione dello Stato. Di rilievo è anche il principio dell uguaglianza del carico tributario, realizzato attraverso il criterio della capacità contributiva. Altri principi costituzionali in materia tributaria sono contenuti negli artt. 75 e 119. L art. 75 afferma che non è ammesso il referendum abrogativo per le leggi tributarie. La ragione di tale divieto nasce dal timore che nei contribuenti, chiamati a pronunciarsi su una legge tributaria, il desiderio di liberarsi di un tributo prevalga sulla razionale valutazione della sua utilità sociale. Quanto detto sopra non impedisce, però, il ricorso all iniziativa popolare ex art. 72, comma 2, Cost., nell ipotesi (per la verità assai improbabile) di proposte di leggi tributarie. L art. 119, infine, demanda agli enti territoriali una parziale autonomia finanziaria che risulta estesa per effetto delle modifiche apportate all articolo citato della legge costituzionale n. 3 del 18-10-2001 (vedi infra). B) La riserva di legge In base all art. 23 della Costituzione, nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Va ricordato che l espressione «in base alla legge», contenuta nell art. 23 della Costituzione, ha dato luogo a molteplici problemi. Il primo e più importante riguarda il contenuto minimo che deve avere la legge che istituisce un tributo.

466 Parte IV: Diritto tributario La riserva di legge prevista dall art. 23 Cost. deve essere considerata una riserva relativa e non assoluta: da ciò deriva che la legge o gli atti aventi forza di legge (decreti legge o decreti legislativi) può non regolare integralmente il rapporto tributario, demandando ad un regolamento (o ad altra fonte subordinata) la disciplina specifica degli elementi fissati in generale dalla legge. Quanto al contenuto minimo che la legge deve avere, esso si identifica negli elementi necessari per individuare il nuovo tributo e cioè: il presupposto di fatto; i soggetti passivi; i principi di determinazione delle aliquote; le sanzioni. C) Generalità ed uguaglianza del tributo Un altro principio si ricava dall art. 53 della Costituzione, in base al quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il termine tutti si riferisce tanto ai cittadini italiani quanto agli stranieri e agli apolidi che operano sul territorio dello Stato e che realizzano i presupposti di legge necessari per essere soggetti all imposizione fiscale. Il termine, inoltre, si rivolge alle imprese individuali e collettive sia nazionali che straniere. Il principio dell eguaglianza, se appare chiaro nel suo significato più generale, è di difficile realizzazione dal punto di vista sostanziale. Infatti, mentre tutti sono concordi nel ritenere che le imposte debbano essere distribuite equamente, nel senso che a parità di condizioni economiche i soggetti debbono sopportare parità di gravami tributari, si discute sul come attuare praticamente tale principio. D) Segue: il principio della capacità contributiva Secondo la teoria della capacità contributiva l imposta deve essere basata sull attitudine economica dei singoli a pagarla, attitudine che si desume da elementi reali e obiettivi, tra cui soprattutto il reddito, il patrimonio, i risparmi, i consumi e i trasferimenti della ricchezza. Per attuare l uguaglianza il Costituente ha sancito il principio della capacità contributiva. Il criterio serve a stabilire che il soggetto può essere tenuto ad adempiere una data prestazione solo nel caso in cui il sorgere dell obbligo posto in rapporto con un fatto, una circostanza, sia suscettibile di valutazione economica. In definitiva, può essere sottoposto a tributo solo ciò che indica l esistenza di capacità contributiva: ad esempio non si possono colpire le persone perché alte o basse o perché celibi o sposate, ma solo le situazioni economicamente valutabili. La capacità contributiva si palesa, quindi, come un limite per il legislatore ordinario alla sua libertà di scelta. L art. 53 è considerato anche una specificazione dei doveri di solidarietà economica e sociale sanciti dall art. 2 della Costituzione: sotto questo profilo la norma costituzionale indica al legislatore ordinario che tra i doveri di solidarietà economica e sociale rientra anche quello di contribuire alle spese pubbliche in base alla ca-

Capitolo 1: Le fonti 467 pacità economica, a prescindere da quanto si riceve in termini di servizi pubblici, divisibili o indivisibili (LUPI). Ne esce così rafforzato il punto di vista solidaristico (paga chi ha le disponibilità economiche) rispetto al cosiddetto principio del «beneficio» in cui le spese pubbliche divisibili dovrebbero essere di preferenza addossate a chi utilizza i relativi servizi. Il principio della capacità contributiva, costituzionalmente sancito, può essere veramente rispettato tenendo conto del sistema fiscale nel suo complesso: infatti, in un sistema tributario ove siano presenti imposte indirette in misura prevalente rispetto alle imposte dirette, si viene a ledere tale principio, in quanto le imposte indirette non tengono conto della capacità contributiva dei singoli ed in tal modo possono incidere in misura maggiore sui redditi dei meno abbienti. Talvolta, come ad esempio accade per i carburanti, anche le imposte indirette si adeguano alla proporzionalità (esempio: i proprietari di auto di lusso auto con cilindrata maggiore pagano più imposte in quanto necessitano di maggior quantità di benzina rispetto ai proprietari delle utilitarie, che di solito appartengono alle categorie di contribuenti meno abbienti). E) Il principio della progressività del sistema tributario Un principio di equità, largamente condiviso, vuole che il carico tributario individuale cresca con il crescere della ricchezza del contribuente. Quando il carico tributario cresce in rapporto diretto con il crescere della ricchezza considerata imponibile (es.: Tizio, che ha un reddito doppio di Caio, paga un imposta pari a due volte quella pagata da quest ultimo), diciamo che la tassazione è proporzionale. Quando il carico tributario cresce in misura più che proporzionale col crescere della ricchezza imponibile (es.: Tizio paga un imposta pari a tre volte quella di Caio, pur avendo Caio un reddito pari alla metà di Tizio), la tassazione è definita progressiva. La tassazione progressiva, pertanto, è una tassazione ad aliquote (marginali) crescenti. Il principio della progressività del sitema tributario è affermato dal secondo comma dell art. 53 della Costituzione per il quale il sistema tributario è informato a criteri di progressività. La progressività del sistema tributario e la destinazione della spesa pubblica a favore dei meno abbienti devono considerarsi gli strumenti previsti dalla Costituzione a disposizione del legislatore per attuare quell eguaglianza di fatto che può definirsi per il suo significato giustizia finanziaria. F) Tipi e modalità di progressività La progressività delle imposte può essere tecnicamente attuata con diverse modalità. a) Progressività per detrazione Si ha progressività per detrazione quando si colpisce con un aliquota costante la base imponibile, dopo aver detratto da questa un ammontare fisso. Per esempio, se l aliquota è pari al 20% e la detrazione ammessa è uguale a 100 si avrà che i redditi fino a 100 non pagheranno imposta, quelli di 200 pagheranno di imposta 20, quelli di 400 pagheranno di imposta 60 etc.

468 Parte IV: Diritto tributario Riportiamo uno schema pratico. Supponiamo che l aliquota sia del 20% e la quota fissa di detrazione sia di 5 euro, avremo: Reddito Detrazione Imponibile Imposta Aliquota 5 5 7,5 5 2,5 0,5 6,66% 10 5 5 1 10,00% 50 5 45 9 18,00% 500 5 495 99 19,80% Come si può notare, via via che aumenta la base imponibile cresce l imposta, che si avvicina sempre più al 20% dell aliquota senza però mai raggiungere detto limite proprio per effetto della detrazione. b) Progressività per classi Si ha progressività per classi quando ad ogni classe di imponibile corrisponde un aliquota costante, che cresce passando da una classe più bassa ad una classe più alta. Ad esempio, agli imponibili fino a 100 si applica l aliquota del 5%; a quelli fino a 200 l aliquota del 6%; a quelli fino a 300 l aliquota del 7% e così via. Tale sistema ha il grave inconveniente che nel passaggio da una classe all altra l ammontare dell imposta aumenta più del reddito o del patrimonio a cui si commisura, in modo che colui che ha un reddito o un patrimonio di poco superiore ad un altro contribuente finisce, una volta detratta l imposta, col rimanere con un reddito netto inferiore a quello di questo secondo contribuente. Valga a chiarire ciò un esempio pratico. Supponiamo che per i redditi da 10.000 euro a 50.000 euro l aliquota è del 10% e che per i redditi oltre 50.000 euro fino a 100.000 euro è del 15%. Se Tizio ha un reddito di 50.000 euro, pagherà d imposta solo 5.000 euro per cui, detratta l imposta, gli resterà un reddito netto di 45.000 euro. Se, invece, Caio ha un reddito di 50.500 euro, soggetto all aliquota del 15%, pagherà d imposta 7.575 euro, per cui, detratta l imposta, gli resterà un reddito netto di 42.925 euro, inferiore a quello di Tizio. c) Progressività continua Nella progressività continua l aliquota aumenta in misura continua con l aumentare della base imponibile, fino ad un massimo, raggiunto il quale, essa rimane costante. Un esempio di imposta ad aliquota progressiva continua era l imposta straordinaria sul patrimonio, istituita in Italia nel 1919. Tale imposta era ad aliquota progressiva che, da un minimo del 4.50% per i patrimoni di 50.000 lire, saliva fino ad un massimo del 50% per i patrimoni superiori a 100 milioni di lire, variando per i patrimoni intermedi. d) Progressività per scaglioni Tale sistema, che è adottato in Italia per l IRPEF, elimina gli inconvenienti del criterio della progressività per classi. La progressività per scaglioni si ha quando per ogni classe di imponibile è prevista un aliquota che si applica soltanto allo scaglione di imponibile compreso in quella classe. Ad esempio, agli imponibili fino a 100 si applica l aliquota del 5%; a quelli di 200 si applica per le prime cento l aliquota del 5% e per le seconde cento l aliquota del 6%; a quelli di 300 si applica per le prime cento l aliquota del 5%; per le seconde cento l aliquota del 6% e per le terze cento l aliquota del 7%.

Capitolo 1: Le fonti 469 Riprendendo l esempio pratico fatto sub b) ed applicando l aliquota del 15% solo per lo scaglione di reddito che va da 50.000 euro a 100.000 euro, avremo che Tizio pagherà di imposta 5.000 euro e Caio 5.075 euro (10% sui primi 50.000 euro e 15% solo sui 500 euro che superano il primo scaglione). Si è discusso se, sulla falsariga di sistemi tributari stranieri, applicare la tassazione progressiva anche ai redditi delle società (l IRES, di cui si dirà, è un imposta proporzionale). La soluzione attuale sembra però la migliore in considerazione della facilità con cui le società potrebbero costituendosi in gruppo eludere la progressività. In ogni caso, poiché i dividendi distribuiti dalle società ai soci entrano nel reddito complessivo di questi, la tassazione progressiva dei redditi prodotti dalle società è solo rinviata al momento della loro percezione da parte dei soci persone fisiche. 2. Le altre fonti del diritto tributario A) La legge La norma tributaria, secondo l art. 23 della Costituzione, ha come fonte di produzione primaria la legge che può creare, modificare, estinguere norme tributarie. Nessun tributo, dunque, può essere creato con atto normativo diverso dalla legge (o da atto con forza di legge). Anche se la legge dello Stato è la fonte primaria delle norme tributarie, anche le regioni hanno potestà in materia. In particolare, in seguito alle modifiche apportate all art. 119 della Costituzione, è stata riaffermata l autonomia finanziaria delle Regioni ossia la potestà di stabilire e gestire in modo autonomo le risorse finanziarie di cui necessitano per la realizzazione delle funzioni loro affidate. Tale potere è stato ulteriormente ampliato e rafforzato prima dalla L. 42/2009 sul federalismo fiscale e successivamente dai decreti legislativi n. 23 del 2011 sulla fiscalità municipale e n. 68 del 2011 sull autonomia impositiva delle Regioni a statuto ordinario e delle Province (v. amplius Cap. XII) emanati in attuazione dell art. 119 della Costituzione. È stata così ampliata l autonomia finanziaria di comuni, province, città metropolitane e regioni anche consentendo alle regioni stesse di istituire nuovi tributi nei comuni, nelle province e nelle città metropolitane del proprio territorio. Le regioni a statuto speciale prevedono, nei rispettivi statuti, la loro autonomia, che va tuttavia temperata con le norme nazionali. Infatti anche le norme regionali delle regioni a statuto speciale, pur avendo valore di fonte primaria, sono limitate e vincolate dai principi sanciti dalla Costituzione, dalle leggi costituzionali nonché dai principi generali dell ordinamento. L accresciuta autonomia finanziaria degli enti locali estesa per effetto delle modifiche apportate al titolo V della Costituzione dalle leggi costituzionali 3/2001 e 1/2012 si riflette nell ampliamento della potestà regolamentare degli stessi in campo tributario. Attualmente anche ai Comuni, Province, città metropolitane oltre alle Regioni sono state attribuite risorse autonome: il novellato art. 119 Cost. prevede che tali enti territoriali stabiliscono e applicano tributi ed entrate proprie in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. In più tali enti dispongono di compartecipazioni al gettito dei tributi erariali riferibili al loro territorio.

470 Parte IV: Diritto tributario Norme tributarie, infine, possono essere contenute nelle leggi di ratifica dei trattati internazionali. B) Decreti legislativi e decreti legge Entrambi sono emanati dal Governo ed hanno la stessa forza della legge. I decreti legge, in particolare, sono emanati dal Governo di propria iniziativa per motivi di necessità ed urgenza (art. 77 della Costituzione) salvo, poi, la conversione in legge da parte delle Camere entro 60 giorni dalla loro emanazione. Il ricorso a tale strumento era diventato talmente frequente da dare adito a seri dubbi di incostituzionalità delle norme. Non possono, infatti, essere considerati «necessari e urgenti» provvedimenti reiterati e modificati numerose volte fino a superare un intero anno o disposizioni che si prevede entreranno in vigore l anno seguente. La Corte Costituzionale con sentenza 24 ottobre 1996, n. 360 ha posto un freno alla prassi in oggetto stabilendo che, decorsi 60 giorni dall emanazione, in caso di mancata conversione in legge, o di sostanziali modifiche, il decreto legge decade senza possibilità di reiterazione. Nell ambito delle modalità di legislazione previste dallo Statuto del contribuente (v. infra) è sancito che nessun tributo può essere introdotto con decreto legge e che la legislazione di urgenza non può individuare soggetti passivi di tributi già esistenti. Attualmente, quindi, è molto più frequente il ricorso ai decreti legislativi i quali invece, presuppongono una delega delle Camere al Governo con preventiva determinazione dei principi e criteri direttivi che il Governo è tenuto a seguire (art. 76 della Costituzione). C) Regolamenti, decreti dirigenziali e provvedimenti del Direttore dell Agenzia delle entrate I regolamenti sono fonti secondarie di produzione del diritto e sono subordinati alle leggi, agli statuti e alle norme di autonomia degli enti pubblici e ai regolamenti emanati da autorità superiori. Tali regolamenti possono classificarsi in governativi se deliberati dal Consiglio dei Ministri e ministeriali se deliberati dal singolo Ministro. In campo fiscale è assai frequente il ricorso a regolamenti interministeriali, trattandosi di materie che investono le competenze e le responsabilità di più dicasteri. Gli unici regolamenti che possono attuare la legge tributaria sono i cd. regolamenti di esecuzione, rivolti ad eseguire la legge e contenenti solo le norme necessarie per dare ad essa concreta attuazione. I regolamenti indipendenti (come le ordinanze), invece, non possono essere ammessi perché risulterebbero in contrasto con l art. 23 della Costituzione. Vi sono inoltre i decreti dirigenziali adottati dai dirigenti e finalizzati all organizzazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e i provvedimenti emanati dalle Agenzie fiscali volti all organizzazione interna delle proprie strutture. D) Istruzioni ministeriali Sono atti contenenti disposizioni per gli uffici inferiori, per indirizzarne l attività secondo i criteri dettati dall organo superiore.

Capitolo 1: Le fonti 471 La forza delle circolari, atti amministrativi a rilevanza interna, è data dal vincolo gerarchico; pertanto, non possono considerarsi fonti di diritto oggettivo, né possono modificare norme preesistenti. Esse, tuttavia, hanno una forza normativa indiretta, in quanto costituiscono condizione di legittimità degli atti emanati dagli uffici inferiori; pertanto devono considerarsi viziati di eccesso di potere gli atti posti in essere dalla P.A. in violazione di circolari amministrative. La funzione di tali istruzioni è di indirizzare l azione degli organi periferici, interpretando le disposizioni di legge e risolvendo quesiti e problemi che i vari uffici incontrano nell esercizio delle loro attività. Il D.P.R. 43/2008, di riorganizzazione del Ministero dell economia e delle finanze ha stabilito che rientra nelle competenze del Dipartimento delle finanze emanare direttive interpretative della legislazione tributaria. Le istruzioni offrono, dunque, un interpretazione delle norme che è vincolante per gli uffici e organi dell amministrazione ma non ha valore cogente né per i terzi né tanto meno per i giudici amministrativi o ordinari. E) Fonti comunitarie e internazionali L appartenenza dell Italia ad organismi sovranazionali o internazionali rende necessario accennare alle fonti normative estere. In particolare i trattati delle tre Comunità europee (CECA, EURATOM e CEE) hanno dato vita ad un ordinamento giuridico sovranazionale caratterizzato da propri organi e soprattutto da proprie fonti normative. Nella gerarchia delle fonti, le norme comunitarie sono poste ad un livello più elevato rispetto alle norme interne. Perciò le norme interne non devono essere applicate se in contrasto con il diritto comunitario. Tra le fonti comunitarie vanno citate in particolare: i regolamenti che hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri senza necessità di ratifica; le direttive che vincolano, invece, lo Stato membro per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ferma restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Ciò significa che i legislatori nazionali hanno un certo margine di discrezionalità nello stabilire i criteri di ricezione delle stesse. Si viene così a creare un rapporto tra direttiva comunitaria e legge di attuazione analogo a quello esistente tra legge delega e decreto legislativo; le decisioni che riguardano casi specifici e sono obbligatorie per i destinatari in esse indicati; le sentenze della Corte di giustizia che hanno effetto diretto negli ordinamenti degli Stati membri. Gli articoli da 110 a 113 del TFUE (Trattato Funzionamento Unione Europea) contengono le norme relative all armonizzazione fiscale in ambito comunitario. In particolare, l art. 110 vieta a ciascuno Stato «l applicazione diretta o indiretta, nei confronti dei prodotti provenienti dagli altri Stati membri della Comunità, di imposte di qualsivoglia natura superiori a quelle applicate ai prodotti nazionali similari», ovvero, nel secondo comma, «l introduzione di imposizioni interne intese a proteggere indirettamente altre produzioni». L art. 111 riconosce invece agli Stati il diritto di restituire, all atto dell esportazione, le imposte interne pagate, purché la misura del rimborso non sia superiore all imposta che grava direttamente o indirettamente sui prodotti nazionali.

472 Parte IV: Diritto tributario Il diritto tributario internazionale è formato dalle Convenzioni stipulate e ratificate dall Italia con gli altri paesi. Scopo di tali convenzioni è quello di evitare fenomeni di «doppia imposizione» ossia di evitare che uno stesso soggetto sia tassato più volte in Stati diversi. F) Gli usi Sono fonti di diritto non scritte in quanto sono regole costantemente osservate da parte dei singoli (art. 1, disp. prel., c.c.). Gli usi secundum e praeter legem sono ammissibili (purché non siano in contrasto con l art. 23 della Costituzione) e costituiscono una produzione giuridica complementare. Di contro, l art. 23 preclude ogni rilevanza all uso anche relativamente alle materie in cui la legge non dispone. L uso non può modificare o estinguere una norma tributaria, né completare la norma stessa. Non si può riconoscere efficacia di fonte di diritto alla cd. prassi degli uffici amministrativi, che, dunque, non è vincolante per i privati. G) Lo Statuto del contribuente Nel tentativo di mutare radicalmente il quadro dei rapporti tra cittadino e fisco, imputandoli a principi di collaborazione e buona fede, è stato approvato, con L. 27-7-2000, n. 212, lo Statuto dei diritti del contribuente. Obiettivi primari della normativa sono, pertanto, da un lato stabilire regole precise che vincolino il legislatore fiscale, riducendo il caotico e disordinato flusso di disposizioni tributarie e dall altro tutelare il contribuente contro disposizioni inique, vessatorie e predisposte unicamente a vantaggio della Pubblica Amministrazione. La piena attuazione dello Statuto è, tuttavia, subordinata all emanazione di una serie di regolamenti di attuazione, relativi soprattutto a quelle disposizioni normative che prevedono un ruolo attivo dell Amministrazione finanziaria. Ad oggi, gli unici provvedimenti emanati sono il D.Lgs. 32/2001, che si prefigge quale obiettivo quello di rendere coerenti le vigenti leggi tributarie con i principi contenuti nello Statuto (art. 16 Statuto); il D.M. 26-4-2001, n. 209, di attuazione dell art. 11 sul diritto di interpello e il D.M. 17-5-2001, n. 281 che stabilisce modalità semplificate per l attribuzione del codice fiscale e per la presentazione della dichiarazione dei redditi ed il pagamento delle relative imposte per i contribuenti residenti all estero (art. 14 Statuto). Un primo gruppo di norme puntualizza che le disposizioni dello Statuto sono principi generali dell ordinamento tributario che in quanto tali richiedono deroga e modifica espressa: solo in casi eccezionali si consente il ricorso a leggi interpretative. Si stabiliscono, poi le modalità di predisposizione dei testi di legge in modo che queste risultino le più chiari possibili (ad es. i richiami ad altre disposizioni vanno fatti indicando il contenuto delle leggi alle quali si fa rinvio). Nell ambito delle modalità di legislazione viene previsto che nessun tributo può essere introdotto con decreto legge e che la legislazione di urgenza non può individuare soggetti passivi di tributi già esistenti. È prevista la non retroattività della legge: per i tributi periodici non possono essere introdotte modifiche con effetto da periodi di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge; inoltre, i termini di decadenza e prescrizione per gli accertamenti fiscali non possono essere prorogati.

Capitolo 1: Le fonti 473 Sono poi regolamentate le modalità con le quali l Amministrazione finanziaria deve diffondere le informazioni fiscali e portare a conoscenza gli atti. In generale, l Amministrazione finanziaria deve portare a conoscenza dei contribuenti anche con mezzi informatici le circolari, le risoluzioni e ogni altro decreto che dispone sull organizzazione, sulle funzioni e sui procedimenti. Gli atti notificati devono indicare l ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni ed il responsabile del procedimento ed in caso di atti impugnabili i termini e l autorità amministrativa cui è possibile ricorrere. Riguardo alla tutela dell integrità patrimoniale, le norme prevedono che l obbligazione tributaria possa essere estinta anche per compensazione da estendere a quei tributi per i quali non è prevista ancora. Ai fini della tutela dell affidamento e della buona fede, l art. 10 dello Statuto sancisce che non sono applicabili sanzioni al contribuente che si sia attenuto ad indicazioni contenute in atti dell Amministrazione finanziaria o a seguito di ritardi, omissioni od errori della stessa. Non vanno applicate sanzioni, inoltre, quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sull applicazione della norma tributaria. È stato, inoltre ampliato l ambito di applicazione del diritto d interpello rafforzando, così, il rapporto di fiducia tra il fisco e il contribuente. La normativa fissa regole ben precise volte a tutelare il contribuente che, facendo affidamento sulle circolari ed istruzioni del fisco, si comporti in un determinato modo successivamente considerato errato per un cambiamento dell orientamento dell Amministrazione finanziaria. L istituto in esame, inoltre, viene esteso a tutte le materie fiscali a condizione, però, che l istanza presentata dal contribuente sia circostanziata, riferita a casi concreti e personali, relativa ad obiettive condizioni d incertezza sulla corretta interpretazione della norma fiscale. Ricorrendo tali presupposti l Amministrazione finanziaria è tenuta a dare risposte entro 120 giorni: in caso contrario il comportamento prospettato dal contribuente si intende implicitamente accettato (cd. silenzio-assenso). È interessante notare che in virtù del criterio del silenzio-assenso è sancito il divieto di irrogare sanzioni amministrative nei confronti di coloro che non abbiano ricevuto risposta alle proprie istanze. L art. 11 dello Statuto del contribuente stabilisce, altresì, che nell ipotesi in cui più contribuenti formulino identiche o analoghe questioni, l Amministrazione finanziaria può dare risposta con un unica circolare o risoluzione, tempestivamente pubblicata. L art. 12 della legge in esame disciplina i diritti e le garanzie del contribuente che viene sottoposto a verifiche fiscali: il principio generale è che ogni attività di verifica (accessi, ispezioni) va effettuata sulla base delle effettive esigenze di indagine e in modo da non recare danno o turbativa all attività del contribuente sottoposto a verifica. Viene, infine, istituita la figura del Garante del contribuente, organo monocratico (fino al 2011 era collegiale) con sede presso ogni Direzione regionale dell Agenzia delle entrate ma dotato di assoluta autonomia di azione, a cui vanno segnalate le disfunzioni nel funzionamento dell Amministrazione finanziaria, chiedendogli di applicare l autotutela, se necessario e il cui ruolo è quello di mitigare i rapporti tra il fisco e i contribuenti al fine di instaurare un clima di collaborazione e di fiducia.

474 Parte IV: Diritto tributario 3. Interpretazione e integrazione delle norme finanziarie Interpretare una norma significa compiere un operazione mirante a ricercare il significato della stessa attraverso un indagine che può essere: a) letterale se rivolta allo studio del significato letterale del testo; b) logica se rivolta alla discussione della disposizione nel suo complesso; c) sistematica se rivolta a coordinare la singola disposizione di legge con le altre norme. Le norme giuridiche spesso lasciano degli spazi vuoti e l interprete, non potendo far uso di disposizioni normative da applicare, ricorre al cd. procedimento analogico applicando una norma che, pur non disciplinando quell ipotesi concreta, abbia una ratio simile ad essa. Non è comunque possibile ricorrere all analogia in materia di sanzioni penali, di norme agevolative e di tributi a carattere occasionale. La legge tributaria non si comporta diversamente da ogni altra legge, per cui ad essa si applicheranno tutti i procedimenti tecnici previsti per interpretare la norma. Per il diritto tributario, questa operazione è spesso complessa, perché: a) il legislatore tributario di frequente usa un linguaggio molto tecnico, ma non sempre preciso; b) talvolta mancano, nel corpo delle norme tributarie, disposizioni di carattere generale; c) nella ricerca della ratio della norma, spesso si deve procedere ad una identificazione di elementi economico-politici e tecnico-finanziari. Il decreto di riforma dei reati penali, allineandosi con le disposizioni in materia di sanzioni tributarie amministrative relativamente alle quali è prevista un analoga norma, ha stabilito la non punibilità delle violazioni di norme tributarie dipendenti da obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di applicazione. Viene inoltre specificato che la norma trova applicazione al di fuori dei casi in cui la punibilità è esclusa dall art. 47, co. 3, del codice penale. 4. Efficacia della norma tributaria nel tempo e nello spazio A) Efficacia nel tempo Per quanto riguarda il termine iniziale dell entrata in vigore delle norme tributarie valgono i principi generali enunciati nelle disposizioni preliminari al codice civile. Con l art. 3 dello Statuto del contribuente il legislatore ha riaffermato il principio della certezza giuridica anche in campo fiscale, stabilendo che le disposizioni tributarie non possono avere effetto retroattivo. Solitamente, per regolare la successione della legge nel tempo, il legislatore emana le cd. norme transitorie. In mancanza, vale il principio tempus regit actum, cioè il principio secondo il quale ciascun atto è retto dalla legge sotto l impero della quale esso è stato compiuto. L abrogazione delle leggi tributarie può essere espressa o tacita. Non è invece possibile l abrogazione di una norma tributaria a mezzo referendum, a causa dell espresso divieto contenuto nell art. 75 della Costituzione.

Capitolo 1: Le fonti 475 B) Efficacia nel tempo delle norme sanzionatorie Il principio della ultrattività, già venuto meno per le sanzioni di carattere amministrativo a seguito della riforma operata dal D.Lgs. 472/97, in vigore dal 1 aprile 1998, è scomparso anche con riferimento alle leggi penali tributarie in seguito all emanazione del D.Lgs. 507/99. L art. 24 del su citato decreto legislativo ha, infatti, abrogato l art. 20 della L. 7 gennaio 1929, n. 4 in base al quale «le disposizioni penali delle leggi finanziarie si applicano ai fatti commessi quando tali disposizioni erano in vigore, ancorché le disposizioni medesime siano abrogate o modificate al tempo della loro applicazione». In seguito all abrogazione di tale norma si applica, sia per le sanzioni amministrative che penali, il principio di legalità in base al quale nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in base ad una legge in vigore prima della commissione della violazione e per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile (art. 3, co. 1 e 2, D.Lgs. 472/97). Tale principio è poi mitigato da quello del «favor rei» in base al quale si applica la legge più favorevole al contribuente nell ipotesi in cui la violazione nel corso del tempo sia stata punita con sanzioni di diversa entità, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo (art. 3, co. 3, D.Lgs. 472/97). In base a questo principio se il fatto che costituiva illecito nel giorno in cui è stato commesso non è più considerato tale nel momento in cui è stato constatato, contestato o è stata irrogata la sanzione, non comporta la responsabilità amministrativa del trasgressore. C) Efficacia nello spazio La legge tributaria ha carattere strettamente territoriale. Essa, cioè, esplica i suoi effetti solo nel territorio dello Stato, ma il legislatore può configurare, come presupposto di un imposta da applicare in Italia, un fatto che è avvenuto all estero (esempio: possesso di un bene all estero). Ciò crea un problema nei rapporti fra gli Stati rispetto all imposizione fiscale, poiché, non esistendo un principio del ne bis in idem in campo internazionale, si creano conflitti di norme ed il medesimo fatto può venir colpito da diverse leggi fiscali emanate in diversi Stati (cd. doppia imposizione). Di solito si risolve la questione con convenzioni bilaterali o plurilaterali. Analoghi principi vigono per le Regioni, nel senso che la legge regionale vale come tale nell ambito territoriale della Regione. Essa, peraltro, deve essere osservata da tutti gli organi dello Stato, giurisdizionali ed amministrativi, nonché da quelli delle altre Regioni. 5. La lotta all elusione e il diritto d interpello L elusione consiste nello sfruttamento delle smagliature delle norme tributarie per realizzare un consistente risparmio d imposta. Un primo esempio di norma antielusione si è avuto con l art. 10 della L. 408/90, poi sostituito dall art. 37bis del D.P.R. 600/73 (introdotto dal D.Lgs. 358/97). Tale disposizione, volta ad evitare comportamenti elusivi (che consentono riduzioni o rimborsi di imposta ottenuti aggirando la normativa fiscale), prevede che «sono inopponibili all amministrazione finanziaria tutti quegli atti, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi altrimenti indebiti».

476 Parte IV: Diritto tributario Pertanto, affinché la norma possa essere applicata, è necessario che: ci sia un vantaggio fiscale (riduzione o rimborso di imposta); ci sia un comportamento volto ad aggirare il sistema fiscale; gli atti siano posti in essere senza valide ragioni economiche. Per valide ragioni economiche si intende, secondo la relazione ministeriale, un apprezzabilità economico-gestionale e non una formale validità giuridica. Di recente si sta dibattendo molto sull abuso del diritto e l elusione ed in particolare la Cassazione è intervenuta con due sentenze dando un interpretazione restrittiva in merito alla necessità dell assenza di valide ragioni economiche. Con la prima, del 30-11-2011, n. 25537, ha chiarito che questo requisito può ritenersi implicitamente verificato ove si assume che l unico motivo dell aggiramento sia il conseguimento di un vantaggio fiscale. Con la seconda del 16-2-2012, n. 2193 la Suprema Corte ha stabilito che il contribuente non può conseguire indebiti vantaggi fiscali mediante l utilizzo distorto degli strumenti giuridici dell autonomia privata. Per cui sono disconosciuti gli effetti di qualunque negozio giuridico posto in essere solo per conseguire vantaggi fiscali. La delega fiscale sull abuso del diritto e l elusione fiscale Con la legge delega di riforma fiscale (L. 11 marzo 2014, n. 23) viene ad essere disciplinato l abuso del diritto. In particolare l art. 5 prevede l emanazione di decreti legislativi volti ad unificare le disposizioni antielusive al principio generale del divieto dell abuso del diritto. La delega prevede che i decreti debbano: definire la condotta abusiva intesa come uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio di imposta anche se tale condotta non è in contrasto con alcuna disposizione; garantire la libertà di scelta del contribuente tra molteplici operazioni comportanti anche un diverso carico fiscale; prevedere l inopponibilità, da parte del contribuente all amministrazione finanziaria, degli strumenti giuridici di cui al primo punto e il potere della stessa di disconoscere il relativo risparmio d imposta. In sostanza viene sancita legalmente l eguaglianza tra elusione e abuso del diritto. In materia antielusiva un cenno merita anche il co. 2bis dell art. 2 del D.P.R. 917/86 in base al quale si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini emigrati nei cd. paradisi fiscali. Tale disposizione consente, in pratica, al fisco di tassare i redditi ovunque prodotti dai cittadini italiani residenti all estero senza dover dimostrare che la residenza dichiarata dal contribuente è fittizia. Sarà cura di quest ultimo dimostrare il contrario al fine di evitare un aumento della tassazione del proprio reddito. Al fine di arginare i comportamenti antielusivi e favorire i rapporti tra contribuente e fisco è stato introdotto nel nostro ordinamento il diritto d interpello (ruling). Quest ultimo consiste nella possibilità per il contribuente di ottenere risposte dall amministrazione finanziaria, sulla correttezza o meno di determinati comportamenti. La richiesta del parere può riguardare: i casi d interposizione fittizia (art. 37, co. 3, D.P.R. 600/73); le operazioni o i comportamenti elusivi di cui all art. 37bis del D.P.R. 600/73; la qualificazione di determinate spese tra quelle di pubblicità e propaganda ovvero tra quelle di rappresentanza (art. 21, co. 2, L. 413/91).

Capitolo 1: Le fonti 477 In caso di mancata risposta, entro 120 giorni dalla data di presentazione dell istanza l interpellante può diffidare l Agenzia delle entrate ad adempiere nei successivi 60 giorni. La mancata risposta equivale a silenzio-assenso. Con lo Statuto del contribuente (art. 11, L. 212/2000) l istituto in esame viene esteso a tutte le materie fiscali da qui la denominazione di interpello generalizzato a condizione, però, che l istanza presentata dal contribuente sia circostanziata, riferita a casi concreti e personali, relativa ad obiettive condizioni d incertezza sulla corretta interpretazione della norma fiscale. La presentazione dell istanza non ha alcun effetto sospensivo né per quanto riguarda le eventuali scadenze e i relativi adempimenti né per quanto attiene alla decorrenza dei termini di decadenza. Non comporta, inoltre, l interruzione o la sospensione dei termini di prescrizione. Ricorrendo tali presupposti l amministrazione finanziaria è tenuta a dare risposta entro 120 giorni: in caso contrario, il comportamento prospettato dal contribuente si intende implicitamente accettato (cd. silenzio-assenso). È interessante notare che in virtù del silenzio-assenso è sancito il divieto di irrogare sanzioni amministrative nei confronti di coloro che non abbiano ricevuto risposta alle proprie istanze.