Abbiamo visto cadere una stella



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Transcript:

Abbiamo visto cadere una stella

Gabriella Vaccaro ABBIAMO VISTO CADERE UNA STELLA romanzo

www.booksprintedizioni.it Copyright 2012 Gabriella Vaccaro Tutti i diritti riservati

A mia figlia

Io, Irene Io, mi chiamo Irene e mia sorella Flavia, siamo tornate da poco in Italia. Eravamo stanche di vivere lontane dai nostri genitori. Io ho due bambini: Michele di sei anni e Camilla di tre, mia sorella ne ha uno, Giovanni, che ha quattro anni. Per tanti anni, dal 58 al 76 non abbiamo vissuto in Italia, ma con i nostri nonni, a Dublino, dove il padre e la matrigna di mia madre avevano avuto un attività commerciale, e dove avevano deciso di invecchiare; vivevamo con loro in una casa in Merrion Street E poi a Parigi, da sole, per studiare lontano dall Italia dove i nostri genitori non vedevano buone prospettive di vita. Io sono laureata in lingue, mia sorella in architettura. Passiamo molto del tempo libero dagli impegni di lavoro, nella casa dei nostri genitori. È una casa grande, intorno vi è un giardino, circondato forse, da una ringhiera che non si vede, perché le piante l hanno, ormai, ricoperta del tutto. Dal lato più lungo del giardino c è il cancello d ingresso alla casa, come a voler simboleggiare la distanza dal mondo esterno di quel luogo, che è altro dal resto. 7

La casa è a due piani, ma i miei abitano solo il superiore. È una casa moderna, senza fronzoli. Tutti i particolari sono molto curati: i colori, le lampade, la posizione degli oggetti. È la casa dove mi piace stare di più, più che nella mia. Mio padre e mia madre ne hanno molta cura, passano così, tra la casa ed il giardino, il tempo che figlie e nipoti lasciano loro libero. Sono appagati e tranquilli. Da quando sono qui, ho cominciato ad ascoltare la musica italiana, ho scoperto Pino Daniele: con i suoi ritmi solari, urlati, qualcun altro, che cerca qualcosa di buono che gli illumini il mondo, come me. Li ascolto durante i miei brevi tragitti in macchina. Così, tra ritmi napoletani e trasgressioni verbali, scopro paesaggi mediterranei, dominati da cielo e mare blu. Come il blu che ho trovato negli occhi del mio compagno, un blu così intenso che sembrano brillare di luce propria. Per questi occhi così, il suo muoversi armoniosamente in quel suo corpo bellissimo, abituato dagli sport più diversi, ad usare ogni muscolo, non si può non notarlo; sono un po gelosa, lui parla poco, chiuso ed introverso, sembra solo preso dal suo lavoro, dalla sua voglia di conoscere e dai suoi figli. Ma so che qualcosa lo affligge, qualcosa lo corrode e la sua tristezza, piano, piano mi entra sotto la pelle. Così, talvolta, mi trovo ad essere irritata contro tutto e tutti. Poi la rabbia si placa e rimane solo l amarezza di essere stata sgradevole con me e con gli altri. Qualcosa tra noi costruisce una barriera sempre più spessa, una membrana che c era sempre stata, e che poi si è ispessita sempre di più. 8

Cerco in tutti i modi di abbatterla o far finta che non ci sia. Ma c è. Ed offusca tutti i miei tentativi di essere serena profondamente. È medico, anche lui, come mio padre, ma per fortuna ha un lavoro con i piedi sulla terraferma. Mi allontano dalla mia realtà, da me stessa, quando, talvolta, osservo il mondo che mi circonda, lontano ed esteriore, come i miei pensieri, come le sensazioni che cerco e non ho. Osservo questa terra, che mi era sempre sembrata un paese straniero, con la sua primavera fiorita, la calda estate con le strade deserte nelle prime ore del pomeriggio, quando anche le automobili sembrano andare a fare la pennichella. Il silenzio invade le vie del vecchio centro storico: nei vicoli bui si affacciano maestosi portoni, varcati i quali si entra in grandi cortili, retaggio di una vita comunitaria che sta finendo. Nelle ore dette di controra, tutto sembra disabitato da esseri umani. Si sentono solo gli uccelli cinguettare. Quando tacciono, c è tanto silenzio da poter udire anche il ronzare degli insetti sui rigagnoli d acqua tra i mattoni di nero basalto, abbondantemente innaffiati per lenire il senso di calura. Dai balconi e terrazzi si affacciano ombre strane e fresche di piante enormi, ricche di foglie. Folle di vegetali, padrone di spazi che non possono essere attraversati da piedi umani, tanto i vasi sono addossati l uno all altro. Vasi, che sono, a volte, vecchie scatole di latta, vecchi secchi, eppure, le piante vi crescono rigogliose ed invasive, addossate l una all altra su balconi che esistono solo per contenerle. 9

Anche il mio lavoro è lontano dagli esseri umani: sterile, arido, tecnico, noioso. Lavoro in una banca, da quando ho avuto i miei figli. Avevo lavorato come interprete, e da studentessa ho fatto la guida turistica. Ma da quando ho famiglia, ho preferito un lavoro tranquillo, con degli orari fissi, che mi permetta di occuparmi, come meglio è possibile, di mio marito e dei miei figli; i lavori precedenti di interprete o di guida, richiedevano spesso periodi lontani da casa. In fondo mettere su famiglia mi ha reso prevalentemente una casalinga. Sarà vero che il mammismo italiano si trasmette col DNA! Ora posso anche lavorare con un orario ridotto. Da quando sono in Italia, trovo più sostenibile il mio impegno familiare; qui è molto più normale che una donna si dedichi prevalentemente alla famiglia. La gente che vive qui, mi piace, ma c è qualcosa che mi fa sentire distante, estranea, in questa che tutti decantano come una delle nazioni più accoglienti del mondo. Dalla finestra della stanza in cui lavoro, entrano insetti di tutte le taglie e forme, dagli alberi carichi di foglie arriva il cinguettio costante degli uccelli ed il rumore del vento che ulula passando veloce tra i rami. Come mi sento sola, talvolta, in quella stanza. Quando lavoravo a Parigi ero sempre in una stanza piena di gente. Attorno avevo le mie colleghe casiniste e rumorose, in un palazzo con l aria condizionata e le finestre sempre chiuse. Non si sentivano uccelli cantare, né il vento ululare. Però potevo ascoltare tante storie, scherzare, sorridere per scemenze, comunicare. 10

Ora qui non ho con chi ridere e scherzare, non c è l aria condizionata, non c è il rumore di una stanza piena di gente e mi sento terribilmente sola fin quando non torno a casa. Spesso mi chiedo se non ho sbagliato a tornare in questo che non mi sembra il mio paese. Ma udire il canto degli uccelli, mi ricorda che la vita è fatta anche di sensazioni, ritmi e rumori che gli esseri umani possono ascoltare, ma con cui non si può interagire, solo farli entrare dentro di sé ed assaporando le sensazioni silenti ed inesprimibili con le parole. È l anima che le assorbe, le trattiene. Forse gli occhi le comunicano, ma spesso solo a nessuno. Sia io che mia sorella, dopo aver vissuto tanto tempo all estero, abbiamo scelto di tornare qui per essere più vicine ai nostri genitori, ora che loro stanno invecchiando. E noi, ormai genitori, sentiamo e comprendiamo il senso del rapporto che lega ai figli. E forse perché avevamo voglia di stare con loro, ora che possiamo sceglierlo. Ora che il tempo della nostra vita avanza, tornare nei luoghi di antiche memorie, è un po come rallentarlo. Vorremmo poter dare ai nostri figli l immagine di una vita, in cui le famiglie non sono formate solo da genitori e prole, ma anche da zii, nonni e vicinato. Abbiamo scelto di stare dove sono i nostri genitori, per recuperare il tempo passato senza la loro compagnia. In realtà il rapporto con nostro padre è stato più continuo, perché lui viaggiando per mestiere ci incontrava molto spesso e poi, con lui abbiamo 11

sempre avuto una fitta corrispondenza epistolare e telefonica. Non è stato così con nostra madre. Lei si è sempre più isolata dal mondo circostante, per le sue difficoltà di comunicazione. Deve aver sofferto molto nel separarsi da noi, anche se consapevole di farlo per il nostro bene. Il suo modo di reagire alla sofferenza ed alla separazione è stato un aumento della difficoltà di comunicazione, che era già iniziata qualche anno prima con il suo mutismo. Lei non parlava come se avesse un problema fisico, ma non si era trovato nulla ed alla fine, si scelse di lasciare che questo sintomo avesse la meglio. Non era molto comune affrontare una psicoterapia. Le sue reazioni sono sempre state molto strane. È sempre stata una donna molto strana. Solo ora abbiamo saputo che il vero motivo per il quale eravamo state allontanate era la sua grave depressione. Lei stessa aveva vissuto per alcuni anni con i nonni paterni, perché sua madre era andata via con un altro uomo, poi era finita come una sbandata, fino a quando non si era uccisa. Tutto questo le era stato tenuto nascosto per molti anni. Sapeva che sua madre era morta per una grave malattia, suo padre le aveva detto la verità solo quando lei aveva deciso di restare in Italia, con i nonni, mentre lui e sua nuova moglie stavano per trasferirsi a Dublino. Le sue stranezze ce l hanno fatta amare poco nel periodo della nostra adolescenza, quando, alla normale contrapposizione tra figli e genitori seguì anche un distacco fisico tra noi e loro. 12