capitolo dodicesimo Un ritorno alla vita 131 Atti. Premessa del progetto ARTE E CULTURA 135



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Transcript:

indice capitolo primo Un incontro che fa battere il cuore 7 capitolo secondo Una parola buona illumina la notte 15 capitolo terzo Pensieri, parole e incontri 25 capitolo quarto Una comunicazione, una risposta. Dolore, trasformazione 41 capitolo quinto Un amore, un seme, desideri e baruffe 49 capitolo sesto Timori e speranze si alternano nel cuore 63 capitolo settimo Il sistema scolastico 79 capitolo ottavo Soddisfazioni e incontri 87 capitolo nono Un programma, ostacoli e strategie 93 capitolo decimo La mano della Provvidenza 109 capitolo undicesimo Una realizzazione voluta dall amore 125 5

capitolo dodicesimo Un ritorno alla vita 131 Atti. Premessa del progetto ARTE E CULTURA 135

capitolo primo Un incontro che fa battere il cuore I l sole stava per tramontare. Gli ultimi raggi indoravano le cime più alte dei monti lontani. Giuseppino percorreva una strada di campagna. Era solo. Il suo animo sconvolto gli impediva di guardarsi intorno. Procedeva automaticamente sulla stradetta sconnessa, chiuso nel suo dolore. Il cielo era limpido e ad Ovest sembrava che un pittore spandesse meravigliosi colori all orizzonte. La gente comune si preparava a lasciare il lavoro per tornare a casa. Anche gli animali, salutato il sole, si apprestavano a come passare la notte. Il piccolo e povero viandante con gli occhi bassi continuava il suo cammino. Gli occhi umidi spesso gli impedivano di vedere qualche sasso che si trovava sulla strada. Inciampava, barcollava, tuttavia continuava il suo cammino, anche se l andare gli costava fatica. Doveva raggiungere l ovile. Lo aspettavano le pecore. Doveva provvedere alle pulizie e prepararsi per il domani. Ma non lo tormentava il pensiero del lavoro. Per lui era un atto dovuto. Ciò che distruggeva il suo spirito erano le umiliazioni scolastiche. 7

Eppure sapeva tante cose. Sapeva riconoscere tutte le sue pecore. Sapeva di ciascuna i difetti e i pregi; riusciva a distinguere gli umori del gregge determinati dal tempo o dalle stagioni. Conosceva strade. Distingueva i pericoli e sapeva il modo di evitarli o come superarli. In altre parole era un buon pastore. Tutto questo però non era materia di valutazione scolastica. Cosa vale conoscere le piante, a cosa serve capire che i comportamenti del fare sono legati alle cose e non sempre alla propria volontà? Era all ultimo banco Giuseppino. Spesso si sentiva dire: «Cerca di stare attento come gli altri!», «Non dormire!», «Ma possibile che non capisci mai nulla?» Queste parole erano veri macigni. Rendevano il suo cuore triste e l animo sconvolto annullava la volontà. Le forze gli venivano meno. In quello stato gli occhi non riuscivano a scorgere la strada e, così, anche un piccolo ciottolo era un ostacolo. C era però una forza che lo spingeva a correre, andava come una barca trascinata dalla corrente. La tranquillità della sera, il canto dell usignolo che salutava gli ultimi raggi del sole, non erano di conforto, forse marcavano ancora di più lo sconforto e la sofferenza. «Dio vede e provvede» e in vero, su quella strada, si trovava a passare un vecchio dalla barba bianca, che, visto l andare barcollante del bambino e intuendo una sofferenza superiore alle forze, aspettò che il piccolo gli andasse contro. Ma lo aspettò con le braccia aperte. Quando Giuseppino si scontrò, prima ancora che il suo io si rendesse conto dell accaduto, scoppiò in un pianto incontenibile. 8

Il bambino passò qualche minuto tra quelle braccia. Erano due braccia che emanavano calore umano I suoi genitori lo avevano abbandonato quando aveva un anno. Uno era andato al Nord e l altra al Sud. Il vecchio nonno lo aveva circondato di affetto e premure, però la morte lo portò via quando Giuseppino aveva appena sei anni. A trovarsi dopo tanto tempo tra due braccia che lo avvolgevano con tanta dolcezza, gli tornarono alla mente gli abbracci del nonno. Gli sembrava che tutto fosse fermo e di essere in un altro mondo. Il caro nonno non c era più, ma il calore era quello. Per questo il pianto e per questo le lacrime scendevano a fiume. Anche Barba Bianca avvertì uno sconvolgimento mentale e fisico, tanto che l emozione portò il suo animo ben oltre l immaginabile. Avvertiva le vibrazioni prodotte dal pianto e percepiva la disperazione di quel bambino. Era turbato e non aveva la forza di allontanare quel bambino dal suo corpo. Incollati formavano una sola statua. Il vecchio, poi, accarezzando la testa e sconvolgendo i capelli con le dita, con voce alquanto alterata, anche contro la sua stessa volontà, disse: «Figlio mio, non far cadere mai il sole sulle tue collere o su una tua paura». Poi, prima di staccarlo da sé, lo strinse ancora più forte. Un amicizia profonda era nata tra i due esseri. Barba Bianca prese tra le sue mani con emozione il viso del bambino e pronunciò parole dolci, dettate dal cuore, quasi sussurrate, pregne di una forza sacrale: «Caro, non piangere, la notte porta consiglio; il sole domani sarà più splendente e la terra con i mille colori dei fiori sarà più bella». 9

Il bambino, liberatosi da quel contatto caloroso, incominciò a correre su quella strada che s inerpicava sempre di più verso il boschetto di betulle. Correva per raggiungere l ovile. Correva, perché avvertiva nel suo animo qualcosa d inesprimibile e non voleva che il tempo lo portasse via. Era pur sempre un bambino. Nel suo animo c erano forze che sconvolgevano e difficilmente potevano essere razionalizzate. «Un temporale con vortici sradica alberi», si diceva, e «l acqua trascina ciò che trova davanti a sé verso valle». L uomo è inerme e cerca rifugi sicuri e corre per trovarli e si curva per maggior protezione. Anche Giuseppino correva e quando giunse all ovile si aggomitolò sulla paglia accanto al suo gregge. Barba Bianca, invece, restò fermo con la bocca aperta a guardare quella corsa, e sembrava un palo infilzato. Anche il suo animo era sconvolto. Mille erano i pensieri, ma nessuno di questi era traducibile. La mente vagava anche nel passato del suo vissuto, mentre il corpo immobile sembrava pietrificato. Il mondo circostante era presente, ma tutto era informe e il tempo non scandiva più le ore. Un asinello che stava passando, carico di legna, lo costrinse a tornare in sé. L incontro lo aveva sconvolto. Negli occhi era rimasta l immagine di quel bambino che camminava barcollando; nelle orecchie il pianto riproduceva emozioni. Nel suo animo si accavallavano sentimenti affiorati, domande, motivazioni, parole pronunciate e quelle non dette. Anche i suoi occhi si riempirono di lacrime che scendevano giù irrorando baffi e barba. Il turbamento non gli permetteva di vedere le cose. 10

Quando riprese il cammino, il suo andare era lento. Quando si accorse dell esistente, era seduto al tavolo in compagnia di Gianni. «Oh, amico mio», furono le prime parole pronunciate dopo un profondo sospiro liberatorio. Ma lo sguardo di Barba Bianca rimaneva ancora assente e cupo. L amico restava attonito accanto a lui. Cercava argomenti validi per conversare. Ognuno di questi era analizzato e poi scartato. Era come uscire da un furioso temporale. Era come lo stare alla porta di casa o alla finestra a guardare il cielo con la speranza che il peggio fosse passato. Appare un atto, anche questo, liberatorio. L andare poi a guardare, nasce dalla speranza di trovare un qualcosa di diverso, di osservare un ambiente più sereno. Ma al tavolo permaneva il temporale ed erano momenti interminabili quelli che stavano vivendo i due amici. Il temporale era ancora in atto. Per Gianni tutto era nuovo nel comportamento di Barba Bianca. Anche quello sguardo profondamente serio e quasi misterioso non gli apparteneva e l amico restava muto. Gianni sentiva il peso del silenzio. Soffriva. Non riusciva a portare aiuto. Non sapeva cosa dire, cosa fare. La signorina del bar, portando al tavolo due bicchieri di birra, richiamò l attenzione di Barba Bianca. Allora Gianni sollevò il bicchiere e riuscì a pronunciare: «Salute a te». Un flebile grazie fu la risposta, ma sufficiente a riportare tra i due la possibilità di un inizio di dialogo. Gianni esaminava i tanti argomenti raccolti in quegli attimi di silenzio ed era come frastornato. Era 11

sperduto e confuso. Ognuno degli argomenti pesati sembrava, all inizio, confacente al caso, ma apparivano tutti inadeguati. Poi inconsciamente domandò all amico: «Dove sei stato? Cosa hai fatto nel pomeriggio? Chi hai incontrato?» Tutte le parole erano state pronunciate con voce sommessa e senza intervallo. Barba Bianca non dette alcuna risposta, ma con voce ferma disse: «Gianni, ho bisogno forse di alcune delucidazioni sul comportamento dei bambini». Questa richiesta, detta con quel tono, aumentò maggiormente la confusione mentale di Gianni. Però non ebbe il tempo di riprendersi, che si sentì apostrofare: «Sei o non sei un vecchio maestro?» Non attese la risposta. Quando Gianni alzò lo sguardo, vide l amico che aveva già varcato la soglia. Allo smarrimento mentale si aggiunse una certa e seria preoccupazione. Tutti avevano notato lo stato di Barba Bianca, ma ancora di più si stupivano per le condizioni di Gianni, uomo retto e pacato, umano e generoso. A qualcuno scappò detto: «Che tipo, quel Barba Bianca!» Ma Barba Bianca era molto stimato, il suo parlare era secco, tagliente e preciso. La sua statura alta e asciutta, i suoi capelli bianchi, ordinati, anche un po lunghi e il suo andare sicuro completavano la personalità. Gianni si presentava bene; di carattere più gioviale; arguto e qualche volta pungente tanto che si infilavano mordenti le risposte agli interlocutori arroganti e ignoranti. 12

La luce per le strade era stata accesa. Il cielo si era fatto scuro. Ma quella sera tre anime erano in pena. Ognuno aveva un suo fardello e ciascuno nel suo cuore soffriva, però, per causa altrui. 13