CUCINA CRUDISTA CREATTIVA SULLA SCIA DELLA BIBBIA Lettura del 14 maggio 2014.



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Transcript:

CUCINA CRUDISTA CREATTIVA SULLA SCIA DELLA BIBBIA Lettura del 14 maggio 2014. La donna saggia costruisce la sua casa, quella stolta la demolisce con le proprie mani» (Pr 14,1). Questa antica massima della Scrittura vale per la casa come per il creato, che possiamo custodire e purtroppo anche demolire. Dipende da noi, dalla nostra sapienza scegliere la strada giusta. Dove imparare tutto ciò? La prima scuola di custodia e di sapienza è la famiglia. Così ha fatto Maria di Nazaret che, con mani d amore, sapeva impastare «tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata» (Mt 13,33). Così pure Giuseppe, nella sua bottega, insegnava a Gesù ad essere realmente «il figlio del falegname» (Mt 13,55). Da Maria e Giuseppe, Gesù imparò a guardare con stupore ai gigli del campo e agli uccelli del cielo, ad ammirare quel sole che il Padre fa sorgere sui buoni e sui cattivi o la pioggia che scende sui giusti e sugli ingiusti (cfr Mt 5,45). Perché guardiamo alla famiglia come scuola di custodia del creato? Perché la 47ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che si svolgerà dal 12 al 15 settembre 2013 a Torino, avrà come tema: La famiglia, speranza e futuro per la società italiana. Nel cinquantesimo anniversario dell apertura del Concilio Vaticano II, poi, rileggiamo la costituzione pastorale Gaudium et spes, che alla famiglia, definita «una scuola di umanità più completa e più ricca», dedica una speciale attenzione: essa «è veramente il fondamento della società perché in

essa le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa ed a comporre convenientemente i diritti della persona con le altre esigenze nella vita sociale» (n. 52). In questo cammino ci guida il luminoso magistero di papa Francesco, che ha esortato più volte, fin dall inizio del suo pontificato, a «coltivare e custodire il creato: è un indicazione di Dio data non solo all inizio della storia, ma a ciascuno di noi; è parte del suo progetto; vuol dire far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un giardino, un luogo abitabile per tutti Il coltivare e custodire non comprende solo il rapporto tra noi e l ambiente, tra l uomo e il creato, riguarda anche i rapporti umani. I Papi hanno parlato di ecologia umana, strettamente legata all ecologia ambientale. Noi stiamo vivendo un momento di crisi; lo vediamo nell ambiente, ma soprattutto lo vediamo nell uomo Questa cultura dello scarto tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora come il nascituro, o non serve più come l anziano. Questa cultura dello scarto ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione» (Udienza Generale, 5 giugno 2013). «Come la famiglia può diventare una scuola per la custodia del creato e la pratica di questo valore?», chiede il Documento preparatorio per

la47ª Settimana Sociale. Come Vescovi che hanno a cuore la pastorale socialee l ecumenismo, indichiamo tre prospettive da sviluppare nelle nostre comunità: la cultura della custodia che si apprende in famiglia si fonda, infatti, sulla gratuità, sulla reciprocità, sulla riparazione del male. Gratuità. La famiglia è maestra della gratuità del dono, che per prima riceve da Dio. Il dono è il suo compito e la sua missione nel mondo. È il suo volto e la sua identità. Solo così le relazioni si fanno autentiche e si innesta un legame di libertà con le persone e le cose. È una prospettiva che fa cambiare lo sguardo sulle cose. Tutto diventa intessuto di stupore. Da qui sgorga la gratitudine a Dio, che esprimiamo nella preghiera a tavola prima dei pasti, nella gioia della condivisione fraterna, nella cura per la casa, la parsimonia nell uso dell acqua, la lotta contro lo spreco, l impegno a favore del territorio. Viviamo in un giardino, affidato alle nostre mani. «L essere umano è fatto per il dono, che ne esprime e attua la dimensione di trascendenza», ricorda Benedetto XVI nella Caritas in veritate (n. 34), in «una gratuità presente nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell esistenza». Reciprocità. La famiglia ha una importanza decisiva nella costruzione di relazioni buone con le persone, perché in essa si impara il rispetto della diversità. Ogni fratello, infatti, è una persona diversa dall altra. È in famiglia che la diversità, invece che fonte di invidia e di gelosia, può essere vista fin da piccoli come ricchezza. Già nella differenza

sessuale della coppia sponsale che genera la famiglia c è lo spazio per costruire la comunione nella reciprocità. La purificazione delle competizioni fra il maschile e il femminile fonda la vera ecologia umana. Non l invidia (cfr Gen 4,3-8), allora, ma la reciprocità, l unità nella differenza, il riconoscersi l uno dono per l altro. «Questa era la nostra gara attesta San Gregorio Nazianzeno parlando della sua amicizia con San Basilio Magno non chi fosse il primo, ma chi permettesse all altro di esserlo». È la logica della reciprocità che costruisce il tessuto di relazioni positive. Non più avversari, ma collaboratori. In questa visione nasce quello spirito ci cooperazione che si fa tessuto vitale per la custodia del creato, in quella logica preziosa che sa intrecciare sussidiarietà e solidarietà, per la costruzione del bene comune. Riparazione del male. In famiglia si impara anche a riparare il male compiuto da noi stessi e dagli altri, attraverso il perdono, la conversione,il dono di sé. Si apprende l amore per la verità, il rispetto della legge naturale, la custodia dell ecologia sociale e umana insieme a quella ambientale. Si impara a condividere l impegno a riparare le ferite che il nostro egoismo dominatore ha inferto alla natura e alla convivenza fraterna. Da qui, dunque, può venire un serio e tenace impegno a riparare i danni provocati dalle catastrofi naturali e a compiere scelte di pace e di rifiuto della violenza e delle sue logiche. È un impegno da condurre avanti insieme, come comunità, famiglia di famiglie. Perché i problemi di una famiglia siano condivisi dalle altre

famiglie,attenti a ogni fratello in difficoltà e ogni territorio violato. Con la fantasia della carità. Un segno forte di questa cultura, appresa in famiglia, sarà infine operare affinché venga custodita la sacralità della domenica. Anche il profumo della domenica, infatti, si impara in famiglia. È soprattutto nel giorno del Signore che la famiglia si fa scuola per custodire il creato. Si tratta di una frontiera decisiva, su cui siamo attesi, come famiglie che vivono scelte alternative. La preghiera fatta insieme, la lettura in famiglia della Parola di Dio, l offerta dei sacrifici fatti con amore rendano profumate di gratuità e di fraternità vera le nostre case. Custodire la Parola: questo il primo compito di una comunità credente che davvero vuole vivere fedelmente nella costante attenzione a Dio, nell apertura ai suoi segni, disponibile al suo progetto, secondo l indicazione di papa Francesco, nell omelia del 19 marzo. È un impegno di cui l Anno della Fede invita a riscoprire l ampiezza e la complessità, che interessa tutte le dimensioni dell esistenza credente, quale viene vissuta nelle diverse confessioni cristiane. C è, anzi, una forte dimensione ecumenica in esso, un invito a radicare il dialogo e l agire condiviso dei credenti in quella Parola che costituisce il riferimento comune. Si tratta, infatti, di custodire la Parola in un tempo di fragore mediatico assordante, creando spazi che ne rendano possibile sempre e di nuovo l ascolto. Si tratta di custodirla, perché l annuncio di Gesù Cristo possa risuonare nella sua potenza di illuminazione, che trasforma le esistenze di ognuno dei

suoi membri e la vita stessa della comunità. Di custodirla come realtà preziosa, che aiuta a scoprire la ricchezza di senso che si cela nel quotidiano delle nostre vite, così come nella storia della famiglia umana; come dono dall alto, che rivela la natura come creazione, aprendo gli occhi alla scoperta di Dio quale Creatore di tutto. La Parola, custodita così, custodisce chi la ascolta, confermandolo nella sua vocazione e donandogli la forza della perseveranza, la capacità di vivere un esistenza sobria ed essenziale. Ma quella stessa custodia che orienta lo sguardo alle radici della fede invita anche a guardare in modo diverso al nostro oggi: si tratta di percepire l opera di Dio che costruisce la casa, di cogliere l azione segreta dello Spirito nel tessuto del reale. Per questo il credente lo sottolineava papa Francesco nell omelia sopra citata sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. Lasciarsi custodire dalla Parola significa vivere con occhi aperti e lucidi, attenti a percepire negli avvenimenti del quotidiano il futuro che vi si dischiude. Lo sguardo credente è animato da un realismo profetico, che sa cogliere il presente nella sua ambiguità, ma anche nella sua dimensione promettente nella luce del Regno che viene. La Parola diviene così anche criterio ermeneutico per il tempo e la storia, invito a scrutare i segni dei tempi alla luce del Vangelo secondo il richiamo del Concilio Vaticano II nella Costituzione Conciliare Gaudium et spes (n. 11). Diviene chiamata ad una prassi che da essi si lascia ispirare, per affrontare i gravi problemi della

condizione umana sul pianeta terra alla luce del Vangelo e dell esperienza umana (n. 46). In tale prospettiva anche il tempo che viviamo, così drammaticamente segnato da una crisi che investe l economia, il sociale e l ambiente, si rivela spazio di una vocazione, tempo per un agire che sa custodire i doni che Dio ci affida, nella giustizia e nella pace. La custodia del creato, è, dunque, una dimensione qualificante della vocazione credente, che sa cogliere le risonanze della Parola anche nelle realtà di un creato che tutto è stato fatto nel Verbo. Certo, per comprendere come realizzare tale pratica nelle diverse situazioni occorre un discernimento esigente, che impegna la comunità ad un ascolto attento dei diversi saperi. Lo sguardo di fede rimanda ad una riflessione ed una pratica attente a misurarsi con la complessità dei diversi contesti, per ricercare gli spazi di collaborazione possibile con tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Quella custodia dei doni buoni del creato, che interpella così profondamente la coscienza credente illuminata dalla Parola, costituisce anche una responsabilità che avverte ogni essere umano che sia attento quella voce che risuona nella propria coscienza. Il tempo del creato, insomma, chiama a vivere una dimensione essenziale della Parola, ma anche a stare in quel dialogo che per riprendere ancora una volta la Costituzione Conciliare Gaudium et spes ha le dimensioni della famiglia umana, tutta chiamata a lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera pace (n. 92).