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Corte di Cassazione - Sentenza 29 aprile 2011, n. 16705 Rifiuti demolizioni stradali In nome del popolo italiano - La Corte Suprema di Cassazione - Terza Sezione penale Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati: (omissis) ha pronunciato la seguente Sentenza sul ricorso proposto da: (omissis) N. IL 24/05/1942 - avverso la sentenza n. 17/2009 TRIB.SEZ.DIST. di CIRIE', del 01/12/2009 - visti gli atti, la sentenza e il ricorso - udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/01/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. (omissis) - Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (omissis), che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso - Uditi il difensore Avv. (omissis) in sostituzione dell'avv. (omissis) che ha concluso per l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO Il Tribunale Ordinario di Torino - Sezione distaccata di Ciriè con sentenza del 20 gennaio 2010 ha condannato (omissis), alla pena di euro 2.000 di ammenda, pena interamente condonata, per il reato di cui all'art. 51, comma 1, lett. a) D. Lgs. 22/97,

perché nella qualità di legale rappresentante della ditta omonima, avente come oggetto sociale attività di escavazione, costruzione, demolizione, manutenzione strade e altro, aveva effettuato su un terreno agricolo di proprietà un deposito di rifiuti speciali non pericolosi (materiale bituminoso derivante da scarificazione, fresatura e demolizione del mando stradale), in assenza di autorizzazione, accertato in Germagnano, il 26 ottobre 2005. L'imputato a mezzo del proprio difensore ha proposto appello, poi qualificato dalla Corte di appello come ricorso e trasmesso a questa Corte di cassazione per i seguenti motivi: 1. insussistenza del fatto, in quanto il materiale rinvenuto non rientrerebbe nella categoria di rifiuto, in quanto l'imputato non aveva alcuna intenzione di disfarsi di esso, dovendolo riutilizzare per l'attività imprenditoriale svolta; inoltre, anche a voler ritenere che si tratti di rifiuti, non si tratterebbe di deposito ma di mero raggruppamento di essi in luogo diverso da quello in cui sono prodotti; 2. assoluta carenza di motivazione circa la sussistenza dell'elemento psicologico, in quanto nel reato ascritto è richiesto il dolo, ossia la consapevolezza circa la qualità di rifiuto: il ricorrente aveva invece ottenuto l'autorizzazione al deposito sul proprio fondo di inerti e aveva quindi ritenuto che anche tale materiale fosse così qualificabile; 3. eccessività della pena. In prossimità dell'udienza il difensore ha prodotto memoria con la quale ha ribadito che il materiale bituminoso indicato nel capo di imputazione non può essere qualificato rifiuto, ma sottoprodotto (ex art. 14 D.L. n. 138 del 2002) ed ha evidenziato che il giudice di merito avrebbe omesso di valutare la dichiarazione scritta dell'imputato e l'oggetto sociale della ditta individuale, per cui la motivazione risulterebbe contraddittoria e non avrebbe fornito risposta alle deduzioni della difesa. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è manifestamente infondato, anche perché finisce per proporre censure in punto di ricostruzione del fatto. La sentenza impugnata ha fornito congrua ed esaustiva motivazione circa il fatto che la dimostrata attività di raccolta di materiale bituminoso effettuata sul terreno di proprietà del (omissis), materiale del quale è agevole desumere la provenienza

dall'attività di manutenzione delle strade svolta dalla ditta del medesimo, integri il reato contestato all'imputato, richiamando la consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez.3, n. 23788 del 19/6/2007, Arcuti, Rv. 236952 e n. 8936 del 25/2/2003, Pm in proc. Boscarato, Rv. 223742), che ha stabilito che il fresato d'asfalto proveniente dal disfacimento del manto stradale rientra nella definizione del materiale proveniente da demolizioni e costruzioni, incluso nel novero dei rifiuti speciali non pericolosi, giurisprudenza che questo Collegio ritiene di condividere. Inoltre il giudice di merito ha preso atto che il (omissis) era in possesso di un'autorizzazione per realizzare un deposito temporaneo di materiali inerti, ma ha osservato che non è possibile includere tra gli stessi, per le ragioni anzidette, il fresato di asfalto. Nè risulta invocabile il disposto di cui all'art. 14 del D.Igs n. 152 del 2006, in quanto l'imputato non aveva fornito alcun sopporto probatorio all'affermato riutilizzo di tale materiale. Su questo aspetto, deve essere richiamata la sentenza della Sez. 3, n. 35138 del 10/9/2009, Bastone, Rv. 244784, che ha affermato che "Al fine di escludere l'applicazione della normativa sui rifiuti per i materiali provenienti da demolizioni stradali, è onere di colui che ne afferma il riutilizzo fornire la prova di tale assunto, non ravvisandosi sul punto alcuna inversione dell'onere probatorio, in quanto detti materiali non rientrano nella categoria delle terre e rocce da scavo e sono qualificati come rifiuti in base al codice CER 1709". Quanto alla dosimetria della pena, è stata comminata solo la pena pecuniaria, proprio per la modesta gravità dei fatti e sono state concesse le circostanze attenuanti generiche, anche tenuto conto dell'incensuratezza, di talchè il motivo di ricorso sullo specifico punto risulta del tutto ingiustificato ed infondato. Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende. PQM dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2011. Depositata in cancelleria il 29 aprile 2011.