Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International ---- INDICE DELL UNITA



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Transcript:

Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International ---- INDICE DELL UNITA Premessa 1. Una missione dinamica 2. Le persone di cui si occupa AI 2.1 Prigionieri/e di coscienza 2.2 Detenuti/e senza processo 2.3 Condannati/e a morte 2.4 Vittime di torture o di trattamenti o punizioni crudeli, disumane o degradanti 2.5 Scomparsi/e 2.6 Vittime di esecuzioni extragiudiziarie 2.7 I/le bambini/e soldato: coscrizione e partecipazione dei/lle minorenni in conflitti armati 2.8 Donne che subiscono violenza e discriminazione 2.9 Persone discriminate per il loro orientamento sessuale 2.10 Rifugiati/e e migranti: persone sradicate 3. Altre specifiche violazioni alle quali si oppone AI 3.1 Uso eccessivo della forza 3.2 Genocidio 3.3 Esilio forzato ed espulsioni di massa 3.4 Distruzione delle abitazioni 3.5 Attacchi indiscriminati e sproporzionati 3.6 Armi indiscriminate 3.7 Trasferimenti militari, di sicurezza e di polizia (MSP) che possano contribuire a violazioni dei diritti umani 3.8 Impunità: Amnesty contro l Amnistia --- Premessa Amnesty sostiene tutti i diritti contenuti nella Dichiarazione Universale, poiché li ritiene inalienabili ed interdipendenti. Tuttavia non è in grado di destinare uguali risorse a combattere tutte le violazioni; ecco perché, con l esperienza di oltre 40 anni di lavoro, ha oggi deciso di operare concentrandosi sulla prevenzione ed eliminazione dei gravi abusi: dell integrità fisica e mentale; della libertà di coscienza e di espressione; della libertà dalla discriminazione. Storicamente, le azioni di AI si rivolgevano principalmente a: liberare le persone incarcerate per motivi di opinione; assicurare processi equi e tempestivi a tutte le persone in carcere per motivi politici; abolire senza condizioni la pena di morte, la tortura e i trattamenti e le punizioni crudeli, disumane e degradanti; porre fine alle esecuzioni extragiudiziali e alle sparizioni; combattere l impunità, lavorando per ottenere che chi violava i diritti umani fosse assicurati/e alla giustizia, nel rispetto degli standard internazionali. Nel corso degli anni AI ha modificato e ampliato i suoi obiettivi occupandosi anche di abusi Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 1

commessi da attori non statali e organismi non governativi. Amnesty si oppone perciò alle violazioni perpetrate dai gruppi politici, che agiscono in opposizione armata al governo, come la cattura di ostaggi, la tortura o le uccisioni contrarie al diritto umanitario; inoltre, si oppone alle violazioni contro le persone non combattenti durante i conflitti armati. Denuncia anche gli abusi in ambito privato o nelle comunità, non solo dove si riscontra l inazione governativa, cioè l assenza di un intervento dello Stato o la sua effettiva complicità. Le mutilazioni genitali femminili, la tratta delle donne, la violenza contro lesbiche, gay, bisessuali e transessuali, quando tollerate dalle autorità o oggetto di grazia, rientrano tutte in questa ultima categoria. 1. Una missione dinamica La missione di Amnesty, quindi, della quale abbiamo dato conto nell introduzione, è ora molto più ampia di quanto non fosse un tempo. Non soltanto ma, oggi più di quanto non lo sia stata in passato, Amnesty guarda alla situazione dei diritti umani nel mondo per stabilire quali sono i suoi obiettivi e le sue priorità. In accordo con Lo Statuto Internazionale, ogni sei anni, l ICM (International Council Meeting), l Assemblea Internazionale dei soci, approva un Piano Strategico Integrato, che viene proposto dopo una lunga serie di consultazioni fra le Sezioni e gli organi del movimento, In questo documento viene stabilita la strategia per i diritti umani di Amnesty International per i sei anni successivi. Nel 2003 l ICM di Morelos, in Messico, ha approvato il Piano Strategico Integrato dal titolo Globalizzare la Giustizia che fissa per il periodo 2004-2010 le seguenti aree di intervento: costruire il rispetto reciproco e combattere la discriminazione: 1. lavorare sul sistema legale; 2. combattere le limitazioni della libertà causate da qualsiasi forma di discriminazione; 3. lottare contro il razzismo; pretendere giustizia e combattere l impunità: 1. combattere l impunità; 2. difendere il sistema internazionale di protezione dei diritti umani; 3. lavorare sugli attori non statali; difendere l integrità fisica e mentale delle persone: 1. opporsi a tutte le uccisioni da parte degli stati; 2. chiedere il rilascio di tutti i/le prigionieri/e di coscienza; 3. opporsi alla pratica della tortura sia da parte degli stati che da attori non statali; 4. combattere il fenomeno delle sparizioni ; proteggere i diritti umani nei conflitti armati: 1. opporsi agli attacchi nei confronti dei diritti umani e del diritto umanitario; 2. chiedere effettivi controlli sul traffico e sui trasferimenti di armi e di materiale per la sicurezza; 3. sollecitare la difesa della popolazione civile ed in particolare dei bambini e delle bambine; promuovere e proteggere i diritti delle persone in movimento: 1. chiedere misure protettive per rifugiati/e, richiedenti asilo e sfollati/e; 2. rafforzare la protezione per le persone migranti; difendere i diritti umani di donne e bambine: 1. chiedere un adeguata protezione legale per donne e bambine; 2. chiedere una maggiore responsabilizzazione da parte dei governi; 3. chiedere una maggiore responsabilizzazione degli attori non statali; 4. lavorare in sinergia con i movimenti femminili; Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 2

sviluppare i diritti economici, sociali e culturali: 1. promuovere i diritti economici, sociali e culturali; 2. porre l attenzione sulle comunità marginalizzate che subiscono gravi abusi; 3. sostenere il principio di indivisibilità dei diritti. E evidente che in questo modo non vengono abbandonate le aree di lavoro classiche delle quali storicamente Amnesty si è occupata sinora, ma vengono integrate in una strategia globale che è stata ritenuta maggiormente adeguata per rispondere a quelle che sono le grandi sfide per i diritti umani di questo momento storico. Queste aree di intervento sono state poi declinate in otto Obiettivi ad Impatto Globale - Global Impact Goals (GIG) definiti nel Piano Operativo del Segretariato Internazionale di durata biennale, dai quali verranno poi sviluppate le campagne e le azioni che il movimento internazionale utilizzerà per cercare di realizzarli. Nel 2009, l ICM approverà un nuovo Piano Strategico Integrato che, partendo dall analisi della situazione come si presenterà in quel momento, definirà la nuova strategia per il periodo seguente. 2. Le persone di cui si occupa AI I casi individuali sono il cuore dell attività di Amnesty International: persone che vengono incarcerate, che subiscono limitazioni alla propria libertà o che patiscono discriminazioni per aver espresso in modo pacifico e non violento le proprie idee, o per la loro appartenenza ad un gruppo etnico, religioso, sociale o di genere, e tutte quelle persone che vedono la loro integrità fisica minacciata da attori statali o da gruppi armati di opposizione. 2.1 Prigionieri/e di coscienza Sin dalla sua nascita Amnesty International lavora per il rilascio delle persone imprigionate per motivi di coscienza, cioè individui che vengono arrestati, detenuti o altrimenti sottoposti a restrizioni fisiche, a causa delle loro credenze e convinzioni politiche, religiose e altre ancora o in ragione della loro origine, del loro sesso od orientamento sessuale, del colore della loro pelle, della loro lingua, delle loro origini nazionali o sociali, del loro ceto sociale, economico, eccetera, senza avere commesso o promosso atti di violenza. Nessuno può sapere con certezza quante persone siano rinchiuse per motivi di coscienza nelle prigioni del mondo. Esse sono trattenute dai governi, in Paesi con sistemi politici e sociali diversi; in alcuni casi da gruppi di opposizione armata. Una cosa è certa: per ogni nome di cui si viene a conoscenza, per ogni caso che fa notizia, ce ne sono molti di più che continuano a rimanere sconosciuti. Alcuni di questi individui sono persone in vista, attive e note nella vita pubblica, possono essere artiste, avvocate, politiche o sindacaliste. Per la loro attività - che è spesso di opposizione politica al governo è possibile che siano in contrasto con le autorità. La maggior parte di loro, comunque, sono persone comuni: donne, uomini e anche minorenni, di tutte le condizioni sociali. Molto spesso non sono dissidenti e generalmente sono sconosciute; in alcuni casi hanno lavorato all interno delle strutture governative. Queste persone vengono imprigionate per svariate ragioni: coinvolgimento in attività politiche non violente, come il partecipare ad un progetto di lavoro per lo sviluppo di una comunità; appartenenza a un gruppo di minoranza che lotta per la propria autonomia; osservanza di pratiche religiose che lo Stato non approva; svolgimento di attività sindacali, come partecipare a scioperi e manifestazioni; accuse false di aver commesso un reato, mentre in realtà si sono soltanto criticate le autorità; aver scritto articoli di denuncia delle violazioni dei diritti umani nel proprio paese; aver rifiutato per motivi di coscienza di prestare il servizio militare; aver rifiutato di usare la lingua ufficiale di un certo paese; semplicemente perché è loro capitato di vivere in un certo luogo; Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 3

appartenere ad una famiglia cui appartiene una persona che si oppone al governo; essere donna; la propria appartenenza di genere; a causa della propria identità sessuale o per il coinvolgimento in relazioni con persone del proprio sesso. AI chiede con forza che coloro che sono in carcere per motivi di coscienza siano messi in libertà immediatamente e senza condizioni. In base al diritto internazionale i governi non possono trattenere queste persone. AI non accetta che i rilasci siano condizionati o comunque siano oggetto di negoziati o patti. Indipendentemente dalle opinioni politiche o religiose delle singole persone, il fatto che Amnesty se ne occupi non implica l adesione del movimento a tali idee; l'organizzazione difende semplicemente il diritto di ogni individuo a sostenerle ed esprimerle. L'interpretazione di AI della definizione di "prigioniero/a di coscienza" è dettagliata e specifica. La decisione se una persona detenuta rientri in questa categoria spesso richiede un'attenta analisi dei fatti, di cui si occupano coloro che conducono lavoro di ricerca al Segretariato Internazionale. La ricerca fa riferimento a informazioni raccolte da molte fonti, la cui esattezza viene accuratamente controllata; le notizie sono vagliate alla luce della definizione di prigioniero/a di coscienza data dal movimento. AI non chiede il rilascio di nessuna persona imprigionata per aver fatto uso o invocato l uso della violenza. Persone che hanno fatto uso di violenza possono essere considerate prigionieri/e di coscienza solo in caso di legittima difesa, quando ciò risulti in modo inequivocabile. Una parte fondamentale del lavoro di AI è connessa alla cosiddetta "clausola della non violenza". Essa separa i/le prigionieri/e di coscienza dalle altre categorie di prigionieri/e in difesa dei quali AI lavora. Violenza significa la minaccia o l'uso di forza fisica o materiale contro una persona, o contro i suoi beni. Questa norma è cruciale per dimostrare l'imparzialità di AI. Il termine "prigioniero/a di coscienza" non ha però lo stesso significato di "innocentemente, "erroneamente" o "ingiustamente imprigionato/a. Per esempio, una persona erroneamente detenuta per un crimine non rientrerebbe necessariamente nei casi previsti da AI per i prigionieri di coscienza, a meno che la detenzione sia il risultato di persecuzioni causate dalle opinioni di quella persona o dalla sua identità. Nei casi politici, AI si può impegnare per sollecitare processi equi in difesa delle vittime di arresti ingiusti o di errori giudiziari. AI non giudica se il ricorso alla violenza sia giustificato o no, non si oppone all'uso politico della violenza di per sé. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, nel suo Preambolo, prevede situazioni nelle quali qualcuno potrebbe "essere costretto a ricorrere, come ultima risorsa, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione". AI non appoggia né condanna il ricorso alla violenza da parte di gruppi d'opposizione politica, così come non appoggia né condanna il ricorso a forze militari contro movimenti d'opposizione. AI si batte invece per quei basilari valori che dovrebbero essere rispettati dai governi così come dai gruppi d'opposizione. Quando un gruppo d'opposizione tortura o uccide, cattura ostaggi, o commette omicidi deliberati e arbitrari che rientrano nella sfera d'azione di AI, l Associazione condanna questi abusi e avvia le azioni che ritiene più efficaci, avvalendosi delle norme del diritto internazionale, valide tanto per i governi quanto per i gruppi di opposizione. Quando è un governo a commettere atti simili, AI chiede che questo ottemperi agli impegni presi con la ratifica dei Trattati Internazionali. Un contesto di violenza non giustifica mai arresti arbitrari, torture o esecuzioni. 2.2 Detenuti/e senza processo AI chiede che tutti/e i/le detenuti/e ottengano entro un ragionevole periodo di tempo un processo equo, rapido ed imparziale, in accordo con gli standard minimi previsti dal diritto internazionale. Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 4

È importante sapere anche che Amnesty International: facendo richiesta di un processo imparziale, non condona l'uso di violenza da parte di prigionieri e prigioniere politiche o di criminali comuni; con la richiesta di un equo processo per prigionieri e prigioniere per motivi politici, non prende posizione sugli obiettivi politici di queste persone; non sostiene né si oppone ai punti di vista delle persone in difesa delle quali si impegna; con l'uso del termine prigionieri e prigioniere politiche, non afferma che queste persone dovrebbero godere di uno speciale status giuridico o di speciali condizioni finché sono in carcere. I criteri di base per processi imparziali sono disposti da regole internazionali. Questi principi includono norme come il diritto: a essere considerati/e innocenti finché non giudicati colpevoli; a essere in grado di scegliere un proprio collegio di difesa (o a farselo assegnare d ufficio se non in condizioni di farlo); di poter concordare con tale collegio una propria linea di difesa; di poter presenziare al proprio processo; di poter convocare testimoni a sé favorevoli; di non essere costretti/e a testimoniare contro di sé o a dichiarazioni di colpevolezza; di essere giudicati/e da un tribunale indipendente e imparziale. Amnesty può chiedere il rilascio di prigionieri e prigioniere politiche quando: siano trattenute per lungo tempo senza un processo equo o senza alcun processo; siano state avanzate ripetute richieste di processi equi e gli appelli siano rimasti inascoltati e non ci siano basi sulle quali fondare la speranza che verranno ascoltati; si siano verificati ingiustificati ritardi nello svolgimento di un processo equo o di un appello; le prove circa l uso o l invocazione di violenza da parte del prigioniero o della prigioniera siano deboli o incoerenti. 2.3 Condannati/e a morte AI si oppone alla pena di morte sempre e in ogni caso, sia che la persona condannata non abbia usato o fomentato la violenza, sia che l abbia fatto. La pena di morte è la suprema negazione dei diritti umani. Essa viola il diritto alla vita, così come è proclamato nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (art. 3). E la punizione più crudele, inumana e degradante. La pena di morte non ha nessun particolare potere nel ridurre il numero di reati o la violenza politica, né ha mai mostrato di essere un deterrente per i crimini più efficace di altre forme di punizione; anzi: è discriminatoria: è stata spesso usata in modo sproporzionato contro le persone povere, le minoranze, e contro membri di comunità etniche, razziali e religiose; è uno strumento di repressione politica: è stata usata da coloro che hanno il potere di eliminare i propri avversari e le proprie avversarie politiche; è irreversibile: inevitabilmente, ci saranno vittime innocenti. Fino a quando la giustizia umana è fallibile, il rischio di condannare a morte un innocente non può essere eliminato; abbrutisce tutte le persone che coinvolge: l'esecuzione è un atto di violenza, e la violenza tende a provocare violenza; è diversa da altre forme di abuso dei diritti umani, come la tortura, perché generalmente non viene nascosta o negata, ma è parte dell'ordinamento giuridico di uno Stato. Malgrado sempre più Stati la stiano abolendo, questa forma di punizione viene mantenuta nell'ordinamento di molti Paesi nel mondo, dove uomini e donne - in alcune casi anche Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 5

minorenni - possono essere condannati a morte. I governi danno corso alle condanne a morte con vari metodi: impiccagione, fucilazione, sedia elettrica, iniezione di veleno, gas velenoso, lapidazione o decapitazione. Non importa quali siano le spiegazioni che un governo fornisce quando uccide, o quali metodi di esecuzione vengano usati: la pena di morte non può essere definita soltanto come una questione di politica penale, è un problema di diritti umani. L'idea che un governo possa ammettere la condanna a morte contraddice lo stesso concetto di diritti umani. Il significato di diritti umani è precisamente questo: alcuni mezzi non possono essere mai usati per proteggere la società perché il loro uso viola i valori che la società è chiamata a proteggere. La pena di morte è comunque un errore. Come nel caso della tortura, questa posizione di AI è semplice e categorica: AI si oppone completamente e incondizionatamente alla pena di morte, e ne richiede l'abolizione in tutto il mondo, svolgendo azioni e campagne per evitare l'esecuzione di prigionieri e prigioniere condannate a morte e per convincere i governi ad abolirla. I più importanti standard internazionali sui diritti umani affermano in generale che ciascun individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona. Quando AI cominciò ad opporsi alle esecuzioni, non c'erano ancora strumenti internazionali vincolanti che richiedessero esplicitamente l'abolizione della pena di morte. Ciò significava che la campagna di Amnesty non si fondava del tutto sul diritto internazionale. Un primo passo in tal senso venne compiuto nel 1966 quando l'assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici. L'articolo 6 del Patto stabilisce restrizioni e garanzie contro la pena di morte. In un commento generale, la Commissione per i Diritti Umani ritenne che i termini dell'articolo 6 suggerissero fortemente la desiderabilità dell abolizione. Nel 1971 e poi nel 1977 la stessa Assemblea Generale affermò che per garantire pienamente il diritto alla vita, "il più importante obiettivo da raggiungere è quello di restringere progressivamente il numero di crimini punibili con la pena di morte, con l'intenzione di abolire questa punizione in tutti i paesi". Nel 1984, il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) adottò le Norme di Garanzia sulla protezione dei Diritti dei condannati e delle condannate alla Pena di Morte". Approvate dall'assemblea Generale lo stesso anno, le "garanzie ECOSOC" elencano le più importanti restrizioni contro la pena di morte. Tra le altre cose, vietano la sua applicazione a certe categorie di persone, inclusi coloro che avevano meno di 18 anni al momento del reato. Prevedono che chiunque abbia il diritto di fare ricorso in appello ad un tribunale di grado più elevato e di richiedere la grazia e la commutazione della sentenza: esiste un ulteriore accordo internazionale che dà forza alle richieste di AI. Nel 1989 l'assemblea Generale ha ratificato il Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, mirante all'abolizione della pena di morte. Esso vincola gli Stati che lo hanno sottoscritto a non effettuare esecuzioni e ad abolire la pena di morte. Simili trattati su base regionale sono stati adottati in Europa e nelle Americhe. 2.4 Vittime di torture o di trattamenti o punizioni crudeli, disumane o degradanti Il termine «tortura» designa qualsiasi atto con il quale sono inflitti ad una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere da questa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che ella o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimidirla od esercitare pressioni su di lei o di intimidire od esercitare pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ad esse inerenti o da esse provocate. Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 6

Art. 1, Convenzione contro la Tortura del 1984 Amnesty si oppone alla tortura e ad altri trattamenti o punizioni crudeli, disumane o degradanti nei confronti di chiunque, in qualsiasi situazione (non solo, quindi, coloro la cui libertà è ristretta ad opera di pubblici/che ufficiali, ma anche, ad es., i/le pazienti degli istituti psichiatrici). La tortura non si verifica semplicemente per sadismo di chi tortura, o perché accadono degli isolati incidenti. È spesso parte integrante della strategia di sicurezza dei governi, una componente del meccanismo statale per sopprimere il dissenso. Può anche essere un aspetto di routine del sistema di giustizia di un governo. La tortura è usata, con intenzioni esemplari, non solo per acquisire informazioni, ottenere confessioni, punire, intimidire e terrorizzare, fino ad annientare la personalità umana, ma anche per fare della vittima un esempio vivente di quale possa essere la punizione per chi si oppone alle autorità. L individuo torturato diviene, allora, un 'arma' nelle mani di chi tortura. Qualunque sia il suo scopo immediato, la tortura degrada le vittime e allo stesso tempo disumanizza chi la perpetra. A dispetto degli accordi internazionali che la vietano e malgrado le smentite dei governi che la usano, la tortura è ricorrente e sistematica, ogni giorno. E pratica comune in molti Paesi, nonostante le ideologie politiche e i sistemi economici diversi. La lista delle tecniche di tortura usate oggi include non solo arcaici strumenti, come fruste, bastoni e chiodi, ma anche tecnologie moderne che si servono dell'elettricità, metodi sofisticati di violenza psicologica e droghe che possono provocare panico, allucinazioni, spasmi muscolari e paralisi. Le vittime sono picchiate, bruciate, violentate, soffocate e soggette a finte esecuzioni. Tra di esse ci sono persone di tutte le età, professioni e appartenenti alle diverse classi sociali. Persone sospettate di reati e individui incarcerati per motivi politici possono essere sottoposti a tortura. Le donne spesso affrontano molestie e atti degradanti a sfondo sessuale dai loro torturatori maschi. In alcuni Paesi anche minorenni sono stati/e torturati/e o sono stati/e forzati/e ad assistere alle sevizie inflitte ai loro padri e alle loro madri. Quando alcuni individui sono minacciati di tortura, AI si mobilita urgentemente e su larga scala per tentare di salvarli. Per impedire la tortura prima che essa si verifichi, l'organizzazione fa pressione sui governi affinché rispettino le regole internazionali. Infatti AI ha lanciato da tempo un suo programma, il "Programma in 12 punti per la prevenzione della Tortura", che richiede ai governi misure immediate ed efficaci. I 12 PUNTI PER LA PREVENZIONE DELLA TORTURA 1. Condannare la tortura Le più alte autorità di ciascun Paese dovranno dimostrare la loro incondizionata opposizione alla tortura. Dovranno condannarla senza riserve, ogni volta che si verifichi. Dovranno informare in modo inequivocabile chi appartiene alla polizia, alle forze armate e ad altre forze di sicurezza che la tortura non sarà mai tollerata. 2. Assicurare l'accesso ai/lle prigionieri/e La tortura si verifica spesso mentre le persone imprigionate sono tenute in isolamento completo, impossibilitate a contattare chi, all'esterno, potrebbe assisterle o scoprire cosa sta accadendo loro. I governi dovranno porre fine alla pratica della detenzione in isolamento completo e dovranno assicurare che, subito dopo l'arresto, le persone imprigionate vengano condotte di fronte a un'autorità giudiziaria indipendente. Ai prigionieri e alle prigioniere dovrà essere consentito l'accesso immediato e regolare a familiari, al collegio di difesa e dovrà essere garantita l assistenza medica. Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 7

3. Non ricorrere alla detenzione segreta In alcuni Paesi la tortura è praticata in centri segreti di detenzione, spesso dopo che le vittime sono state oggetto di "sparizione". I governi dovranno assicurare che le persone imprigionate siano trattenute esclusivamente in centri di detenzione ufficiali e dovranno fornire a parenti, difesa e tribunali informazioni dettagliate sull'arresto e il luogo di detenzione. Dovranno essere a disposizione, in ogni momento, misure giudiziarie idonee da un lato a consentire a parenti e difesa di essere informate tempestivamente sul luogo in cui un prigioniero è detenuto e sull'autorità responsabile della detenzione, dall'altro ad assicurare l'incolumità della persona imprigionata. 4. Fornire garanzie nel corso della detenzione e degli interrogatori Tutte le persone imprigionate dovranno essere immediatamente informate dei loro diritti. Tali diritti dovranno comprendere il diritto a presentare denunce sui trattamenti subiti e di richiedere un pronunciamento giudiziario immediato sulla legittimità della detenzione. La magistratura dovrà indagare su ogni prova di tortura e ordinare il rilascio se la detenzione sarà ritenuta illegale. Agli interrogatori dovrà assistere la difesa. I governi dovranno assicurare che le condizioni detentive siano conformi agli standard internazionali sul trattamento delle persone imprigionate nonché tenere in debita considerazione le necessità di gruppi particolarmente vulnerabili. Le autorità responsabili della detenzione dovranno essere distinte da quelle addette agli interrogatori. Dovranno esserci ispezioni periodiche, indipendenti, senza preavviso e senza restrizioni in tutti i centri di detenzione. 5. Proibire la tortura nella legge I governi dovranno adottare leggi per la proibizione e la prevenzione della tortura, le quali incorporino i principali elementi della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura ed Altri Trattamenti o Pene Crudeli, Disumani o Degradanti e altri rilevanti standard internazionali in materia. Tutte le pene corporali giudiziarie o amministrative dovranno essere abolite. La proibizione della tortura e le garanzie fondamentali per la sua prevenzione non dovranno mai essere sospese in alcuna circostanza, compresi lo stato di guerra o altre emergenze pubbliche. 6. Indagare sulle denunce Tutte le denunce e le informazioni relative alla tortura dovranno essere sottoposte a indagini immediate, imparziali ed efficaci da parte di un organismo indipendente dai presunti autori della tortura. I metodi e i risultati di queste indagini dovranno essere resi noti. I funzionari e le funzionarie sospettate di aver commesso atti di tortura dovranno essere sospese dal servizio attivo durante le indagini. Chi ha sporto denuncia, chi ha testimoniato e chiunque sia a rischio, dovrà ricevere protezione da intimidazioni e forme di vendetta. 7. Punire le persone responsabili Le persone responsabili della tortura dovranno essere portate dinanzi alla giustizia. Questo principio dovrà essere applicato ovunque queste persone si trovino, qualunque sia la loro nazionalità o posizione, a prescindere da dove il crimine sia stato commesso, dalla nazionalità della vittima e dal lasso di tempo trascorso dal compimento del reato. I governi dovranno esercitare la giurisdizione universale nei confronti delle persone accusate di tortura oppure estradarle e cooperare reciprocamente nel corso dei procedimenti giudiziari. I processi dovranno essere equi. Un ordine da parte di un'autorità superiore non dovrà mai essere accettato come giustificazione della tortura. 8. Vietare l'utilizzo di dichiarazioni estorte mediante tortura I governi dovranno assicurare che le dichiarazioni e le altre prove ottenute mediante la tortura non saranno utilizzate in alcun procedimento, ad eccezione di quelli nei confronti di una persona accusata di aver commesso atti di tortura. 9. Addestrare in modo adeguato Durante l'addestramento di tutti i funzionari e le funzionarie che hanno a che fare con la detenzione, gli interrogatori e le cure mediche delle persone imprigionate, dovrà essere chiarito che la tortura è un atto criminale. I funzionari e le funzionarie dovranno essere informati del loro diritto e dovere di rifiutare di obbedire a un ordine di tortura. Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 8

10. Risarcire le vittime Le vittime della tortura e le persone a loro carico dovranno avere il diritto a un immediato risarcimento da parte dello stato, comprendente restituzioni, un equo e adeguato indennizzo economico e appropriate cure mediche e terapie riabilitative. 11. Ratificare i trattati internazionali Tutti i governi dovranno ratificare, senza apporvi alcuna riserva, i trattati internazionali che contengono garanzie contro la tortura, tra cui la Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura, dichiarando di accettare ricorsi individuali e quelli tra Stati. I governi dovranno accogliere le raccomandazioni degli organismi internazionali e degli esperti e delle esperte in materia di prevenzione della tortura. 12. Esercitare la responsabilità internazionale I governi dovranno usare tutti i canali possibili per intervenire nei confronti dei governi dei Paesi in cui è denunciata la tortura. Dovranno assicurare che i trasferimenti di addestramento ed equipaggiamento a scopo militare, di sicurezza e di polizia non facilitino la tortura. Non dovranno ordinare il rimpatrio forzato di una persona verso un paese in cui possa rischiare di essere torturata (principio di non-refoulement). AI appoggia anche riabilitazioni mediche e psicologiche per le vittime di tortura, sebbene il movimento non sia direttamente coinvolto nello svolgimento di questo tipo di lavoro umanitario. Amnesty condanna inoltre altre punizioni e trattamenti crudeli, disumani o degradanti. L'espressione "punizione o trattamento crudele, disumano o degradante" è quella riportata nell art. 5 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e si riferisce ad ogni atto che possa danneggiare la salute fisica e mentale di una persona imprigionata e a ogni punizione che causa sofferenza. Tutti i trattamenti e le punizioni di questo tipo sono proibite senza mezzi termini dalla legge internazionale. AI usa l'espressione suddetta in riferimento ad atti ed omissioni che causano alla persona imprigionata sofferenze in violazione della normativa internazionale. Queste violazioni includono: misure finalizzate a causare sofferenze, come il confino in celle di punizione buie o la cosiddetta detenzione in incommunicado; misure restrittive potenzialmente dolorose, ma non esplicitamente tese a provocare sofferenza, come l'uso di manette per limitare i movimenti della persona imprigionata; condizioni conseguenti ad abbandono o trascuratezza, come il confino e la negazione di bisogni essenziali, che conducono le persone imprigionate a stati di disperazione e depressione; l isolamento o la segregazione, che potrebbero, in alcune circostanze, costituire una "punizione crudele, degradante o disumana"; la detenzione in condizioni di igiene precaria o di sovraffollamento; l inadeguatezza delle razioni di cibo e acqua o dell assistenza sanitaria. La "tortura" si distingue da una "punizione o un trattamento crudele, disumano o degradante" soltanto in base all'intensità del dolore o della sofferenza inflitta e in base al fatto che la sofferenza causata dalla tortura è sempre intenzionale. Qualunque sia la ragione per detenere o limitare un individuo, che sia politica o non politica, criminale o amministrativa, psichiatrica o connessa con l'immigrazione, AI condanna incondizionatamente la tortura e i maltrattamenti. 2.5 Scomparsi/e AI lotta da sempre contro il fenomeno delle "sparizioni", a prescindere dal fatto che la vittima abbia usato la violenza o meno. In molti casi il termine "sparizioni" è usato quando le persone Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 9

sono arrestate o rapite - spesso torturate e uccise - da agenti governativi nonostante le autorità neghino che tali persone siano mai state detenute. Come le esecuzioni extragiudiziarie, le sparizioni sono spesso una tattica di repressione che i governi trovano rapida e conveniente. Piuttosto che affrontare chi si oppone loro con un elaborato procedimento di arresto, processo, imprigionamento a lungo termine, alcuni governi possono preferire rapire o far rapire queste persone. Nello stesso modo, mentre è difficile sottrarsi alla responsabilità di detenere persone imprigionate per motivi politici in un regime di detenzione che risponda alle norme del diritto interno e di quello internazionale, i governi possono più facilmente negare ogni responsabilità per le sparizioni. Le sparizioni" spesso avvengono in un contesto di opposizione violenta ad un regime. Le vittime, di frequente, sono sospettate di essere parte militare, sostenere o, potenzialmente, simpatizzare per gruppi oppositori. AI considera queste pratiche una sfacciata violazione dei diritti umani fondamentali. L'abuso serve per mascherare altri abusi. Non solo le vittime sono chiaramente trattenute senza accusa né processo, ma si trovano anche esposte al grave rischio di essere torturate e uccise mentre sono segretamente custodite da agenti statali o da gruppi paramilitari che si ritiene possano agire per conto del governo. Quando l organizzazione riceve un rapporto di "sparizione", si muove velocemente per richiedere l'apertura di un'inchiesta e per mettere a conoscenza le autorità che vengono ritenute personalmente responsabili del destino delle vittime. Le famiglie, gli amici e le amiche, il collegio di difesa e attivisti e attiviste per i diritti umani che cercano di raccogliere informazioni sulla sparizione si scontrano con rifiuti o intimidazioni - e, di tanto in tanto, "spariscono" a loro volta. Un effetto terribile di questa violazione dei diritti umani è il dolore e l'angoscia che l'incertezza infligge alla famiglia delle vittime, che subisce il trauma dell'abbandono, della solitudine, dell'insicurezza, e un senso permanente di paura. Inoltre AI si oppone alla presa di ostaggi da parte di entità non governative. Per opporsi a questi abusi, il movimento fa conoscere la sua protesta attraverso le proprie pubblicazioni e i comunicati stampa. L'organizzazione può svolgere ulteriori azioni quando le ritiene efficaci, tenendo conto della portata del controllo di chi è responsabile degli abusi sulla popolazione e della sua capacità di esercitare autorità sulle proprie forze di polizia di sicurezza o militari. Mentre AI può condannare un gruppo di opposizione per aver commesso un abuso, o può compiere altre azioni, la sua presa di posizione non costituisce un riconoscimento di alcuno status per tali gruppi non governativi. 2.6 Vittime di esecuzioni extragiudiziarie L'organizzazione usa il termine "esecuzioni extragiudiziarie" (o esecuzioni extragiudiziali) per descrivere uccisioni deliberate e illegali commesse da agenti dello Stato o di gruppi armati di opposizione che agiscono al di fuori della struttura del sistema giudiziario o legale. AI si oppone alle esecuzioni extragiudiziarie di persone, siano esse imprigionate, detenute o sottoposte a limitazioni della libertà; che abbiano o meno usato o invocato la violenza. AI considera gli omicidi di persone che stanno cercando di lasciare il proprio Paese come esecuzioni extragiudiziarie. Comunemente le vittime di queste uccisioni appartengono alla popolazione di un Paese coloro la cui sicurezza il governo dovrebbe proteggere. Tali uccisioni sono eseguite da milizie regolari o forze di polizia, da unità speciali create per funzionare senza una normale supervisione o da agenti in borghese che lavorano con forze governative od operano con la complicità del governo. Talvolta le esecuzioni extragiudiziarie sono condotte al di là dei confini nazionali: il lavoro di assassini e assassine le cui vittime sono bersagli selezionati, normalmente persone che si oppongono al governo, che vivono all'estero. Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 10

Amnesty compie azioni contro qualsiasi esecuzione extragiudiziaria. Tali uccisioni sono ritenute caratteristiche di una politica ufficiale quando, per esempio, è chiaro che sono utilizzate dal governo in modo continuo e sistematico per arrivare all annientamento di alcuni gruppi di opposizione o di gruppi politici o quando il governo stesso le tollera, chiudendo un occhio sugli eccessi compiuti dalla forze di sicurezza. Il termine extragiudiziarie distingue queste uccisioni da quelle compiute con la pena di morte giudiziaria una sentenza imposta da una corte dopo che l'imputato/a è stato/a riconosciuto/a colpevole di un reato per cui - in quel Paese - è prevista questa pena. Ovviamente AI si oppone anche alla pena di morte giudiziaria. Il termine inoltre distingue tali uccisioni deliberate e illegali da altre categorie di uccisioni compiute da agenti statali. Alcuni esempi sono: morti causate da un utilizzo non proporzionato della forza da parte della polizia o delle forze dell ordine; morti causate da un incidente o in conseguenza di panico dagli ufficiali di sicurezza; uccisioni compiute da agenti in violazione della politica ufficiale in vigore; uccisioni in guerra, quando sia rispettato il diritto umanitario; Nella sua opposizione alla pena di morte, AI non fa distinzione fra le vittime politiche e quelle non politiche, e non ne fa neanche nei casi di esecuzioni extragiudiziarie. Condanna, per esempio, le uccisioni di Stato compiute per eliminare quegli individui considerati "indesiderabili", come ad esempio persone povere o bambini e bambine che vivono per strada. Negli ultimi decenni, centinaia di migliaia di persone nel mondo sono state vittime di tali uccisioni. Alcuni governi si servono di "squadre della morte" per eliminare l opposizione interna con esecuzioni illegali invece che con l'arresto e la detenzione. AI ha riscontrato, come conseguenza, che si trovano poche persone imprigionate per motivi di coscienza in quei Paesi dove si praticano esecuzioni extragiudiziarie. I governi che ordinano una politica ufficiale di uccisioni di Stato raramente sono disposti ad ammetterlo. Oltretutto, spesso è difficile stabilire se gli omicidi sono collegati a responsabilità dello Stato. I governi spesso negano che ci siano state uccisioni o che in esse siano coinvolti loro agenti. Possono incolpare delle morti i gruppi di opposizione. Possono cercare di far passare le morti come risultato di incidenti o di scontri armati con forze governative. Possono dire che le vittime sono state uccise mentre cercavano di fuggire. Nel diritto nazionale e internazionale i governi sono responsabili per la vita dei loro cittadini: è la funzione stessa dello Stato. Hanno il dovere di non commettere uccisioni politiche e di non tollerarle. La responsabilità dei governi in questo ambito - non può essere messa in secondo piano da considerazioni di sicurezza nazionale. E non è limitata dal fatto che i gruppi di opposizione possono commettere abusi simili. In questo campo l impegno di AI si sviluppa su un duplice piano: da un lato di prevenzione, per evitare che altre uccisioni di questo tipo possano essere compiute in futuro; dall altro, di denuncia e azioni rispetto alle uccisioni extragiudiziarie di cui viene a conoscenza. Il Movimento: denuncia pubblicamente le uccisioni; chiede inchieste indipendenti; si batte perché le persone responsabili siano consegnate alla giustizia. In casi in cui un individuo non sia stato ucciso ma abbia ricevuto minacce di morte, AI richiede urgentemente che il governo provveda immediatamente ad assicurare la protezione della persona. Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 11

2.7 Bambini/e soldato: coscrizione e partecipazione di minorenni in conflitti armati AI si oppone alla partecipazione, sia obbligata che volontaria, di minorenni nei conflitti e ritiene i governi o altre entità non governative responsabili per la loro vita e per i danni che una tale attività procura alla loro integrità psicofisica. L organizzazione agisce per alzare a 18 anni l età minima per partecipare a conflitti ed essere reclutati nelle forze armate, sia da parte di governi che di entità non governative. Nel 1998, insieme ad altre organizzazioni non governative, AI ha fondato la Coalizione Stop all uso dei bambini soldato. La Coalizione ha giocato un ruolo chiave nell adozione, da parte dell Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel Maggio del 2000, del Protocollo Addizionale sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati. Il protocollo ha innalzato da 15 a 18 anni l età minima per la diretta partecipazione alle ostilità, per il reclutamento obbligatorio da parte degli Stati e per qualsiasi altra coscrizione da parte dei gruppi di opposizione armata. Amnesty agisce affinché gli Stati ratifichino il protocollo. Inoltre si oppone all arruolamento volontario di minorenni di 18 anni da parte di governi e forze armate di opposizione. 2.8 Donne che subiscono violenza e discriminazione In troppi Paesi le donne sono discriminate da tradizioni e da sistemi legali che le considerano di fatto cittadine di seconda categoria: negando loro gli stessi diritti degli uomini, le rendono così più vulnerabili di fronte alla violenza. In Asia e Medio Oriente le donne vengono uccise in nome dell'onore. Nell'Africa occidentale le ragazze sono sottoposte a mutilazioni genitali femminili in nome della tradizione. Nell'Europa occidentale le donne migranti e rifugiate sono attaccate perché non accettano le usanze sociali della comunità che le ospita. Si calcola che in Europa circa mezzo milione di donne siano vittime del fenomeno della tratta, nella maggior parte dei casi per essere avviate al mercato della prostituzione. Nella regione meridionale dell'africa le ragazze sono stuprate e infettate con il virus dell'hiv/aids perché coloro che abusano di loro sono convinti che fare sesso con una vergine li guarirà dalla malattia. Centinaia di migliaia di donne ogni anno subiscono stupri e violenze da parte di uomini che sanno, in molti casi, di poter contare sulla più assoluta impunità; in molti Paesi il fatto stesso di essere donne rappresenta un rischio per la propria incolumità e per la propria vita. Infine, anche nei paesi più ricchi e più sviluppati del mondo, le donne vengono maltrattate e picchiate all interno del loro nucleo familiare, spesso dal loro stesso partner. Questo tipo di violenza si diffonde perché sono troppi i governi pronti a chiudere un occhio e a lasciare che la violenza sulle donne abbia impunemente luogo. Dove poi la discriminazione e la violenza nei confronti delle donne vanno a sovrapporsi a situazioni di povertà, crisi umanitaria o di conflitto, le donne subiscono in maniera ancora più dura le difficoltà alle quali la comunità della quale fanno parte deve far fronte. Il loro accesso al lavoro, all istruzione, ma anche a risorse primarie come il cibo e l acqua, è spesso molto più limitato rispetto agli uomini, ed in situazioni di insicurezza generalizzata aumenta la probabilità di divenire vittime di violenze, sia da parte dei propri familiari che di estranei. In situazioni di conflitto le donne diventano sovente obiettivi militari a tutti gli effetti, quando lo stupro viene utilizzato dalle forze in campo come arma con la quale si cerca di non solo di colpire la singola donna che ne è vittima, ma l intera comunità della quale fa parte. In guerra come in pace, le donne spesso diventano vittime due volte, perché a causa della violenza rimangono incinte o infettate dall HIV, e questo le porta ad essere condannate ed emarginate Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 12

nelle loro comunità, così come vittime diventano anche i bambini nati da queste violenze. Nel 2004 Amnesty International ha lanciato una campagna mondiale contro la violenza nei confronti delle donne. 2.9 Persone discriminate per il loro orientamento sessuale In circa 70 paesi vi sono leggi che puniscono relazioni omosessuali tra persone consenzienti; in quattro di questi, Arabia Saudita, Sudan, Mauritania ed Iran è addirittura prevista la pena di morte per omosessualità. E soprattutto l omosessualità maschile a essere stigmatizzata e posta fuori legge attraverso le leggi sulla sodomia, ma gay, lesbiche e transessuali in molti contesti culturali sono fortemente a rischio di subire violenze, trattamenti degradanti o stupri all interno delle loro famiglie e delle loro comunità o da parte delle forze dell ordine nel caso vengano arrestate. Sin dal 1979 Amnesty International si è adoperata in favore di coloro che avevano lottato per l affermazione dei diritti dei gay e delle lesbiche e che, per questo, avevano subito l incarcerazione. In seguito AI ha cambiato le sue modalità di intervento in favore di una maggiore protezione legislativa nei confronti dei diritti umani delle persone omosessuali e dal 1991 ha esteso il suo lavoro anche in difesa di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali imprigionati unicamente per motivi legati al loro orientamento sessuale, considerando queste persone come imprigionate per motivi di coscienza. Amnesty si appella quindi agli Stati perché intraprendano misure per prevenire la discriminazione, non solo da parte dei propri rappresentanti ma anche dei singoli individui. 2.10 Rifugiati/e e migranti: persone sradicate La Convenzione delle Nazioni Unite del 1951 sullo Status delle persone Rifugiate le definisce come individui che hanno fondati timori di essere perseguitati (dal governo o da attori non statali) a causa della propria razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare gruppo sociale o opinione politica, che si trovano al di fuori del proprio Paese e sono impossibilitati ad avvalersi (o non vogliono avvalersi) della protezione dello Stato di provenienza. Amnesty a livello internazionale usa il termine persona rifugiata (refugee) in riferimento agli individui che sono fuggiti dal loro paese a causa del serio pericolo di essere vittime di persecuzioni o gravi abusi dei diritti umani, inclusi coloro che non hanno ancora formalmente ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato. In italiano invece si usa il termine richiedente asilo per chi non ha ancora ottenuto il riconoscimento dello status di persona rifugiata; persona rifugiata per chi lo ha ottenuto; profugo/a per chi fugge da situazioni di guerra o calamità naturale senza essere individualmente a rischio di persecuzione; tutti questi termini traducono l inglese refugee. L organizzazione si oppone al respingimento di un qualsiasi individuo verso un Paese dove si può pensare che questo subirà violazioni dei diritti umani, incluso il rischio di subire mutilazioni genitali femminili. Questo principio di non-refoulement (non respingimento), è sancito dall art. 33 della Convenzione di Ginevra sui Rifugiati ed è anche una norma inderogabile di diritto internazionale generale. Molte persone rifugiate sono in fuga perché a rischio di violazioni, di tortura, sparizioni o esecuzioni extragiudiziarie per le loro opinioni o credenze, la razza o l orientamento sessuale. La persecuzione dalla quale fuggono non è confinata in nessuna regione o riferita ad un qualche sistema politico particolare. Le persone rifugiate attraversano i confini del mondo in cerca di salvezza. Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 13

Esse sono isolate dalla famiglia e dagli amici, le loro vite sono completamente sconvolte. Sono spesso vittime di abusi e di sfruttamento. Di frequente vivono in campi dove cibo e supporto medico sono scarsi e dove non è possibile guadagnarsi da vivere. AI può aiutare chi cerca asilo nei modi seguenti: dimostrando che i timori di chi cerca asilo sono giustificati, fornendo informazioni sulle violazioni dei diritti umani che vengono compiuti negli Stati da cui le persone fuggono; intercedendo presso gli opportuni uffici governativi per conto di persone minacciate di respingimento verso Paesi dove rischiano di subire serie violazioni dei diritti umani, attraverso le normali tecniche di pressione istituzionale; per assicurarsi che gli individui a rischio siano identificati e protetti, chiedendo ai governi di stabilire procedure eque e adeguate per la decisione sulle richieste di asilo, e lavorare per sincerarsi che chi chiede asilo abbia effettivo accesso a queste procedure; lavorando per verificare che coloro che chiedono asilo non siano detenuti in un modo che contravvenga agli standard internazionali. Molte delle violazioni dei diritti umani subite da persone rifugiate in senso stretto, sono subite anche da chi lascia il proprio Paese per scelta o per ragioni economiche (migranti economici). Per questo, AI ha deciso di ampliare le proprie attività di ricerca e azione fino ad occuparsi, nel prossimo futuro, di tutte le persone sradicate (uprooted people). Questo non significa che Amnesty abbia smesso di condannare la costante confusione che i governi fanno nel considerare le persone rifugiate come se fossero migranti economici: esse, infatti, in base al diritto internazionale godono di alcune tutele specifiche, che non possono essere negate. 3. Altre specifiche violazioni alle quali si oppone AI 3.1 Uso eccessivo della forza AI si oppone all uso eccessivo della forza da parte di agenti delle forze dell ordine, che violano gli standard internazionali sui diritti umani, anche in casi in cui possono costituire esecuzioni extragiudiziarie o tortura o maltrattamento. Amnesty usa questi termini soltanto in relazione a situazioni in cui ci si riferisce a forze armate istituzionali al di fuori dei conflitti armati. Talvolta le forze di polizia sono obbligate a usare la forza in alcuni contesti; tuttavia, in base al Codice di Condotta delle Nazioni Unite per le Forze dell Ordine, l uso della forza è lecito solo quando è strettamente necessario al tipo di servizio che tali forze devono svolgere. Inoltre, in base ai Principi Basilari sull Uso della Forza e delle armi da Fuoco da parte delle Forze di Polizia, adottati dalle Nazioni Unite nel 1990, l uso intenzionale di armi da fuoco deve essere scelto esclusivamente quando sia inevitabile per proteggere la vita. I governi si dovrebbero assicurare che gli ufficiali e gli agenti preposti all ordine pubblico usino la forza solo dove strettamente necessario e con la minima intensità necessaria in base alle circostanze. Quando vengono utilizzate armi letali ogni incidente dovrebbe essere investigato a fondo, per determinare se è stata usata forza eccessiva e se una morte conseguente rientra nei parametri consentiti dalla legge. Coloro che sono stati individuati quali responsabili di uso eccessivo della forza, in maniera illegale, dovrebbero essere assicurati alla giustizia. 3.2 Genocidio In base alla relativa convenzione delle Nazioni Unite del 1948, il genocidio consiste in una sequenza di azioni condotte con lo scopo di distruggere, in parte o nella sua totalità, una nazione, un gruppo etnico, razziale o religioso, uccidendo o causando gravi danni all integrità fisica e mentale delle persone appartenenti al gruppo, infliggendo deliberatamente determinate Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 14

condizioni di vita al gruppo, in modo da portarlo alla distruzione fisica, impedendo le nascite o trasferendo bambini e bambine ad un altro gruppo. Quando AI ritiene che stia avvenendo un genocidio, chiede allo Stato di rispettare i suoi obblighi secondo la Convenzione sul Genocidio e di esercitare i relativi poteri. La corte Penale Internazionale (International Criminal Court ICC) istituita con lo Statuto di Roma del 1998 ha giurisdizione anche sul crimine di genocidio, definito come il crimine più grave contro la comunità umana. 3.3 Esilio forzato ed espulsioni di massa L esilio forzato è la procedura con cui un governo costringe gli individui a lasciare il proprio Paese o ne impedisce il rimpatrio, ove essi si trovino all estero. Amnesty si oppone all esilio forzato quando è imposto come provvedimento formale nei confronti delle persone in ragione della loro appartenenza politica, religiosa, delle loro opinioni, sesso, il colore, la lingua ed in particolare: AI si oppone all esilio forzato quando imposto per motivi di coscienza, religiosa o politica o dell origine etnica, del genere sessuale, del colore della pelle o della lingua; AI riconosce che nell attuare questa politica ci possano essere casi eccezionali in cui, in accordo agli standard internazionali e prendendo in considerazione tutte le circostanze del caso, incluse le idee dell individuo in questione, non ci si opporrà all esilio; AI si oppone all esilio forzato quando imposto a vittime che sono in una situazione analoga a quella delle persone incarcerate per motivi politici non di coscienza, dato per inteso che il loro diritto a tornare nel proprio Paese dovrebbe essere incluso nei termini del diritto ad un processo equo e a un trattamento o punizione che non viola gli standard internazionali; AI si oppone, in accordo alle leggi umanitarie internazionali, alla deportazione da territori sotto occupazione militare, in qualsiasi caso; AI si oppone alle leggi che richiedono o permettono l imposizione dell esilio forzato a causa dell espressione non violenta del proprio pensiero politico, religioso o altro o in ragione dell origine etnica, del genere sessuale, del colore della pelle e della lingua. AI si oppone a misure dei governi e di altre parti di un conflitto, intese a forzare l espulsione di massa di persone dal proprio Paese o territorio, sia che l oggetto della disputa siano i confini territoriali, sia che ciò avvenga solo sulla base dell origine etnica, genere sessuale, colore della pelle e lingua o del pensiero politico, religioso o altro. 3.4 Distruzione delle abitazioni La distruzione o l apposizione di sigilli ad abitazioni rappresenta una misura punitiva da parte di governi che vogliano sopprimere l opposizione o punire persone che sono presunte oppositrici o le loro famiglie, intimidire singoli individui o anche intere comunità. Amnesty si oppone alla distruzione delle abitazioni. Amnesty si oppone alla politica di distruzione delle case contro le persone in ragione della loro appartenenza etnica, come è accaduto in Israele e nei Territori Occupati, in Myanmar, in Turchia. 3.5 Attacchi indiscriminati e sproporzionati AI si oppone alle uccisioni che sono sia "deliberate" (a bersaglio) sia "illegali" (arbitrarie) così come alle "uccisioni indiscriminate", cioè quando non è stato fatto nessun tentativo di distinguere tra obiettivi legali e non legali. AI si oppone anche alle uccisioni che sono conseguenza di attacchi sproporzionati sia da parte di forze governative che da entità non governative dai quali ci si aspetta che causino perdite accidentali di vite di civili, che sarebbero eccessive rispetto al vantaggio concreto e reale programmato. AI si oppone anche agli attacchi indiscriminati (nel senso stretto del Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 15

termine) o sproporzionati quando essi causano ferite o minacciano civili, anche se non risultano decessi. AI fa riferimento agli standard del diritto umanitario internazionale che riguardano questo tema. 3.6 Armi indiscriminate AI si oppone alla produzione, al trasferimento e all uso a livello mondiale di armi di guerra indiscriminate. In particolare: AI sostiene la campagna per ottenere il bando internazionale sulle mine antipersona; il Comitato Esecutivo Internazionale (IEC) ha la delega di decidere quali altre armi da guerra possono rientrare in questa categoria, consultandosi con tutte le Sezioni di Amnesty International, altre rilevanti ONG e organizzazioni internazionali. Due tipi di armi convenzionali sono emerse come potenziali armi indiscriminate: le bombe a grappolo e le armi a uranio impoverito; nel 2000 AI ha richiesto che le bombe a grappolo non fossero usate nei pressi di centri abitati e che venissero effettuate indagini sui possibili rischi a lungo termine conseguenti all uso di armi a base di uranio impoverito e che gli Stati ne sospendessero l uso, in attesa dei risultati delle indagini. Nell ottobre del 2001 AI ha richiesto una moratoria dell uso delle bombe a grappolo. Amnesty si oppone all uso di armi nucleari, in quanto esse rientrano nella categoria di armi indiscriminate. 3.7 Trasferimenti militari, di sicurezza e di polizia (MSP) che possano contribuire a violazioni dei diritti umani AI si oppone al trasferimento, alla promozione e all uso di tecnologia, equipaggiamento, personale, addestramento e altri servizi militari, di sicurezza e di polizia, sia all interno di uno Stato sia attraverso i confini nazionali, quando si può supporre o si sa che verranno usati per violazioni degli standard del diritto umanitario e del diritto dei diritti umani. AI sostiene l introduzione di leggi nazionali, regionali ed internazionali che regolamentino i trasferimenti militari, di sicurezza e di polizia ed effettua azioni per fermare il trasferimento di competenze e di equipaggiamenti a governi o gruppi armati quando c è ragione di credere che esse saranno usate per violare i diritti umani, denunciando gli Stati fornitori e le aziende consapevoli delle loro responsabilità in questi trasferimenti. AI si oppone ai trasferimenti MSP dai governi non solo ad altri governi, ma anche a Entità Non Governative (NGE) inclusi il supporto finanziario e logistico che può ragionevolmente essere inteso come volto a contribuire a violazioni dei diritti umani. Gli obiettivi di AI nel suo lavoro sui trasferimenti militari, di sicurezza e di polizia sono di: prevenire i trasferimenti che possono ragionevolmente contribuire alle violazioni dei diritti umani; identificare i coinvolgimenti a livello internazionale che contribuiscono alle violazioni dei diritti umani e il consolidamento delle strategie che portino a un azione internazionale di prevenzione di tali violazioni; effettuare una diretta pressione sui corpi militari, di sicurezza e di polizia responsabili di abusi. Amnesty complessivamente cerca di ottenere un controllo efficace a livello internazionale, la regolamentazione ed il controllo dei trasferimenti militari, di sicurezza e di polizia. AI non è comunque a favore di embarghi generali di armi (salvo quelle indiscriminate, vedi sopra) o di boicottaggi economici. AI non prende posizione sulla legittimità di relazioni militari, economiche o culturali mantenute con paesi in cui i diritti umani sono violati e per il momento non prende posizione sulle misure punitive, come le sanzioni e i boicottaggi, salvo che le prime o i secondi si tramutino in gravi e costanti violazioni dei diritti umani. Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 16

3.8 Impunità: Amnesty contro l Amnistia AI si oppone a leggi di amnistia, indulto o grazia generalizzata nei confronti di coloro che sono responsabili di "sparizioni", esecuzioni extragiudiziarie e altre gravi violazioni dei diritti umani. Questo lavoro include la pressione istituzionale sui governi, incluso il governo del proprio Paese, per prevenire l entrata nel Paese di responsabili o presunti tali di gravi abusi dei diritti umani, sotto la copertura dell immunità, da qualunque provenienza. Combattere le violazioni: per chi lavora Amnesty International pag 17