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«SINESTESIEONLINE» Periodico quadrimestrale di studi sulla letteratura e le arti Supplemento della rivista «Sinestesie» Anno 4 Numero 12 Giugno 2015

«SINESTESIEONLINE» Periodico quadrimestrale di studi sulla letteratura e le arti Supplemento della rivista «Sinestesie» ISSN 2280-6849 Direzione scientifica Carlo Santoli Alessandra Ottieri Direttore responsabile Paola De Ciuceis Coordinamento di redazione Laura Cannavacciuolo Redazione Domenico Cipriano Maria De Santis Proja Carlangelo Mauro Mario Soscia Apollonia Striano Gian Piero Testa Associazione Culturale Internazionale Edizioni Sinestesie (Proprietà letteraria) Via Tagliamento, 154 83100 Avellino www.rivistasinestesie.it - info@rivistasinestesie.it Direzione e redazione c/o Dott.ssa Alessandra Ottieri Via Giovanni Nicotera, 10 80132 Napoli Tutti i diritti di riproduzione e traduzione sono riservati.

Comitato Scientifico Leonardo Acone (Università di Salerno) Epifanio Ajello (Università di Salerno) Renato Aymone (Università di Salerno) Annamaria Andreoli (Università della Basilicata) Zygmunt G. Baranski (Università di Cambridge-Notre Dame) Michele Bianco (Università di Bari Aldo Moro ) Giuseppe Bonifacino (Università di Bari Aldo Moro Rino L. Caputo (Università di Roma Tor Vergata ) Angelo Cardillo (Università di Salerno) Marc William Epstein (Università di Princeton) Lucio Antonio Giannone (Università Del Salento) Rosa Giulio (Università di Salerno) Alberto Granese (Università di Salerno) Emma Grimaldi (Università di Salerno) Sebastiano Martelli (Università di Salerno) Milena Montanile (Università di Salerno) Fabrizio Natalini (Università di Roma Tor Vergata ) Antonio Pietropaoli (Università di Salerno) Mara Santi (Università di Gent)

Sommario Articoli Michele Bianco L estetismo nella poesia di Giovanni Pascoli Michele Bianco Vivere balenando in burrasca. Le armoniche disarmonie del mondo poetico di Gennaro Iannarone Milena Contini Plagio dal Villebrune apposto al Petrarca: un appassionata confutazione di «meschine, arroganti e scortesi» calunnie sull Africa Domenico D Arienzo Tra Ercole I e Alfonso II: il potere e le arti nella Ferrara degli Este Milena Montanile Omaggio ad Angelo Gorruso Fabrizio Natalini Leonor Fini e la torre del surreale

Miriam Polli Francesco Cangiullo. Arti-Giano del Futurismo Mario Soscia Il dualismo psico affettivo di Axel Munthe Antonella Tredicine Pier Paolo Pasolini e lo «stupendo privilegio di pensare» una diversa umanità Interviste Stefano Pignataro L opera di Italo Calvino in rapporto con le altre opere del Dopoguerra italiano. Conversazione con Antonia Arslan Stefano Pignataro Sguardo geometrico in Italo Calvino, sguardo creaturale in Pier Paolo Pasolini Conversazione con Corrado Bologna Stefano Pignataro Lo sguardo di Italo Calvino: percorso dal Barone rampante a Palomar. Conversazione con Silvio Perrella Stefano Pignataro L esperienza di Pier Paolo Pasolini a «Tempo Illustrato» Conversazione con Ermanno Rea

Sezioni L isola che c è. Orizzonti letterari per bambini e ragazzi a cura di Leonardo Acone Università degli Studi di Salerno Comitato Scientifico Leonardo Acone (Università di Salerno) Anna Ascenzi (Università di Macerata) Marinella Attinà (Università di Salerno) Flavia Bacchetti (Università di Firenze) Milena Bernardi (Università di Bologna) Emy Beseghi (Università di Bologna) Pino Boero (Università di Genova) Lorenzo Cantatore (Università Rome Tre) Sabrina Fava Università (Cattolica di Milano) Simonetta Polenghi (Università Cattolica di Milano) Leonardo Acone Presentazione del Comitato Scientifico di Sezione Giovanni Savarese Sempre su due ruote: Il fuori-classe di Sauro Marianelli Dialoghi. La letteratura e le arti A cura di Milena Montanile Università degli Studi di Salerno Comitato Scientifico Epifanio Ajello (Università degli Studi di Salerno) Beatrice Alfonzetti (Università degli Studi di Roma La Sapienza ) Francesco Cotticelli (Seconda Università degli Studi di Napoli) Alessandra di Ricco (Università degli Studi di Trento) Paolo Giovanni Maione (Conservatorio di Napoli San Pietro a Majella ) Sebastiano Martelli (Università degli Studi di Salerno)

Lucio Tufano (Napoli) Roberta Turchi (Università degli Studi di Firenze) Milena Montanile Presentazione della sezione Recensioni Chiara Rosato Aa.Vv., Scrittori fantasma. Bartleby, D.B. Caulfield e gli altri interpretati da sei narratori italiani, a cura di Piero Sorrentino e Massimiliano Virgilio, Elliot editore, Roma 2013 Antonio R. Daniele Aa.Vv., Alberto Moravia e La Ciociara. Letteratura. Storia. Cinema, III, Atti del convegno internazionale, Fondi, 10 maggio 2013, introduzione e cura di Angelo Fàvaro, Edizioni Sinestesie, 30, Avellino 2015 Bruno Mellarini Aa.Vv., Vasco Pratolini (1913-2013), Atti del Convegno Internazionale di Studi, (Firenze, 17-19 ottobre 2013), a cura di M.C. Papini, G. Manghetti, T. Spignoli, Olschki, Firenze 2015 Carola Faraci Sergio Atzeni e l arte di inanellare parole, a cura di Sylvie Cocco, Valeria Pala e Pier Paolo Argiolas, AIPSA, Cagliari 2015 Isabella Corrado Valeria Giannantonio, Giulio Salvadori nel mondo delle idee, Franco Cesati Editore, Firenze 2015

Angelo Fàvaro Roberto Salsano, Fra scrittura e riscrittura. Saggi e note su Alfieri tragico, Salvatore Sciascia Editore, Caltanisetta-Roma 2014 Chiara Schepis Dario Tomasello, Eduardo e Pirandello. Una questione familiare nella drammaturgia italiana, Carocci, Roma, 2014 Giorgio Mobili Luigi Fontanella, L adolescenza e la notte, Firenze, Passigli, 2015 Emanuele Broccio Giuliana Adamo, L inizio e la fine. I confini del romanzo nel canone occidentale Longo, Ravenna, 2013

AA.VV., Alberto Moravia e La Ciociara. Letteratura. Storia. Cinema, III, Atti del convegno internazionale, Fondi, 10 maggio 2013, introduzione e cura di Angelo Fàvaro, Edizioni Sinestesie, 30, Avellino 2015, pp. 210, 30,00. Anche il terzo appuntamento sulla Ciociara di Alberto Moravia è stato felicemente consacrato sulla pagina: le Edizioni Sinestesie hanno pubblicato lo scorso maggio gli atti dell ultimo convegno di studi che Angelo Fàvaro e i suoi contubernali animarono a Fondi nella primavera del 2013 e che merita la massima considerazione non solo perché, come nelle due precedenti edizioni, il terzo consesso moraviano ha visto riuniti qualificati studiosi di tutta Europa, ma anche perché contribuisce a colmare quel vuoto di interesse patito dallo scrittore romano sin dall indomani della sua morte e che solo nell ultimo lustro si è attenuato. D altronde, non è facile parlare di Moravia senza correre il rischio di ripetere cose mille volte dette e udite. È anche meno facile intavolare un dibattito a più voci su un romanzo esposto si può dire per sua natura alle attenzioni dei critici lungo i decenni. Eppure, se dovremo tirare le somme di tre anni di contributi e di confronti, diremo, con una certa dose di sicurezza, che questo appuntamento annuale scandito in tre momenti ha offerto spunti originali, ha messo una di fronte all altra la passione e la sapienza di sguardi critici mai inutilmente arcigni, ma sempre franchi e generosi. Tre anni fa fu tracciata la strada: il romanzo di Cesira e Rosetta non è che un ethos antico che incarna un pathos sempre nuovo, e il genio degli scrittori sta nel dare nuove forme, disegnare nuovi scenari a tratti umani ben noti, vizi atavici e desideri mai sopiti. Ci pare, insomma, che sia stato proprio un simile orientamento a fare di questi incontri non una pura kermesse di autorevoli disamine critiche, quanto, piuttosto, un insieme di indagini a colloquio : se nel primo convegno Simonetta Milli Konewko mostrò come la compassione di Cesira sia la cifra della visione sociale di Moravia, il volume dell ultimo incontro apre con una efficace ripresa del tema: Fàvaro dà il sigillo con una introduzione improntata all esame del perdono e della comprensione della madre, senza con ciò perdere di vista gli effetti che questa percezione del personaggio avevano in Moravia nelle irrequiete settimane in cui aveva concepito il romanzo: La memorialista Cesira vorrebbe continuamente, in ogni modo, con tutte le sue forze recuperare la quotidianità pre-bellica, il romanziere Moravia sa quel che è accaduto, quel che sta accadendo in quei mesi muta considerevolmente l esistenza: il trauma lacerante della guerra destabilizza ogni ordine, ogni necessità, ogni consuetudine con la radicalità della rottura irreparabile. (p. 17) Molto del volume ruota attorno a questa dialettica, vista come uno strumento che nelle pagine moraviane potrebbe assumere i contorni di un vero e proprio romanzo di formazione. È la prospettiva di Thomas Klinkert: Cesira opportunamente svincolata dal suo stesso autore è destinata a una inesorabile, anche spietata, presa di coscienza. La guerra c è; anzi, impregna di sé tutto quanto e la donna deve mutare la propria ingenua noncuranza, il desiderio lo abbiamo detto di una comoda quotidianità pre-bellica, verso una atroce cognizione del dolore, nonostante il persistente tentativo di ridurre tutto al naturale ordine delle cose: In verità, è chiaro che la guerra non è un fatto naturale, bensì sono gli uomini che la fanno. Nondimeno, quest analogia tra la guerra e la natura serve a caratterizzare la situazione della gente che non può scappare dalla guerra. Successivamente, quando Cesira e sua figlia incontrano dei soldati americani, la narratrice dice: «Questi furono i primi americani che vedemmo e li vedemmo per caso; e tutta la guerra, adesso, che ci ripenso, è un caso; tutto ci avviene senza ragione, e si muove un passo a sinistra e si è uccisi, se invece si va a destra si è salvi». Possiamo dunque constatare come la protagonista ripercorra diversamente l evento della guerra, cominciando dall indifferenza, passando poi per l odio e arrivando infine alla rassegnazione, che consiste nell identificare la guerra con la natura o con il caso. (p. 116) È un processo morale; sembrerebbe l esito dello sguardo femminile ritagliato dal breve ma accorato scorcio emotivo di Paola Pannicelli o anche quella «ispirazione esplicitamente etica» (p. 178) di cui scrive Luciano Parisi nel suo contributo, fra i più originali della serie. Lo studioso insiste sulla atipicità del romanzo, sulle eccezioni o, come egli scrive, eccezionalità che lo segnano dalla prima all ultima pagina. È vero che per molte di esse (il buon rapporto fra genitori e figli; il tono consolante del romanzo; le relazioni solide delle coppie e gli orrori, mai interni alle famiglie) possiamo approdare a una reductio ad unum e dire, correndo il rischio della banalità, che ognuna di loro esiste nella misura in cui il romanzo stesso (l unico

interamente ambientato nel mondo contadino) appare un prodotto singolare nell ampia parabola narrativa del suo autore. Ne verrebbe, infatti, che Parisi ha individuato inevitabili derivazioni atipiche di una storia per se stessa atipica, nei personaggi e nella loro visione delle cose: un blocco monolitico dove le frizioni borghesi sono solo una fantasia. Nella sua analisi c è, invece, qualcosa di stimolante che riguarda proprio l archetipo borghese di Moravia: l indifferenza di Rosetta non è più un connotato di classe, un elemento di identificazione sociale. È ridotto ad attributo comune, un indizio di ordinaria umanità. È anche del cinismo contadino, non meno disprezzabile. Può essere «una istintiva strategia difensiva» (p. 180), scrive Parisi, che, nel caso di questa donna indocile, sul punto di cedere ma ugualmente pronta a rimettersi in contesa, è il solo strumento che le permette di avere un ultimo, vigile sguardo sulle cose: Ne La ciociara Moravia [ ] racconta la storia di un abuso sessuale con intelligenza, con una profonda comprensione dei meccanismi che si attivano nella mente della vittima, con simpatia per la sua sorte, ma da un punto di vista esterno. [ ] Moravia sceglie una madre affezionata che però, come una poliziotta o come una giornalista, si sforza costantemente di capire e dire eventi molto complessi. (p. 182) Che Cesira giunga alla piena maturazione nel suo compito di donna e di madre è, in fin dei conti, vitale alla vicenda tanto quanto lo è alla storia intellettuale di Moravia. Fabrizio Natalini ha chiarito nel suo saggio quanto la guerra, pur essendo la filigrana del romanzo dall inizio alla fine, è meno presente di quanto non lo sia nelle altre storie ciociare del nostro scrittore («nei racconti [ ] pare ancora di intravedere quell indecisione che condusse l autore a oscillare sempre tra il personaggio di Cesira e quello di Michele», p. 145). O, per meglio dire, essa è ormai un ombra infausta che ha già compiuto la sua missione: col suo carico di dramma e la sua esigenza di Storia avrebbe invaso il campo degli avvenimenti, avrebbe compresso i personaggi. E invece Moravia ce ne dà solo il profumo. È un profumo disgustoso che, tuttavia, serve a corredare il difficile compito della donna. Anche a Natalini sembra che la chiave sia la personale escatologia morale della madre, la sua «necessità di liberarsi della paura, intesa come impedimento a percepire la realtà» (ivi). E la sovrapposizione tra romanzo, sceneggiatura e film che lo studioso compie in qualche caso anche con un meticoloso découpage delle sequenze, conferma che le aggiunte e le sottrazioni, le riletture e gli adattamenti di Zavattini e De Sica, miravano a salvaguardare quel disorientamento e quella agitazione da cui Cesira doveva tentare il riscatto. Bianca Concolino Mancini Abram, che pure ha scritto del film di De Sica, si è dedicata quasi interamente alla dialettica madre-figlia. Non è una novità giacché più di vent anni fa Mariella Colin offrì interessanti pagine in merito, ma in questo caso ci pare che la Concolino abbia saputo scovare una prospettiva stuzzicante e piacevole: il film di De Sica forse pregiudicato in ciò dalla troppo giovane età della figlia ha rovesciato il rapporto fra le due donne: è Rosetta che osserva la madre, che la contempla e la prende a modello; ma è costretta a crescere a mezzo di eventi traumatici, lo stupro e la morte di Michele: «la reazione di Rosetta, a differenza di quanto succede nel romanzo, è immediata; il muro che la proteggeva si rompe e il pianto di Rosetta segna la catarsi finale del personaggio» (p. 73). A tutto questo dà una suggestione in più la accattivante teoria dello spiraglio di Donata Carelli: fu l abile gioco di luci e di ombre del magiaro Gábor Pogány, direttore della fotografia di De Sica, a comporre un «quadro dalle tinte drammatiche caravaggesche: il corpo di Cesira fermo a terra come una bambola dimenticata, sovrastato dalla luce accecante che entra di taglio dal portale alle sue spalle» (p. 61). E il corpo di Rosetta, a sua volta, parla mediante screziature cromatiche: il rosso, il bianco e il nero, nota Giancarlo Loffarelli, sono la dolorosa sintesi del male, «una sorta di segnavia» della sciagura (p. 128). Gli stessi colori che usò Annibale Ruccello nell adattamento teatrale del romanzo e che Pamela Parenti in questi atti ha sapientemente proposto in alcuni appassionati passaggi: Fondi! Fondi era distrutta! Distrutta e piena di americani! Americani! Americani! Non erano americani! Erano bianchi! Erano rossi! Erano gialli! Erano neri! Non erano americani! Di tutte le razze! Di tutte le altezze! Bellezze e bruttezze! Non erano americani! (p. 171) Americani o marocchini, Roma o Fondi: è la terra che contiene la Storia. Né è detto che il lettore per intenderla non debba cercare punti di fuga altrove: ci ha provato brillantemente Caterina Vicino alla quale il cielo del romanzo, gradualmente rosa all orizzonte e azzurro sopra le nostre teste, ha richiamato le tinte africane di Léopold Sédar Senghor.

E le connotazioni di Cesira incidono anche nella vicenda editoriale del romanzo fuori dai nostri confini: se Laura Melosi ricostruisce punto per punto la curiosa querelle fra case editrici che segnò l approdo del romanzo oltralpe, Alice Flemrova e Diana Kastrati documentano che il successo in Cecoslovacchia e Albania fu dovuto quasi solo agli attributi proletari della donna: montanara o contadina, forte e risoluta, lo strumento moraviano di una narrazione epica (p. 98) populista e antifascista. Quegli stessi attributi che in Spagna ne riferisce Carmen F. Blanco Valdès ritardarono al 1977 la prima edizione in lingua nazionale, una volta morto Franco. Insomma, il volume ha riunito lavori ben incastrati fra loro, dai quali emerge che La ciociara è il romanzo della pulitura morale, non c è dubbio. Questa pulitura lo dice bene Angelo Fàvaro si avrà a ritmo di confessioni, ma ciò non basta a fare di esse vere e proprie ammissioni di colpa. Tuttavia Cesira, premurosa e accorta, ne ha più d una. Anzi, ci pare di capire che ella è tanto più colpevole quanto più vuol essere madre: Delimita l orizzonte affettivo egoisticamente al territorio dell amore filiale, e di un amore filiale per altro ottuso, possessivo, esclusivo ed escludente; in secondo luogo perché, se si analizza la vicenda di Cesira e Rosetta dalla partenza da Roma fino allo stupro della ragazza si evincerà chiaramente la sua responsabilità in tutte le decisioni. (p. 85) Eppure il volume comincia con due uomini: Michele e Moravia. Così Andrea Gareffi, in una squisita prefazione, ha voluto introdurre la serie di contributi quasi tutti al femminile. Dopotutto, come egli stesso scrive, è «la tautologia della negazione che produce un affermazione» (p. 11): il Michele degli Indifferenti muore in quello della Ciociara. A tentare la strada della vita, stavolta, tocca alle donne. Antonio R. Daniele