Nietzsche Friedrich. (1844-1900, filosofo tedesco) Di Cristian Mazzoni



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Transcript:

Nietzsche Friedrich (1844-1900, filosofo tedesco) Di Cristian Mazzoni In questo Autore vita e pensiero si saldano a tal punto da risultare inconcepibili l una senza l altro. In particolare, un quesito ricorrente, dato l ultimo decennio della vita di Nietzsche passato in ospedali psichiatrici (periodo, in cui, comunque, non scrisse nulla), è questo: il pensiero di N. è frutto dei suoi disturbi psichici o, viceversa, questi disturbi psichici, che lo hanno accompagnato per tutta la vita, sono l effetto del suo pensiero? Intravedere un nesso causale-effettuale fra patologia psichica e pensiero, chiaramente, vorrebbe dire sminuire la portata di quest ultimo. Quanto, viceversa, al condizionamento operato dal pensiero sulle pratiche di vita del N. uomo, questo è indubbio. Credo un giusto ed equilibrato compromesso sia quello di intendere un condizionamento reciproco fra vita e pensiero, da una parte, e pensiero e vita, dall altro, non intendendo per vita, tuttavia, la patologia psichica, ma le concrete esperienze di vita di N., segnate comunque da incidenti di percorso, dolori fisici e morali, etc. E Nietzsche stesso a dire che un Filosofo, per essere veramente tale, deve essere passato attraverso una certa quantità di dolore (è evidente l allusione alla sua stessa vita). Detto ciò, si è soliti dividere il pensiero nietzscheano in tre periodi: Periodo giovanile: comprendente gli scritti La nascita della tragedia (1871); le quattro Considerazioni inattuali (1873-76). Periodo illuministico : Umano troppo umano (1878); Aurora (1881); La gaia scienza (1882); Periodo inaugurato dal Così parlò Zarathustra e culminato negli abbozzi della Volontà di potenza: comprendente Così parlò Zarathustra (1883-1885), Al di là del bene e del male (1886); Genaealogia della morale (1887); Il caso Wagner (1888); Crepuscolo degli idoli (1888); L anticristo, Ecce homo, Nietzsche contra Wagner (pubblicati postumi). La difficoltà maggiore che s incontra nella comprensione del pensiero nietzscheano è data dalla sua forma: infatti solo gli scritti del primo periodo hanno forma trattatistica, quelli del secondo, invece, hanno la forma di raccolte di aforismi (per aforisma s intende un pensiero breve, spesso espresso in un singolo periodo) e l opera maggiore, il Così parlò Zarathustra, è un poema filosofico. L accezione stessa poema filosofico può apparire a taluni (e io sono fra questi) una contraddizione in termini: infatti la poesia non s esprime in concetti né trasmette concetti, ma vuole comunicare sentimenti, stati d animo, ricerca il coinvolgimento emotivo prim ancora che razionale e, per fare ciò, si serve di metafore, similitudini, strumenti comunicativi che sono ben distanti dal pensiero rigorosamente espresso e determinato. Una metafora può essere interpretata in svariati modi (e, in un certo senso, più si presta a molteplici interpretazioni, più risulta apprezzabile): un pensiero espresso per metafore, invece, rischia d essere incomprensibile o ambiguo. Questa è la ragione per cui gli interpreti si sono prodotti nelle più disparate e, spesso, reciprocamente contraddittorie interpretazioni. Per certi aspetti sarebbe, a mio avviso, più proprio collocare Nietzsche fra i letterati che fra i filosofi. Gli scritti di Nietzsche (e questo è tanto più vero quanto più ci si avvicina cronologicamente al prorompere della pazzia) non si prestano, infatti, così come ogni scritto letterario, ad essere spiegati, ma vanno letti. Ogni spiegazione risulta comunque limitativa e di parte, ciò a prescindere dalla buona fede e dallo scrupolo metodico dell interprete stesso. Ad ogni modo, al di là delle periodizzazioni e di questa notazione generale, il nucleo centrale (tralasciando, quindi, le questioni di dettaglio) del pensiero nietzscheano risulta piuttosto semplice.

Esso si esprime nella dottrina dell eterno ritorno, la quale è anticipata ne La gaia scienza ed espressa compiutamente nel Così parlò Zarathustra. Riporto l aforisma 341 de La gaia scienza: Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: Questa vita, come tu ora la vivi e l hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L eterna clessidra dell esistenza viene di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere. Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che ha così parlato? Oppure hai tu vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: tu sei un dio e mai intesi cosa più divina? Se quel pensiero ti prendesse in tuo potere a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte? graverebbe sul tuo agire come il peso più grande? Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello? Quest aforisma va interpretato alla luce di una concezione radicalmente pessimistica dell esistenza umana, ereditata da Schopenhauer. Secondo tale concezione la vita è, nella sua essenza, dolore. La domanda suona perciò così: vuoi rivivere questa tua vita che è stata e sarà, essenzialmente, dolore, in cui ogni piacere è negativo ed è soltanto un attimo transeunte, ancora una e innumerevoli volte? Chi dice sì non è più un uomo, ma è qualcosa di radicalmente diverso, un super-uomo, meglio (come qualcuno traduce), un oltre-uomo. L uomo esistito storicamente sino ad ora s è creato, ad avviso di Nietzsche, un altro mondo, un mondo oltre la vita (l Al di là cristiano) per non doversi porre quel fatale interrogativo e per non doversi dare una risposta: tutta la felicità che non abita nel nostro mondo è stata posta in un altro mondo, tutto il senso del dolore presente è stato trasferito in una ricompensa futura (dopo la morte). Ma che accadrebbe se, un giorno, qualcuno (il protagonista del Così parlò Zarathustra) si svegliasse e dicesse che Dio è morto? Il tema della morte di Dio è una metafora per indicare il crollo delle certezze, delle garanzie metafisiche circa il senso della vita (l esistenza umana) e del mondo. Non più un mondo creato da Dio e retto dalla Provvidenza divina, non più un Al di là in cui indirizzare gli sforzi della vita presente, ma un mero caos retto da un impulso vitale cieco e irrazionale di cui non è possibile darsi ragione. Nietzsche vuole porre la coscienza umana dinnanzi alla terribile verità data dall assenza di senso, di razionalità, di ordine del mondo, ma soprattutto dinnanzi all ancor più terribile verità che questo è il solo mondo che abbiamo e che avremo. Posto dinnanzi al peso della verità, l uomo può scegliere se diventare super- (o, meglio oltre-) uomo, oppure se rimanere uomo: il superuomo è colui che dice sì, che accetta, si potrebbe dire, impavidamente, quasi gioiosamente, l eterno ritorno; l uomo è colui che rifiuta a priori il dilemma, che preferisce nascondersi dietro le certezze rassicuranti della religione e della filosofia tradizionali e che, dinnanzi al crollo di quelle certezze, soccombe, cade nello sconforto, nella rassegnazione apatica. Il super-uomo, a differenza dell uomo, coglie nell assenza di senso del mondo, la possibilità di farsi egli stesso datore di senso: egli, diventa, per così dire, il padrone della propria vita, l artefice di se stesso. Se questo è il nucleo concettuale centrale del pensiero nietzscheano, passiamone ora in rassegna i singoli momenti, quali ricostruiti dalla storiografia filosofica.

Primo periodo. Nietzsche fu filologo, prim ancora che filosofo, e giovanissimo (1869) ricoprì la carica di professore di lingua e letteratura greca presso l Università di Basilea. La sua prima opera pubblicata (filologica nelle pretese, ma filosofica nel contenuto) fu la Nascita della tragedia. Filosoficamente, quest opera è scritta sotto l influenza del pensiero di Schopenhauer. In essa trova espressione la fondamentale opposizione fra spirito dionisiaco e spirito apollineo. Secondo N., nella tragedia greca classica (V secolo: il riferimento è a Eschilo e Sofocle) si compenetrano, in perfetta armonia, spirito apollineo e dionisiaco. Lo spirito dionisiaco costituisce la matrice originaria della grecità: in esso si esprime l impulso vitale cieco, irrazionale, disordinato, il caos primordiale (Dionisio è il dio del vino e dei baccanali, delle orge e dei piaceri estremi). Il dionisiaco scaturisce da una visione essenzialmente pessimistica del mondo e dell esistenza: il mondo è caos, disordine, disarmonia, etc. L apollineo, invece, trasfigura quest originaria caoticità dell esistenza in forme belle, gradevoli, ordinate e composte. Il dionisiaco si esprime soprattutto nella danza e nella musica, l apollineo nella scultura e nell architettura. Il teatro tragico greco di Eschilo e Sofocle porta a compenetrazione l apollineo e il dionisiaco: in esso il coro simboleggia il dionisiaco e la narrazione drammatica l apollineo. Tuttavia, con Euripide, l apollineo avrebbe avuto il definitivo sopravvento sul dionisiaco, sino ad annullarlo completamente: con Euripide la tragedia classica sarebbe decaduta ad una forma inferiore, intellettualizzata e prima di vitalità, perdendo il suo contatto con la vita. In seguito, N. puntualizzò il suo pensiero estendendolo dall ambito della tragedia. Ciò che Euripide ha fatto con la tragedia, Socrate (e poi Platone) l avrebbe fatto col pensiero. Con Platone il mondo sensibile è ridotto a falsità, mera apparenza, mentre il mondo vero è collocato in un altro mondo al di là del mondo (l iperuranio). Il Cristianesimo altro non sarebbe che platonismo per il volgo: per esso il vero mondo è in un mondo al di là del mondo e la vera vita in una vita al di là della vita. Con ciò, s è fatto un passo nella seconda fase del pensiero nietzscheano (la cosiddetta fase illuministica ), inaugurata da Umano, troppo umano. Secondo periodo (illuministico). In questa fase, Nietzsche tenta una genealogia della verità. L assunto di partenza è che una verità non è sempre stata vera, ma è il prodotto di un processo: si tratta, per l indagine genealogica, di ricostruire quel processo. Le verità di cui è tentata la ricostruzione genealogica sono le verità metafisiche e quelle morali (i cosiddetti valori ): per la verità, l indagine circa i valori sarà poi svolta compiutamente dall ultimo Nietzsche. Quanto alle verità metafisiche, s è già detto, esse sono un tentativo di rendere razionale e ordinato ciò che, in se stesso, è irrazionale e disordinato: tutta la filosofia, da Platone in poi, è platonismo, e il platonismo riduce questo modo (innegabilmente disordinato e mutevole) a mera apparenza, essendo il mondo vero, ciò che è in sé, razionale, ordinato, immutabile. Circa la morale, secondo N., essa non consiste affatto in un insieme di precetti intrinseci alla natura umana stessa (la voce della coscienza, l imperativo categorico kantiano che agisce in noi), ma, viceversa, in una serie di prescrizioni sociali che ciascuno ha introiettato sin dalla nascita. I valori, in altre parole, non sono degli in sé, ma sono sempre posti da qualcuno per finalità ben determinate. Queste finalità sono la preservazione del proprio dominio: la morale della società è sempre la morale dei suoi capi. Entra qui in gioco il tema della morte di Dio. Se, infatti, le verità in cui sino ad ora s è sempre creduto altro non sono che il portato di un esigenza umana, che cosa accade nel momento in cui quelle verità si rivelano per quello che sono? Che ne accade dell uomo? La condizione in cui tutte le certezze metafisiche vengono meno e i valori ritenuti tradizionalmente degli in sé si rivelano semplici posizioni umane, è denominata da N. nichilismo (dal latino nihil, ossia nulla ). Il nichilismo è la condizione della cultura europea contemporanea a N., una cultura segnata dall angoscia (data dall emergere del non-senso delle cose) e dalla decadenza. Il nichilismo è, secondo la metafora di N., la condizione dell uomo dopo la morte di Dio. Tuttavia, se, alla domanda qual è la

condizione dell uomo dopo la morte di Dio? si può rispondere: il Nichilismo, è, tuttavia, possibile anche un altra risposta. Ultima fase. Nella fase inaugurata dal Così parlò Zarathustra si fornisce tale risposta alternativa al Nichilismo: essa è il superuomo, ossia colui che osa guardare il caos della vita e del mondo e, dinnanzi a quello che vede, non si nasconde, né volge altrove lo sguardo, né cade nello sconforto, ma dice sì. Il superuomo è colui che vede in quello stesso abisso che per l uomo è soltanto fonte di terrore una nuova possibilità: la possibilità di creare se stesso. E da notarsi, però, come la condizione del superuomo non sia raggiungibile da tutti, ma soltanto da un ristretto numero di eletti: Nietzsche è e si manterrà sempre un anti-democratico, ossia si manterrà avverso al principio per il quale tutti gli uomini sono uguali ed a tutti indistintamente spetta diritto di voto, partecipazione politica, etc. Di contro al principio democratico egli afferma decisamente quello aristocratico ( aristocrazia in greco significa governo dei migliori ): non tutti gli uomini sono uguali, ma esistono uomini superiori (destinati a comandare ed a fungere da avanguardie dell umanità) e uomini inferiori (destinati ad obbedire e ad essere gregge). L ultimo Nietzsche è legato alle note tesi circa la volontà di potenza (il saggio recante questo titolo, ancora in fase di preparazione al momento del sopraggiungere della follia, fu riorganizzato ed edito dalla sorella). Edite da lui, invece, uscirono una serie di opere profondamente critiche circa la morale corrente e nelle quali trovava spazio un ampia polemica anti-semita. Secondo l approccio genealogico egli tentò di ricostruire a ritroso il percorso che aveva condotto alla morale corrente (la morale cristiana). Ogni morale, s è detto, è prodotta da chi comanda. V è stata, tuttavia, secondo N., una degenerazione dei valori morali che è corrisposta storicamente alla sostituzione, come dominatori, della casta dei sacerdoti a quella dei guerrieri. La morale del guerriero è all insegna dei valori della corporeità (quei valori che contraddistinguono il guerriero): coraggio, abilità militare, virilità, bellezza, forza fisica, etc. La morale del sacerdote, invece, valorizza l interiorità a discapito dell esteriorità: divengono valori la castità, la morigeratezza, la mitezza, la sopportazione, etc. Il sacerdote ha edificato una morale contrapposta a quella precedente dei guerrieri per meglio controllare questi ultimi, rendendo i loro valori dei disvalori, e indirizzandoli a condotte miti, rassegnate, morigerate, etc. La morale del sacerdote è la morale dei deboli, che altro non può fare che esaltare la debolezza, facendo di un inferiorità una professione di superiorità: essa rappresenta il tentativo di rivalsa del debole sul forte. Nietzsche non manca a tal proposito di lanciare strali polemici contro gli Ebrei (dal cui seno è stato partorito lo stesso Gesù, cui, però, sono tributate parole di ammirazione, a differenza di quelle rivolte alla Chiesa che all insegnamento di Gesù pretenderebbe di rifarsi): essi sono il popolo sacerdotale per eccellenza. Questa profonda avversione verso gli Ebrei sarà utilizzata in epoca successiva (dalla propaganda nazista) per leggere il pensiero nietzscheano in chiave anti-semita e razzistica (fra l altro, la sorella di Nietzsche, Elizabeth, che curerà, come già detto, l edizione postuma delle opere del fratello e farà uscire gli inediti, sposò un dichiarato sostenitore delle tesi razzistiche). N. propone, di contro alla tradizione, una trasvalutazione (o rovesciamento) di tutti i valori volta al recupero delle antiche istanze vitalistiche. Quanto alle tesi circa la volontà di potenza, queste si risolvono nella concezione per la quale l essenza di ogni cosa è volontà diretta alla potenza, intesa questa potenza come accrescimento, espansione, costante andare oltre se stessi. Ciò che ogni cosa vuole è innanzitutto potenziarsi (si noti, ad esempio, come tutte le creature, attraverso la nutrizione, tendano ad accrescere se stesse, assimilando ciò che sta loro intorno). In quest opera di autoaccrescimento e potenziamento vengono posti valori via via funzionali a tale scopo: i valori, perciò, altro non sono che condizioni poste dal vivente per potenziare se stesso per sopravvivere e accrescersi. La volontà di potenza è l originaria fonte del valore. E tuttavia accaduto che i valori sacerdotali (affermati e pretesi come degli in sé, dei valori intrinseci), anziché accrescere la vita, potenziarla, la sminuiscono, la frenano, sino ad inibirla totalmente: si tratta di abbattere quei valori.

La potenza di cui parla N. ha, tuttavia, anche caratteri eminentemente offensivi ed aggressivi: è sopraffazione, elevazione del forte sul debole, etc. Questi temi saranno ripresi ed accentuati dalla propaganda nazista, che vedrà nel popolo tedesco il popolo superiore, destinato a dominare il mondo. www.chrisma.it