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Penale Sent. Sez. 3 Num. 8410 Anno 2018 Presidente: DI NICOLA VITO Relatore: LIBERATI GIOVANNI Data Udienza: 25/10/2017 SENTENZA sul ricorso proposto da Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini nel procedimento nei confronti di Venturi Silvano, nato a Pennabilli il 28/4/1962 avverso la sentenza del 18/5/2017 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giulio Romano, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio con la restituzione degli atti al Tribunale di Rimini. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 18 maggio 2017 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini, richiesto di emettere decreto penale di condanna, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Silvano Venturi in relazione al reato di cui all'art. 44, lett. b), d.p.r. 380/2001 (contestatogli per avere realizzato, in assenza di titolo abilitativo e in contrasto con gli strumenti urbanistici, una pedana delle dimensioni di metri 6 x 5 e della superficie di 30 metri quadrati, utilizzata come area per il consumo di alimenti nell'anno 2015 e

nell'anno 2016 per un tempo superiore a novanta giorni), perché non costituente reato. Nel disattendere la richiesta del Pubblico Ministero, il Giudice dell'udienza preliminare ha escluso la configurabilità dell'elemento soggettivo del reato contestato all'imputato, in quanto la struttura incriminata, consistente in una pedana in legno e metallo antistante il negozio di macelleria dell'imputato, destinata a ospitare tavoli e sedie volti a consentire il consumo di alimenti, era stata autorizzata dal Comune di Pennabilli, che aveva ritenuto non necessario il titolo abilitativo edilizio, trattandosi di una struttura amovibile destinata a essere mantenuta per un periodo non superiore a sei mesi, riconducibile alla categoria delle opere temporanee, rientranti nella attività edilizia libera, ai sensi dell'art. 7, lett. f), I. Regione Emilia Romagna n. 15 del 2013. Il Giudice per le indagini preliminari ha, pertanto, escluso la sussistenza dell'elemento psicologico del reato contestato, per avere l'imputato mantenuto l'opera per più di 90 giorni ma entro il limite dei 180 giorni stabilito dalla disposizione regionale, sulla base di un titolo autorizzativo alla occupazione del suolo pubblico, che la stessa amministrazione comunale aveva ritenuto sufficiente a tal fine, con la conseguente irrilevanza della questione di legittimità costituzionale di detta disposizione, prospettata dal Pubblico Ministero. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini, affidato a un unico articolato motivo, mediante il quale ha prospettato l'esercizio da parte del Tribunale di una potestà riservata a organi legislativi o amministrativi e violazione di legge penale, prospettando anche la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, lett. f), I. Regione Emilia Romagna n. 15 del 2013. Ha lamentato, anzitutto, la disapplicazione da parte del Giudice per le indagini preliminari della norma regionale, implicitamente ritenuta costituzionalmente illegittima, e quindi inidonea ad escludere la configurabilità del reato contestato, quanto meno nel suo aspetto oggettivo, con il conseguente esercizio da parte di tale giudice di poteri riservati ad altri organi dello Stato, giacché il Tribunale avrebbe dovuto sollevare la questione di legittimità costituzionale di detta norma regionale. Ha, inoltre, denunciato violazione degli artt. 5 e 47 cod. pen., essendo stato impropriamente ritenuto scusabile un errore sulla legge penale, e ha eccepito l'irrilevanza dell'atto amministrativo favorevole adottato dalla amministrazione comunale di Pennabilli a favore del ricorrente, trattandosi solamente della autorizzazione alla occupazione del suolo pubblico e non anche ad edificare, inidonea a scusare l'errore sulla legge penale ritenuto configurabile dal Tribunale, ricordando comunque l'orientamento interpretativo secondo cui è obbligo del 5 -

privato verificare comunque, anche in caso di rilascio di provvedimento favorevole da parte della pubblica amministrazione, la conformità delle opere edilizie alle norme urbanistiche. Ha ribadito la questione di legittimità costituzionale della disposizione regionale, nella parte in cui consente la libera realizzazione, senza titolo abilitativo edilizio, di opere dirette a soddisfare esigenze contingenti, temporanee e stagionali e a essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a sei mesi, per il contrasto con l'art. 6, comma 2, lett. b), d.p.r. 380/2001, e, di conseguenza, con l'art. 117 Cost., trattandosi di materia di legislazione concorrente, nella quale l'ente locale è obbligato al rispetto delle norme statali e dei principi fondamentali della materia. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso del Pubblico Ministero è fondato. 2. Il Tribunale di Rimini ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato in relazione al reato di cui all'art. 44, comma 1, lett. b), d.p.r. 380/2001, contestatogli per avere realizzato, in assenza di titolo abilitativo e in contrasto con gli strumenti urbanistici, una pedana delle dimensioni di metri 6 x 5 e della superficie di 30 metri quadrati, utilizzata come area per il consumo di alimenti nell'anno 2015 e nell'anno 2016 per un tempo superiore a novanta giorni, ritenendo mancante l'elemento soggettivo di tale reato, in conseguenza del rilascio da parte della amministrazione comunale di Pennabilli di autorizzazione alla occupazione del suolo pubblico per un periodo superiore a sei mesi, ai sensi dell'art. 7, lett. f), I. Regione Emilia Romagna n. 15 del 2013. Tale disposizione consente la realizzazione senza la necessità di titolo abilitativo edilizio anche delle "opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti, temporanee e stagionali e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a sei mesi compresi i tempi di allestimento e smontaggio delle strutture", e sulla base di essa il Comune di Pennabilli ha autorizzato l'occupazione del suolo pubblico e ritenuto non necessario alcun titolo abilitativo edilizio, in considerazione della natura temporanea dell'opera. Il Tribunale ha dunque dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato ritenendo carente, alla luce di tale autorizzazione alla occupazione temporanea del suolo pubblico, l'elemento soggettivo del reato contestato all'imputato, giudicando priva di rilevanza la questione di legittimità costituzionale della disposizione regionale, per il contrasto con i principi fondamentali della materia. 3

Tale ultima considerazione risulta corretta, non essendo stata posta a fondamento della decisione di proscioglimento la liceità della condotta in quanto conforme alla disposizione regionale (che il pubblico ministero ritiene costituzionalmente illegittima), bensì l'assenza dell'elemento soggettivo conseguente a detta autorizzazione, che avrebbe determinato nell'imputato la convinzione della liceità del proprio operato, sicché la legittimità costituzionale della disposizione non ha assunto rilievo nella valutazione della condotta dell'imputato e, dunque, correttamente ne è stata esclusa la rilevanza. Ciò determina l'irrilevanza della questione di legittimità costituzionale della disposizione regionale nuovamente prospettata dal pubblico ministero nel ricorso per cassazione, in quanto la ratio decidendi della sentenza impugnata non è costituita dalla liceità della condotta in quanto conforme alla disposizione regionale, della cui legittimità costituzionale dubita il pubblico ministero ricorrente, bensì sulla assenza del necessario elemento soggettivo in conseguenza della autorizzazione alla occupazione del suolo pubblico rilasciatagli dalla amministrazione comunale. Detta questione dovrà, dunque, essere riesaminata, allorquando assumerà rilevanza al fine della valutazione della condotta dell'imputato e nel percorso decisionale del giudice di merito. 3. Il ricorso risulta fondato nella parte in cui è stata censurata l'affermazione della insussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato all'imputato. Tale decisione risulta fondata esclusivamente sul dato formale del rilascio della autorizzazione alla occupazione del suolo pubblico per un periodo non superiore a sei mesi, che avrebbe determinato nell'imputato la convinzione della liceità della sua condotta anche sul piano urbanistico - edilizio, in assenza di qualsiasi indagine a proposito delle conoscenze e delle informazioni assunte dall'imputato, nonché riguardo alle eventuali assicurazioni fornitegli dagli uffici amministrativi ai quali si era rivolto e alle prassi esistenti nella realtà territoriale di riferimento, cosicché risulta mancante il dato della evidenza della sussistenza della causa di proscioglimento che ha determinato il giudice per le indagini preliminari a pronunciare la sentenza impugnata. Per pronunziare sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen. occorre, infatti, che le circostanze idonee a escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione ictu ocu/i, che a quello di "apprezzamento", e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento" (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, 4

Tettamanti, Rv. 244274; conf., Sez. 4, n. 23680 del 07/05/2013, Rizzo, Rv. 256202; Sez. 1, n. 43853 del 24/09/2013, Giuffrida, Rv. 258441; Sez. 6, n. 10284 del 22/01/2014, Culicchia, Rv. 259445; Sez. 3, n. 6027 del 18/11/2016, Mazzarol, Rv. 269236). Nel caso in esame, invece, il giudice per le indagini preliminari, richiesto di emettere decreto penale di condanna nei confronti dell'imputato, ha disatteso tale richiesta e ha pronunciato la sentenza di proscioglimento impugnata, ritenendo, sia pur implicitamente, evidente la mancanza di rilevanza penale della condotta dell'imputato, in assenza, però, di qualsiasi approfondimento circa le sue conoscenze della disciplina applicabile, il suo stato soggettivo, la sua eventuale buona fede, che avrebbero potuto ipoteticamente consentire di addivenire a una sentenza di proscioglimento per l'erroneo, ma incolpevole, convincimento della liceità della condotta. La valutazione dello stato soggettivo dell'imputato, al fine dell'accertamento della sua buona fede, idonea a escludere la colpevolezza, deve tenere conto tanto dei fattori esterni che possono aver determinato nell'agente l'ignoranza della rilevanza penale del suo comportamento, quanto delle conoscenze e delle capacità del medesimo (Sez. 6, n. 43646 del 22/06/2011, S., Rv. 251045), sicché sarebbe stata necessaria una siffatta indagine onde verificare la esistenza di uno stato di buona fede o la scusabilità dell'errore di diritto. Non essendo stata compiuta una tale indagine risultano fondate le denunzie di violazione degli artt. 5 e 47 cod. pen. compiute dal pubblico ministero ricorrente, cui consegue la necessità di annullare senza rinvio l'ordinanza impugnata, con la restituzione degli atti al Tribunale di Rimini, per l'ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Rimini. Così deciso il 25/10/2017 Il Consigliere estensore Giovanni Liberati Il Presidente Vito Di Nicola 1"0 C,