Il danno da morte. 198 Danno e responsabilità 2/2019. Danno non patrimoniale. di Luigia Guerina Avena. Introduzione

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Danno non patrimoniale Il danno da morte di Luigia Guerina Avena Non vi è contrasto in giurisprudenza circa il riconoscimento del diritto iure hereditario al risarcimento dei danni subiti dalla vittima di un illecito nel periodo intercorrente tra il momento in cui sono provocate le lesioni e quello della morte che sia conseguenza di quelle stesse lesioni; le distinzioni che si registrano negli orientamenti giurisprudenziali esaminati nell ambito delle ricerche condotte dall Osservatorio sui danni alla persona riguardano piuttosto la qualificazione, l identificazione dei presupposti di risarcibilità e la previsione dei criteri di liquidazione delle diverse manifestazioni dell unico pregiudizio non patrimoniale sofferto dal danneggiato in quel dato periodo (e segnatamente il danno biologico terminale e quello catastrofale): voci di un medesimo danno che si ritrovano talora sovrapposte ed assorbite l una dall altra, in altri casi nettamente separate; ora oggetto di liquidazioni puramente ed imponderabilmente equitative, ora rigidamente ricondotte entro i meccanismi tabellari previsti in materia di invalidità temporanea, quando non permanente; i Criteri orientativi per la liquidazione del danno c.d. terminale diffusi nel marzo 2018 dall Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano si propongono di superare questa anarchia liquidativa mediante ricorso ad un metodo tabellare convenzionale che possa fungere da criterio guida cui ispirare le future liquidazioni in ossequio ad un principio di ragionevole omogeneità. Introduzione La tematica dei cc.dd. danni terminali, incentrata sull identificazione, qualificazione e liquidazione delle diverse manifestazioni del pregiudizio non patrimoniale sofferto dalla vittima di un illecito nell arco temporale intercorrente tra le lesioni e l evento morte, conseguenza non immediata di quelle medesime lesioni (1), rappresenta da sempre una vera e propria sfida per l interprete di diritto positivo, stretto tra l esigenza di evitare duplicazioni risarcitorie (2) equelladiindividuaresoluzionichenon rimordano alla coscienza sociale (3), comprensibilmente sensibile allorquando si tratta di regolamentare ogni questione che riguardi il fine vita, specialmente laddove vi sia un soggetto che di tale fine possa ritenersi responsabile. Sulla questione, l intervento, pure accennato, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 11 novembre 2008 nn. 26972 e 26975 fu senz altro risolutivo nel senso di sottrarre definitivamente siffatto pregiudizio dall area del danno esistenziale, in cui spesso veniva collocato, evidenziandone unanaturasofferenzialetale da determinarne la risarcibilità sotto un profilo squisitamente morale. Al contempo, le Sezioni Unite furono chiare nel distinguere l aspetto per così dire afflittivo del danno terminale da quello puramente biologico, individuabile e dunque risarcibile nei soli casi in cui l apprezzabile lasso di tempo intercorso tra (1) Non costituisce oggetto della presente trattazione la diversa e parimenti controversa tematica della risarcibilità del danno tanatologico, consistente nella lesione del bene vita in sé considerato, riconosciuto, con articolata motivazione, dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III civile, 23 gennaio 2014, n. 1361 (rel. Scarano), in Nuova giur. civ. comm., 2014,5,1,396 nota di Gorgoni,e successivamente espunto dall area dei pregiudizi risarcibili a seguito dell intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, 22 luglio 2015, n. 15350, in questa Rivista, 2015, 10, 889 nota di Carbone, Franzoni, Pardolesi, Simone, Ponzanelli, sull assunto che, se il decesso si verifica nell immediatezza dell accadimento lesivo, non vi può essere risarcimento iure hereditatis per la elementare ragione, logica prima che giuridica, della fisica mancanza di un soggetto dotato di capacità giuridica il quale sia, per ciò stesso, idoneo ad attrarre nel proprio patrimonio una qualsiasi posta attiva, ivi compresa quella costituita dal diritto al risarcimento del danno scaturente dalla perdita della vita (v. Cass. 27 settembre 2017, n. 22451, in Leggi d Italia). (2) Secondo l insegnamento delle note Sezioni Unite (Cass., SS. UU., 11 novembre 2008, nn. 26972/3/4/5, in ex plurimis,in Foro it., 2009, I, 122 ss., con note di Palmieri - Pardolesi-Simone - Ponzanelli - Navarretta; in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, 102, con note di Bargelli - Di Marzio - Cendon; in questa Rivista,2009,19,connotedi Procida Mirabelli di Lauro - Landini - Sganga), oltre a quello, obiettivamente più controverso, delle piùrecenticass.,ss.uu.,22luglio 2015, n. 15350 cit.). (3) L espressione è tratta dalle richiamate Sezioni Unite del 2015. 198 Danno e responsabilità 2/2019

l evento di danno e la morte avesse determinato una compromissione, sia pure temporanea, del diritto alla salute del danneggiato (4). A dieci anni di distanza dal citato intervento nomofilattico, tale chiarezza può dirsi perduta (5). La materia, che da allora è stata oggetto di una elaborazione giurisprudenziale continua e per lo più contraddittoria, è infatti attualmente caratterizzata da una spiccata incertezza sul piano definitorio, cui fa da contraltare una assoluta anarchia liquidativa (6): ciò che determina un sistema, opportunamente definito inaccettabile da autorevole dottrina, in cui la schizofrenia pretoria è tale da rendere pressoché impossibile anche la mera individuazione di specifici trend cui ricondurre i precedenti di merito esaminati al fine di fornire il presente contributo. Danno morale terminale e danno biologico terminale Sotto il primo profilo, pur con qualche indecisione terminologica, sembrano (7) potersi distinguere, quali diverse manifestazioni del più ampio pregiudizio non patrimoniale rivendicabile iure hereditatis dagli aventi causa del danneggiato (8), un danno così detto catastrofale (talora definito anche catastrofico, morale terminale o da lucida agonia ) (9), conseguente alla sofferenza patita dalla vittima dell illecito nell assistere, nel lasso di tempo compreso tra l evento e la morte, alla perdita della propria vita, ed uno, definito invece biologico terminale, consistente nella lesione dell integrità psico-fisica subita da quella stessa vittima nel medesimo lasso di tempo e dunque accertabile con valutazione medico-legale (10). Il danno biologico terminale Il danno biologico terminale (11), ritenuto sempre risarcibile per effetto della percezione anche non cosciente della gravissima menomazione inferta alla vittima nella fase terminale della sua vita (12) purché tra le lesioni e la morte intercorra un apprezzabile lasso di tempo (13), (4) Cfr. Cass., SS.UU., 11 novembre 2008, n. 26972 cit.: La menzione del danno esistenziale si rinviene anche nella sentenza n. 4783/2001, che ha definito esistenziale la sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche (e quindi in presenza di reato), alle quali era seguita dopo breve tempo la morte, ed era rimasta lucida durante l agonia, e riconosciuto il risarcimento del danno agli eredi della vittima. La decisione non conforta la teoria del danno esistenziale. Nel quadro di una costante giurisprudenza di legittimità che nega, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per la perdita della vita (sent. n. 1704/1997, n. 491/1999, n. 13336/1999, n. 887/2002, n. 517/2006), e lo ammette per la perdita della salute solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile (sent. n. 6404/1998, n. 9620/2003, n. 4754/ 2004, n. 15404/2004), ed a questo lo commisura, la sentenza persegue lo scopo di riconoscere il risarcimento, a diverso titolo, delle sofferenze coscientemente patite in quel breve intervallo. Viene qui in considerazione il tema della risarcibilità della sofferenza psichica, di massima intensità anche se di durata contenuta, nel caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo. Sofferenza che, non essendo suscettibile di degenerare in danno biologico, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, non può che essere risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione. Nè, d altra parte, può in questa sede essere rimeditato il richiamato indirizzo giurisprudenziale, non essendosi manifestato in questa Corte un argomentato dissenso (...) Il giudice potrà invece correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l agonia in consapevole attesa della fine. Viene così evitato il vuoto di tutela determinato dalla giurisprudenza di legittimità che nega, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per la perdita della vita (sent. n. 1704/1997 e successive conformi), e lo ammette per la perdita della salute solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile, al quale lo commisura (sent. n. 6404/1998 e successive conformi). Una sofferenza psichica siffatta, di massima intensità anche se di durata contenuta, non essendo suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico, va risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione. (5) Per un autorevole riflessione sul tema della generale crisi della funzione nomofilattica della Corte di cassazione in materia di responsabilità civile si rimanda a Roberto Pardolesi, Danno non patrimoniale, uno e bino, nell ottica della Cassazione, una e terza in Nuova giur. civ. comm., 2018, 9, 1344 (commento alla normativa). (6) Tale denuncia è contenuta nei recentissimi Criteri orientativi per la liquidazione del danno c.d. terminale, allegati alle Tabelle aggiornate Edizione 2018, redatte dall Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano e diffuse con nota del Presidente del Tribunale di Milano, dott. Roberto Bichi, in data 14 marzo 2018. (7) O meglio sembravano, almeno fino alle citate Sezioni Unite del 2015 su cui si tornerà. (8) Cass., Sez. III civ., 21 marzo 2013, n. 7126, in CED, 2013. (9) Cfr. Cass., SS.UU., 11 novembre 2008, n. 26972 cit.; Cass., SS.UU., 11 novembre 2008, n. 26973 cit.; Cass., Sez. III, 8 aprile 2010, n. 8360, in Resp. civ., 2010, 6, 467; Cass., Sez. lav., 7 giugno 2010, n. 13672, in Leggi d Italia.; Cass., Sez. III, 20 settembre 2011, n. 19133, in questa Rivista, 2011, 12, 1233; Cass., Sez. III, 13 dicembre 2012, n. 22896, in Leggi d Italia. (10) Cfr. Cass., Sez. III, 28 novembre 2008, n. 28423, in Mass. Giur. it.,2008;cass.,sez.iii,13gennaio2009,n.458,inresp. civ., 2009, 5, 471. (11) Le prime elaborazioni giurisprudenziali in tema di danno biologico terminale si devono, tra le altre, a Cass., Sez. III, 29 maggio 1996, n. 4991, in questa Rivista, 1997, 1, 41 nota di Navarretta; Cass., Sez. III, 14 febbraio 2000, n. 1633, in Mass. Giur. it., 2000. (12) Riconoscono la risarcibilità del danno biologico terminale anche nel caso di incoscienza della vittima della lesione Cass., Sez. III, 28 agosto 2007, n. 18163, in Resp. civ., 2007, 12, 1046; Cass., Sez. III, 1 dicembre 2003, n. 18305, in questa Rivista, 2004, 2, 143 nota di Bona; Cass., Sez. III, 19 ottobre 2007, n. 21976, in questa Rivista, 2008, 1, 90. (13) Cass., Sez. III, 30 giugno 1998, n. 6404, in questa Rivista, 1999, 3, 323 nota di Martorana; Cass., Sez. III, 16 giugno 2003, n. 9620, in Mass. Giur. it.,2003;cass.,sez.iii,9marzo2004,n.4754, in Mass. Giur. it.,2004edaultimocass.,sez.iii,19ottobre2016,n. 21060, in CED, 2016, che ancora chiarisce: Il diritto al risarcimento del cd. danno biologico terminale è configurabile, e Danno e responsabilità 2/2019 199

viene prevalentemente identificato nei termini di un pregiudizio biologico di natura temporanea ecometaleliquidato,purdovendosiatalfine tenere conto delle sue peculiari caratteristiche di danno di entità ed intensità massima in quanto tale da condurre alla morte (14). L apprezzabile lasso di tempo Invero, ancor prima della liquidazione, particolarmente problematica al riguardo appare la stessa interpretazione della formula, francamente anodina, relativa alla apprezzabilità di quel lasso di tempo decorso il quale può ritenersi che il danneggiato abbia acquisito al proprio patrimonio la posta risarcitoria data dalla temporanea compromissione della propria integrità psicofisica che prelude alla morte. Tendenzialmente, se anche la più recente giurisprudenza di legittimità appare incline a giudicare sufficiente in tal senso un periodo di sopravvivenza di alcune ore (15), deve rilevarsi come, tra i precedenti di merito esaminati, ben raramente venga riconosciuto un danno biologico, ancorché temporaneo, al di sotto di un arco temporale di 24 ore tra le lesioni ed il decesso (16). Diversamente, oltre le 24 ore si assiste in generale ad un effettivo ristoro del pregiudizio terminale (17), per quanto non possa certamente dirsi individuabile alcun consolidato orientamento al riguardo. Tra le sentenze, anche di merito, analizzate nell ambito delle ricerche condotte presso l Osservatorio sul danno alla persona (18), ve ne sono infatti alcune che hanno ritenuto apprezzabile un lasso di tempo di venti minuti (19) e non apprezzabile un intervallo di alcune ore (20), così come talune Corti hanno escluso la risarcibilità del danno biologico terminale per una sopravvivenza di 36 ore (21)e da altre parti è stato invece confermato il medesimo pregiudizio a seguito di un periodo di sopravvivenza di tre giorni (22). La liquidazione del danno biologico terminale Se incerti appaiono i confini del danno biologico terminale, univoco appare almeno il dichiarato intento della giurisprudenza di legittimità con riguardo alla sua conseguentemente trasmissibile iure hereditatis,ove intercorraun apprezzabile lasso di tempo (nella specie, dieci giorni) tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse, essendo irrilevante, al riguardo, la circostanza che, durante tale periodo di permanenza in vita, la vittima abbia mantenuto uno stato di lucidità, il quale costituisce, invece, il presupposto del diverso danno morale terminale. (14) Chiara la giustificazione offerta al riguardo da Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, in questa Rivista, 2003, 11, 1078: È lapalissiano che la morte ( id est : la perdita della vita) è fuori dal danno biologico, poiché il danno alla salute presuppone pur sempre un soggetto in vita, ma è altrettanto lapalissiano che nessun danno alla salute è più grave, per entità ed intensità, di quello che, trovando causa nelle lesioni che esitano nella morte, temporalmente la precede. In questo caso, infatti, il danno alla salute raggiunge quantitativamente la misura del 100%, come nel caso dell inabilità temporanea assoluta, cui consegue la guarigione, ovvero una stabilizzazione dei postumi, sia pure nella stessa entità, in quanto sotto il profilo dell entità, il limite massimo ovviamente non può essere superiore alla misura del 100%. Ciò che fa la differenza è che il danno biologico terminale è più intenso perché l aggressione subita dalla salute dell individuo incide anche sulla possibilità di essa di recuperare (in tutto o in parte) le funzionalità perdute o quanto meno di stabilizzarsi sulla perdita funzionale già subita. In altri termini nel danno biologico terminale anche questa capacità recuperatoria o, quanto meno stabilizzatrice, della salute risulta irreversibilmente compromessa. La salute danneggiata non solo non recupera (cioè non migliora )né si stabilizza, ma degrada verso la morte: quest ultimo evento rimane fuori dal danno alla salute, per i motivi sopra detti, ma non la discesa verso di esso, poiché durante detto periodo il soggetto leso era ancora in vita. Anche se si utilizza la nozione giuridica (e non medicolegale) di danno alla salute, che non si limita a postulare in via logica la vita futura, ma si manifesta ed esiste solo all interno di quella vita, immersa in essa in termini di minore qualità esistenziale, anche la perdita di quest ultima estrema attitudine della salute rende più intenso quel minus esistenziale che accompagna la residua vita della vittima, anche se è chiaro che detto danno cessi con il decesso ; cfr. ancora, sulla sua scorta, Cass., Sez. III, 23 febbraio 2004, n. 3549, in questa Rivista, 2004, 12, 1199 nota di Caputi, Foffa; Cass., Sez. III, 28 aprile 2006, n. 9959, in Resp. civ., 2006, 12, 1046; Cass., Sez. III, 28 agosto 2007, n. 1816, in Leggi d Italia. (15) Cfr. Cass. 19 ottobre 2007, n. 21976, in Resp. civ., 2008, 1, 84; Cass. 20 ottobre 2014, n. 22228, in CED, 2014 e Cass., Sez. III, 20 febbraio 2015, n. 3374, in questa Rivista, 2016, 2, 177 nota di Bonisoli, secondo cui: Non risulta stabilito in linea generale quale durata debba avere la sopravvivenza perché possa essere ritenuta apprezzabile ai fini del risarcimento del danno biologico (Cass. sent. n. 870 del 2008), ma è del tutto evidente che non può escludersi in via di principio che sia apprezzabile una sopravvivenza che si protrae per 16 ore. Poiché la Corte di merito ha affermato che la sopravvivenza di 16 ore non è stata sufficiente a fare acquistare alla vittima il diritto al risarcimento del danno biologico, la sentenza impugnata va cassata sul punto. (16) Cfr. Trib. Torre Annunziata 17 maggio 2018, disponibile sul database dell Osservatorio sul danno alla persona, www.lider-lab. sssup.it: Non ricorre nemmeno il requisito dell apprezzabile lasso di tempo individuato, secondo la Suprema Corte, in un tempo pari a 24 ore, idoneo a consentire la risarcibilità del danno biologico in capo alla vittima primaria e trasmissibile in via ereditaria (cfr. da ultimo Cass., Sez. III, 19 ottobre 2007, n. 21976). (17) È stato ritenuto congruo un periodo di sopravvivenza di cinque giorni da Cass., Sez. III, 14 marzo 2002, n. 3728, in questa Rivista, 2002, 7, 790 ed un periodo di quattro da Cass., Sez. III, 20 aprile 2012, n. 6273, in Resp. civ., 2012, 6, 466. (18) Tutte le sentenze che verranno di seguito citate sono disponibili sul database dell Osservatorio sul danno alla persona, www.lider-lab.sssup.it. (19) Trib. Isernia 4 gennaio 2010. (20) Trib. Nocera Inferiore 19 dicembre 2012, n. 1065; Trib. Milano, Sez. X, 16 giugno 2009, n. 3354: contra: Cass., Sez. III, 2 aprile 2001, n. 4783, in questa Rivista, 2002, 147 nota di Di Gregorio. (21) Corte d Appello di Bologna Sez. II, 29 novembre 2016. (22) Cass., Sez. III, 17 gennaio 2008, n. 870, in Resp. civ., 2008, 11, 893 nota di Massella Ducci Teri, mentre un analogo periodo di tempo non è stato ritenuto congruo da Cass., Sez. III, 26 settembre 1997, n. 9470, in Leggi d Italia. 200 Danno e responsabilità 2/2019

liquidazione: valorizzare la circostanza per cui, come accennato, ancorché temporaneo (23), tale pregiudizio deve ritenersi massimo nella sua entità ed intensità, tanto che la lesione non è suscettibile di recupero ed anzi digrada verso la morte (24). Si segnala tuttavia come non manchino anche recenti pronunce di merito che, proprio in ragione di tale evidenza, sembrano connotare, e dunque liquidare, siffatta voce di danno (anche) alla stregua di un invalidità di natura permanente, presumibilmente tenuto conto delle specifiche circostanze del caso concreto e comunque in dipendenza del lungo lasso di tempo intercorrente tra le lesioni e la morte (significative appaiono in tal senso Trib. Firenze 31 gennaio 2017 (25); Trib. Benevento 2 febbraio 2017, n. 180 (26) e la più recente Trib. Latina, Sez. II, 22 agosto 2018 (27)) (28). (23) Sulla natura di pregiudizio temporaneo del danno biologico terminare cfr., ex multis, Trib. Lecce, Sez. I., 28 febbraio 2017 rif. Cass., Sez. III, 23 febbraio 2004, n. 3549 cit.: secondo i principi medico-legali, a qualsiasi lesione dell integrità psicofisica consegue sempre un periodo di invalidità temporanea, alla quale può conseguire talora un invalidità permanente. Per l esattezza l invalidità permanente si considera insorta allorché, dopo che la malattia ha compiuto il suo decorso, l individuo non sia riuscito a riacquistare la sua completa validità. Il consolidarsi di postumi permanenti può quindi mancare in due casi: o quando, cessata la malattia, questa risulti guarita senza reliquati; ovvero quando - come nel caso in esame- la malattia si risolva con esito letale. La nozione medico-legale di invalidità permanente presuppone, dunque, che la malattia sia cessata e che l organismo abbia riacquistato il suo equilibrio, magari alterato, ma stabile. Si intende, pertanto, come nell ipotesi di morte causata dalle lesioni, non sia configurabile alcuna invalidità permanente in senso medico-legale: la malattia, infatti, non si risolve con esiti permanenti, ma determina la morte dell individuo. Ne consegue che quando la morte è causata dalle lesioni, dopo un apprezzabile lasso di tempo, il danneggiato acquisisce (e quindi trasferisce agli eredi) soltanto il diritto al risarcimento del danno biologico da inabilità temporanea e per il tempo di permanenza in vita. Nello stesso senso, tra i più recenti precedenti di merito, cfr. Trib. Trieste 6 giugno 2018 che rimanda a Cass., Sez. III 9 ottobre 2009, n. 21497, in Resp. civ., 2010, 1, 71, la quale bene evidenzia come...va altresì ribadito che, se le lesioni hanno cagionato la morte del soggetto offeso dopo un apprezzabile intervallo di tempo, sia se il giudice applica il criterio di liquidazione equitativa cd. puro, sia se applica i criteri di liquidazione tabellare o a punto - aumentandoli o moltiplicandoli, secondo il suo prudente apprezzamento equitativo, con riferimento alla peculiarità del caso concreto, in cui il danno alla salute è stato così intenso e progressivamente grave da condurre il soggetto verso la morte, in base ad un indice crescente proporzionale all aumentare del grado di invalidità derivatane - in ogni caso non può liquidare il danno come se il soggetto fosse sopravvissuto alle lesioni per il tempo corrispondente alla sua ordinaria speranza di vita perché la morte estingue ogni danno biologico futuro correlato alla probabilità statistica della durata di essa allorché essa è ormai divenuta nota. Pertanto, se il giudice adotta il criterio tabellare, va ribadito, secondo l orientamento pressoché unanime (Cass., Sez. III, 23 febbraio 2004, n. 3549/ 2004, 9959/2006, 18163/2007, contra Cass. n. 8204/2003) che non può prendere come base le tabelle per l invalidità permanente poiché esse sono formate in base alla vita media futura presunta, e deve invece adottare le tabelle per l inabilità temporanea assoluta e totale, opportunamente adeguate al caso specifico in cui le lesioni hanno menomato così gravemente la salute della persona da provocarne la morte (idem, v. sentt. 22338/07, ed ancora, circa la necessaria personalizzazione, 18163/07, 9959/06, 1877/ 06, Cass., Sez. III, 23 febbraio 2004, n. 3549/04, n. 9959, 30/01/06, n. 1877, Cass., Sez. III, 23 febbraio 2004, n. 3549/04; così Cass. 14 luglio 2003, n. 11003 bene evidenzia le peculiarità del danno in questione: Nel danno biologico o da invalidità temporanea o permanente, fatta eccezione delle invalidità permanenti assai gravi, infatti, la salute del danneggiato tende a regredire o, almeno, a stabilizzarsi; in quello terminale, invece, si assiste ad un danno che tende ad aggravarsi progressivamente.... ). (24) In tal senso cfr. Cass., Sez. III, 30 ottobre 2009, n. 23053, in CED, 2009; Cass., Sez. III, 23 febbraio 2004, n. 3549 cit.; Cass., Sez. III, 28 novembre 2008, n. 28423 cit.; Cass., Sez. III, 13 gennaio 2009, n. 458 cit. (25) Il primo caso ha ad oggetto un sinistro stradale a seguito del quale il danneggiato, di anni 71, subisce gravissime lesioni personali che, dopo 4 anni di agonia, lo conducono alla morte. La causa, avviata personalmente da costui (e successivamente proseguita dai suoi eredi) al fine di ottenere il ristoro di tutti i danni subiti in dipendenza del sinistro e consistenti, in particolare, nel riconoscimento di una invalidità permanente del 100%, oltre alla temporanea ed al danno morale e catastrofale, viene definita mediante il riconoscimento, in favore di parte attrice, di una somma complessiva di oltre euro 700.000, pari alla liquidazione del richiesto danno permanente, senza riconoscimento di alcun aumento personalizzato né temporanea. Dirimenti al riguardo, ancorché apparentemente contrastanti con la sopra esposta nozione medico-legale di invalidità permanente, le conclusioni della CTU medico-legale, secondo cui dal sinistro, oltre ad essere derivata una malattia comportante invalidità permanente al 100% è derivata la morte, quale progressione fenomenologica di quelle gravi lesioni, sia pure a distanza di 4 anni dal sinistro : ciò che consente evidentemente al Giudice di pervenire ad un siffatto convincimento. (26) Parimenti peculiare la fattispecie sottoposta all attenzione del Trib. Benevento e la soluzione offerta dal predetto Ufficio: la vittima in questo caso decedeva un mese dopo la caduta procurata da una buca non visibile sul manto stradale ed in conseguenza di complicazioni insorte a seguito della frattura femorale riportata in detta occasione. Il Tribunale, acquisita la CTU medico-legale che, da un lato, valutava nella misura del 15% la riduzione dell integrità psicofisica subita dalla danneggiata in conseguenza della frattura all arto e, dall altro, evidenziava come l evento morte fosse da ascriversi quale conseguenza diretta al danno cagionato dall ente proprietario della strada, liquidava il danno subito dalla parte attrice, iure hereditatis, nella misura corrispondente all accertato grado di IP, secondo le Tabelle di Milano, ed altresì procedeva alla massima personalizzazione del danno non patrimoniale alla stregua delle ridette tabelle onde consentire il giusto risarcimento del danno biologico terminale (o catastrofale) subito dalla vittima per aver quest ultima avvertito, ancora lucida e cosciente, l approssimarsi della morte. (27) In cui così motiva il Tribunale: Nel caso di specie, quindi, la lesione del bene salute è stata massima, ovvero del 100%, sebbene per la durata di soli n. 10 giorni. Pertanto, in applicazione dei criteri di cui alla tabella di Milano aggiornata al 2014, per un soggetto di anni 68 dovranno essere liquidati Euro 801.247 (...) Ben è consapevole questo giudicante del fatto che la tabella a punti per la invalidità permanente è stabilita sulla aspettativa di vita del soggetto, mentre nel caso di specie già è noto che il danneggiato è sopravvissuto solo n. 10 giorni. Tuttavia, ritiene questo giudice che il criterio più coerente, alla luce del fatto che trattasi pur sempre di liquidazione equitativa, sia quello sopra utilizzato. (28) Tutte le sentenze sopra citate sono disponibili sul database dell Osservatorio sul danno alla persona, www.lider-lab.sssup.it. Danno e responsabilità 2/2019 201

Invero, nella maggior parte dei casi esaminati, la considerazione dell entità ed intensità massima del pregiudizio (29) conduce, anche nella giurisprudenza di merito, ad una quantificazione del danno talora puramente equitativa ed in altri casi fondata sui valori tabellari liquidati per ogni giorno di invalidità, ma con i dovuti adeguamenti in considerazione dell irreversibilità del processo invalidante (30). Appartengono al primo gruppo le seguenti pronunce: Corte d Appello L'Aquila 15 maggio 2014, n. 532 (31); Cass., Sez. III, 14 maggio 2012, n. 7499 (32); Cass., Sez. III, 31 ottobre 2014, n. 23183 (33). Propongono invece una quantificazione del danno terminale di natura biologica a partire dal valore riconosciuto dalle Tabelle di Milano per ogni giorno di inabilità temporanea assoluta ed opportunamente adeguata alla peculiare intensità del pregiudizio il Trib. Lecce, sent. 28 febbraio 2017 (34) e il Trib. Pisa 10 novembre 2015, n. 1279 (35): sentenze entrambe caratterizzate da una netta distinzione - che raramente si rinviene nella giurisprudenza di merito - sia nella definizione ma soprattutto nella liquidazione delle due voci di danno terminale (biologico e morale). Il danno morale terminale Come accennato richiamando l interpretazione ormai tralaticia delle Sezioni Unite, per la configurabilità del danno morale terminale, comunque lo si definisca, assume da sempre rilievo, in luogo dell apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni ed il decesso (36), il diverso criterio della sofferenza provata (37). (29) Formalmente mai smentita neppure nelle pronunce che, sulla scorta delle citate SS.UU. del 2015, in presenza della componente per così dire catastrofale sembrano liquidare il danno biologico terminale nei termini di una mera temporanea (cfr. Cass., Sez. VI - 3, Ord., 26 luglio 2016, n. 15395, in questa Rivista, 2016, 12, 1232; Cass., Sez. III, 17 ottobre 2016, n. 20915, in Leggi d Italia eancora infra); ad analoghi approdi si ritiene conducano le Tabelle dell Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, già richiamate, per quanto, data la loro recentissima elaborazione, non siano molti i Tribunali che ne abbiano già fornita un interpretazione applicativa (cfr. infra). (30) Solo in un caso isolato il danno biologico terminale viene liquidato nei termini di una mera invalidità temporanea, senza alcuna personalizzazione, attesa l età ultraottantenne della vittima e le precarie condizioni di salute che comunque la interessavano (Trib. Ancona, Sez. I, 14 marzo 2018, sent.); leggermente più elevata la valutazione, pure isolata, del Trib. Rieti 29 giugno 2018, che mantiene la liquidazione del danno terminale subito da un bambino in conseguenza di errati trattamenti medici sempre nei limiti delle tabelle di Milano, pur con il massimo di personalizzazione in considerazione della entità ed intensità del danno sofferto dal piccolo... che - già indebolito dalla patologia pregressa in atto - alla luce degli esiti della CTU ha subito il progressivo peggioramento delle proprie già precarie condizioni di salute, in termini di ulteriore indebolimento dell organismo, giungendo a liquidare ai genitori della vittima un importo di circa euro 9.000 per i 66 giorni di invalidità temporanea assoluta sofferti dal figlio prima del sopraggiungere della morte. (31) Che liquida nella misura di euro 5.000 il danno da invalidità temporanea totale subito dalla vittima in un intervallo di 6/7 ore di sopravvivenza in stato di incoscienza, tenendo conto della giovane età del danneggiato, delle gravissime condizioni di salute in cui si è trovato dopo l impatto, delle circostanze in cui si è verificato il sinistro, senza alcuna possibilità di miglioramento e con esito infausto. Sentenza disponibile sul database dell Osservatorio sul danno alla persona, www.lider-lab.sssup.it. (32) Sentenza di cassazione della decisione dei Giudici di appello che, nel liquidare il danno biologico subito dalla vittima di un sinistro stradale, deceduto dopo dodici ore dall evento lesivo, avevano riconosciuto una cifra irrisoria, pari ad euro 1.500, non tenendo conto dei necessari criteri di personalizzazione, in Foro it., 2012, 9, 1, 2354. (33) Che reputa invece conforme ai principi affermati dalla S.C. la conclusione cui nel caso di specie era pervenuta la Corte d Appello, la quale, tenendo conto della peculiarità del danno biologico terminal e, senza adottare il criterio tabellare dell invalidità temporanea (ritenuto inadeguato a tener conto della particolarità del pregiudizio) aveva applicato un criterio equitativo puro, giungendo a determinare un importo di euro 2.500 pro die per ogni giorno di sopravvivenza, in Leggi d Italia. (34) Che applica i parametri indicati dall osservatorio della Giustizia civile di Milano nel 2016, vale a dire un importo nel valore massimo di euro 120,50 pro die a titolo di invalidità assoluta e peraltro ritiene di dover equitativamente accrescere detta liquidazione in ragione del calvario inutilmente patito (danno catastrofale?) ma anche della permanente, estrema gravità delle sue condizioni fisiche (danno biologico terminale) riconoscendo, per ciascuno dei 120 giorni che separarono la morte dall evento di danno, la somma di euro 300 pro die. (35) Secondo cui la previsione tabellare di un dietimo per la invalidità temporanea costituisce pur sempre l unico possibile termine di raffronto per la liquidazione delpregiudizioin esame.raccogliendo le indicazioni del Giudice di legittimità, e tenuto conto della gravità ben maggiore del danno biologico terminale rispetto a quello da invalidità temporanea semplice, si procederà allora ad assumere il dietimo nella sua misura massima e a raddoppiarlo (operazione che, aquantosidesumedaunamotivazionenonchiarissima,èparimenti avallata dal Cass. sent. 9238/2011). (36) Per un interessante riflessione sulla rilevanza dell elemento temporale anche in tema di danno catastrofale si rimanda alla recente Cass., Sez. III, 23 ottobre 2018, n. 26727, in CED, 2018, la quale, argomentando a partire dalle Sezioni Unite del 2015, che - da un lato- negano la risarcibilità del danno da perdita della vita (rectius nel secondo caso, da lesione del diritto alla salute) non soltanto in caso di morte immediata, ma anche quando la morte avvenga dopo brevissimo tempo dalle lesioni (e ciò per mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo ) e - dall altroaffermano l incompatibilità con l ordine pubblico dei danni c.d. punitivi, siccome determinanti un ingiustificata sproporzione tra l importo liquidato ed il danno effettivamente subito, giunge ad ipotizzare una sorta di esimente della civile responsabilità per carenza di una effettiva offensività al bene coinvolto in tutti quei casi in cui la vittima sopravviva per uno spazio brevissimo, salvo poi escluderne in concreto la configurabilità laddove nello spatium temporis tra la lesione e la morte la persona sia rimasta manifestamente lucida: se la sua lucidità viene manifestata - motiva al riguardo la Corte - non si vede sulla base di quale fondamento possa negarsi, senza violare pure il diritto alla dignità della persona umana ( art. 2 Cost.), la risarcibilità del danno non patrimoniale, che sussiste allora ineludibilmente sia sotto il profilo stricto sensu biologico sia sotto il profilo psicologico morale. Non è infatti giammai sostenibile che la sofferenza umana possa essere un elemento giuridicamente irrilevante, vale a dire che l assenza di sofferenza umana sia un elemento privo di utilità. (37) Tra le pronunce che si sono occupate di danno catastrofale a seguito delle richiamate SS.UU. v. Cass., Sez. III, 8 aprile 2010, n. 202 Danno e responsabilità 2/2019

Anche in tal caso la risarcibilità del pregiudizio è pertanto ammessa solamente al ricorrere del presupposto della permanenza in vita (38), sebbene per un intervallo che può essere certamente inferiore a quello necessario per l insorgenza di una pur temporanea riduzione dell integrità psicofisica (39). Ciò che infatti rileva perché possa ritenersi accertata la componente catastrofale del danno terminale è che vi sia stata, da parte della vittima, una consapevole attesa della fine. Al riguardo, si è spesso parlato anche di danno da lucida agonia, intesa come cosciente percezione della progressiva perdita delle proprie funzioni vitali, o ancora di conseguenze catastrofiche delle lesioni (40), in entrambi i casi facendo riferimento al massimo grado di patimento che si accompagni ad una compromissione fisica di gravità tale da esitare nella morte (41). Quale che sia la terminologia utilizzata, la giurisprudenza maggioritaria è comunque da tempo ormai univoca nel ritenere che la sofferenza patita dalla vittima nel periodo che precede la morte sia risarcibile in favore degli eredi purché una sofferenza vi sia stata e dunque a patto che le condizioni del danneggiato siano state tali consentirgli di rendersi conto dell irreversibilità del proprio stato (42). Non vi è dunque luogo al risarcimento in tutti i casi in cui non vi sia stata alcuna coscienza dell imminente fine da parte del soggetto leso, per avere quest ultimo versato in stato di coma (43), ma anche laddove la morte sia sopraggiunta come evento imprevedibile ed inaspettato, seppur causalmente derivante dalle lesioni, sicché la vittima dell illecito non abbia sperimentato la paura di dover morire (44). L oggetto e la prova della lucida consapevolezza del danneggiato Per quanto non si rinvengano nella giurisprudenza esaminata numerosi precedenti sul punto, uno degli aspetti più delicati del dibattito giurisprudenziale in materia concerne senz altro quello che può essere definito l oggetto della coscienza necessaria a consentire il ristoro del danno catastrofale e della prova richiesta a tal fine (45): ci si domanda cioè se sia sufficiente acquisire l evidenza di una generica lucidità del danneggiato ovvero, al contrario, sia indispensabile fornire la prova rigorosa della specifica consapevolezza, da parte di quest ultimo, della natura mortale delle lesioni subite. 8360 cit.; in tema di cd. danno catastrofico v., prima delle SS.UU., Cass., Sez. III, 23 febbraio 2005, n. 3766, in Foro it., 2006, 9, 1, 2463; Cass., Sez. III, 1 dicembre 2003, n. 18305 cit.; Cass., Sez. III, 19 ottobre 2007, n. 21976 cit.; Cass., Sez. III, 24 maggio 2001, n. 7075, in Mass. Giur. it., 2001; Cass., Sez. III, 2 aprile 2001, n. 4783 cit.; Cass., Sez. III, 25 febbraio 1997, n. 1704, in Mass. Giur. it., 1997; Cass., Sez. III, 6 ottobre 1994, n. 8177, in Mass. Giur. it., 1994; Cass., Sez. III, 14 giugno 1965, n. 1203, in Leggi d Italia. (38) V. Cass., Sez. III, 25 febbraio 1997, n. 1704 cit.; Cass., Sez. III, 6 ottobre 1994, n. 8177, cit. (39) Chiaramente, affinché possa parlarsi di danno catastrofale è necessario che la sofferenza patita dal danneggiato non sia stata tale da sfociare in una vera e propria patologia psichiatrica; diversamente, infatti, il danno non potrebbe essere qualificato come morale, potendo rilevare piuttosto quale danno biologico terminale sub species psichica, per quanto in talune pronunce si sia parlato anche di danno biologico di natura psichica (v. Cass., Sez. III, 14 febbraio 2007, n. 3260, in questa Rivista, 2007, 6, 701). (40) V. Cass., Sez. III, 31 maggio 2005, n. 11601, in Mass. Giur. it., 2005; Cass., Sez. III, 6 agosto 2007, n. 17177, in Arch. giur. circolaz., 2008, 1, 35. (41) Invero, come acutamente evidenziato in dottrina, il danno catastrofale ben può esistere anche in assenza di lesioni fisiche e quindi a prescindere da quella progressiva perdita delle funzioni vitali in cui si sostanzia il concetto di agonia ed in ciò stesso dovrebbe peraltro apprezzarsi l autonomia delle due distinte voci del danno terminale, biologico e morale: particolarmente utile al riguardo appare l esempio del terrore provato dalle vittime di un disastro aereo per il tempo immediatamente precedente lo schianto e ancora quello del paracadutista che, durante la caduta, perda irreversibilmente il controllo del proprio paracadute e precipiti al suolo dopo alcuni, interminabili attimi di disperazione e angoscia (v. al riguardo F. Bonaccorsi, Vittima inconsapevole e danno catastrofale, Nota di commento alla sentenza della Cass. n. 13537/2014, in Riv. it. med. legale, 2015). (42) Tra le isolate pronunce di segno contrario si richiamano Cass., Sez. III, 19 ottobre 2007, n. 21976 cit. e Cass., Sez. III, 6 ottobre 1994, n. 8177 cit., secondo cui il danno non patrimoniale è ipotizzabile anche nel caso di sofferenze fisiche e morali sopportate in stato di incoscienza ed è risarcibile di regola, al pari di quello economico, mediante un indennizzo pecuniario (pecunia doloris) inteso a dare al danneggiato una soddisfazione in compenso del pregiudizio morale o psichico sofferto (arg. Cass., nn. 4947/85, 1203/65); tra le Corti di merito, tale sembrerebbe essere (o almeno essere stato) anche l orientamento del Tribunale di Grosseto, per come espressamente richiamato dalla sentenza sent. 760/2013, in cui si dà espressamente atto di un consolidato indirizzo volto a riconoscere un danno c.d. terminale anche a colui che sia sopravvissuto poche ore e finanche nei casi di mancata coscienza dell imminente morte. (43) Tra le sentenze esaminate che negano la risarcibilità del danno morale terminale in conseguenza dell accertato stato di incoscienza del danneggiato si rimanda a Trib. Pisa 25 febbraio 2014; sempre il Trib. Pisa 5 marzo 2015, rigetta invece l analoga domanda sul diverso presupposto dell immediato sopraggiungere dell evento morte e della conseguente impossibilità per i danneggiati di avere il tempo di subire un perturbamento psicologico per effetto dell appropinquarsi dell evento letale, del quale non si sono resi conto. (44) Sul punto si rimanda a Cass., Sez. III, 13 giugno 2014, n. 13537, in questa Rivista, 2015, 1, 25 nota di Cerini. (45) È tuttavia unanime opinione che l onere di una tale prova gravi sugli aventi causa del danneggiato, per quanto una interessante, ancorché isolata, pronuncia di Cass., Sez. III, 4 aprile 2001, n. 2970, in Mass. Giur. it., 2001, abbia affermato la risarcibilità del danno catastrofale in tutte le ipotesi in cui manchi la certezza del fatto che il paziente non percepisca alcuna sofferenza e cioè ogniqualvolta costui non versi in uno stato vegetativo destinato a protrarsi nel tempo. Danno e responsabilità 2/2019 203

La tesi più restrittiva, da ultimo richiamata, è sostenuta da Trib. Firenze 31 gennaio 2017 (46), che nega il risarcimento del danno morale terminale non risultando provato che la vittima dell illecito, ancorché lucida, abbia potuto percepire l imminente sopraggiungere della morte, avvenuta a distanza di alcuni anni dal sinistro e comunque in un quadro di progressiva compromissione delle facoltà intellettive dovute anche alla sua età (47). A conclusioni esattamente opposte giunge invece il Trib. Pisa, sent. 1279/2015, che accoglie analoga istanza risarcitoria, ritenendo ingiustificato che chi invochi il danno catastrofale sia gravato di qualsivoglia onere ulteriore rispetto alla prova, anche in questo caso raggiunta, di un generale stato di coscienza del danneggiato (48). La liquidazione del danno catastrofale Se, come si è detto, alla liquidazione del danno biologico terminale si perviene per lo più mediante appesantimento dei valori tabellari previsti per l invalidità temporanea, tenuto conto della gravità ed irreversibilità del processo invalidante, la peculiarità del danno catastrofale e l impossibilità di ricondurlo ad uno schema predeterminato di tipo rigido comportano la necessità, univocamente riconosciuta nella giurisprudenza esaminata, di una liquidazione che si affidi esclusivamente ad un criterio equitativo puro, ancorché sempre puntualmente correlato alle circostanze del caso, che sappia tener conto della enormità del pregiudizio subito dal danneggiato. Tale soluzione, pur nella bontà degli intenti che l hanno ispirata, ha però determinato negli anni una sorta di idiosincrasia giurisprudenziale tal che allo stato risulta impossibile non soltanto stabilire con certezza una o più forbici di valori cui ricondurre le singole pronunce, ma talvolta finanche individuare gli stessi criteri utilizzati dalle Corti per orientare la quantificazione il danno risarcibile, specie allorquando la componente catastrofale si sommi (49) a quella biologico-terminale (50). L unica tendenza che sembra emergere in modo piuttosto omogeneo dall analisi dei precedenti esaminati è quella a riconoscere gli importi più elevati nei casi di maggiormente ridotta sopravvivenza del danneggiato. Nella quasi totalità delle sentenze raccolte dall Osservatorio, infatti, l entità delle somme liquidate decresce significativamente in funzione dell aumentare del periodo di permanenza in vita, quasi che, in un sistema che ha recentemente assistito all esclusione del danno tanatologico dall area dei pregiudizi risarcibili, si volesse così offrire una compensazione in qualche modo comunque satisfattiva alle vittime dell illecito in cui la morte consegua rapidamente all evento di danno. Gli ulteriori criteri che, insieme al fattore temporale, sembrano generalmente orientare al rialzo la liquidazione del danno catastrofale sono poi quasi sempre la giovane età del danneggiato e le modalità particolarmente efferate del fatto. Costituiscono un esempio di tale indirizzo: Trib. Grosseto 17 giugno 2016, nella quale il Giudice riconosce, in favore dei due eredi (il coniuge legalmente separato ed il figlio minore) della vittima di un cruento femminicidio, sopravvissuta solo pochi minuti alla violenta aggressione dell ex convivente, la somma di euro 100.000, in considerazione del terrore provato dalla povera vittima, indifesa e consapevole della propria imminente fine ; Trib.Firenze 9 settembre 2016,n. 2923, che liquida la somma di euro 200.000 a titolo di risarcimento per la sofferenza morale provata da ciascuna delle tre giovanissime vittime di un sinistro stradale, dovendosi presumere che i ragazzi, deceduti (46) In nt. 25. (47) Di seguito riporta integralmente un estratto della motivazione: il ctu descrive il paziente come lucido nei primi periodi dopo il sinistro, ma ciò non significa che fosse consapevole dell exitus mortale di quelle lesioni, anche perché aveva 71 anni e la morte risulta essere stata prematura di soli 5 anni rispetto alla sua vita media. In ogni caso la morte è avvenuta a 4 anni di distanza e dunque non come evento terrificante e imminente suscettibile di provocare un fortissimo stress emotivo e una sofferenza acutissima, come nel caso del soggetto sotto le lamiere di un auto, del disastro aereo ecc... ma come evento diluito nel tempo, in una situazione di grave compromissione delle facoltà intellettive per continui insulti ischemici, di cui peraltro soffriva anche prima del sinistro ma con diversa portata. (48) Così argomenta in motivazione il Trib. Pisa, sent. 10 novembre 2015, n. 1279: Nel caso di specie non risulta contestato che il T. fosse lucido nei 50 giorni intercorsi tra il sinistro ed il decesso (...) A fronte di tale considerazione, deve respingersi la difesa delle parti convenute secondo cui non risulterebbe che T. potesse rendersi conto della natura mortale delle sue lesioni (...) Pretendere da chi invoca il danno catastrofale una simile prova significherebbe addossargli un onere diabolico, e anche inutile, essendo frequentemente impossibile per il paziente comprendere pienamente se la sua malattia sia mortale. Deve quindi ritenersi sufficiente che il paziente sia lucido mentre la sua salute scema progressivamente fino alla morte (...). (49) Per utilizzare l espressione adoperata da Cass., Sez. III, 31 ottobre 2014, n. 23193, in CED, 2014. (50) In questi casi si assiste tendenzialmente ad una compressione del danno biologico terminale, di sovente liquidato nei termini di una mera temporanea: v. comunque in tal senso Trib. Benevento 2 febbraio 2017, n. 180; Cass., Sez. VI - 3, ord., 26 luglio 2016, n. 15395 cit.; Cass., Sez. III, 17 ottobre 2016, n. 20915 cit.; cfr. ancora Trib. Lecce 28 febbraio 2017, in nt. 23; Trib. Pisa 10 novembre 2015, n. 1279, che ritiene congruo un dietimo di euro 1.000 per la liquidazione del danno catastrofale, valutata l età decisamente avanzata del de cuius. 204 Danno e responsabilità 2/2019

adistanzadigiorni(daunoaquattro)dalsinistro, abbiano avuto la consapevolezza del loro stato, in aggiunta alla paura avuta negli attimi dell incidente (51); Cass., Sez. III, 31 ottobre 2014, n. 23183 cit., che ritiene equo liquidare la somma complessiva di euro 35.000 tenuto conto da un lato dell età della vittima (33 anni) e dall altro del brevissimo lasso di tempo intercorrente tra l evento ed il decesso (meno di due ore) (52); Trib. Grosseto, sent. n. 760/2013, che, con motivazione non scevra di indecisioni terminologiche (53), quantifica nella somma di euro 80.000 omnia il danno non patrimoniale subito da un giovane rimasto ustionato in conseguenza di un sinistro stradale, acquisita la prova che con ogni probabilità quest ultimo avvertì, per un arco temporale di almeno 5 ore, il dolore conseguente alle ustioni subite (54). La liquidazione del danno c.d. terminale dopo le Tabelle di Milano Edizione 2018 Un accenno meritano infine le poche pronunce già a disposizione successive alla recentissima diffusione delle nuove Tabelle per la liquidazione del danno c.d. terminale, elaborate dall Osservatorio sulla giustizia civile di Milano (55). La riflessione condotta dall Osservatorio milanese si propone l obiettivo di fornire all interprete dei criteri omogenei utilizzabili in via equitativa per questo particolare caso di liquidazione del danno non patrimoniale, finalizzati prevalentemente a garantire il rispetto di un principio di unitarietà ed omnicomprensività (56), dichiaratamente derivato dalla pronuncia (51) Ma v. anche la più risalente Cass., Sez. III, 21 marzo 2013, n. 7126 cit., di conferma della sentenza della Corte di Appello di Genova che aveva congruo un risarcimento di euro 300.000 per un periodo di dodici ore di semincoscienza: La Corte d Appello si è attenuta a tale principio ed ha effettuato una liquidazione equitativa c.d. pura, cioè non basata sui criteri di liquidazione tabellari adottati per il danno biologico, permanente o temporaneo, ma motivata tenendo conto delle modalità del fatto. Sebbene la motivazione sia stringata, non per questo soltanto può essere definita inadeguata, sol che si consideri che dal tenore complessivo della motivazione risulta che il giudice di merito abbia avuto presenti, quali modalità del fatto, la gravità delle lesioni, le cure effettuate e le sofferenze patite durante il ricovero, il periodo intercorso tra l incidente e la morte, lo stato di coscienza in tale arco temporale di nove ore. Il motivo di ricorso così come proposto è inammissibile alla stregua del principio per il quale la valutazione equitativa del danno, in quanto inevitabilmente caratterizzata da una certa approssimazione, è suscettibile di rilievi in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio della motivazione, solo se difetti totalmente la giustificazione che quella statuizione sorregge, o macroscopicamente si discosti dai dati di comune esperienza, o sia radicalmente contraddittoria (cfr. Cass. n. 1529/10). Nessuno di questi vizi risulta denunciato col terzo motivo di ricorso ; sempre sul tema dei limiti al sindacato delle valutazioni rimesse al prudente apprezzamento dei Giudici di merito cfr., Cass., Sez. III, 11 luglio 2014, n. 15909, ad oggetto un caso di malpractice medica che causò il decesso di un bambino di poco più di due anni, rimasto senza ossigeno per un periodo di circa 12 ore: La Corte di merito, riformando sul punto la sentenza del Tribunale, ha riconosciuto a questo titolo la somma di Euro 9.000; la difesa dei ricorrenti ha particolarmente insistito sull esiguità di tale somma alla luce della terribile sofferenza patita dal piccolo, così come è stata descritta dalla Corte d appello, ed ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite 11 novembre 2008, n. 26973, nella quale una liquidazione di danno disposta ad analogo titolo è stata ritenuta palesemente inadeguata. Rileva questa Corte, però, che la sentenza impugnata resiste alle censure che le vengono mosse. Ed invero, è evidente che una valutazione di questo genere - che riguarda la liquidazione di un danno morale - è per sua stessa natura rimessa alla prudente valutazione del giudice di merito; ciò non significa che questi diventi padrone assoluto ed arbitrario di simile decisione, ma soltanto che la Corte di legittimità è ammessa a sindacarla in caso di evidente inadeguatezza. Ora, il confronto con la fattispecie di cui alla citata sentenza delle Sezioni Unite non è calzante; in quella occasione, infatti, fu ritenuta incongrua una liquidazione di Euro 5.000 per la morte di un ragazzo di diciassette anni che era rimasto per circa undici ore in attesa consapevole della fine, tanto lucido da rispondere addirittura alle domande. Diverso è il caso in esame, in cui un bambino di quasi tre anni rimase per circa due ore in progressiva carenza di aria. Questa Corte è perfettamente consapevole del fatto che non è possibile compiere una sorta di graduazione del dolore secondo una scala misurabile con criteri oggettivi; ed inorridisce alla sola idea che un dolore così tragico quale quello della perdita di un figlio possa essere al centro di una discussione economica, poiché è evidente l incommensurabile distanza che esiste tra la sofferenza ed il risarcimento. E tuttavia i giudici sono chiamati anche a questo difficile compito, che impone loro di assumere una decisione, liquidando una somma di denaro; e, nella specie, non si ritiene che la sentenza impugnata meriti di essere cassata sotto questo profilo. (52) Idem Trib. Isernia 19 febbraio 2018. (53) Laddove ritiene la particolare entità del danno tanatologico nel caso concreto, subito da un giovanissimo uomo che aveva la vita davanti e subì il dolore, notoriamente atroce, delle ustioni presenti sul 90% del corpo, per delle interminabili ore. (54) V. anche Trib. Pisa 10 novembre 2015, n. 1279, in nt. 50; si riporta inoltre un estratto della recente sentenza del Trib. Latina, Sez. II, 22 agosto 2018, il quale opera una valutazione puramente equitativa, con motivazione che non consente però di individuarne i criteri giustificativi: Quanto al danno morale terminale - sulla base della già citata Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21060 del 19/10/ 2016 secondo cui, affinché esso sia risarcibile, deve essere dimostrato il presupposto del mantenimento di uno stato di lucidità durante tale periodo di permanenza in vita della vittima - esso ad opinione di questo giudice potrà essere risarcito nel caso in esame in una misura equitativamente determinata pari ad Euro 5.000 attuali, alla luce del fatto che è risultata provata la percezione dell incidente e delle sue conseguenze da parte del C. solo per un tempo brevissimo. (55) Ci si riferisce in particolare alla sezione Criteri orientativi per la liquidazione del danno c.d. terminale ed alle relative Tabelle aggiornate Edizione 2018 dell Osservatorio sulla giustizia civile di Milano, diffuse, unitamente a quelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione alla integrità psico-fisica e dalla perdita-grave lesione del rapporto parentale, a quelle per la liquidazione del danno non patrimoniale da premorienza, del danno da diffamazione a mezzo stampa e per la liquidazione ex art. 96 c.p.c., con nota del Presidente del Trib. Milano 14 marzo 2018. (56) Ulteriori criteri-guida seguiti dall Osservatorio nell elaborazione delle Tabelle per la liquidazione del danno terminale sono: la durata limitata del danno in questione, per cui viene suggerita l individuazione di un numero massimo di giorni (nelle Tabelle convenzionalmente stabilito in giorni 100) oltre il quale il danno terminale non potrebbe prolungarsi, tornando ad essere risarcibile Danno e responsabilità 2/2019 205