José Saramago Il Vangelo secondo Gesù



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Transcript:

José Saramago Il Vangelo secondo Gesù Bompiani, Milano 1993. Traduzione di Rita Desti. Titolo originale "O Evangelho segundo Jesus Cristo". Copyright 1991 José Saramago e Editorial Caminho, by arrangement with Dr. Ray-Gde Mertin, Literarische Agentur, Bad Homburg, FRG. Pubblicato da Editorial Caminho, Lisboa, 1991. Copyright 1993 Gruppo Editoriale Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Etas S.p.A., Via Mecenate 91-20138 Milano. Prima edizione Bompiani febbraio 1993. Nota editoriale Gabriele Danesi si occupa di un libro di José Saramago che ha suscitato numerose polemiche. Ho da poco terminato la lettura di un testo impegnativo e corposo, sia per il tema trattato che per la prosa. Il romanzo in questione è Il Vangelo secondo Gesù Cristo di José Saramago, opera straordinaria che richiede la preventiva rinuncia a ogni certezza in materia spirituale, religiosa e senz altro stilistica. La prosa dell autore portoghese, lascerò a dopo la questione più spinosa del tema trattato, ha difatti tutte le caratteristiche poco concilianti di una guida che non ti aspetta: o la segui o ti perdi nei meandri di una caverna, come pure nei sillogismi, nei periodi lunghi che germogliano l uno dentro l altro in un gioco barocco di parole e considerazioni. Peculiarità questa dello stile di Saramago quasi ricattatoria, una forma violenta di porsi nei confronti del lettore. Si badi bene però, una violenza strategica, ben calcolata nei minimi particolari e indubbiamente fruttuosa. E sì, perché una volta cominciato a leggere, superato il primo attacco di repulsione da lettore abitudinario che ricerca in ogni romanzo la stessa poltrona, le stesse pantofole e la stessa linearità rilassante, le pagine scorrono da sole, con una leggerezza inaudita. Un respiro lungo che non trova posa. Se non avessi dovuto seguire i ritmi dei miei doveri, sociali e fisiologici, sono quasi sicuro che avrei divorato l opera di Saramago in un solo giorno. Anche perché questo stile nuovo, irriverente, poco sensibile verso le esigenze del fruitore indolente, si fonde alla perfezione con le vicende narrate, di cui il titolo è una vetrina fin troppo evidente. Il Vangelo secondo Gesù Cristo dovrebbe essere annoverato, a pieno titolo, tra gli scritti apocrifi che s interessarono alla vita di un uomo, che nel giro di soli trentatré anni, forse qualcosa di più secondo i famosi calcoli storici che si basano sul noto censimento caduto proprio nell anno zero, sconvolse la storia dei secoli successivi. Certo di tempo ne è passato dall era degli evangelisti e delle testimonianze protocristiane, ma l evidenza di un accadimento che scandisce tutt oggi la vita di milioni di persone, con coerenza o meno, questo non sta a me dirlo, dà diritto e credibilità a chi si senta di tornarci su, anche con spirito diverso rispetto a quei primi che affrontarono l argomento. La voce di Saramago è una voce scettica, gonfia però di quella spiritualità sconsolata e cosciente, di chi da laico, o fedele da illuminato, guarda i fatti col senno di poi, dall alto, da quelle vette vertiginose della storia che ci avvicinano così paurosamente all onniscienza di Dio.

Un ottica, quella di Saramago, tutta terrena, un modo come un altro per dire: secondo me è andata così, e raccontare una storia, la Storia, con un movimento verticale diverso. Non più dall alto verso il basso, bensì dal basso verso l alto e non con poche titubanze per questa ascesa. Gesù, uomo, figlio e fratello, ha infatti la modestia innata di tutti i nati di Israele che soffrono l asprezza dei deserti, di un Dio che tace, ma comanda con le sue Scritture, di chi, al massimo, solleva un sasso o il rastrello contro le ingiustizie, ma mai oserebbe effigiarsi del titolo di Messia o Figlio di Dio. Gesù insomma è un Dio che fugge la propria divinità. È lui un uomo che vive fin da adolescente nell amara compagnia di un sogno ereditato assieme al rimorso paterno, il non aver salvato i venticinque innocenti dalla strage ordinata da Erode. Certo, a non parlare, a non avvisare le madri del paese di Betlemme, è stato Giuseppe, ma mai come in questo romanzo le colpe dei padri ricadono sui figli. E la colpa maggiore è quella di vivere, e di vivere domandandosi se quanto avvenuto e se ciò che ancora accade, assassini, profezie, sacrifici di agnelli, lapidazioni in nome della morale del Signore, sia quanto di meglio l uomo e con esso il suo Creatore, possa fare. Il Cristo di Saramago è uno che dubita, persino della parola di Dio, quando questi per bocca dell unico reale alleato, il Diavolo- Pastore, rivela la natura soprannaturale al proprio figlio. Cristo nel romanzo, conosce a fondo solo due donne: sua madre e Maddalena. E lo fa nel modo più umano e quindi più vero e puro. Con la madre vive un rapporto conflittuale, quasi da manuale di psicoanalisi, con gli inevitabili screzi adolescenziali e una rottura, anche piuttosto brusca, che niente ricucirà, dato che, tra l altro, qui i punti di contrasto non sono gli orari da rispettare o le amicizie da frequentare, quanto l aver visto Dio e l averci parlato come si fa col vicino di casa. Maria Maddalena, nella versione di Saramago, è per il suo Gesù un richiamo irrifiutabile verso l amore terreno. Ci sono in Saramago dei momenti di così struggente lirismo, ma si badi bene sempre disincantato, che verrebbe voglia di credergli, quando descrive il dialogo a tre sul futuro del mondo, Dio, Gesù e Diavolo, sulla barchettina del pescatore Pietro, nella coltre impenetrabile della nebbia. E chi sa se in fin dei conti le cose non siano andate proprio così. E l accusa di eresia sarebbe ben lontana qualora qualcuno s azzardasse a parlare di manifesto laico del Cristianesimo per questo nuovo Vangelo, perché un Dio che muore con gli altri, respira l affanno della polvere come le locuste e lascia a malincuore che l Altro costruisca su di lui il Suo impero, ha le fattezze indurite di tutti gli uomini giusti e la spregiudicatezza di chi richiede ragione dei torti subiti su questa terra.

Il Vangelo secondo Gesù A Pilar. "Poiché molti si sono accinti a comporre una narrazione degli avvenimenti compiutisi in mezzo a noi, come ci hanno trasmesso coloro che fin da principio ne sono stati testimoni oculari, e son divenuti ministri della parola, è parso bene anche a me, dopo aver fatto diligenti ricerche su tutte queste cose, narrarle per iscritto, con ordine, o nobile Teofilo, affinché tu riconosca la verità degli insegnamenti che hai ricevuto". Luca, 1, 1-4 "Quod scripsi, scripsi". Pilato 1. Si vede il sole in uno degli angoli superiori del rettangolo, quello alla sinistra di chi guarda, e l astro re è raffigurato con la testa di un uomo da cui sprizzano raggi di luce pungente e sinuose lingue di fuoco, come una rosa dei venti indecisa in quali direzioni puntare, e quel viso ha un espressione piangente, contratta da un dolore inconfortabile, e dalla bocca aperta emette un urlo che non potremo udire, giacché nessuna di queste cose è reale, quanto abbiamo davanti è solo carta e colore, nient altro. Sotto il sole vediamo un uomo nudo, legato a un tronco d albero, i fianchi cinti da un drappo, a coprirgli le parti che chiamiamo intime o vergognose, e i piedi li ha posati su quanto resta di un ramo tagliato, ma per maggior saldezza, perché non scivolino da quel sostegno naturale, sono fissati da due chiodi, profondamente conficcati. Dall espressione del viso, d ispirata sofferenza, e dalla direzione dello sguardo, levato in alto, deve essere il Buon Ladrone. I capelli, a riccioli, sono un altro indizio che non tradisce, infatti è noto che angeli e arcangeli li usano così, e il criminale pentito, a quanto pare, è già sulla buona strada per ascendere al mondo delle celesti creature. Non sarà possibile appurare se questo tronco sia ancora un albero, solo adattato, per selettiva mutilazione, a strumento di supplizio, ma che continua a nutrirsi dalla terra con le radici, visto che la parte inferiore è completamente coperta da un uomo con la barba lunga, vestito con ricchi abiti, sontuosi e ampi, il quale, benché abbia il viso sollevato, non guarda certo il cielo. Questa solenne postura e questo sembiante triste possono appartenere solo a Giuseppe d Arimatea, ché Simone di Cirene, senza dubbio un altra ipotesi plausibile, dopo il lavoro cui lo avevano costretto, aiutare il condannato nel trasporto del patibolo, secondo i protocolli di tali esecuzioni, se n era tornato alla sua vita, alquanto più preoccupato per le conseguenze del ritardo su un affare che aveva rinviato che

non per le mortali pene di quello sventurato che stavano per crocifiggere. Orbene, questo Giuseppe d Arimatea è quel caritatevole e benestante uomo che offrì il servizio del proprio tumulo perché vi fosse deposto il corpo principale, ma non gli servirà granché la sua generosità al momento delle santificazioni, e neppure delle beatificazioni, giacché ad avvolgergli la testa non possiede altro che il turbante con cui esce di casa tutti i giorni, al contrario di questa donna che vediamo in primo piano, con i capelli sciolti sulle spalle, curva e china, ma toccata dalla suprema gloria di un aureola nel suo caso frastagliata come un ricamo domestico. La donna inginocchiata si chiamerà di certo Maria, perché sappiamo già che tutte quelle radunate qui portano questo nome, ma solo una, essendo in più Maddalena, si distingue onomasticamente dalle altre, ebbene, qualunque osservatore, purché abbastanza addentro ai fatti elementari della vita, giurerebbe di primo acchito che la suddetta Maddalena è proprio questa, giacché soltanto una come lei, con un passato dissoluto, avrebbe osato presentarsi, nel tragico momento, con una scollatura così profonda e con un bustino tanto ridotto da farle risaltare e sporgere le rotondità dei seni, ragion per cui, inevitabilmente, attira e fissa su di sé lo sguardo avido degli uomini che passano, pregiudicando seriamente le anime, trascinate così alla perdizione dal turpe corpo. È tuttavia di compunta tristezza l espressione del suo viso, e l abbandono del corpo non esprime altro che il dolore di un anima, sì, magari nascosta da carni tentatrici, ma che dobbiamo pur tenere in conto, stiamo parlando dell anima, è chiaro, questa donna potrebbe essere addirittura completamente nuda, se avessero scelto di raffigurarla in tale stato, eppure dovremmo dimostrarle comunque rispetto e considerazione. Maria Maddalena, se è lei, sostiene e, con un gesto di compassione intraducibile a parole, sembra sul punto di baciare la mano dell altra donna, questa sì, accasciata a terra, quasi priva di forze o ferita a morte. Anche lei si chiama Maria, seconda in ordine di apparizione, ma, senza dubbio, di primissima importanza, ammesso che significhi qualcosa il posto centrale che occupa nella parte inferiore della composizione. A parte il viso piangente e le mani inerti, non si riesce a vedere nulla del corpo, coperto dalle innumerevoli pieghe del mantello e della tunica, stretta in vita da un cordone di cui s indovina la ruvidezza. È più vecchia dell altra Maria, e questa probabilmente è una buona ragione, ma non l unica, perché la sua aureola abbia un disegno più complesso, o perlomeno questo sarebbe autorizzato a pensare chi, non disponendo di informazioni precise su priorità, graduatorie e gerarchie in vigore su questo mondo, fosse costretto a esprimere un opinione. Ma, tenendo conto del grado di divulgazione, fatta con arti maggiori o minori, di queste iconografie, solo un abitante di un altro pianeta, supponendo che non vi avessero mai replicato, o magari solo messo in scena, questo dramma, solo quell essere davvero inimmaginabile ignorerebbe che l addolorata è la vedova di un

falegname di nome Giuseppe e la madre di tanti figli e figlie, sebbene solo uno, per i dettami del destino o di chi lo regola, abbia finito col prosperare, non tanto in vita quanto, soprattutto, dopo morto. Reclinata sulla sinistra, Maria, la madre di Gesù, proprio quello di cui abbiamo appena detto, appoggia l avambraccio sulla coscia di un altra donna, anch essa inginocchiata, anch essa di nome Maria, e in fondo, benché non possiamo vedere né immaginare la sua scollatura, forse la vera Maddalena. Identica alla prima di questa trinità al femminile, ha i lunghi capelli sciolti sulle spalle, ma questi hanno tutta l aria di essere biondi, a meno che non sia dovuta a pura casualità la differenza del tratto, più lieve in questo caso e con alcuni spazi vuoti fra una ciocca e l altra, il che ovviamente sarà servito all incisore per schiarire la tonalità della chioma raffigurata. Con simili ragioni non intendiamo affermare che Maria Maddalena sia stata di fatto bionda, ci stiamo solo adeguando alla corrente d opinione prevalente, che insiste nel vedere nelle bionde, sia in quelle naturali sia in quelle tinte, i più efficaci strumenti di perdizione. Essendo stata, com è noto, Maria Maddalena una donna così peccaminosa, perduta come tante altre, doveva pur essere bionda, per non smentire le credenze, bene o male acquisite, di una buona metà del genere umano. Comunque, non è che, perché apparentemente più chiara di carnagione e colore di capelli rispetto all altra, suggeriamo e proponiamo, contro le prove schiaccianti di una profonda scollatura e di un seno in mostra, che sia questa terza Maria la Maddalena. Un altra prova, e molto consistente, rafforza e convalida l identificazione, e cioè che questa donna, per quanto sostenendo appena, con fare un po distratto, l estenuata madre di Gesù, ha lo sguardo rivolto verso l alto, ed è uno sguardo di autentico e appassionato amore, che ascende con forza tale da sollevare apparentemente tutto il corpo, tutto il suo essere carnale, come un aureola raggiante capace di far impallidire l alone che già le circonda la testa e disperde pensieri ed emozioni. Solo una donna che abbia amato nel modo e nella misura che attribuiamo a Maria Maddalena può guardare così, ed ecco quindi, in ultima analisi, la prova che dev essere questa, solo questa e nessun altra, escludendo pertanto anche la donna che le si trova accanto, la quarta Maria, in piedi, con le mani leggermente sollevate in atteggiamento pietoso, ma con lo sguardo vacuo, a far coppia in questa parte del quadro con un uomo giovane, poco più che adolescente, il quale flette la gamba sinistra in modo aggraziato, così, al ginocchio, mentre la mano destra, aperta, indica con posa affettata e teatrale il gruppo di donne cui tocca raffigurare, per terra, l evento drammatico. Questo personaggio, così giovane, con i capelli a boccoli e il labbro tremante, è Giovanni. Come Giuseppe d Arimatea, anch egli occulta con il corpo la base di quest albero che, lassù, in cima, innalza al cielo un secondo uomo nudo, legato e inchiodato come il primo, ma questi ha i capelli lisci, e con la testa reclinata guarda, se ancora ce la fa, il suolo, e la sua faccia, magra e scarna, suscita

tanta pena, al contrario del ladrone dall altro lato, che persino nell ultimo frangente di sofferenza agonica possiede ancora la forza di mostrarci un viso che facilmente possiamo immaginare rubicondo, doveva passarsela bene quando rubava, sebbene qui ci manchino i colori. Magro, capelli lisci, la testa piegata verso la terra che dovrà inghiottirlo, due volte condannato, a morte e all inferno, questo misero relitto può essere solo il Cattivo Ladrone, in fin dei conti un uomo rettissimo, cui è rimasto quel po di coscienza che gli impedisce di fingere di credere, al riparo di leggi umane e divine, che un minuto di pentimento basti per riscattare una vita intera di malvagità o una sola ora di debolezza. Sopra di lui, anch essa piangente e implorante come il sole che le sta di fronte, vediamo la luna, raffigurata da una donna con un incongruente cerchietto all orecchio, una licenza che nessun artista o poeta si sarà mai permesso prima, e c è da dubitare che se la sia concessa anche dopo, malgrado l esempio. Il sole e la luna illuminano entrambi la terra, ma la luce diffusa è circolare, senza ombre, ecco perché si può vedere così nitidamente ciò che si trova sopra l orizzonte, sullo sfondo, torri e mura, un ponte levatoio sopra un fossato in cui brilla l acqua, alcune guglie gotiche e, laggiù, sul crinale dell ultima collina, le pale immobili di un mulino. Un po più vicino, per l illusione della prospettiva, quattro cavalieri con elmo, lancia e armatura fanno volteggiare le cavalcature in destrezze d alta scuola, ma i loro gesti suggeriscono che sono ormai al termine dell esibizione, stanno salutando, per così dire, un pubblico invisibile. La stessa impressione di epilogo della festa ce la dà quel fante che sta facendo il primo passo per ritirarsi, portando via e tenendo con la mano destra qualcosa che, a questa distanza, sembra un pezzo di stoffa, ma che potrebbe essere un mantello o una tunica, mentre altri due militari mostrano segni di irritazione e dispetto, ammesso che da così lontano si possa decifrare sui visi minuscoli un sentimento, come di chi ha giocato e perduto. Al di sopra di simili banalità, come eserciti e città recintate da mura, aleggiano quattro angeli, di cui due a tutto campo, che piangono e si lamentano, mentre uno, con espressione seria, è assorto nel suo compito di raccogliere in un recipiente fino all ultima goccia lo zampillo di sangue che sprizza dal lato destro del Crocifisso. Su questo luogo chiamato Golgota molti hanno avuto lo stesso fatale destino, e tanti altri lo avranno, ma quest uomo nudo, inchiodato piedi e mani a una croce, figlio di Giuseppe e Maria, di nome Gesù, è l unico cui il futuro concederà l onore dell iniziale maiuscola, gli altri non saranno che crocifissi minori. È lui, in fondo, l uomo verso cui volgono lo sguardo Giuseppe d Arimatea e Maria Maddalena, lui che fa piangere il sole e la luna, lui che poco fa ha lodato il Buon Ladrone e disprezzato il Cattivo perché non ha capito che non c è alcuna differenza tra l uno e l altro o, se si ha una differenza, non è quella, ché il Bene e il Male non esistono in se stessi, ciascuno di essi è solo l assenza dell altro. Sopra la testa, risplendente di raggi di luce, più del sole e della luna insieme, ha un

cartiglio scritto con lettere romane che lo proclama Re dei Giudei, e a cingerlo una dolorosa corona di spine, come ce l hanno, senza saperlo, anche quando non sanguinano all esterno del corpo, quegli uomini cui non è permesso di essere re di se stessi. Gesù non gode di alcun sostegno per i piedi, come ce l hanno i ladroni, tutto il peso del corpo graverebbe sulle mani inchiodate al legno se non gli restasse ancora un barlume di vita, quanto basta per mantenerlo eretto sulle ginocchia rigide, ma ben presto la vita gli si esaurirà, se il sangue continuerà a sprizzargli dalle ferite al costato, come si è detto. Fra i due cunei che tengono ben salda la croce, anch essi come la croce conficcati in una scura fessura del suolo, una ferita della terra non più incurabile di una qualunque sepoltura d uomo, c è un cranio, e accanto una tibia e un omoplata, ma a noi interessa il cranio, perché cranio significa Golgota, non sembrano la stessa parola, eppure qualche differenza la noteremmo se invece di scrivere cranio e Golgota avessimo scritto golgota e Cranio. Non si sa chi abbia messo qui questi resti e per quale fine, a meno che non sia solo un ironico e macabro avvertimento agli infelici suppliziati sul loro futuro stato, prima di diventare terra, polvere e niente. Ma c è anche chi sostiene che sia il cranio di Adamo, emerso dalle tenebre profonde degli strati geologici arcaici, e adesso, non potendovi tornare, condannato eternamente ad avere davanti agli occhi la terra, suo unico paradiso possibile e per sempre perduto. Laggiù, sullo stesso campo in cui i cavalieri eseguono un ultimo volteggio, un uomo si allontana, il viso ancora rivolto da questa parte. Con la mano sinistra porta un secchio e, con la destra, una canna. Sull estremità della canna dev esserci una spugna, è difficile distinguerlo da qui, e il secchio, potremmo scommetterci, contiene acqua e aceto. Quest uomo, un giorno, e poi per sempre, sarà vittima di una calunnia, quella di aver offerto, per malvagità o scherno, dell aceto a Gesù che gli chiedeva acqua, mentre gli avrà certo dato la mistura che ha con sé, acqua e aceto, una fra le migliori bevande per ammazzare la sete, com era noto e praticato allora. Se ne va, non rimane fino alla fine, ha fatto il possibile per alleviare l arsura dei tre condannati, e senza alcuna differenza tra Gesù e i ladroni, per la semplice ragione che queste sono cose terrene, che rimarranno sulla terra, e con le quali si fa l unica storia possibile. 2. La notte ha un lungo cammino davanti a sé. Il lume a olio, appeso a un chiodo accanto alla porta, è acceso, ma la fiamma, come una piccola mandorla luminosa che vibra, riesce a stento, tremula e instabile, a contrastare la massa scura che la circonda e che riempie da cima a fondo la casa, fino agli angoli più remoti, là dove le tenebre sono talmente fitte da sembrare solide. Giuseppe si è svegliato di soprassalto, come se qualcuno lo avesse bruscamente scosso per le spalle, ma dev essere stata

l illusione di un sogno subito svanito, perché in questa casa ci vive solo lui, con la moglie, che non si è mossa e dorme. Non è sua abitudine svegliarsi così, nel cuore della notte, in genere non si desta prima che un ampia fessura della porta cominci a emergere dal buio, grigia e fredda. Un infinità di volte aveva pensato di chiuderla, niente di più facile per un falegname, preparare e inchiodare una semplice tavola di legno avanzata da qualche lavoro, ma era talmente abituato a trovarsi davanti, appena apriva gli occhi, quella bacchetta verticale di luce, preannuncio del giorno, da giungere al punto di immaginare, senza badare all assurdità dell idea, che se gli fosse venuta a mancare avrebbe potuto non essere più in grado di uscire dalle tenebre del sonno, le tenebre del proprio corpo e quelle del mondo. La fessura della porta faceva parte della casa, come le pareti o il soffitto, come il forno o il pavimento di terra battuta. A voce bassa, per non svegliare la moglie che ancora dormiva, pronunciò la prima benedizione del giorno, quella che bisogna sempre dire quando si torna dal misterioso paese del sonno, Ti ringrazio, Signore, Dio nostro, re dell universo, che per il potere della Tua misericordia mi restituisci così, viva e perseverante, la mia anima. Ma forse non era altrettanto sveglio in ciascuno dei suoi cinque sensi, ammesso che allora, all epoca di cui stiamo parlando, gli uomini non ne stessero ancora apprendendo qualcuno o, al contrario, ne andassero perdendo altri che oggi ci sarebbero utili, e quindi Giuseppe si osservava come se stesse seguendo a distanza la lenta occupazione del proprio corpo da parte di un anima che pian piano riaffiorava, simile a rivoli d acqua che, avanzando sinuosi nel letto dei ruscelli, penetrassero la terra fino alle più fonde radici, trasportando poi la linfa fino all interno degli steli e delle foglie. E, nel vedere quanto fosse faticoso quel ritorno, guardando la moglie accanto a sé, ebbe un pensiero che lo turbò, che lei addormentata lì fosse davvero un corpo senz anima, che l anima non è presente nel corpo dormiente, altrimenti non avrebbe senso chiedere a Dio tutti i giorni di restituircela quando ci svegliamo, e a quel punto una voce interiore gli domandò, Cos è che in noi sogna ciò che sogniamo, Forse i sogni sono i ricordi che l anima ha del corpo, pensò subito dopo, ed era una risposta. Maria si mosse, forse la sua anima era lì accanto, già dentro casa, ma poi non si svegliò, doveva essere solo un sogno agitato, e con un profondo sospiro, rotto come un singhiozzo, si accostò al marito, con un movimento sinuoso, ma incosciente, che non avrebbe mai osato da sveglia. Giuseppe si tirò il lenzuolo spesso e ruvido sulle spalle e si rannicchiò sulla stuoia, senza scostarsi. Sentì il calore della moglie, denso di odori, come quello di una cassa chiusa stracolma di erbe secche, che a poco a poco cominciava a impregnargli la tunica, unendosi al calore del suo stesso corpo. Poi, lasciando che le palpebre si abbassassero pian piano, ormai dimentico d ogni pensiero, incurante dell anima, si abbandonò al sonno che tornava.

Si svegliò solo quando cantò il gallo. La fessura della porta faceva trapelare un colore grigiastro e sfumato, da acquerello sporco. Pazientemente, il tempo si era accontentato di attendere che scemassero le forze della notte, e adesso stava preparando il campo perché il mattino si affacciasse sul mondo, come ieri e come sempre, non ci troviamo in quei giorni favolosi in cui il sole, al quale dovremmo già tanto, spinse la sua benevolenza al punto di fermare su Gabaon il proprio viaggio, dando così a Giosuè il tempo di vincere, con comodo, i cinque re che assediavano la città. Giuseppe si sedette sulla stuoia, scostò il lenzuolo, e in quel momento il gallo cantò per la seconda volta, rammentandogli di essere in debito di una benedizione, quella dovuta alla parte di meriti che spettò al gallo al momento della distribuzione che ne fece il Creatore alle sue creature, Che Tu sia lodato, Signore, Dio nostro, re dell universo, che hai dato al gallo intelligenza per distinguere il giorno dalla notte, ecco cosa disse Giuseppe, e il gallo cantò per la terza volta. Solitamente, al primo segno di questa sveglia, si rispondevano a vicenda i galli del vicinato, ma oggi sono rimasti tutti zitti, come se per loro la notte non fosse ancora finita, o fosse appena cominciata. Giuseppe, perplesso, guardò la sagoma della moglie, stupito da quel sonno pesante, lei che al minimo rumore si destava, come un uccellino. Era come se una forza esterna, calando o librandosi su Maria, le comprimesse il corpo contro il suolo, ma non al punto da immobilizzarla del tutto, si poteva addirittura notare, malgrado la penombra, come fosse percorsa da tremori improvvisi, simile all acqua di una cisterna sfiorata dal vento. Starà male, pensò, ma ecco che un segnale urgente lo distrasse dalla preoccupazione incipiente, un pressante bisogno di urinare, anch esso piuttosto insolito, poiché questi piaceri in lui solitamente si manifestavano più tardi, e mai così vivacemente. Si alzò, circospetto, per evitare che la moglie si accorgesse di quanto si accingeva a fare, giacché è scritto che in ogni modo bisogna preservare il rispetto di un uomo, a meno che ciò non sia assolutamente possibile, e, aperta pian piano la porta cigolante, uscì nel cortiletto. Era l ora in cui il crepuscolo mattutino ricopre di grigio i colori del mondo. Si avviò verso una piccola tettoia, che era il riparo del somaro, e lì si liberò, ascoltando, con una soddisfazione semincosciente, il rumore forte dell urina sulla paglia sparsa per terra. L asino voltò la testa, facendo brillare nell oscurità gli occhi sporgenti, poi scosse con forza le orecchie pelose e rificcò il muso nella mangiatoia, soppesando i residui della sua razione con le labbra grosse e sensibili. Giuseppe si avvicinò all orcio per le abluzioni, lo inclinò, si fece scorrere un po d acqua sulle mani, e poi, mentre se le asciugava nella tunica, lodò Iddio che nella sua saggezza infinita aveva formato e creato nell uomo gli orifizi e i vasi che gli servono in vita, ché se appena uno si chiudesse o si aprisse al momento sbagliato, l uomo avrebbe la morte assicurata. Giuseppe guardò il cielo e, in cuor suo, si stupì. Il sole tarda a spuntare, non c è, in tutto lo spazio celeste, il più pallido indizio dei toni

rossi dell albeggiare, neppure una tenue pennellata di rosa o di arancia ancora acerba, niente, lungo l intero orizzonte, a quanto i muretti del cortile gli lasciano vedere, per la totale estensione di un soffitto immenso di nuvole basse, simili a piccoli gomitoli schiacciati, tutti uguali, nient altro che un unico colore violetto che già comincia a farsi vibrante e luminoso dove irromperà il sole e progressivamente va scurendosi, sempre di più, fino a confondersi con ciò che, al di là, è ancora notte. In vita sua, Giuseppe non aveva mai visto un cielo come questo, benché nei lunghi colloqui con gli anziani non fossero rare le notizie di prodigiosi fenomeni atmosferici, tutte dimostrazioni del potere di Dio, arcobaleni che occupavano metà della volta celeste, scale vertiginose che un tempo collegavano il firmamento alla terra, provvidenziali piogge di pan degli angeli, che poi era manna, eppure mai questo colore misterioso che poteva essere, è vero, uno dei colori primordiali, ma anche uno degli ultimi, fluttuando e indugiando così sul mondo, un soffitto di migliaia di nuvolette che quasi si sfioravano, sparpagliate in tutte le direzioni come le pietre del deserto. Con il cuore gonfio di timore, Giuseppe immaginò che il mondo stesse per finire, e lui, li, unico testimone della sentenza finale di Dio, si, unico, c è un silenzio totale sia in cielo che in terra, non si ode un rumore dalle case vicine, nemmeno una voce, il pianto di un bambino, una preghiera o un imprecazione, un alito di vento, il belato di una capra, l abbaiare di un cane, Perché i galli non cantano, mormorò, e ripeté la domanda, ansiosamente, come se dal canto dei galli dipendesse l ultima speranza di salvezza. Il cielo, allora, cominciò a cambiare. Pian piano, quasi impercettibilmente, il violetto cominciava a tingersi e ad acquistare, all interno del soffitto di nuvole, un colore rosa pallido, che poi si arrossava, fino a scomparire, era lì e un attimo dopo non c era più, e d improvviso lo spazio esplose in un vento luminoso, moltiplicandosi in lance d oro che centravano e trapassavano le nuvole che, non si sa bene né dove né quando, erano aumentate, divenute enormi, imbarcazioni gigantesche che issavano vele incandescenti e solcavano un cielo finalmente libero. A Giuseppe si aprì l anima, senza più timore, i suoi occhi si dilatarono per lo sgomento e la riverenza, non c è da stupirsi, tanto più che era l unico spettatore, e la sua bocca pronunciò con voce forte le dovute lodi al creatore delle opere della natura, quando la sempiterna maestosità dei cieli, divenuta ormai pura ineffabilità, non può attendersi dall uomo altro che le più semplici parole, Che Tu sia lodato, Signore, per questo, per quello, per quell altro. Così disse lui, e in quell istante il sussurro della vita, quasi lo avesse convocato la sua voce o fosse entrato all improvviso da una porta spalancata senza pensare granché alle conseguenze, occupò lo spazio poco prima appartenuto al silenzio, lasciandogli appena qualche occasionale territorio, superfici minime, come quei piccoli stagni che le foreste mormoranti circondano, occultandoli. Il mattino avanzava, si espandeva, ed era davvero una visione di bellezza quasi

insopportabile, due mani immense che affidavano all aere e al volo un immenso e scintillante uccello del paradiso, che apriva come un radioso ventaglio la sua ruota dai mille occhi, facendo cantare lì vicino, semplicemente, un uccello senza nome. Un alito di vento appena nato colpì allora Giuseppe in viso, gli agitò i peli della barba, gli scosse la tunica, e poi lo circondò come un mulinello nel deserto, o forse ciò che gli somigliava era soltanto lo stordimento provocato da un repentino turbamento del sangue, quel brivido sinuoso che gli stava percorrendo il dorso come un dito infocato, segnale di un altra e ben più pressante urgenza. Quasi muovendosi all interno della turbinante colonna d aria, Giuseppe entrò in casa, chiuse la porta dietro di sé e vi rimase appoggiato per un minuto, aspettando che gli occhi si abituassero alla penombra. Accanto a lui, il lume brillava fiocamente, quasi senza irradiare luce, inutile. Maria, supina, era sveglia e vigile, guardava fissamente un punto davanti a sé, e sembrava in attesa. Senza pronunciare una parola, Giuseppe le si avvicinò e, piano piano, scostò il lenzuolo che la copriva. Lei sviò lo sguardo, sollevò leggermente la parte inferiore della tunica, ma alzandola soltanto fino all altezza del ventre, mentre lui si chinava e faceva lo stesso con la propria, e Maria, nel frattempo, aveva aperto le gambe, oppure le aveva divaricate durante il sogno, lasciandole poi così, magari per inusitata indolenza mattutina o forse per un presentimento di moglie consapevole dei propri doveri. Dio, che è dappertutto, era anche lì, ma essendo ciò che è, puro spirito, non poteva accorgersi come la pelle dell uno sfiorasse quella dell altro, come la carne di lui penetrasse quella di lei, entrambe create apposta, e forse ormai non era più lì quando il seme sacro di Giuseppe si riversò nel sacro interno di Maria, entrambi sacri perché fonte e coppa della vita, in realtà vi sono cose che neppure Dio capisce, anche se le ha create. Uscito quindi nel cortile, Dio non poté udire il suono ansimante, quasi un rantolo, che uscì di bocca all uomo nel momento cruciale, e tanto meno l impercettibile gemito che lei non fu capace di reprimere. Solo un minuto, e forse neanche tanto, riposò Giuseppe sopra il corpo di Maria. Mentre lei si tirava giù la tunica e si copriva col lenzuolo, nascondendo il viso con l avambraccio, lui, in piedi, in mezzo alla casa, le mani alzate, guardando il soffitto, pronunciò la più terribile fra le benedizioni, riservata agli uomini, Che Tu sia lodato, Signore, Dio nostro, re dell universo, per non avermi fatto donna. Orbene, a questo punto, ormai neppure nel cortile doveva essere Dio, giacché non tremarono le pareti della casa né crollarono, e la terra non si aprì. Ma per la prima volta si udì Maria, mentre diceva umilmente, come sempre ci si aspetta dalla voce delle donne, Lode a Te, Signore, che mi hai fatto secondo la Tua volontà, orbene, fra queste parole e le altre, note e acclamate, non c è differenza alcuna, attenzione, Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto, è chiaro che chi ha detto queste parole, in fondo avrebbe potuto pronunciare

anche quelle. Poi, la moglie del falegname Giuseppe si alzò dalla stuoia, l arrotolò insieme a quella del marito e ripiegò il lenzuolo comune. 3. Vivevano Giuseppe e Maria in un piccolo paese chiamato Nazaret, terra di miseri e di miseria, in quel di Galilea, in una casa pressoché identica a quasi tutte le altre, una sorta di cubo sbilenco fatto di mattoni e argilla, povero fra poveri. Invenzioni dell arte architettonica, nessuna, appena la banalità uniforme di un modello instancabilmente ripetuto. Per risparmiare qualcosa nei materiali, l avevano costruita sul pendio della collina, poggiata al declivio, scavato un po all interno a crearvi una parete intera, quella posteriore, con il vantaggio inoltre di avere un facile accesso alla terrazza che costituiva il tetto. Sappiamo che Giuseppe fa il falegname, esperto entro la norma nel lavoro, ma privo di talento per perfezionismi, casomai gli richiedano qualcosa di più fino. Queste carenze non dovrebbero scandalizzare gli impazienti, giacché il tempo e l esperienza, ciascuno dotato di un proprio ritmo, non sono ancora abbastanza per conferire, al punto da risaltare nel lavoro quotidiano, il sapore artigianale e la sensibilità estetica a un uomo che ha appena compiuto vent anni e che vive in una terra con così poche risorse e ancor minori necessità. Eppure, giacché non vanno misurati i meriti degli uomini unicamente con il metro delle loro competenze professionali, è bene dire che, malgrado la sua giovane età, il nostro Giuseppe è fra i più timorati e giusti che a Nazaret si possano trovare, solerte nella sinagoga, puntuale nell adempimento dei doveri, e, pur non avendo avuto tanta fortuna da essere dotato da Dio di una facondia tale da distinguerlo dai comuni mortali, capace tuttavia di discorrere con proprietà e di commentare con giudizio, tanto più se gli capita di introdurre nel discorso un immagine o una metafora riguardante il suo mestiere, per esempio la falegnameria dell universo. Ma, visto che gli è mancato fin dall inizio il colpo d ali di un immaginazione veramente creativa, mai nella vita sarà capace di produrre una parabola che si ricordi, un detto meritevole di restare nella memoria delle genti di Nazaret e di essere legato per i posteri, o tanto meno uno di quei precisi epiloghi in cui l esemplarità della lezione traspare immediatamente dalle parole, una lezione talmente luminosa da respingere in futuro l intromissione di qualunque glossa, oppure, al contrario, abbastanza oscura o ambigua da trasformarsi nei giorni avvenire in piatto succulento per eruditi e specialisti vari. Quanto alle doti di Maria, per il momento, c è solo da cercarle con il lanternino, e comunque non troveremmo altro se non quanto è legittimo attendersi da chi non ha neppure sedici anni e, benché donna sposata, è solo una ragazzina fragile, due soldi di cacio, per così dire, ché anche allora, pur essendoci diversi denari, queste

monete qui non mancavano. Malgrado l esile figura, Maria lavora come le altre donne, cardando, filando e tessendo la biancheria di casa, cuocendo tutti i santi giorni il pane per la famiglia nel forno domestico, scendendo alla fonte per attingere l acqua, e poi di nuovo su per il pendio, fra ripidi sentieri, la brocca panciuta in testa, un orcio poggiato sul fianco e, infine, sul far della sera, spingendosi fra stradelle e piste abbandonate dal Signore a raccogliere legna e a fare stoppia, portandosi per giunta dietro un cesto con cui raccattare non solo lo sterco secco del bestiame, ma anche tutti quei cardi e rovi che abbondano sulle declivi alture di Nazaret, quanto di meglio è riuscito a inventare Dio per accendere un fuoco e intrecciare una corona. Tutto questo arsenale messo insieme sarebbe un carico più adatto da trasportare a casa in groppa a un mulo, non fosse per la convincente circostanza che l animale è rigorosamente adibito al servizio di Giuseppe e al trasporto del legname. Scalza alla fonte va Maria, scalza va nei campi, con quei suoi poveri vestiti che nel lavoro tanto più si sporcano e si consumano, e che bisogna stare sempre lì a lavare e a rammendare, i panni nuovi e le maggiori cure sono per il marito, donne del genere si contentano di una cosa qualunque. Maria va alla sinagoga, entra dalla porta laterale, quella che la Legge impone alle donne, e se, supponiamo, vi si trovano già lei e trenta sue compagne, o magari tutte le donne di Nazaret, o tutta la popolazione femminile della Galilea, dovranno comunque aspettare che arrivino almeno dieci uomini perché il servizio del culto, cui solo da passive assistenti parteciperanno, possa essere celebrato. Al contrario di Giuseppe, suo marito, Maria non è né timorata né giusta, ma non è certo sua la colpa di queste piaghe morali, la responsabilità è della lingua che parla, se non degli uomini che l hanno inventata, visto che le parole giusto e timorato, semplicemente, non hanno il femminile. Orbene, accadde che un bel giorno, passate circa quattro settimane da quell alba indimenticabile in cui le nuvole del cielo erano straordinariamente apparse di un colore violetto, Giuseppe era a casa, più o meno all ora del tramonto, e stava consumando la sua cena, seduto per terra e con le mani nel piatto come si usava allora, e Maria, in piedi, aspettava che finisse per poi mangiare. Erano entrambi taciturni, l uno perché non aveva niente da dire, l altra perché non sapeva come dire quanto aveva in mente. Accadde dunque che andò a bussare al cancelletto del cortile uno di quei poveri mendicanti che, pur non essendo un assoluta rarità, erano assai poco frequenti lì, tenendo conto dell umiltà del luogo e della norma degli abitanti, senza contare l arguzia e l esperienza della gente che mendica, ogniqualvolta c è da ricorrere al calcolo delle probabilità, minime in questo caso. Eppure, delle lenticchie stufate con cipolla e della zuppa di ceci che stavano per diventare la sua cena, Maria ne mise una buona porzione in una scodella e la portò al mendicante, che si sedette a terra per mangiare, fuori della porta che non aveva varcato. Non c era stato bisogno

che Maria chiedesse il permesso al marito ad alta voce, glielo concesse lui o gliel ordinò con un cenno del capo, ché già si sa quanto siano superflue le parole di questi tempi, quando un semplice gesto basta per uccidere o lasciar vivere, tale e quale nei giochi del circo si muove il pollice dei cesari, puntando in su o in giù. Benché diverso, anche questo crepuscolo era stupendo, con quei mille filamenti di nuvola sparsi nella vastità, rosa, madreperla, salmone, ciliegia, sono modi di dire terreni per poterci capire, giacché questi colori, e tutti gli altri, a quanto si conosce non hanno nomi celesti. Senza dubbio, il mendicante doveva avere una fame arretrata, questa sì che è fame, se ha ingollato tutto e si è leccato il piatto in così pochi minuti, ma eccolo, sta bussando di nuovo alla porta per restituire la scodella e ringraziare per l elemosina. Maria andò ad aprire, l accattone era lì, in piedi, ma inaspettatamente grande, assai più alto di quanto le era parso prima, in fondo è giusto quel che si dice, c è davvero una differenza enorme fra il mangiare e il non aver mangiato, tant è che a quest uomo pareva addirittura che gli risplendesse il viso e gli brillassero gli occhi, mentre gli abiti che indossava, vecchi e cenciosi, si agitavano sotto un vento venuto da non si sa dove, e con quell incessante movimento ci si confondeva la vista, al punto che, per un istante, quei cenci sembrarono degli eleganti e sontuosi drappi, ma solo a vederlo ci si potrebbe credere. Maria tese le mani per riprendere la scodella che, per un illusione ottica davvero portentosa, suscitata forse dalle luci cangianti del cielo, pareva essersi tramutata in un vaso dell oro più puro, e, nel preciso istante in cui la ciotola passava da queste mani a quelle, disse il mendico con voce potentissima, ché anche in questo il povero cristo si era trasformato, Che il Signore ti benedica, donna, e ti dia tutti i figli che a tuo marito piacerà, ma che non ti consenta di vederli come adesso vedi me, io che non ho, o vita mille volte dolorosa, dove posare il capo. Maria stringeva la scodella con le mani a conca, coppa su coppa, come in attesa che il mendico vi deponesse qualcosa dentro, e lui senza spiegazioni così fece, si chinò e raccolse un pugno di terra che, dopo aver alzato la mano, lentamente fece scivolare fra le dita, mentre diceva con voce sorda e risonante, L argilla all argilla, la polvere alla polvere, la terra alla terra, nulla comincia che non debba finire, tutto ciò che comincia nasce da ciò che è finito. Maria, turbata, domandò, Cosa vuol dire, e il mendico rispose solo, Donna, tu porti un figlio nel tuo ventre, ed è questo l unico destino degli uomini, avere inizio e fine, avere fine e inizio, Come hai saputo che sono incinta, Non è ancora cresciuto il ventre, ma i figli brillano già negli occhi della madre, In tal caso, mio marito avrebbe dovuto vedere nei miei occhi il figlio che ha generato, Ma forse non ti guarda quando lo guardi tu, E chi sei tu, che non hai avuto bisogno di udirlo dalle mie labbra, Io sono un angelo, ma non dirlo a nessuno. In quell istante, gli abiti risplendenti ridivennero cenci, quella figura di titanico gigante rimpicciolì e si consumò quasi l avesse lambita una repentina lingua di fuoco,

e avvenne appena in tempo la prodigiosa trasformazione, grazie a Dio, perché subito dopo la prudente ritirata Giuseppe era già quasi sulla porta, attratto dal brusio delle voci, più soffocate che in una conversazione lecita, ma soprattutto dall eccessivo dilungarsi della moglie, Cos altro voleva da te, quel povero, domandò, e Maria, non sapendo quali parole poteva pronunciare, seppe rispondergli solo, Dall argilla all argilla, dalla polvere alla polvere, dalla terra alla terra, nulla comincia che non debba finire, nulla finisce che non cominci, L ha detto lui, Sì, e ha aggiunto che i figli degli uomini brillano negli occhi della donna, Guardami, Ti sto guardando, Mi pare di vedere un bagliore nei tuoi occhi, furono le parole di Giuseppe, e Maria rispose, Sarà tuo figlio. Il crepuscolo si era tinto di azzurro, stava già acquistando il primo colore della notte, adesso si notava come dall interno della scodella si irradiasse una sorta di luce nera che delineava sul viso di Maria delle fattezze che non erano mai state sue, gli occhi sembravano appartenere a qualcuno più vecchio. Sei incinta, domandò infine Giuseppe, Sì, gli rispose Maria, Perché non me l hai detto prima, Te l avrei detto oggi, aspettavo che finissi di mangiare, E poi è arrivato quel mendicante, Sì, Cos altro ti ha detto, senza dubbio di tempo ce n è stato, Che il Signore mi conceda tutti i figli che vorrai, Cos hai, lì nella scodella, di così brillante, Ho della terra, L humus è nero, l argilla verde, la sabbia bianca, soltanto la sabbia brilla, se vi batte il sole, e adesso è notte, Sono una donna, non so spiegarlo, quell uomo ha raccolto un po di terra e l ha messa dentro, mentre pronunciava queste parole, La terra alla terra, Sì. Giuseppe andò ad aprire il cancello, guardò da un lato e dall altro. Non lo vedo più, è sparito, disse, ma Maria stava già rientrando tranquillamente in casa, sapeva che il mendicante, se era davvero chi aveva detto di essere, solo di sua volontà avrebbe permesso che lo vedessero. Posò la scodella sulla pietra del focolare, prese dalla cenere un po di brace, con cui accese il fuoco, soffiandovi fino ad attizzare una fiammella. Giuseppe rientrò, aveva un espressione interrogativa, uno sguardo perplesso e sospettoso che tentava di nascondere muovendosi con la lentezza e la solennità del patriarca, che non gli donavano affatto, tant era giovane. Discretamente, cercando di non farsi vedere, andò a sbirciare la scodella, la terra luminosa, assumendo un aria di scetticismo ironico, ma se era una dimostrazione di virilità quella che voleva dare, non gliene valse la pena, Maria teneva gli occhi bassi, era come assente. Con uno stecco, Giuseppe smosse la terra, incuriosito nel vederla scurirsi mentre la agitava per poi riacquistare la sua brillantezza, su una luce costante, quasi smorta, serpeggiavano rapidi bagliori, Non capisco, qui dev esserci un mistero, o la terra l aveva con sé e tu hai creduto che l abbia raccolta dal suolo, sono i trucchi di un mago, nessuno ha mai visto brillare la terra di Nazaret. Maria non rispose, mangiava quel poco che era rimasto delle lenticchie e della zuppa di ceci, accompagnandolo con un tozzo di pane unto d olio. Spezzandolo, aveva detto, come

sta scritto nella Legge, ma nel tono modesto che si addice alla donna, Che Tu sia lodato, Adonai, nostro Dio, re dell universo, che fai uscire il pane dalla terra. Mangiava in silenzio, mentre Giuseppe, lasciando vagare i pensieri come se stesse commentando nella sinagoga un versetto della Torah o la parola dei profeti, rifletteva sulla frase appena udita dalla moglie, la stessa che aveva recitato anche lui nell atto di dividere il pane, e tentava di immaginare che messe avrebbe potuto nascere e fruttificare da una terra che brillava, che pane avrebbe dato, che luce avremmo avuto dentro di noi, se ce ne fossimo cibati. Sei sicura che quel mendicante abbia raccolto la terra qui, le domandò di nuovo, e Maria rispose, Sì, sono sicura, E prima non brillava, Per terra non brillava. Tanta decisione dovrebbe scuotere il tipico atteggiamento di sistematico sospetto di chiunque sia posto di fronte ai detti e ai fatti delle donne in genere, e della propria in particolare, ma per Giuseppe, come per qualunque uomo di quei tempi e luoghi, era dottrina assai pertinente quella che riteneva il più saggio degli uomini colui che meglio sappia difendersi dalle arti e dalle furbizie femminili. Parlare poco con loro e ascoltarle ancora meno è il motto di ogni uomo prudente che non abbia dimenticato gli avvertimenti del rabbi Josaphat ben Yohanan, parole sagge quanto mai, Nell ora della morte si dovrà chiedere conto all uomo di ogni conversazione inutile che abbia avuto con sua moglie. Si chiese Giuseppe se questa conversazione con la moglie avrebbe potuto essere annoverata fra le inutili e, dopo averne concluso affermativamente, prendendo in considerazione la singolarità dell evento, giurò comunque a se stesso di non dimenticare mai le sante parole del rabbi suo omonimo, è bene ricordare che Josaphat significa Giuseppe, per non doversi ritrovare con dei rimorsi tardivi nell ora della morte, che a Dio piacendo dovrebbe essere un riposo. E infine, interrogatosi se fosse il caso di informare gli anziani della sinagoga del sospetto caso del mendicante sconosciuto e della terra luminosa, convenne di doverlo fare, per la tranquillità della propria coscienza e la pace domestica. Maria finì di mangiare. Portò fuori le scodelle per lavarle, tranne quella, inutile dirlo, usata dal mendicante. In casa c erano adesso due luci, quella del lume, che lottava faticosamente contro la notte ormai definitivamente insediatasi, e quell alone luminescente, vibratile ma costante, come un sole che non si decidesse a sorgere. Seduta per terra, Maria continuava ad aspettare che il marito le rivolgesse la parola, ma Giuseppe non ha altro da dirle, adesso è impegnato a comporre mentalmente le frasi del discorso che pronuncerà domani davanti al consiglio degli anziani. Lo irrita non sapere esattamente cosa sia successo fra la moglie e il mendicante, cos altro possano essersi detti, ma non vuole domandarglielo di nuovo, perché non si aspetta certo che lei aggiunga qualcosa a quanto ha già raccontato, e quindi lui dovrebbe prendere per vero il resoconto già fatto per ben due volte, e se in fin dei conti lei sta

mentendo, lui non potrà saperlo, ma lei sì, saprà di mentire e di aver mentito, e se la riderà sotto il velo, come vi sono ottime ragioni per credere che abbia riso Eva di Adamo, in modo più dissimulato, è chiaro, perché allora non esisteva ancora un velo che la coprisse. Giunto a questo punto, il pensiero di Giuseppe fece il seguente e inevitabile passo, ed eccolo quindi raffigurarsi il misterioso mendicante come un emissario del Tentatore, il quale, visto quanto sono cambiati i tempi e premunite le persone, non è caduto certo nell ingenuità di ripetere l offerta di un semplice frutto naturale, sembra piuttosto che sia venuto a recare la promessa di una terra diversa, luminosa, sfruttando all uopo, come al solito, la credulità e la malizia delle donne. Giuseppe ha la testa che gli scoppia, ma è soddisfatto di se stesso e delle conclusioni cui è giunto. Dal canto suo, non sapendo nulla dei meandri di analisi demonologica tra cui si è avventurata la mente del marito, e tanto meno delle responsabilità che le sono attribuite, Maria tenta di capire quella strana sensazione di mancanza che sta provando da quando ha annunciato al marito la gravidanza. Non un assenza interiore, certo, perché oltre tutto sa di trovarsi in quel momento, e nel senso più rigoroso del termine, occupata, ma una vera e propria assenza esterna, come se il mondo, da un attimo all altro, si fosse spento o allontanato. Ricorda, ma è come se stesse rammentando un altra vita, che dopo quest ultimo pasto, e prima di distendere le stuoie per dormire, aveva sempre qualche lavoro da finire, vi passava il tempo, mentre adesso sta pensando che non dovrebbe più muoversi dal punto in cui si trova, lì, seduta per terra, a guardare la luce che tracima dal bordo della scodella e ad aspettare che il figlio nasca. Diciamo adesso, a onore della verità, che i suoi pensieri non furono così chiari, in fin dei conti il pensiero, lo hanno già detto altri, o forse anch io, è come un grosso gomitolo di filo arrotolato su se stesso, lento in alcuni punti, in altri stretto fino alla soffocazione e allo strangolamento, è qui, dentro la testa, ma è impossibile conoscerne tutta l estensione, bisognerebbe srotolarlo, tenderlo e infine misurarlo, ma questo, per quanto lo si tenti, o si finga di tentarlo, non si può fare da soli, senza aiuto, dev esserci qualcuno che un giorno venga a dirti dove tagliare il cordone che lega l uomo al suo ombelico, dove legare il pensiero alla sua causa. Il mattino seguente, dopo una notte di pessimo sonno, durante la quale si era svegliato in continuazione per l incubo di vedersi cadere e ricadere in un immensa ciotola capovolta, che era come un cielo stellato, Giuseppe si recò alla sinagoga per chiedere consiglio e rimedio agli anziani. Il suo insolito caso era talmente straordinario, anche se lui non poteva neppure immaginare fino a che punto, giacché, come sappiamo, gli mancava il meglio della storia, cioè la conoscenza dell essenziale, ché se non fosse per l ottima opinione che hanno di lui i veterani di Nazaret, magari dovrebbe tornarsene per la stessa strada, sentendo come un riecheggiante suono di

bronzo la sentenza dell Ecclesiaste con cui lo avrebbero fulminato, Chi si fida con troppa facilità è di animo leggero, e lui, poverino, armato dello stesso Ecclesiaste, e a proposito del sogno che lo aveva perseguitato tutta la notte, sarebbe stato privo della presenza di spirito per ribattere, Lo specchio e i sogni sono cose simili, sono come l immagine dell uomo di fronte a se stesso. Concluso dunque il racconto, gli anziani si guardarono l un l altro e poi, tutti insieme, fissarono Giuseppe, e il più vecchio, traducendo in una domanda diretta la discreta sospettosità del consiglio, disse, È la verità, tutta la verità e solo la verità quanto ci hai appena raccontato, e il falegname rispose, La verità, tutta la verità e nient altro che la verità, il Signore mi sia testimone. Discussero gli anziani lungamente fra di loro, mentre Giuseppe aspettava in disparte, e infine lo chiamarono per annunciargli che, per via di certe discordanze che ancora sussistevano sui procedimenti più opportuni, avevano deciso di inviare tre emissari a interrogare direttamente Maria sugli strani eventi e indagare su chi fosse mai quel mendicante che nessun altro aveva visto, che aspetto avesse, quali precise parole avesse pronunciato, se si aggirasse abitualmente per Nazaret a chiedere l elemosina, raccogliendo peraltro, di passaggio, quante altre notizie avrebbe potuto dare il vicinato circa il misterioso personaggio. Gioì in cuor suo Giuseppe perché, pur non volendo confessarlo, l intimoriva il pensiero di dover affrontare da solo la moglie, per quel particolare atteggiamento che aveva assunto, sempre con gli occhi bassi, come detta la discrezione, certo, ma insieme con una mal celata espressione provocante, l espressione di chi sa più di quanto voglia ammettere, e vuole che si noti. In verità, in verità vi dico, non c è limite alla malizia delle donne, soprattutto delle più innocenti. Partirono dunque gli emissari, Giuseppe in testa, a fare strada, ed erano Abiatar, Dotain e Zacchia, nomi che si registrano qui per stornare ogni sospetto di frode storica che potrebbe eventualmente perdurare nello spirito di tutti coloro che di questi fatti e delle loro versioni siano venuti a conoscenza da altre fonti, magari più accreditate dalla tradizione, ma non per questo più autentiche. Enunciati i nomi, provata l effettiva consistenza di personaggi che li usavano, i dubbi ancora sussistenti perdono molta della loro forza, sebbene non la loro legittimità. Ma non capitava tutti i giorni che uscissero tre anziani emissari, come si rivelavano dalla particolare dignità dell incedere, dalle tuniche e dalle barbe al vento, e quindi furono ben presto circondati da un gruppo di ragazzini che, con le intemperanze tipiche dell età, risate, grida, schiamazzi, accompagnarono i delegati della sinagoga fino alla casa di Giuseppe, che il rumoroso e denunciante corteo aveva cominciato a infastidire alquanto. Attratte dal baccano, le donne delle case vicine si affacciarono agli usci e, fiutando qualche novità, mandarono i figli a scoprire che cosa fosse quell assembramento davanti alla porta della vicina Maria. Fatica sprecata, ché entravano soltanto gli uomini. La porta si chiuse con autorità, fino ai nostri giorni,