e-book a cura di agosto 2002



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e-book a cura di agosto 2002 link: www.romanzieri.com scelta iconografica di Silvana Musella 2

Joannes Hermans detto Monsù Aurora Anatre assalite da due cani, 1657 olio su tela, 147x165 cm, Roma, Galleria Doria Pamphilj in AAVV., La natura morta in Italia, Milano Electa, 1989, p. 800. 3

Napoli all inizio del Seicento non è Parigi, ma in qualcosa ci somiglia: è pur sempre una capitale. Per di più, una sessantina di anni prima delle meraviglie di Versailles e del Re Sole, frequenta la Corte napoletana del Viceré spagnolo e altre piccole corti del regno Giambattista Basile. Anche lui è un cortigiano che organizza feste e mascherate, che fa l amministratore e lo scrivano quando serve, che compone musica e versi celebrativi. Ma soprattutto scrive opere, da cui si aspetta il successo, e favole in lingua napolitana che la sorella Adriana, cantante di corte, farà pubblicare dopo la sua morte in cinque volumi con il titolo Lo Cunto de li Cunti (l634-l636). Fatto sta che molte favole di Charles Perrault sembrano fatte con lo stampino su quelle di Giambattista Basile (Cenerentola, Pelle d Asino, La Bella addormentata nel bosco, Il Gatto con gli stivali, Pollicino, Le Fate) e, perciò, o Perrault aveva letto Basile o i due più grandi favolisti europei del Seicento attingevano agli stessi racconti orali. Tra l altro tutti e due gli autori, da bravi istrioni di corte, recitano e mimano le loro favole per il divertimento dei cortigiani (e non dei bambini), dopo averle ascoltate e metabolizzate dalla cultura popolare, che tramandano nobilitata. Per chi ama Napoli, per chi la conosce o per chi spera di venirla a visitare, la lettura delle favole di Basile può essere una guida preziosa, una mappa di parole e immagini tramata di metafore ardite e carnalissime. Il giorno e la notte; il Sole, la Luna e le Stelle; gli animali, gli uomini e le donne; i vecchi, le vecchie e i giovani, gli orchi e le streghe; la schiava nera e la fata bianca; le piante, gli oggetti d uso e quelli fatati; i cibi e gli escrementi; la bellezza e la bruttezza, l amore e la crudeltà; i giochi, i canti e le delizie dei banchetti: sono rappresentati in un linguaggio ricco e napoletanissimo, un linguaggio che lascia a bocca aperta anche il lettore più e- sperto per la capacità di Basile di spremere dalle parole il loro succo più 4

saporoso. O di dare dignità letteraria alle parole del popolo e all oralità viva e creativa dei napoletani di ogni ceto e condizione. Tutto questo e altro ancora costituisce il mondo incantato e concretissimo delle cinquanta favole di Giambattista Basile: cinquanta favole per cinque giornate, da cui deriva all opera, dal greco, l altro titolo di Pentamerone. 5

Lilla e Lolla accattaro na papara a lo mercato che le cacava denare; l è cercata m priesto da na commare e, trovanno lo contrario, nce l accide e la ietta pe na fenestra; s attacca allo tafanario de no prencipe mentre faceva de lo cuorpo, né nce la pò scrastare nesciuno fora che Lolla, pe la quale cosa lo prencipe se la piglia pe mogliere. Gran settenza fu chella de chillo grann ommo da bene che l artesciano midia l artesciano, lo chiavettiero lo chiavettiero, lo musico lo musico, lo vicino lo vicino e lo poveriello lo pezzente; pocca non c è pertuso a la fraveca de lo Munno dove non faccia la tela sto marditto ragno de la midia, la quale non se pasce d autro che de le roine de lo prossimo, comme particolaremente senterrite da lo cunto che ve derraggio. Era na vota doie sore carnale cossì redotte n chiana terra che tanto campavano quanto sputazziannosi da la matina a la sera le deta facevano quarche poco de felato a vennere, ma, con tutta sta negra vita, non era possibele che la palla de la necessità, truccando chella de lo nore, la mannasse fora. Pe la quale cosa lo cielo, ch è cossì largo a remunerare lo bene comm è sottile a casticare lo male, mese n capo a ste povere figliole che iessero a lo mercato a vennere certe matasse de filato e de chello poco che ne cacciassero n accattassero na papara. La quale cosa fatto e portatese la papara a la casa, le mesero tanto ammore che la covernavano comme si le fosse sore carnale, facennola dormire a lo proprio lietto. Ma, scoppa dì e fa buono iuorno, la bona papara commenzaie a cacare scute riccie, de manera che a cacata a cacata se ne nchiero no cascione. E fu tale lo cacatorio che commenzaro ad auzare capo e se le vedde luce- 6

re lo pilo, de manera che certe commare loro, trovannose no iuorno nziemme a fare parlamiento, dicettero fra loro: «Hai visto, commare Vasta, Lilla co Lolla, che l autr ieri non avevano a dove cadere morte e mo se so repolute de manera che sforgiano da segnore? le vide le finestre sempre aparate de galline e muodole de carne che te shioncano n facce? che cosa pò essere? o cheste hanno puosto mano a la votte de l onore o cheste hanno trovato lo tesoro!». «Io ne resto na mummia respose Perna pocca dove cadevano cesse mo le veo m perteca e resagliute, che me pare no suonno». Dicenno cheste cose, ed autre, stimolate da la midia facettero no pertuso da la casa loro che responneva a le cammere de ste doie figliole, pe fare le guanattelle e vedere se potessero dare quarche pasto a la curiosità loro e tanto facettero la spia che na sera quanno lo Sole da co la sparmata de li raggie ncoppa le barche de lo mare dell Innia pe dare feria all ore de lo iuorno vedero Lilla e Lolla che mesero le lenzola nterra e, facennoce saglire la papara, chella commenzaie a sghizzare frusce de scute, pe la quale cosa le scettero a no medesimo tiempo le bisole dell uocchie e la vozza de la canna. E, venuta la matina quanno Apollo co la verga d oro scongiura l ombra a retirarese venuta Pasca a trovare ste figliole e dapo mille giravote de parlamiento, tira e longa, venne a lo quateno pregannole a prestarele pe doi ora la papara, pe fare pigliare ammore a la casa a certe paparelle che avevano accattato. E tanto seppe dicere e pregare che le nzemprecone de le doie sore, parte per essere abonate che non sapevano negare parte pe non mettere a malizia la commare, nce la prestattero co patto che nce la tornasse subito. Iuta la commare a trovare l autre, stesero subito lenzola n terra e facettero saglire la papara, che, pe parte de mostrare na zecca a lo fonnamiento che cognasse scute nce aperette no connutto de latrina, che lavoraie la biancaria, a cheste scure, de terra gialla che l adore ne ieva pe tutto lo quartiero, comme va de le pignate maritate la domeneca. La quale cosa vedenno, penzaro che, covernannola bona, farria sostanza de lapis filosoforo pe sodisfare la voglia loro; e cossì la cevaro tanto che le 7

sceva pe canna e, postola ncoppa a n autro lenzulo nietto, se primma la papara se mostraie lubreca, mo se scoperse a visinterio, che la digestione fece la parte soia. Pe la quale cosa le commare, sdegnate, vennero n tanta collera che, tuorto lo cuollo a la papara, la iettaro pe la fenestra a na stratella che non passava, a dove se iettava la monnezza. Ma comme voze la sciorte, che dove manco te cride fa nascere la fava, passaie da chella parte no figlio de re che ieva a caccia, dove se le moppe lo cuorpo de manera che, dato a tenere la spada e lo cavallo a no servitore, trasette a chillo vicuozzolo a scarricare lo ventre; e, fatto c appe lo servizio, non trovannose carta a la saccocciola pe stoiarese, visto chella papara accisa de frisco se ne servette pe pezza. Ma la papara, che n era morta, s afferraie de manera co lo pizzo a le porpe de lo nigro prencepe che commenzanno a gridare nce corzero tutte li serviture e, volennola sciccare da la carne, non fu possibele, che s era attaccato comme na Sarmace de penne a n Ermafrodito de pilo. De sciorte che lo prencepe, non potenno resistere de lo dolore e vedenno le fatiche de li serviture iettate a lo viento, se fece portare m braccia a lo palazzo riale, dove, fatto chiammare tutte li miedece e conferitese sopra la facce de lo luoco, fecero tutte le prove loro pe remmediare a sto azzedente, mettenno unziune, adopranno tenaglie, iettannoce porvere. Ma, vista che la papara era na zecca che non se scrastava pe argiento vivo, na sangozuca che non se levava pe acito, fece subito iettare no banno: che chi se confidasse levarele chillo frusciamiento de tafanario s era ommo l averria dato miezo regno e si era femmena l averria pigliata pe mogliere. Loco te vediste la gente a morra a darence de naso! ma quanto chiù nce facevano remmedio chiù la papara stregneva e tenagliava lo scuro prencepe, che pareva che se fossero confarfate tutte le rizzette de Galeno, l Aforisme de Ipocreto e li remmedie de Mesoè contra la Posteriore de Ristotele pe trommiento de chillo sventurato. Ma come voze la sciorta, fra tante e tante che vennero a fare sta prova nce arrivaie Lolla, la chiù peccerella de le doie sore. La quale comme vedde la papara la canoscette e gridaie: «Ntrofatella mia, ntrofatella!». 8

La papara, che sentette la voce de chella che le voleva bene, lassaie subeto la presa e le corze n zino facennole tanta carizze e basannola, no se curanno de cagnare lo culo de no prencepe co na vocca de na villana. Lo prencepe, che vedde sta maraviglia, voze sapere comme camminava lo fatto e, benuto n considerazione de la burla de le commare, le fece frustare pe la terra e mannare n ausilio e, pigliatose Lolla pe mogliere co la papara n dote, che cacava ciento tesore, dette n autro marito ricco ricco a Lilla e stettero li chiù conzolate de lo munno, a dispietto de le commare, le quale, volenno chiuderle na strada alle recchezze che le mannaie lo cielo, le apersero n autra ad essere regina, conoscenno alla fine che ogne mpiedeco è spisso iovamiento. 9

Filippo Falciatore Scena di vita popolare al Largo di Castello, 1760 ca. olio su tela, 129x180, Napoli, collezione Giannone in Nicola Spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Barocco al Rococò, Electa Napoli, 1986, p. 98. 10

Lilla e Lolla comprano al mercato una papera che caca denari. Una comare la chiede in prestito e, scoprendo che la papera fa tutto il contrario, la uccide e la getta dalla finestra. La papera s attacca al culo di un principe mentre lui sta andando di corpo e nessuno gliela può staccare fuorché Lolla e, per questo, il principe se la sposa. Gran verità disse quel grand uomo quando affermò che l artigiano invidia l artigiano, il vuotacessi il vuotacessi, il musicista il musicista, il vicino il vicino e il povero invidia il pezzente, perché non c è buco nella fabbrica del Mondo dove non faccia la sua tela questo maledetto ragno dell invidia, che non si pasce d altro se non della rovina del prossimo, come in particolare sentirete dalla storia che vi racconterò. C erano una volta due sorelle carnali, così malridotte che riuscivano a campare solo sputazzandosi dalla mattina alla sera sulle dita per filare una piccola matassa di filo da vendere al mercato. Ma, nonostante la vita disgraziata, la palla della necessità non riusciva a colpire quella dell onore e a mandarla in buca. E però il cielo, che è largo nel ripagare il bene così com è avaro nel castigare il male, mise in testa a queste due povere ragazze l idea d andare al mercato per vendere certe matasse di filo e comprare una papera con quel poco che ne ricavavano. Così fecero e, portatasi a casa la papera, le si affezionarono subito e la trattavano come se le fossero sorelle carnali, facendola dormire nel loro letto. Viene il giorno dopo, ed è un giorno fortunato. 11

La buona papera cominciò a cacare scudi d oro, in quantità tale che, cacata dopo cacata, Lilla e Lolla ne riempirono un cassone. E fu tanto il cacatorio che le due sorelle cominciarono ad alzare il capo e ad avere il pelo lucido, tanto che certe comari, trovandosi un giorno a spettegolare tra loro, dissero: «Hai visto, comare Vasta, Lilla e Lolla, che l altro ieri non avevano neanche dove cadere morte e ora si sono tanto ripulite che sembrano due signore? Le vedi le loro finestre piene di galline e di pezzi di carne, che ti sbattono in faccia? Che può essere successo? O Lilla e Lolla hanno posto mano alla botte dell onore o hanno trovato un tesoro!». «Io ci sono rimasta come una mummia disse Perna perché, mentre sembravano sul punto di cadere morte, ora le vedi dritte come una pertica e resuscitate, che mi pare un sogno». Dicendo questo, e altro, incendiate dall invidia, le comari scavarono un buco dalla loro casa fino alle camere delle due ragazze, per fare le guarattelle 1 e per vedere se potevano togliersi la curiosità. E tanto rimasero a spiare finché a sera quando il Sole batte con la bacchetta dei suoi raggi sulle barche del mare indiano per dare riposo alle Ore del giorno videro Lilla e Lolla che mettevano a terra le lenzuola e, facendovi salire sopra la papera, quella cominciava a schizzar fuori rumori di scudi, tanto che a loro uscirono fuori, nello stesso tempo, le ciliegie dagli occhi e il gozzo dalla gola. Il mattino dopo quando Apollo con la verga d oro scongiura le Ombre di ritirarsi comare Pasca venne a trovare le due sorelle e, dopo mille giri di chiacchiere, tira e molla, finalmente venne al dunque e le pregò di prestarle per due ore la papera, per fare abituare alla casa certe paperelle che aveva comprato al mercato. E tanto seppe dire e pregare che quelle semplicione delle due sorelle, un po perché tanto ingenue da non saper dir di no e un po per non insospettire la comare, le prestarono la 1 Per spiarle. Le guarattelle, che a Napoli sono un genere di teatrino da strada, qui alludono all atto dei burattini di affacciarsi lateralmente sulla scena e, perciò, fare le guarattelle significa spiare. 12

papera che cacava scudi d oro con il patto che gliela riportasse al più presto. Comare Pasca andò di corsa dalle altre comari, che subito stesero a terra le lenzuola e vi fecero salire sopra la papera. Ma quella, invece di mostrare da sotto una zecca che coniava scudi, aprì un condotto di latrina, che decorò la biancheria di quelle sciagurate di colore giallo, tanto che l odore si sparse per tutto il quartiere, come capita di domenica con la pignata maritata 2. Le comari, vedendo ciò, pensarono che, trattandola bene, avrebbe cacato sostanza da pietra filosofale 3 per soddisfare la loro voglia. E, così, le fecero ingoiare tutto quello che poterono infilarle in gola. Poi, avendola sistemata sopra un altro lenzuolo pulito, se prima la papera si era dimostrata cacona, ora si scoperse colpita da dissenteria, perché la digestione fece la sua parte. Per la qual cosa le comari, scornate e infuriate, furono prese da una tale collera che, tirato il collo alla papera, la gettarono dalla finestra in un vicolo cieco, dove si usava buttare la spazzatura. Ma, come volle la sorte, che dove meno te lo aspetti ti fa spuntare le fave, si trovò a passare di là un figlio di re, che andava a caccia e che sentì il bisogno di andare di corpo. Perciò, consegnati a un servitore spada e cavallo, entrò in quel vicoletto per scaricarsi la pancia e, fatto che ebbe il servizio, non avendo in tasca una carta per pulirsi, vista la papera uccisa di fresco se ne servi come pezza da culo. Ma la papera, che non era morta, s afferrò col becco alle chiappe del povero principe, che cominciò a urlare di dolore. Accorsero tutti i suoi servitori, che tentarono di staccarla dalla carne principesca, ma non fu possibi- 2 Si tratta di un piatto dell antica cucina napoletana, fatto con varie verdure e pezzi di carne, che si mangia nei giorni di festa. Compare ancora oggi nei menù dei napoletani a Pasqua e a Natale. La forma maritata indica, con la creatività linguistica propria del linguaggio napoletano, l unione di carne e verdure che, in passato, connotava i piatti ricchi. 3 Secondo gli antichi alchimisti, la pietra filosofale poteva trasformare i metalli in oro, bastava solo riuscire a trovarla. 13

le, perché s era attaccata come una Salmace pennuta a un Ermafrodito peloso 4. Così il principe, non potendo resistere al dolore e vedendo buttate al vento le fatiche dei servi, si fece portare in braccio al palazzo reale, dove, fatti chiamare tutti i medici del regno e fatto un consulto in presenza della papera attaccata al culo, tentarono tutti i rimedi per porre fine a questo accidente, spalmando unguenti, adoperando tenaglie, spargendo polverine. Ma, visto che la papera era una zecca che non si sradicava neanche con l argento vivo, una sanguisuga che non si staccava neanche con l aceto, il principe fece subito pubblicare un bando: che chi fosse riuscito a liberarlo da quel prurito al culo, se era un uomo, gli avrebbe dato mezzo regno e, se donna, l avrebbe presa in moglie. Allora avresti potuto vedere la gente a branchi accorrere a sbatterci il naso! Ma quanto più tentavano rimedi, più la papera stringeva a tenaglia il povero principe. Sembrava che si fossero alleate tutte le ricette di Galeno, tutti gli Aforismi di Ippocrate e tutti i rimedi di Mesoè contro i Posteriori di Aristotele 5 per il tormento di quello sventurato. Ma, come volle la sorte, fra tanti e tanti che vennero a tentare la prova, arrivò anche Lolla, la più piccola delle due sorelle. Lolla, non appena vide la papera la riconobbe e gridò: «Cicciotta mia, cicciotta!». La papera, che sentì la voce di quella che le voleva veramente bene, lasciò immediatamente la presa e le corse in braccio, facendole mille carezze e baciandola, senza curarsi di scambiare il culo di un principe con una bocca di una campagnola. Il principe, che vide questa meraviglia, volle sapere come era andato il fatto e, venuto a conoscenza del brutto scherzo delle comari, le fece frustare per la strada e mandare in esilio e, presa Lolla in moglie con la pa- 4 Narra il mito antico che la ninfa Salmace ottenne di diventare tutt uno con il bellissimo Ermafrodito, figlio di Ermes e di Afrodite, da lei tanto amato. 5 Si tratta dei medici più famosi e della farmacopea antica, contrapposta, solo per un gioco di parole, agli Analytica posteriora di Aristotele. 14

pera in dote, che cacava cento tesori, dette un altro marito ricchissimo a Lilla e furono per sempre i più felici del mondo, a dispetto delle comari, le quali, volendo chiudere una strada alle ricchezze mandate dal cielo a Lolla, gliene apersero un altra da regina, scoprendo alla fine che ogni impedimento, spesso è giovamento. fine 15