bruno barba * Il candomblé tra tradizione e transculturazione



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bruno barba * Il candomblé tra tradizione e transculturazione È un mondo che vive di simboli, rituali, miti. Un mondo che riproduce rapporti di potere e di equilibrio africani in un contesto americano, metropolitano e postmoderno. Il candomblé era una religione di neri, praticata da africani e mulatti feticisti e primitivi così si pensava ai primi del Novecento, in piena epoca positivistica -; con il passare del tempo si è trasformato in un mondo e in una religione universale, accompagnando l assunzione, da parte della cultura brasiliana, di tanti elementi dalle più svariate provenienze. Ma c è di più: se il candomblé, che è il sincretismo afro-brasiliano per eccellenza, il più noto - grazie soprattutto alla magia dei romanzi di Jorge Amado - ha saputo temperare di sé l intera cultura di un paese, è pur vero che ha saputo determinare mode, imposto maniere di pensare, creato simbologie e persino suggerito modi di organizzare gerarchie, economia e società. La musica, la letteratura e non soltanto quella di Amado il cibo (la deliziosa e speziata comida baiana) manifestazioni quali la capoeira, il Carnevale, persino il calcio, con i suoi movimenti di bacino, tutto, in Brasile sembra parlarci del candomblé, e di Africa. Religione dinamica, in continuo movimento e trasformazione, il candomblé è tuttavia religione tradizionale in quanto permeata di mistero e segreto. Le tradizioni che si perdono nel Golfo di Guinea e che poi sono state rielaborate nella zona di Bahia, ricchissima di piantagioni e quindi di schiavi -, venivano, fino a qualche tempo fa, tramandate oralmente. Oggi il codice di comportamento, le formule rituali, le parole delle cantigas, i miti che riguardano gli orixás, ovvero le divinità protagoniste della religione, vengono trascritti e raccolti in preziosi quaderni. Saper scrivere, oltre che saper raccogliere, diventa ragione di potere. Il carisma, quello tradizionale, quello che permetteva ai sacerdoti del culto di avere tanti adepti, non può più essere esercitato * Ricercatore di Antropologia all Università di Genova, Dipartimento di Scienze Politiche. Si occupa da più di vent anni di meticciato culturale e sincretismo religioso: in particolare dell analisi delle dinamiche di incontro e sintesi tra popoli, culture e religioni avvenute in Brasile, dello studio della religione afrobrasiliana del candomblé e dei suoi rituali, simbologie, adattamenti.

in mancanza di quella che la società moderna chiama visibilità sociale. La legge del santo, quell imperscrutabile volontà divina, certo permane, ma arricchita dalla capacità interpretativa del pai o della mãe de santo. Il marchio africano, indissolubile e sempre visibile, si deve quindi far accompagnare dalla penna di qualcuno. In altri termini, per farsi largo nel complicatissimo mercato religioso brasiliano, il candomblé, che soprattutto nelle grandi città soffre della concorrenza dei culti pentecostali e delle altre chiese protestanti, ricchissime e potentissime, deve far leva sulla propria capacità seduttiva, inventando nuove strategie di penetrazione. La storia della formazione delle religioni afro, è già, se vogliamo, una potente arma di seduzione. Se è vero che il meticciato culturale brasiliano è da molti preso a modello per una nuova maniera possibile di immaginare il futuro, un futuro fatto di dialogo, di elaborazione continua, di interscambi tra le culture, ispirato a una sorta di antropofagia culturale e simbolica, è altrettanto certo che la nascita del sincretismo - che è la traduzione in termini religiosi del meticciato - racconta del superamento dell incomunicabilità. Un processo, questo, ancor più miracoloso se pensiamo a dove nelle piantagioni, e in che epoca approssimativamente tra il 1550 e il 1750 - questa evoluzione ha preso il via. Dall unione carnale tra il padrone e la schiava negra è nato il mulatto, colui che fonda il Brasile biologico; dall unione creativa e interpretativa tra i riti africani degli schiavi e la religione cattolica dei portoghesi nasce invece il candomblé. Gli schiavi nel Nuovo Mondo avevano perso i loro punti di riferimento e le loro credenze negli spiriti della natura erano in grave pericolo. Gli orixás non li avevano protetti a sufficienza dalle sofferenze, anche perché, allontanati dai luoghi consacrati dove si credeva risiedessero (la foresta, l albero, il fiume, la pietra), la forza di questi dei si era affievolita. Ma fu, per paradossale che sembri, proprio l incontro con i santi del cattolicesimo restitusce vita e forza agli orixás. In fondo santi, madonne, Gesù Cristo, tutti assomigliavano - non è magia questa? - alle divinità africane. Già allora si rivelò quella capacità, tutta brasiliana, di attrarre gli opposti; il desiderio di essere tutti e di nessuno (una sorta di sindrome di Gabriela), una strategia di non scelta (ancora Amado, e la sua Dona Flor); si chiama oggi jeitinho questa maniera di fingere, di cercare un aggiustamento e una soluzione per tutto. Così per ogni santo cattolico ci sarà un orixá che corrisponde, per storia di vita o per caratteristiche fisiche; così, là, nella piantagione, si può fingere la conversione al

cattolicesimo, o meglio ancora si può ricreare una nuova realtà, veramente americana. Non mi sembra di esagerare proponendo che è proprio questa capacità di trasformare le tragedie della storia (quelle che potrebbero sembrare tragedie) in opportunità a connotare il Brasile. Pensiamo al Brasile-nazione che nasce nella piantagione della sofferenza; alla favela che da luogo di emarginazione è diventata il laboratorio creativo per eccellenza di un Brasile che rinasce; e ancora, al Carnevale, bistrattata e criticatissima manifestazione di sperpero di denaro una sorta di potlach moderno che ancora arricchisce il turismo e l esportazione, nell immaginario collettivo, del modello Brasile, economicamente non quantificabile, ma sicuramente molto produttiva. Il candomblé nasce grazie e soprattutto alla creatività di un mondo, un ambiente, una cultura che, come di dice Fernado Ortiz compie una tranculturazione, ovvero passa oltre a una mera giustapposizione di elementi, o peggio alla cancellazione di una cultura a scapito di un altra; al contrario il termine vuole designare movimento e quindi la creazione di un modello che non appartiene né all Africa né all Europa, né agli schiavi né ai padroni, né ai bianchi né ai neri, né ai feticisti né ai cattolici. Osservare una cerimonia religiosa afro-brasiliana fa comprendere come e quanto questo spirito di adattamento sia radicato nella comunità. Se la trance, lo stato alterato di coscienza, rappresenta l avvenimento culminante di ogni rituale, il momento in cui avviene la comunione con gli dei e quindi la rappresentazione, nelle danze e nell abbigliamento, di queste entità, il capo del gruppo compie atti, si rende protagonista di atteggiamenti e ricopre funzioni che esulano da quelle che dovrebbero essere tipiche mansioni religiose. Durante la trance, che, ricordiamolo, è gestita proprio dallo chef del terreiro (il luogo del culto) e dalle sue aiutanti, il pai de santo è a tutti gli effetti un sacerdote. Quando compie la divinazione con le conchiglie consacrate (jogo de buzios), quando prescrive ai fedeli i sacrifici di animali o i preparati (ebó, volgarmente macumbe ) per fortificare le divinità, quando decide il calendario festivo o le ristrutturazioni del luogo di culto, ecco che diventa un oculato, saggio ed esigente amministratore. Non bisogna dimenticare che fin dall inizio, attorno alla metà del XIX secolo e poi all inizio del Novecento, quando la comunità negra, nonostante l abolizione della schiavitù, era vessata, demonizzata e oltremodo discriminata, i terreiros, che per i bianchi erano antri di perversione e superstizione, in realtà non erano altro che rifugi, che offrivano sicurezza e protezione per gli ex

schiavi e i loro discendenti. E questa funzione si è protratta, ammodernandosi, ovviamente, fino ad oggi. Iansã, la dea guerriera che sfodera la spada, Ogum il coraggioso combattente Iemanjá la madre, la diva del mare, Exu scostumato e osceno eppure principio del sesso e quindi della vita, Oxum la vanitosa si specchia fiera della sua bellezza: erano sì loro, gli orixás, i protagonisti e i protettori della diaspora, ma nulla sarebbe stati capaci di fare e nessuno di proteggere, se non fossero intervenuti - accanto alle matrone negre di Bahia - i pais de santo intrepidi, i capi, i referenti, gli amministratori oculati. Senza decontestualizzare troppo significati e ruoli, se i cattolici pensano esista un angelo protettore di ogni persona, gli adepti del candomblé credono che ogni persona possegga il proprio orixá, il santo cui identificarsi. Quando il pai de santo rivela al fedele la corrispondenza con uno dei sedici orixás di cui si è conservato il ricordo in Brasile, scatta il meccanismo dell immedesimazione. Quale potere infinito si può nascondere in quest atto, in questo presunto sapere. Vedendo proiettata nell orixá la propria personalità, e ricevendone la visita durante la trance di possessione, il fedele acquisisce autostima, fiducia, forza. La seduta con il pai de santo assume i contorni e i significati moderni di una seduta psicanalitica. I terreiros, che sono di grandezza e sontuosità differente, che possono essere costruiti in città oppure, ed è assolutamente preferibile, nella foresta, a contatto con la natura e quindi si crede, con l africanità, sebbene immaginata, sono organizzati secondo una rigida gerarchia che, al di là dell apparente informalità, nascondono spesso tensioni, conflitti, gelosie. Logico, si tratta delle gestione del potere, anche sessuale e non soltanto economico: il pai de santo gode di privilegi che distribuisce ai notabili (soprattutto agli ogás, ovvero iniziati particolarmente eminenti) e ai suoi accoliti. Con l aumentare del numero degli adepti, il sacerdote tende a demandare alcune incombenze ad alti dignitari del suo gruppo, conservando per sé esclusivamente quello di dialogare con gli dei, ovvero il sacro rito della divinazione, distribuendo così potere e favori. Entrare a far parte del ristretto gruppo dei collaboratori del pai de santo, è pertanto un importantissimo mezzo di ascesa sociale. Se in effetti, il padre (o la madre) del centro rappresenta il capo spirituale, anzi, il genitore di tutti i propri filhos (così, figli vengono chiamati gli adepti), è altresì vero che in quanto uomo o donna fa trasparire preferenze, antipatie, affetti anche

sconvenienti e quindi, in senso metaforico, incestuosi. Vi sono personaggi, come mãe Stela dell Axé Opó Afonjá a Bahia, o mãe Sylvia di San Paolo, robuste e imponenti da sembrare vere e proprie regine africane, che sono state chiacchieratissime per la loro spregiudicatezza. Sono vere e proprie imprenditrici, che gestiscono denaro, progettano iniziative pubbliche in accordo con le autorità locali (raccolte di fondi, istituzioni di scuole per l infanzia). Il candomblé rende visibili. O meglio ancora rende : tanti altri sacerdoti che ho incontrato a San Paolo, Salvador, Recife, São Luis, Rio, partiti da umilissimi origini e possibilità, sono diventati sacerdoti famosi grazie alle ricchezze accumulate nel tempo. Volantini, biglietti da visita, inserzioni sui quotidiani servono a promuovere le attività religiose; e milioni di brasiliani, tra cui politici, attori di novelas, atleti, cantanti, professionisti di vario genere si sottopongono al rito della divinazione, che è a pagamento e che costituisce la maggior fonte di entrate per un terreiro. Il volere degli dei che si disvela in quel lancio di 16 conchiglie consacrate offre in realtà un imperdibile chance per dominare il proprio cliente. Chi si trova davanti a quella prova è arrivato fino a lì seguendo un percorso di sofferenza: ha problemi di salute, di affetti, o di denaro. È debole al cospetto del sacerdote, che lo ha in pugno: facendo leva su presunte doti magiche, meglio sulla sua capacità di introspezione psicologica, arricchita, sempre, da una buona dose di carisma, il pai de santo gioca come al gatto con il topo. Nella migliore delle ipotesi, aiuta davvero il povero malcapitato e comunque, entra a conoscenza di segreti indicibili - ; nella peggiore sfrutta subdolamente questo potere, estorcendo denaro, o informazioni utili, o ancora, creando una dipendenza fortissima. Il cliente si vede assegnare l orixás, apprende quali impedimenti eventualmente ostacolano il suo successo nel lavoro, conosce i nuovi nemici, apprende come conquistare la donna che ama. Il prezzo è tanto più caro quanto maggiore è la possibilità economica dell interlocutore: le mães e i pais de santo costano, ma sanno essere giusti. Il fedele tanto l iniziato quanto colui che è appena venuto a conoscenza dei meccanismi della religione e che per un certo periodo si muove soltanto ai margini è deferente, rispettoso, obbediente nei confronti del proprio capo spirituale. Se è vero che sacerdoti di candomblé sono in genere persone cariche di umanità e altruismo, lo spettro del successo nella società globale inficia un poco l onestà e il disinteresse del quadro. Il gradimento del capo spirituale, amministratore economico e organizzatore

del centro, è indissolubilmente legato al successo, ovvero alla soddisfazione del fedele. Il prestigio si misura anche dal rilievo dato dai media alle figure del sacerdote, dal numero di adepti dei rispettivi terreiros, dalla dimensione e dal fasto dell ambiente. Basata sul principio del do ut des - che è l illusione della magia - la religione del candomblé vive sul principio di reciprocità e sulla capacità di modificare il destino umano. Come si attua questo intervento, questa possibilità? Propiziando con opere, sacrifici, offerte (in una parola: comprando) l intervento divino. La maggiore o minore quantità di denaro (o di altro bene) determina il successo di qualunque iniziativa, la soddisfazione della propria richiesta. Eppure chi conosce i candomblés garantisce sulla serietà della religione. Il rituale è piuttosto complesso, massima la richiesta di impegno e devozione, cordiale il clima di fraternità. Il legame con l Africa, anche se a volte strumentalizzato per ragioni ideologiche la riscoperta dell identità negra genuino e assolutamente fecondo, oltre che suggestivo. E poi, se non fosse abbastanza tutto questo, c è un dato che fa pensare. Alla fine di ogni festa in onore degli orixás, che si tiene solitamente nei fine settimana, anche i più poveri della favela possono mangiare carne, grazie al banchetto finale durante il quale si consumano le carni degli animali (polli, capretti, talvolta tori) sacrificati per far mangiare le divinità. Per molti questa grande distribuzione alimentare è ancor oggi, nel terzo millennio, l unica occasione di assumere proteine animali. E sarebbe questa una religione barbara e primitiva?

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