DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA RELAZIONE ANNUALE DNA 2012 DISTRETTO DI VENEZIA



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agevolare e accelerare lo scambio di informazioni e fornire assistenza nelle indagini.

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DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA RELAZIONE ANNUALE DNA 2012 Relazione del Cons. Giovanni Russo DISTRETTO DI VENEZIA L analisi delle dinamiche relative alla criminalità organizzata, nelle aree diverse da quelle tradizionalmente colpite dal fenomeno mafioso, richiede l impiego di strumenti interpretativi del tutto peculiari. Ci si trova, infatti, di fronte ad un contesto distante anni luce dagli scenari classici (in parte stereotipati), rappresentati dalle regioni storicamente afflitte da forme pervasive di oppressione mafiosa. Regioni sostanzialmente povere, caratterizzate da bassi tassi di crescita economica ed elevata presenza di disoccupazione, dove la piovra mafiosa si erge ad antistato, detta le regole, risolve i conflitti, saccheggia beni privati e pubblici, vessa e terrorizza la popolazione attraverso l imposizione di un regime di assoggettamento più o meno generalizzato, inquina l agire della Pubblica amministrazione. Le aree del Paese immuni da forme così accentuate di condizionamento mafioso, e il Veneto tra queste, presentano un panorama grandemente diverso: le manifestazioni delinquenziali sono ordinariamente riconducibili a quelle tipiche delle aree urbane europee; le associazioni criminali, molto spesso formate da cittadini stranieri e, ancora più precisamente, extracomunitari, sono prevalentemente dedite ai reati collegati al traffico di sostanze stupefacenti, ma anche allo sfruttamento della prostituzione e della manodopera, nonché all immigrazione clandestina. Sono veramente rari gli episodi di eclatante e pubblica violenza e giammai essi risultano finalizzati a determinare l instaurazione di un sistema diffusamente intimidatorio. Gli affari scorrono secondo schemi di apparente regolarità e la vita pubblica non sembra scalfita da infiltrazioni perturbative dell interesse generale che possano ricondursi a sodalizi di tipo mafioso. Un approccio che pretendesse di rinvenire anche nel Veneto, e nelle regioni consimili, schiere di uomini armati riuniti in congreghe criminali, in perenne conflitto tra di loro e altrettanto sistematicamente protese alla conquista di territori e mercati (illeciti) da controllare, come talvolta avviene in alcune aree meridionali del nostro Paese, risulterebbe fallace nella sua grossolanità. Il Veneto non è terra di scontro tra associazioni criminali più o meno endogene (la cosiddetta mafia del Brenta ha, da tempo, lasciato la scena criminale senza essere soppiantata da altre aggregazioni di analogo spessore): la sua struttura sociale ed economica, fin tanto che non tollererà ceti parassitari e aprirà spazi imprenditoriali, lavorativi e professionali alla più gran parte dei suoi abitanti, risulterà indisponibile ad una metamorfosi involutiva sul piano del rispetto della legalità. Tuttavia, queste certezze non devono essere confuse con una percezione di inespugnabilità del Veneto rispetto alle logiche e agli interessi mafiosi. Tutt altro: la consapevolezza che difficilmente sarà possibile insediare in questa regione (quantomeno nel giro del prossimo decennio) bande armate in grado di assicurare adeguata protezione e sviluppo agli affari dei sodalizi di tipo mafioso ha indotto la criminalità organizzata ad assegnare a questo Distretto una funzione affatto diversa. Questa è un area che, come è stato ripetutamente osservato, gode di una posizione geografica naturalmente favorevole per l allocazione di attività economiche (sia di tipo industriale che nel settore terziario) e presenta un tessuto imprenditoriale già particolarmente sviluppato e dinamico; inoltre, si avvale di una rete particolarmente nutrita di sportelli bancari e di intermediari finanziari. La perdurante crisi economica ha, però, reso vulnerabile una serie di piccole e medie aziende che, colpite da carenza di liquidità e riduzione di commesse, risultano così esposte, da un lato, alle spire degli usurai e, dall altro, ai circuiti del riciclaggio di danaro sporco. Siamo, con ogni evidenza, di fronte ad una situazione in cui le organizzazioni criminali trovano terreno fertile per strategie di mimetizzazione degli interessi illeciti: l obiettivo che può ragionevolmente considerarsi elettivo con riferimento al distretto di Venezia è quello di realizzare una penetrazione economica non produttiva di insicurezza pubblica. Evitare la commissione di fatti delittuosi caratterizzati da clamore e risonanza, per inserirsi silenziosamente e gradualmente nel tessuto economico e produttivo locale (che ha, come è noto, proiezioni europee e mondiali), immettendo capitali derivanti dai traffici illeciti generati altrove. 1

Sulla scorta di tale premessa generale, sarà giovevole che la presente ricognizione punti la sua primaria attenzione verso le attività delittuose (e non solo) che costituiscano significativi indicatori della presenza di interessi mafiosi. Emblematico, a tale riguardo, risulta quanto emerso da un procedimento della DDA di Venezia (già segnalato da questa Direzione nazionale antimafia in occasione della precedente relazione annuale), relativo al reato di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata alla commissione di reati di estorsione, usura, sequestro di persona, detenzione di armi ed altri reati in danno di circa un centinaio di persone offese (per lo più imprenditori) operanti nei distretti di Venezia, Trento e limitrofi. Secondo la ricostruzione a cui è pervenuta la Procura, condivisa dal GIP (che nell aprile 2011 emetteva 29 provvedimenti cautelari) e dal Tribunale del riesame, nel distretto di Venezia operava, dal 2009, una pericolosa organizzazione mafiosa, collegata al cd. clan del casalesi ( camorra casertana), la quale, agevolata dalla sfavorevole congiuntura economico-finanziaria ed utilizzando metodi violenti, si era presto radicata nel territorio e progressivamente si era allargata ai distretti limitrofi. E utile sottolineare che la più gran parte delle aziende prese di mira dall organizzazione erano legate al mondo dell'edilizia e attraversavano una crisi finanziaria: esse, stritolate da tassi usurari del 180% e terrorizzate dagli evocati (ed effettivi) rapporti con la camorra campana, venivano costrette a cedere le proprie attività economiche (imprese, società e beni valutati nell'ordine di svariati milioni di euro) o, talvolta, a procacciare per la struttura criminale nuovi "clienti" nel tentativo di arginare il debito moltiplicatosi rapidamente a dismisura. Va precisato che nel febbraio 2012 è stata esercitata l azione penale nei confronti di 28 dei soggetti colpiti dalle citate ordinanze custodiali. Sempre dalle indagini della DDA di Venezia è emerso un ulteriore segmento della delinquenza mafiosa campana operante nel distretto: 13 persone sono state raggiunte, nel maggio 2012, da misure cautelari per i reati di estorsione aggravata dall art. 7 d.l.vo 152/91, detenzione di armi, truffa ed altro (ad alcuni di essi, tutti di provenienza campana, è stato contestato il cosiddetto metodo mafioso, consistente nell utilizzo di modalità fortemente intimidatorie, attraverso la dichiarazione di appartenenza alla criminalità organizzata di tipo mafioso - alla famiglia - e la disponibilità di armi). Rilevante appare, ai fini della ricostruzione delle modalità attraverso le quali il sistema mafioso penetra nelle realtà più avanzate economicamente, la notazione concernente la circostanza che i reati in questione si inseriscono in un contesto di accordi e intese criminali strette tra un infedele funzionario di banca di Caorle, un imprenditore (sempre veneto) e alcuni pregiudicati napoletani che, grazie ai collegamenti con la malavita organizzata, procuravano fraudolentemente moduli per assegni sottratti in bianco e compilati per oltre 4 milioni di euro. La vicenda, nella sua peculiarità, sembra validare il paradigma di una criminalità mafiosa che, nel Veneto, si guarda bene dal puntare ad un controllo capillare (e militare) del territorio, preferendo coltivare, in questa area, finalità di inserimento nel settore economico, avvalendosi dei numerosi soggetti meridionali ivi da tempo residenti, in qualche modo contigui ai clan delle terre di origine, che divengono efficaci tramiti tra le esigenze e le istanze illegali locali e la disponibilità a fornire risorse e servizi che i sodalizi mafiosi sono in grado di garantire. La presenza invisibile di tali soggetti, inoltre, costituisce una rete idonea a segnalare occasioni per la partecipazione ad intraprese illecite e a fornire supporto discreto per i soggetti latitanti 1. 1 Giova riportare, a mero titolo indicativo, alcuni dei più eclatanti e recenti fatti che attestano oltre ogni ragionevole dubbio la consolidata presenza, anche nel Veneto, di esponenti direttamente o indirettamente coinvolti in sodalizi mafiosi e, comunque, in grado di favorire la tutela degli interessi e degli investimenti mafiosi in quella regione. Nel luglio 2012 un soggetto sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di firma, in quanto ritenuto affiliato al clan Dragone della 'ndrangheta, trasferitosi da tempo nel veronese, si è visto sequestrare beni per 500mila euro dalla Direzione investigativa antimafia di Padova. Nel marzo 2012 è stata eseguita una ordinanza cautelare (DDA Catanzaro) nei confronti di un soggetto stabilmente insediatosi in Veneto (svolgeva lavoro dipendente in un supermercato) e residente a Preganziol (TV) perché ritenuto un killer della 'ndrangheta e un esponente di spicco della cosca del cosentino Scofano-Martello-La Rosa. Nel gennaio 2012, dopo una protratta latitanza, è stato arrestato Nicola Imbriani, braccio destro del potente boss della camorra campana Giuseppe Polverino, nel comune di Brugine (PD), a casa di un suo cugino, unitamente ad altra persona che gli faceva da autista. Nel febbraio 2012, a Padova, è stato sequestrato - su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta - un appartamento riconducibile al figlio incensurato di un imprenditore agli arresti domiciliari dall'aprile 2011 per mafia (sospettato di essere "vicino" al boss latitante Daniele Emmanuello). Sempre nel gennaio 2012, il Tribunale di Belluno ha sequestrato beni per 300 mila euro ad un calabrese già inquisito per mafia, sottoposto a sorveglianza speciale e residente a Trichiana (Belluno). Il destinatario del provvedimento, peraltro, era in carcere in quanto nel novembre 2010, in un pub di Mel (Belluno), aveva ferito un uomo a colpi di pistola. 2

E nella fase dell udienza preliminare, inoltre, il procedimento relativo ad attività di prestiti usurari ascritta a soggetti collegati con la criminalità di tipo mafioso (ancora una volta la camorra campana). Sembra ragionevole ritenere che, in realtà, le cennate vicende criminali non siano isolate ma che le infiltrazioni della criminalità campana coinvolgano già da molto tempo alcuni spezzoni del mondo imprenditoriale veneto, ma trovino oggi in ragione della menzionata severa e perdurante crisi economica occasioni per manifestarsi con maggiore evidenza. D altra parte, le incursioni criminali nel Veneto operate da delinquenti ascrivibili all area mafiosa (nelle sue plurime articolazioni regionali) sono state portate alla luce durante tutto il decennio scorso. Basti ricordare, tra le altre, le operazioni condotte dai Carabinieri: Fenus (negli anni 2007/2008 fu disvelata l esistenza di un sodalizio criminale dedito ad usura, estorsioni, traffico di stupefacenti ed altro operante nello jesolano e nel sandonatese, i cui vertici erano rappresentati da soggetti campani nei cui confronti si ipotizzavano collegamenti con camorristi), Koleos (nel gennaio 2010 furono colpiti da misura cautelare, per estorsione aggravata anche dal metodo mafioso nelle zone del litorale veneziano, 5 campani, uno dei quali veniva indicato come affiliato ad un clan camorristico egemone nel quartiere napoletano di Soccavo), Newport (l attività investigativa, concernente un traffico di sostanze stupefacenti, permetteva di accertare l esistenza di pericolosi legami tra alcuni soggetti gelesi residenti in Chioggia e alcuni pregiudicati per il delitto di associazione di tipo mafioso residenti in Sicilia e Lombardia sono stati, in particolare, accertati frequenti contatti con appartenenti al clan mafioso dei Madonia; 12 misure cautelari sono state emesse nel giugno 2010), Pinocchio (nel settembre 2010 sono state eseguite 15 ordinanze cautelari nei confronti degli appartenenti ad un gruppo criminale dedito a rapine in danno di istituti di credito del Triveneto e composto anche da diversi soggetti di origine siciliana, uno dei quali già condannato per il delitto di cui all art. 416 bis c.p.). E, ancora, risulta sintomatico dei plurimi canali illeciti di contatto, tra delinquenti appartenenti alle aree ad alta densità mafiosa e il Veneto, il tentativo - segnalato dal Comando provinciale di Venezia dei Carabinieri - di far circolare, nell ambito della provincia di Venezia e più diffusamente nell intera regione, ingenti quantitativi di banconote false (tagli da 20, 50 e 100 euro per un valore complessivo di quasi 25.000 euro) provenienti, con riguardo ai tagli da 50 euro, da una stamperia clandestina sequestrata nell agosto del 2010 in Ponticelli, quartiere della periferia est di Napoli, nell ambito di una operazione che ha portato al sequestro di oltre 4.000.000 di euro. Una menzione particolare meritano le indagini svolte (dalla Procura di Padova in sinergia con la DDA di Napoli) sul cosiddetto Gruppo Catapano, costituito da soggetti della provincia di Napoli promotori di una associazione per delinquere (per la quale, limitatamente al filone veneto, gli esiti giudiziari hanno escluso, allo stato, le caratteristiche di mafiosità) operante nel settore della fittizia ristrutturazione finanziaria delle aziende in difficoltà economica (le passività venivano lasciate nelle società originarie che divenivano bad companies e venivano intestate a prestanomi e pregiudicati, reclutati anche attraverso soggetti collegati a personaggi di spicco della camorra campana, così distraendo valori patrimoniali alle pretese dei creditori e sottraendo importanti somme all imposizione tributaria). Perfettamente in linea con la descritta attitudine a privilegiare la partecipazione in attività illecite di matrice economica, sono gli elementi che scaturiscono dall operazione Duster, condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria e dal GICO della Guardia di Finanza di Venezia. Nell aprile 2012, in seguito ad investigazioni assai proficue e tempestive, la Procura di Venezia interrompeva l assegnazione di un appalto di 76 milioni di euro, da parte del Servizio Sanitario regionale veneto, concernente prestazioni assicurative: l azienda rumena aggiudicataria della predetta gara, infatti, risultava avere stretti collegamenti con alcuni soggetti italiani segnalati, nell'ambito di indagini svolte dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, come riconducibili a clan camorristici. L intervento cautelare conduceva anche al sequestro della documentazione inerente ulteriori gare d'appalto con Enti pubblici dell'intero territorio nazionale (oltre al Veneto, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna, Sicilia, Lombardia, Emilia Romagna), che avevano consentito alla società assicurativa di raggiungere, nel solo 2011, un volume d'affari di oltre 50 milioni di Euro. Giova aggiungere, allo scopo di dare conto della complessità della vicenda, segnata anche da irregolarità sul piano fiscale, che, con provvedimento n. 2988 del 2 luglio 2012, l ISVAP ha disposto nei confronti della indicata società assicurativa il divieto di assunzione di nuovi affari sul territorio della Repubblica Italiana, giacché essa aveva dato vita ad un articolazione operativa della compagnia, tale da Nel dicembre 2011, su disposizione del Tribunale per le misure di prevenzione di Santa Maria Capua Vetere, è stata sequestrata a Giuseppe Nocera, vicinissimo al boss campano Michele Zagaria (capoclan dei casalesi), una abitazione - con piscina - sita in Peschiera del Garda (VR). Nel febbraio 2011, nel comune di Torreglia (PD) era stato arrestato, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, per reati di tipo mafioso (in particolare, veniva evidenziata la sua appartenenza alla cosca Longo di Polistena) Cesare Longordo, trasferitosi con la propria famiglia nel paesino del padovano, nel cui contesto sociale si era perfettamente mimetizzato, esercitando una attività lavorativa regolare. 3

configurare una governance solo formale in Romania ed una governance sostanziale della società, stabilmente insediata in Italia, ed attuata attraverso l attività di alcuni intermediari. E d uopo sottolineare come l ISVAP segnali l assoluta inerzia, sul punto, da parte dell Autorità di vigilanza romena (Insurance Supervisory Commission - ISC): sembrerebbe di poter cogliere, nell impiego di una azienda assicurativa solo formalmente localizzata in un Paese i cui organi di controllo si sono mostrati sostanzialmente poco collaborativi e sensibili alle esigenze di trasparenza e legalità, ulteriori tracce di una strategia tipica della criminalità organizzata di stampo mafioso. Sempre con riguardo all incidenza di know how delinquenziali maturati in contesti di criminalità organizzata e adeguatamente trasferiti a vantaggio di imprese operanti nel Veneto, vanno richiamate le risultanze di un procedimento della Procura di Padova, relativo a gravi fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale posti in essere dagli amministratori (veneti) di aziende del settore del riciclo dei rifiuti: nel giugno 2012 veniva eseguita ordinanza cautelare anche nei confronti di un noto personaggio campano, già coinvolto in diverse indagini relative al citato settore, per il quale sono comprovati gli interessi della criminalità camorristica (il suindicato soggetto era risultato già destinatario, nel dicembre 2009, di ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, per partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso), e sottoposto a misura di prevenzione. Infine, sarà utile sottolineare la circostanza che nel giugno 2012, nell ambito dell operazione Persicus, si è proceduto all arresto di 18 soggetti, in parte collegati all ambito della cosiddetta mala del Brenta e, in parte, appartenenti al clan camorristico dei casalesi, in quanto ritenuti responsabili della gestione, tra le province di Padova, Verona Vicenza, Rovigo, Ferrara e Ravenna, un importante traffico di cocaina ed armi: la vicenda appare dimostrativa della facilità con la quale le attività criminali costituiscano terreno fertile di incontro tra gruppi associati locali e realtà riconducibili ai clan tradizionalmente mafiosi (procedimento penale della Direzione distrettuale antimafia di Venezia). Accanto agli elementi rinvenibili nella illustrata attività giudiziaria, può aggiungersi utilmente il riferimento all attività esperita dalla Direzione investigativa antimafia, su attivazione delle Prefetture del territorio di competenza, in materia di certificazione ed informazioni antimafia con monitoraggi di numerose ditte: nel periodo esaminato nella presente relazione, sono stati emessi, dall U.T.G. di Verona, sei provvedimenti interdittivi tipici (ex art. 10, VII c. DPR 252/98) nei confronti di società - destinatarie di sovvenzioni europee per decine di milioni di euro nel settore delle energie rinnovabili e riconducibili alla sfera di operatività di un soggetto siciliano, sottoposto a misura di prevenzione personale e patrimoniale (per il valore di circa 1,5 miliardi di euro) decretata dal Tribunale di Trapani nel settembre 2010. In relazione ad alcuni dei citati provvedimenti interdittivi, è stato presentato ricorso: il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, con sentenza n. 321/2012 del 4 Aprile 2012, ha respinto le doglianze confermando la validità degli elementi raccolti. Ulteriori elementi informativi, derivanti dalle indagini in corso e coperte da segreto, attestano che la delinquenza imprenditrice di matrice mafiosa (camorristica e ndranghetistica in primo luogo) sta proseguendo nell azione di infiltrazione della realtà economico-sociale del Veneto, con l evidente conseguenza di rafforzare gli avamposti al nord dei sodalizi tradizionalmente allocati nelle regioni meridionali e di avviare una ineluttabile alterazione delle regole del mercato e dell'intero sistema di relazioni finanziarie. E, infatti, comprensibile che l offerta di servizi illeciti, da parte di soggetti che possono vantare legami con le potenti strutture criminali di tipo mafioso, costituisca un richiamo allettante, e talvolta irresistibile, per una non esigua fascia di soggetti che, colpiti nelle capacità produttive e lavorative dalla più volte citata crisi economica e marginalizzati dall ingresso di competitors già finanziati e supportati dal crimine organizzato (in realtà, già fagocitati dal sistema mafioso), credono di trovare nell accettazione di tali profferte (che, si ribadisce, non hanno nulla di violento né intimidatorio) una soluzione utile ai loro problemi o, addirittura, una occasione per lucrare facili guadagni. Possono, a questo punto, trarsi alcune riflessioni conclusive. Il Veneto, una delle più attive regioni d Italia quanto a tasso di industrializzazione ed a volume delle esportazioni, rappresenta attualmente una forte attrattiva per il reimpiego e il riciclaggio di capitali illeciti da parte della criminalità organizzata. Le stesse attività imprenditoriali ivi ubicate risultano nel mirino di gruppi criminali di tipo mafioso decisi ad infiltrarsi nel tessuto produttivo per acquisire posizioni dominanti, marginalizzare coloro che agiscono nel rispetto della legalità e sostituirsi ad essi. Sodalizi mafiosi delle tre principali aree regionali, tradizionalmente afflitte da siffatta piaga, possono contare su numerosi adepti (o soggetti legati a costoro) che da tempo - e stabilmente - si sono insediati al Nord, inserendosi nel locale contesto socio economico di cui hanno mutuato comportamenti, abitudini e persino il dialetto. 4

Questa metamorfosi, in termini generali, costituisce il risultato di un lento fenomeno migratorio e nella stragrande maggioranza dei casi riguarda brava gente, onesti lavoratori che hanno lasciato la terra d origine per cercare, in una regione più ricca di opportunità, una dimensione di vita appagante, sicura, improntata al senso civico e al rispetto delle leggi. In altri casi, però, la predetta metamorfosi è solo di facciata: l assimilazione dei valori e il rispetto delle regole sono funzionali esclusivamente all occultamento delle attitudini criminali e della disponibilità (attuale o latente) a favorire l espansione e il consolidamento degli interessi mafiosi. Come risulterà evidente anche dagli esiti di talune investigazioni ancora in corso, allorquando essi saranno resi noti, non può affermarsi tout court il monopolio della camorra campana in questa azione di innervamento criminale del territorio (rectius, delle attività economiche) del Veneto. Se è indubitabile che i procedimenti penali più significativi sul piano della individuazione dei reati di matrice economica riferibili alla criminalità organizzata abbiano sinora riguardato soprattutto clan del napoletano e del casertano, non deve ritenersi secondario il livello di interesse che anche le altre mafie rivolgono alla regione in esame. D altra parte, la descritta tipologia di attacco silente ai gangli economici del contesto regionale non postula un ferreo controllo del territorio, né la netta demarcazione delle aree di competenza tra i vari sodalizi, che, invece, possono almeno per il momento coesistere, dedicandosi agli affari illeciti di rispettivo interesse, forti della rete di collegamenti locali che ciascuno di essi ha saputo realizzare e coltivare nel tempo. Va, peraltro, svolta una importante considerazione: gli episodi più rilevanti sul piano dell effettivo inquinamento mafioso possono ritenersi sostanzialmente circoscritti e adeguatamente fronteggiati 2. Accanto ad una pronta e attenta risposta delle istituzioni dello Stato (magistratura, prefetture e forze dell ordine in primis) 3, si va sviluppando, pur tra incomprensioni e sottovalutazioni, una diffusa sensibilità tra i cittadini in relazione ai temi della cultura della legalità e della lotta alle mafie. Questi risultati sono da ascrivere all intelligente, appassionata e ininterrotta azione di promozione e formazione operata dai circuiti dell associazionismo e del volontariato, capaci di tenere sempre desta 2 La Direzione distrettuale antimafia di Venezia è efficacemente coordinata dal Procuratore, che assicura un autorevole supporto di competenza e preparazione all incisività dell azione di contrasto anche alla criminalità organizzata. Stretta è la sinergia che egli ha voluto opportunamente instaurare tra la DDA e la sezione coordinata dal Procuratore aggiunto che si occupa degli illeciti in materia di traffico di rifiuti. In occasione degli scambi informativi intercorsi in sede di riunione di collegamento con la Direzione nazionale antimafia sono stati segnalati, in una positiva visone prospettica di prevenzione, taluni dei settori che presentano aspetti di rischio attuale per l infiltrazione mafiosa. Con riferimento al periodo temporale 1 luglio 2011-30 giugno 2012, presso la DDA veneziana sono stati iscritti 48 nuovi procedimenti contro noti ex art. 51 comma 3 bis c.p.p. e 93 in materia di traffico di rifiuti. Nello stesso periodo sono state richieste da magistrati della DDA 6 ordinanze di custodia cautelare. Attualmente sono 6 i collaboratori di giustizia sottoposti a programma di protezione su richiesta della DDA veneta, mentre vi è un solo testimone di giustizia. 3 Vanno qui segnalate, a titolo meramente esemplificativo due iniziative adottate negli anni scorsi e che testimoniano il positivo valore delle sinergie tra tutti i soggetti (istituzionali e non) interessati a rendere più efficace l azione di contrasto alle illegalità. Prosegue, in primo luogo, l attività del Minipool antiracket ed antiusura costituito nel 2007 presso la Prefettura di Venezia. In tale contesto è stato sottoscritto, il 10 giugno 2011, il protocollo d intesa antiusura tra le Prefetture del Veneto, la Banca d Italia, l ABI Commissione Regionale Veneto ed altre Associazioni di Categoria (Unioncamere, Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confartigianato, Cofidi, Adiconsum, Federconsumatori, Confesercenti Veneto, Casartigiani-Federazione Regionale per il Veneto, C.N.A. Veneto), secondo il quale le Prefetture del Veneto si impegnano a diffondere l adesione alla particolare forma pattizia a tutti i soggetti pubblici e privati interessati allo specifico settore, nonché a costituire Osservatori a livello provinciale che consentono di disporre presso le Prefetture di un quadro di situazione aggiornato in relazione al fenomeno dell usura. In secondo luogo, va menzionata l adozione, dal maggio 2009, in Padova e provincia di un Piano operativo locale (c.d. modello Padova), avente ad oggetto la lotta alla contraffazione e ai comportamenti illeciti che si accompagnano alla stessa, attraverso una strategia investigativa sviluppata a 360, che consente di approfondire anche gli aspetti fiscali (tassazione proventi illeciti, sequestro per equivalente), contributivi, finanziari (riciclaggio, doganali, patrimoniali ed amministrativi/sanitari. Strumentale e strategico ai fini di una efficace applicazione del citato modello info-operativo, è stato il protocollo d intesa per il contrasto alla commercializzazione di prodotti contraffatti e pericolosi e per la tutela della concorrenza, siglato presso la Prefettura di Padova nel dicembre 2009, al quale hanno aderito Enti Locali (Provincia, l Università degli Studi con i suoi laboratori d analisi ed esperti di comunicazione), la C.C.I.A.A. (in rappresentanza di tutte le associazioni di categoria Coldiretti, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Adiconsum etc.), le Unita Sanitarie Locali della Provincia (con i loro laboratori d analisi), l ARPAV (con i suoi laboratori d analisi) e le Forze di Polizia. Alla Guardia di Finanza è stata affidata la Cabina di Regia dell Osservatorio Provinciale in materia di Contraffazione e Sicurezza dei Prodotti con funzioni di monitoraggio, analisi del fenomeno, supporto alle attività di prevenzione e repressione degli illeciti, informazione preventiva al consumatore e alle aziende. 5

l attenzione collettiva sui fenomeni di infiltrazione sopra descritti e pronti a fungere da stimolo e controllo democratico anche degli organi pubblici deputati al contrasto alla criminalità organizzata. Un segnale della fecondità di tale positivo agire può essere certamente colto nel recente progetto di legge regionale, nato da una scelta condivisa dell intero consiglio e intitolato «Misure per l attuazione coordinata delle politiche regionali a favore della prevenzione del crimine organizzato e mafioso, nonché per la promozione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile»: esso sembra essere in grado di coagulare attorno a sé gli entusiastici apporti anche delle varie categorie che stanno partecipando alle consultazioni (istituzioni, associazioni di rappresentanza, università, ordini professionali, studenti, sindacati e altre realtà). Sul fronte della criminalità straniera che opera nel Veneto, deve riscontrarsi il potenziamento della presenza di gruppi organizzati, talvolta facenti parte di più ramificate strutture transnazionali, in grado di monopolizzare le attività illecite nei vari settori di interesse. Per quanto attiene ai traffici di sostanze stupefacenti, i gruppi di nazionalità albanese gestiscono le più importanti importazioni di eroina (ma sono attivi anche con riguardo alla marijuana), mentre i marocchini sono gli incontrastati importatori di hashish di cui, peraltro, sono anche i maggiori produttori. La cocaina è invece appannaggio di cittadini del Sud e del Centro America o di gruppi di nigeriani. Il GICO della Guardia di Finanza ha posto in luce anche gli intrecci gestionali tra soggetti di etnie e nazionalità diverse: è emerso, in particolare, che gruppi di criminali albanesi hanno eletto il Veneto quale base dei loro traffici e provvedono all immissione della sostanza stupefacente nel mercato clandestino attraverso clienti maghebrini che, a loro volta, hanno come terminale piccoli spacciatori/assuntori italiani. L indagine denominata Tappeto volante, avviata dalla Polizia nel mese di agosto 2011, ha - inoltre - permesso di individuare una consolidata rete a livello internazionale attiva nel traffico di sostanze stupefacenti del tipo metamfetamina, gestita da cittadini iraniani. Due di essi sono stati colpiti da misura cautelare, mentre uno di essi, un calciatore professionista della nazionale iraniana e militante in club professionisti del campionato di calcio spagnolo, nel settembre 2011, è stato arrestato in flagranza presso lo scalo aeroportuale internazionale di Malpensa (VA) in quanto deteneva 690 grammi di sostanza stupefacente del tipo mdma (ecstasy) denominata shaboo occultati all interno dei doppifondi eseguiti artigianalmente in alcune calzature. Sul fronte dello sfruttamento della prostituzione è stata accertata l operatività di un sodalizio di matrice bulgara, attivo nel reclutamento in Bulgaria di ragazze che venivano trasportate sino a Mestre (Ve), per il successivo sfruttamento a fini sessuali. La malavita rumena si sta consolidando in modo sempre più allarmante, soprattutto nell area patavina. Tale fenomeno, verosimilmente, tenderà ad assumere profili di maggiore intensità, tenuto conto del cospicuo flusso migratorio degli ultimi tempi, che ha contribuito ad alimentare pericolose sacche di marginalità: l Arma dei Carabinieri (Comando provinciale di Padova) segnala, in proposito, che tale criminalità sembrerebbe ripercorrere, addirittura in modo più rapido, le tappe evolutive che hanno caratterizzato l escalation della malavita albanese, affermandosi progressivamente, sia per numero di persone coinvolte nelle attività illecite, sia per potenzialità criminale dispiegata in relazione a svariati settori delinquenziali. Tale tipo di consorteria, votata originariamente alla commissione di reati predatori, risulta dedicarsi gradualmente ad altri più remunerativi e meno rischiosi circuiti delittuosi, quali le frodi informatiche finalizzate all indebito utilizzo di carte di credito, il traffico di droga e la tratta di esseri umani, diretta principalmente allo sfruttamento della prostituzione. Finiscono, invece, per incidere pesantemente sul già martoriato tessuto economico legale le attività poste in essere soprattutto da parte di immigrati di origine cinese che, attraverso l acquisto e/o la rilevazione sistematica di attività commerciali, realizzano il reinvestimento di proventi illeciti derivanti principalmente dal reato di favoreggiamento dell immigrazione clandestina di propri connazionali, finalizzata al loro inserimento nel mercato della manodopera occulta o alla prostituzione. Gli squilibri del mercato, provocati da tali immissioni di denaro sporco, hanno determinato la forzata dismissione di numerose attività gestite da cittadini italiani a vantaggio di improvvisati commercianti cinesi, che hanno provocato, in tal modo, profonde modificazioni della realtà economica e sociale di alcuni quartieri delle città del Veneto. 6