MARILYN, GLI ULTIMI TRE GIORNI



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Transcript:

Elisabetta Villaggio MARILYN, GLI ULTIMI TRE GIORNI Panesi Edizioni

MARILYN, GLI ULTIMI TRE GIORNI di Elisabetta Villaggio 2014 Panesi Edizioni, Cogorno (Ge) I edizione digitale: dicembre 2014 ISBN 9788899289072 Diritti di copertina riservati. Questa opera è protetta dalla Legge sul diritto d'autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata. Ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale. www.panesiedizioni.it Segui Panesi Edizioni anche su Facebook, Twitter, Google+ e LinkedIn

Gli Speciali

Prefazione Sono le 4.25 del mattino del 5 agosto 1962. Eunice Murray, una donna dall'aspetto severo che fa la governante, sta componendo un numero di telefono. Risponde il sergente Clemmons, della polizia di West Los Angeles. La signora Murray annuncia che Marilyn Monroe è morta. Comincia così la commedia teatrale in un unico atto sugli ultimi tre giorni di Marilyn. Nella notte tra il 4 e il 5 agosto del 1962 Marilyn Monroe moriva in circostanze ancora oggi non chiarite. Quella donna dal corpo sensuale e dal sorriso bambinesco che aveva fatto sognare milioni di uomini e che era destinata a diventare un mito a tutt'oggi inossidabile moriva in circostanze misteriose. Aveva 36 anni. Addirittura la data della morte non dovrebbe essere esatta perché il corpo senza vita pare sia stato trovato prima della mezzanotte, quindi sabato 4 agosto, da Eunice Murray, la sua governante, Ralph Greenson, il suo psichiatra e Hyman Engelberg, il suo medico curante. Chiamarono la polizia di Los Angeles dalla casa di Marilyn, la villetta al 12305 Fifth Helena drive, a Brentwood, un quartiere tranquillo nella zona ovest della città dove accorse anche Pat Newcomb, la sua addetta stampa. Subito si è parlato di suicidio e così hanno confermato tutti i testimoni. Troppo velocemente. Tutti quei testimoni erano facilmente ricattabili. Era diventata scomoda Marilyn, con le sue amicizie pericolose, con amanti come due fratelli Kennedy, John e Bob, con frequentazioni con personaggi legati alla mafia come Frank Sinatra, con ex mariti legati alla sinistra come Arthur Miller. Sapeva troppe cose perché a letto gli uomini, anche quelli importanti, si rilassano e parlano. Era uno spirito libero, Marilyn, indomabile. E questo poteva far paura a molti. Aveva voglia di rivalsa, non voleva essere usata e poi messa nell'ombra. Minacciava di parlare, di raccontare. Minacciava i poteri forti che potevano essere intimiditi da quella donna particolare che voleva vivere la sua vita fino in fondo, una femminista ante litteram.

Cosa successe? Come morì? Chi mise tutto a tacere? Perché le persone che le erano intorno non raccontarono tutta la verità? Io ho cercato di raccontare gli ultimi giorni della sua vita senza fronzoli, party ed abiti di lusso. Ho immaginato Marilyn nell'intimità della sua casa, tra le sue cose, le persone che frequentava o con le quali chiacchierava al telefono. E, ovviamente secondo il mio punto di vista, ho raccontato come è morta. Elisabetta Villaggio

SCENA 1 Si apre il sipario. A destra c'è una camera da letto con un letto con lenzuola bianche. Alla sinistra del letto, un comodino con sopra un telefono bianco. Dall'altro lato del letto, sulla destra, a parete uno stand pieno di vestiti e poi una poltroncina. Ci sono piante e una grande finestra sulla destra del letto. Sulla sinistra del palcoscenico, come se fosse fuori dalla camera da letto, un tavolino con un telefono rosa. Dietro, nel lato sinistro, nascosta da una specie di trasparente, c'è un'altra stanza che si intravede appena: è il cottage degli ospiti. La scena è quasi buia. Solo una piccola luce ad illuminare il tavolino col telefono rosa. VFC 5 agosto 1962 ore 4.25 del mattino. Eunice Murray, la governante, una donna dall'aspetto severo, sta componendo un numero al telefono. (VFC) (VFC) Polizia di Los Angeles? Sì, sergente Clemmons della polizia di West Los Angeles, cosa posso fare per lei signora? Marilyn Monroe è morta, si è suicidata, io sono Eunice Murray, la sua governante. Arrivo subito signora, mi dia l'indirizzo. 12305, Fifth Helena Drive. La governante esce e dopo un attimo suona il campanello della porta. Rientra accompagnata dal sergente Clemmons. Si alzano le luci. C'è un letto con una donna morta, sdraiata a faccia in giù, coperta da un lenzuolo. Si intravede un

ciuffo biondo di capelli che spunta dalle lenzuola. Ai bordi del letto ci sono due uomini, il dottor Engelberg, medico generico di Marilyn, e il dottor Greenson, lo psichiatra di Marilyn. Engelberg, il più calmo dei due, è seduto vicino al letto sulla poltrona mentre Greenson in piedi, cammina nervosamente avanti e indietro. ENGELBERG Eccola, si è suicidata. (Alzandosi e porgendo la mano a Clemmons) Buongiorno, sono il dottor Engelberg, medico personale di Marilyn Monroe. E io sono Ralph Greenson, il suo psichiatra. La Murray, senza farsi notare, esce. ENGELBERG Comandante di turno sergente Jack Clemmons. (Prendendo un tubetto di pillole dal comodino) Le ha prese tutte, si è suicidata, io non ci posso ancora credere. (Si risiede e tiene la testa tra le mani) Avremmo dovuto capirlo, povera Marilyn. Clemmons alza il lenzuolo, guarda le vene delle braccia, le guarda il viso e abbassa il lenzuolo. Poi tira fuori dalla tasca un blocchetto per prendere appunti. Di che pillole si tratta? Pillole di Nembutal, sono dei barbiturici. Il corpo è stato spostato? No. (Rivolto a Greenson) Avete tentato di rianimarla?

ENGELBERG ENGELBERG No, no, era troppo tardi, siamo arrivati troppo tardi. La posizione del corpo è molto composta per una persona che è morta avvelenata, di solito hanno dei contorcimenti. Non vi sembra strano? Marilyn era una persona del tutto particolare e speciale, sì speciale. Vuol dire che è anche morta in modo speciale? (Con tono isterico) Non è semplicemente morta, si è suicidata, suicidata. Lo scriva nel suo libretto, lo scriva. Sa quando ha preso le pillole? No. Le ha prescritto lei le pillole? Sì, certo, sono due anni e mezzo che ho in terapia la signora Monroe e lei ogni tanto faceva uso di pillole, soprattutto quando aveva problemi. E che genere di problemi aveva la signorina Monroe in questo momento? Stava lavorando molto, era stressata dal lavoro. Chi ha scoperto il cadavere? La signora Murray. Clemmons si gira per chiedere qualcosa alla signora Murray ma si accorge che non c'è e la chiama a voce alta.

Signora Murray, signora Murray. Lei arriva subito con dei panni da stirare e si ferma vicino al tavolino del telefono. Clemmons le si avvicina. Sì? Quando ha scoperto che era successo qualcosa alla signorina Monroe? Subito dopo mezzanotte. Poi ho telefonato al dottor Greenson. Eunice chiude secca la frase come se avesse voglia di chiudere velocemente quella conversazione. Le dispiacerebbe raccontarmi meglio cosa è successo? Io mi sono ritirata verso le 10. C'era la luce accesa in camera di Marilyn e ho pensato che stesse parlando al telefono con qualcuno, per cui mi sono messa a letto. Poi a mezzanotte circa mi sono alzata e ho visto che la luce era ancora accesa. Ho bussato ma la porta era chiusa a chiave, ho bussato ancora, più forte, ma niente. Allora mi sono spaventata e ho telefonato al dottor Greenson che è arrivato verso mezzanotte e mezzo. Quando è arrivato ha rotto il vetro della finestra ed è riuscito ad entrare. Ma come mai se ha scoperto il corpo a mezzanotte e mezzo circa ha aspettato quasi quattro ore per chiamare la polizia? Avevo molte cose da fare da un momento all'altro sarebbe arrivata tanta gente dovevo ancora vestirmi, ah poi ho

chiamato Norman Jefferies per farlo venire subito ad aggiustare la finestra. Norman Jefferies? Chi è? È il tuttofare di casa. E lei lo ha chiamato a quell'ora per aggiustare un vetro rotto quando mi sembra avevate problemi più gravi? Sì, l'ho chiamato subito, lui è come se fosse uno di casa e poi mi sono dedicata ad altre cose. Quali altre cose? Raccogliere la mia roba, ho quasi sempre vissuto qui quindi avevo molte cose, abiti, oggetti, ho raccolto le mie cose. Se non c'è altro io continuo a sbrigare le mie faccende. Eunice esce.