RELAZIONE RESTAURO EDIFICIO VIA PIERO DELLA FRANCESCA 64-MILANO



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RELAZIONE RESTAURO EDIFICIO VIA PIERO DELLA FRANCESCA 64-MILANO Indirizzo: Via Piero della Francesca 64 - Bullona, Milano (MI) Tipologia generale: infrastrutture e impianti Tipologia specifica: stazione Configurazione strutturale: Prende il nome dalla caserma che sorgeva sull'area poi destinata alla stazione che doveva servire l'edificanda Fiera Campionaria, oltre che l'area industriale del Portello. Insieme alla Stazione di Porta Genova rappresenta una delle ultime testimonianze di architettura ferroviaria di inizio secolo. Il complesso è costituito da due corpi di fabbrica tra loro collegati di cui il principale a pianta rettangolare ubicato a scavalco sui binari, in ferro e c.a., con funzione di ingresso e biglietteria. L'altro parallelo ai binari adibito ad alloggio per il personale, sala di attesa e servizi vari. L'edificio presenta caratteri formali riferibili al periodo di transizione tra lo stile liberty e quello razionalista. La facciata, impreziosita da fregi tardo liberty, era unita ai binari da pensiline in stile ora trasferite altrove. Dopo il recente quadruplicamento dei binari delle Ferrovie Nord la stazione Bullona è stata abbandonata e le banchine sono oggi interrate in un tunnel sotterraneo. Epoca di costruzione: 1925-1928 Autore: Fariny P, progetto

DIAGNOSI PRELIMINARI I materiali in opera nella stazione Bullona di Milano costituiscono una sequenza stratigrafica composta da una successione di strati tecnici grossolani e finiture di colore. Lo strato tecnico grossolano (arriccio) direttamente a contatto con la muratura è una malta a tessitura matrice-sostenuta, con legante idraulico (I.I. = 0.5) realizzata con l utilizzo di una sabbia quarzoso-fedspatica grossolana. L aggregato è stimabile tra 35 40 % vol. Lo spessore è variabile 2-3 millimetri fino a 5 millimetri. Tale materiale è presente anche sulla facciata esterna rivolta a NORD, utilizzato per la messa in opera del rivestimento in lapideo artificiale. Sulla parete OVEST è stato rilevato un secondo strato tecnico grossolano, confezionato con una malta medio-grossolana, quarzoso-feldspatico-micacea, con tessitura è matrice-sostenuta e con una percentuale di aggregato variabile tra 25 30 % vol. Il legante è di colore chiaro, trasparente se osservato al solo polarizzatore, molto omogeneo, e si tratta di una calce aerea. Tale livello è presente sulle pareti, probabilmente messo in opera durante interventi di ampliamento ed integrazione del corpo principale della stazione. Gli strati tecnici grossolano appena descritti non sono correlabili né come tessitura, né come composizione minero-petrografica, con gli strati grossolani in opera negli edifici adiacenti (casa del custode). Gli strati di finitura presentano una successione regolare di sottili livelli di qualche centinaia di micron di spessore. Nelle specchiature, e in genere sulle pareti, la sequenza-tipo vede un livello di colore bianco a base di calce, uno strato di colore beige-chiaro, e una successiva ripresa del colore con tonalità più marcate (beige-ocra). Negli strati di colore è presente sempre l ossido di titanio, in proporzioni variabili in funzione del colore dello strato pittorico; nel livelli di colore più intenso è stata rilevata la presenza del ferro, probabilmente il pigmento che associato all ossido di titanio, permette di graduare il colore. Sono sempre presenti componenti organiche, PVA ed acriliche, anche queste in proporzioni variabili in funzione dello strato di finitura. Solo sulle scialbature riscontrate sul lapideo artificiale è presente una resina vinilica. Le sequenza stratigrafiche rilevate sulle cornici decorative in gesso sono del tutto correlabili con quanto rilevato sulle murature. La cornice in gesso presenta sempre una coloritura che è di un tono più deciso ed intenso rispetto alle specchiature. La decorazione più antica vede l accostamento di colori; beige chiaro nelle specchiature e beige-ocra per le cornici e rilievo, con una effetto decorativo del tutto simile a quanto è oggi visibile nella sala interna. Una prima rivisitazione di tale decorazione vede una ridipintura delle cornici con un colore grigio.la presenza di gesso, più importante sulla parete EST, imputabile alla presenza di efflorescenze e subefflorescenze saline, legati a problematiche di conservazione dell edificio.le zoccolature della sala interna e il rivestimento esterno dell edificio sono state realizzate con un materiale lapideo artificiale, una roccia ad imitazione di una delle più pregiate pietre da decorazione utilizzate in Milano: il ceppo lombardo. Tale pietra su l intero edificio è stata pitturata con prodotto acrilico non traspirante con due o tre mano coprendo completamente il supporto.il cornicione risulta danneggiato in piu parti.

Il materiale, presente come zoccolatura nella sala interna della stazione e come rivestimento esterno (campionato sulla facciata SUD, EST e NORD) mostra una tessitura a matrice-sostenuta, con un aggregato a spigoli vivi, stimato in circa 30 35% vol, in un legante carbonatico scuro, difficilmente risolvibile al microscopio ottico. L aggregato è costituito da frammenti di dimensioni variabili da pochi micron, fino a 1 mm e sono prevalentemente frammenti di marmo saccaroide, con tessitura isotropa, che identifica la cosiddetta "polvere di marmo", frammenti di roccia calcarea fossilifera con entrochi e spicole spugne (calcare a grana fine), e frammenti di calcite spatica con forme aguzze e lanceolate. Forma e varietà granulometrica dei frammenti confermano l utilizzo di materiale macinato artificialmente, con dimensioni massime di 1.5 2 mm. Il legante è anch esso di natura carbonatica, un cemento, che imprime al materiale durezza e resistenza meccanica. Il colore giallastro è ottenuto aggiungendo un colorante a base di Ferro, all impasto artificiale.

PROCEDURE OPERATIVE PER IL RESTAURO Premessa metodologica A tale scopo è stato necessario acquisire una puntuale conoscenza dell'opera in base alla quale formulare un rigoroso piano degli interventi, che poi dovranno perseguire un intento manutentivo, con carattere di non prevalenza sulle qualità tecniche e formali dell'organismo architettonico. La scelta di materiali adeguati per l'intervento conservativo e la corretta metodologia di applicazione sono stati guidati e indotti dall'esame delle superfici e di campioni significativi di intonaci e coloriture. È stato necessario avvalersi di alcune analisi di laboratorio per conoscere con certezza la composizione dell'intonaco originale e del suo colore: sezioni stratigrafiche indicanti con precisione la natura della carica usata per la malta e la successione degli strati di colore. Si è proceduto con le operazioni di preconsolidamento e messa in sicurezza di parti in pericolo di crollo (come porzioni di intonaco sollevate e fortemente distaccate). Si continua con la fase della pulitura, comprendente disinfestazione e disinfezione, rimozione di depositi di varia natura e sostanze soprammesse (ridipinture, vernici alterate, graffiti e scritte vandaliche). Essendo necessario si effettua il consolidamento superficiale (microfessurazioni, distacchi, mancanze) e di profondità (lesioni difetti di adesione tra muratura e finitura) mediante iniezioni di malte e resine compattanti., Infine si effettuano reintegrazioni o scialbature, sempre cercando di tener conto della presentazione estetica finale, studiando attentamente tutte le fonti disponibili, tra le quali sono da includere le indagini diagnostiche, per ritrovare e riproporre la cromia originaria o quella che è stata maggiormente significativa nella storia dell edificio. Come operazione finale si protegge l intonaco originario con prodotti compatibili. Il supporto lapideo esterno (ceppo Lombardo) è stato totalmente riportato alla luce, eliminando le vecchie pitture che lo ricoprivano, leggera velatura per dare lettura uniforme dell opera e protezione silossanica finale per proteggerlo dalle intemperie,e da attacchi biologici. L'intervento conservativo degli intonaci è stato attuato principalmente con operazioni di preconsolidamento, spolveratura, consolidamento, stuccatura, pulitura,velatura, una velatura tendente a restituire il "tono" originale, desunto dall'analisi visiva precedentemente condotta,l integrazione pittorica sottotono mediante velatura di accompagnamento cromatico è stata necessaria per ridare leggibilità all opera nell insieme. Al termine di ogni intervento conservativo abbiamo applicato uno strato protettivo idrorepellente che possa difendere le superfici consolidate e pulite dall'aggressione degli elementi interni ed esterni. L'uso di strati protettivi traspiranti deve comunque essere collegato ad una prassi di manutenzione che preveda l'ispezione periodica e l'eventuale ripetizione del trattamento a regolari intervalli. La costante manutenzione delle superfici contribuirà a realizzare una migliore e più duratura conservazione dell'opera architettonica nella sua trasmissione al futuro. Ed è questo il fine di ogni intervento di conservazione sulle superfici architettoniche.

RESTAURO INTONACI INTERNI Premessa metodologica Nel susseguirsi delle procedure operative il preconsolidamento è stata la prima operazione di restauro effettuata. Si basa, in pratica, sul ristabilimento preventivo delle proprietà di compattezza di quelle porzioni di materiale disgregato o polverizzato, già visibili in fase di progetto e individuate dopo la prima asportazione di depositi superficiali, che potrebbero essere danneggiate durante i successivi cicli di pulitura. L intervento di preconsolidamento ha, normalmente, lo scopo di fornire stabilità provvisoria a supporti particolarmente decoesi sui quali sono necessari interventi successivi di pulitura. Il preconsolidamento deve operare, essenzialmente, come presidio dei frammenti di materiale e allo stesso tempo non deve intervenire sui depositi o patine da asportare. Per eseguire quest operazione si sono utilizzate tecniche e metodi propri del consolidamento anche se nel primo caso la terapia è stata concentrata su zone puntuali di superficie mentre nel consolidamento si è proceduto anche su zone più ampie di materiale degradato. Asportazione di parti non compatibili Si è proceduto, all ablazione puntuale tramite scopini (di saggina), spatole, cazzuolini, scalpello di piccole dimensioni, martelline, vibroincisori ecc., di tutte le parti non compatibili con il supporto ( erose o gravemente degradate ecc.), ovvero stuccature od integrazioni realizzate con malte troppo crude (cementizie) in grado di creare col tempo stress meccanici. L operazione è avvenuta con la massima cura evitando accuratamente di non intaccare il manufatto originale. Nel caso di specie la superficie, oggetto di intervento,in alcune zone si presentava con efflorescenze saline ed altre patologie derivate dalla presenza di Sali, per cui si è reso indispensabile procedere alla desalinazione del supporto utilizzando metodi e tecniche conservative ( impacchi di polpa di cellulosa imbevuti in acqua deionizzata). Lo stesso criterio è stato utilizzato nelle zone in cui l apparecchio murario era affetto da umidità di risalita capillare e presentava attacchi biologici : prima di qualsiasi intervento d integrazione si è proceduto alla bonifica della muratura.

RIADESIONE DI DISTACCHI MEDIANTE INIEZIONI CON MISCELE LEGANTI La procedura è stata eseguita al fine di consolidare strati di intonaco, anche distaccato dal supporto, così da risarcire le eventuali lesioni e riempire le sacche perimetrali presenti tra il substrato e il supporto retrostante. Prima di procedere al consolidamento vero e proprio è stato necessario effettuare delle operazioni di saggiatura preventiva eseguite mediante leggera, ma accurata battitura manuale (tramite martelletto di gomma o semplicemente con le nocche della mano) sulla muratura, al fine di individuare con precisione sia le zone compatte sia delimitare ( con un segno tratteggiato a gesso) il perimetro di quelle in fase di distacco (zone gonfiate e formanti sacche ). In assenza di piccole fessure, lacune o fori già presenti sulle superfici intonacate attraverso le quali operare l iniezione, sono state eseguite delle perforazioni, tramite piccolo trapano a mano ad esclusiva rotazione con una punta di circa 2-4 mm rade nelle zone ben incollate e più ravvicinate in quelle distaccate; il numero dei fori è stato proporzionato all entità del distacco (8 fori per m 2 ); in genere la distanza tra loro è stata di circa 40 cm, mentre la loro localizzazione sarà tale da favorire il percolamento della miscela da iniettare, per cui è stato necessario iniziare la lavorazione a partire dalla quota più elevata. In alcuni casi rari di distacco d estensione limitata si è proceduto all esecuzione di un unico foro ed eventualmente, di un secondo se necessario per la fuoriuscita dell aria dalla sacca di distacco durante l immissione del consolidante. Dopo aver eseguito le perforazioni è stato necessario aspirare, attraverso una pera di gomma, gli eventuali detriti della foratura, le polveri e quanto altro possa ostacolare la corretta immissione e percolazione della miscela. In seguito abbiamo eseguito una prima iniezione di acqua deionizzata ed alcool (5:1 in volume) con lo scopo di creare dei canali nella parte retrostante e di verificare allo stesso tempo l eventuale esistenza di lesioni o fori da dove la miscela consolidante potrebbe fuoriuscire; in alcuni casi alla presenza di queste fessure si è proceduto alla loro puntuale stuccatura (che verrà rimossa a presa avvenuta) tramite malta magra, a bassa resistenza meccanica di ancoraggio al supporto, cotone idrofilo, lattice, ecc. L operazione è stata condotta con una miscela formata da 1 parte di calce idraulica naturale NHL 2 e 1 parte di carbonato di calcio (granulometria 0,02-0,06 mm); la miscela è stata diluita con percentuali del 5-10% di resina acrilica (con funzione di colloide protettore ovverosia tenderà a trattenere l acqua così da non far bruciare prematuramente la miscela iniettata) ed additivata con gluconato di sodio (con funzione di fluidificante); nei casi di distacchi consistenti, con una parte di cocciopesto vagliato e lavato o in alternativa pozzolana (granulometria massima 0,5 mm). Per distacchi di lieve entità, fra strato e strato, con soluzioni di continuità dell ordine di 0,5 mm, non essendo possibile iniettare miscele idrauliche abbiamo eseguito una micro-iniezione di 1 parte di resina acrilica in emulsione acquosa in concentrazione variabile (comunque compresa tra l 8% e il 10%), caricata con 0,5-1 parte di carbonato di calcio (granulometria tra 0,02 mm e 0,06 mm) per rendere il composto più granuloso e facilitare l aggrappaggio dello stesso al supporto da consolidare. Previa umidificazione del foro e della zona circostante con acqua pulita, sono state eseguite le iniezioni con una normale siringa di plastica (da 10 cc o 60 cc) procedendo attraverso i fori posti nella parte più bassa, per poi avanzare, una volta che la miscela sarà fuoriuscita dai fori limitrofi, verso quelli situati in alto (questo per evitare sia che squilibri di peso possano alterare l eventuale precario equilibrio della struttura sia per favorire la distribuzione uniforme del consolidante); nel caso in cui la miscela non dovesse penetrare in profondità si

è passati al foro successivo. Ad infiltrazione del formulato avvenuta, passati circa 30-35 minuti, abbiamo eseguito il consolidamento di un altra area di distacco. Le miscele sono state iniettate a bassa pressione poiché le tensioni prodotte dal fluido sotto pressione, alterando l equilibrio del manufatto, potrebbero causare pericolosi fenomeni di precarietà statica.. RICOSTRUZIONE INTONACO Previa un attenta valutazione del reale stato conservativo del supporto, il rappezzo d intonaco ormai decoeso e non recuperabile, circa il 2% dell intera superficie, è stato curato in modo da relazionarsi sia all intonaco ancora presente sulla superficie sia alla natura della muratura garantendo, per entrambi, un efficace adesione, l affinità fisico/chimica e meccanica. Il rappezzo è stato realizzato con un intonaco compatibile con il supporto e similare a quello esistente per spessore (numero di strati), composizione e traspirabilità; i coefficienti di dilatazione termica e di resistenza meccanica dovranno essere similari a quelli dei materiali esistenti così da poter garantire lo stesso comportamento alle diverse sollecitazioni ( vapore, umidità ecc.). La formulazione della malta per realizzare il nuovo intonaco presenta le caratteristiche tecnologiche dell intonaco rimasto sulla superficie ovvero, dall analisi e dalle diagnosi eseguite si sono dedotte le varie stratificazioni, i diversi componenti e in che modo siano stati combinati tra loro: rapporto aggregato-legante, granulometria inerte e il tipo di legante. Prima di procedere con il rappezzo la superficie è stata accuratamente preparata ; la muratura interessata dall intervento era sufficientemente asciutta (esente da fenomeni d umidità), e pulita (priva di sali e/o patine) in modo da consentire la totale aderenza della nuova malta al supporto, Al fine di garantire la corretta realizzazione dell impasto sono stati presi degli accorgimenti sul modo di dosare e amalgamare i diversi componenti. La preparazione della malta, è avvenuta in cantiere, in contenitori puliti privi di residui di sostanze che potrebbero alterare la natura dell impasto, avendo cura di dosare sapientemente la quantità d acqua ( l impasto con circa 2/3 della quantità d acqua necessaria aggiungendo, durante le fasi di lavorazione, la parte rimanente) onde evitare la formazione di impasti o troppo fluidi o poco lavorabili; lo scopo è stato quello di ottenere una consistenza tale da garantire la capacità di adesione fino all avvenuta presa sul supporto (la malta dovrà scivolare dalla cazzuola senza lasciare traccia di calce sulla lama); il dosaggio degli ingredienti è stato fatto fatto con estrema cura e precisione evitando, dove è possibile, metodi di misurazione troppo approssimativi in modo da riuscire ad ottenere formulati aventi le caratteristiche indicate evidenziate dalle diagnosi qualitative. Particolare attenzione è stata fatta nella messa in opera in prossimità delle zone d unione tra le due superfici, poiché la loro corretta esecuzione potrà evitare l insorgenza di punti di discontinuità, a tale riguardo abbiamo rifinito i lembi con spatolini da stuccatore in modo da garantire una maggiore precisione nella rifinitura. L applicazione del nuovo intonaco è stata eseguita con i valori della temperatura esterna tra i 10 C e i 30 C;

RIADESIONE DI STUCCHI, MODANATURE,CORNICI La procedura si è posta lo scopo di consolidare le modanature (ad es. cornice marcapiano, profilo di archi ecc.) e di finti elementi architettonici presenti sull apparecchio murario. Operazioni preliminari La procedura operativa eseguita attraverso la previa accurata asportazione sia di materiale incoerente (polveri e detriti) sia d eventuali materiali d alterazione (croste nere, pellicole, efflorescenze saline ecc.) un eventuale regolarizzazione dei bordi della lacuna e l asportazione delle parti disancorate o fortemente degradate al fine di produrre una superficie che faciliti il successivo ancoraggio dei materiali aggiuntivi. Malta da ripristino La riadesione è stata eseguita con un impasto a base di calce idraulica, grassello di calce, con l eventuale aggiunta di resine acriliche (al fine di migliorare l adesività della malta) e cariche di inerti selezionati di granulometria compatibile con il materiale da integrare (ad es. 1 parte grassello di calce; 3 parti calce idraulica naturale NHL 2; 10 parti di sabbia lavata e vagliata; 0,4 parti resina acrilica in emulsione; rapporto legante-inerte 1:2,5). La tipologia d impasto è stata additivata con pigmenti minerali al fine di avvicinarsi maggiormente come grana e colore al materiale originario (per maggiori specifiche sulla composizione di malta da stuccatura si rimanda alle diagnosi). MALTE DI CALCE PER INTEGRAZIONI In linea generale le malte utilizzate per le procedure di restauro sono state confezionate in maniera analoga a quelle esistenti, per questo motivo è stato necessario ricondurci alle analisi fisico-chimiche, quantitative e qualitative sulle malte esistenti, in modo da calibrare in maniera ideale le composizioni dei nuovi agglomerati. gli impasti impiegati nelle operazioni di restauro possiedono le seguenti caratteristiche: un ottima compatibilità chimico-fisica sia con il supporto sia con le parti limitrofe. La compatibilità si manifesterà attraverso il coefficiente di dilatazione, la resistenza meccanica e lo stato fisico dell impasto (granulometria inerte, tipologia di legante ecc.); una resistenza minore degli elementi da collegare così da evitare un eventuale disomogeneità che potrebbe essere la causa di fessurazioni nelle strutture; avere una consistenza tale da favorire l applicazione; aderenza alla struttura muraria senza produrre effetto di slump e legarsi opportunamente a questa durante la presa; sufficientemente resistente per far fronte all erosione, agli inconvenienti di origine meccanica e agli agenti degradanti in genere; contenere il più possibile il rischio di cavillature (dovrà essere evitato l utilizzo di malte troppo grasse); opporsi al passaggio dell acqua, non realizzando un rivestimento di sbarramento completamente impermeabile, ma garantendo al supporto murario la necessaria traspirazione dall interno all esterno; presentano un aspetto superficiale uniforme in relazione alle tecniche di posa utilizzate.

L acqua L acqua impiegata per l impasto con leganti idraulici od aerei (UNI EN 1008) è stata dolce e limpida con un ph neutro (compreso tra 6 ed 8), con una torbidezza non superiore al 2%, priva di sostanze organiche o grassi, e esente da sali (particolarmente solfati, cloruri e nitrati in concentrazione superiore allo 0,5%) in percentuali dannose e non essere aggressiva per l impasto risultante. Ovviamente si è proceduto a trattarla per ottenere il grado di purezza richiesto per l intervento da eseguire. GENERALITÀ ED ESECUZIONE DI PROVE DI PULITURA Prima di eseguire le operazioni di pulitura è stato opportuno attenersi a delle specifiche procedure al fine di salvaguardare l integrità del materiale e, allo stesso tempo, prepararlo in modo da garantire l efficacia, più o meno incisiva, dell intervento. Le operazioni preliminari comprendono: analisi puntuale e dettagliata della consistenza dei materiali da pulire al fine di avere un quadro esplicativo relativo alla loro natura, compattezza ed inerzia chimica; analisi dei prodotti di reazione, così da poter identificare la loro effettiva consistenza, la natura e la reattività chimica; preconsolidamento esecuzione delle prove prescelte su campioni di materiale; analisi dei risultati ottenuti sulla superficie campione prima di estendere le operazioni di pulitura a tutta la superficie. Lo scopo che ogni operazione di pulitura, indipendentemente dal sistema prescelto, deve prefiggersi è quello di asportare dalla superficie ogni tipo di deposito incoerente, in particolar modo quelli che possono proseguire il deterioramento del materiale. La facilità o difficoltà dell asportazione e, di conseguenza, il ricorso a metodologie più o meno aggressive, dipende strettamente dalla natura del deposito stesso: depositi incoerenti (particellato atmosferico terroso o carbonioso) che non risultano coesi con il materiale o derivati da reazione chimica, depositati per gravità, o perché veicolati dalle acque meteoriche o di risalita (efflorescenze saline); depositi incoerenti (particelle atmosferiche penetrate in profondità, sali veicolati dall acqua di dilavamento ecc.) che tendono a solidarizzarsi alla superficie del materiale tramite un legame meccanico, non intaccando, però, la natura chimica del materiale; strato superficiale derivato dalla combinazione chimica delle sostanze esterne (volatili o solide) con il materiale di finitura; i prodotti di reazione che ne derivano sono, ad esempio, le croste (prodotti gessosi) e la ruggine (ossidi di ferro). La rimozione dei depositi incoerenti presenti sul materiale che, a differenza delle croste, non intaccano la natura chimica del materiale, è stata eseguita ricorrendo a dei sistemi meccanici semplici, facili da applicare come ad esempio: stracci, spazzole di saggina, scope, aspiratori ecc. integrati, dove il caso specifico lo richiede, da bisturi, piccole spatole e lavaggi con acqua; nel caso in cui si dovevano asportare depositi solidarizzati con il materiale, è stato conveniente ricorrere a dei cicli di pulitura più consistenti ma sempre conservative e rispettose del supporto. Abbiamo utilizzato per rimuovere vecchie pitture sovrammesse il sistema a vortice elicoidale Jos a bassa pressione(0,2-0,5 bar) a secco con inerte neutro con durezza Mohs 2,5.

PULITURA MEDIANTE APPARECCHI AEROABRASIVI (SISTEMA JOS E ROTEC) DI SUPPORTI LAPIDEI La pulitura meccanica di superfici lapidee, comprende una serie di strumenti specifici il cui impiego è in stretta relazione al grado di persistenza delle sostanze patogene che si dovranno asportare. Prima di procedere ad illustrare la gamma di utensili disponibili e le relative tecniche, è opportuno precisare che la riuscita delle operazioni di pulitura meccanica, sarà strettamente connessa all abilità ed alla sensibilità dell operatore che dovrà prestare particolare attenzione a non arrecare danni irreversibili al materiale (incisioni o segni). La pulitura meccanica ha consentito la rimozione di scialbature, depositi ed incrostazioni più o meno aderenti alla superficie; a tal fine si è proceduto preliminarmente con strumenti di vario tipo partendo dai più semplici come: spazzole di saggina o di nylon, bisturi, sino ad arrivare ad utilizzare il procedimento Jos.. La procedura operativa ha seguito le seguenti fasi: esecuzione di prove preliminari di pulitura al fine di determinare il livello della rimozione dei prodotti di deposito e di alterazione, senza danneggiare il supporto, la sua finitura superficiale nonché il materiale di cui è costituito: tali prove serviranno, inoltre, per avere un campione di riferimento e di controllo durante le fasi successive di lavoro.. La pulitura mediante apparecchi aero-abrasivi è stata successivamente impiegata al fine di rimuovere dalle superfici lapidee particellato atmosferico, vecchie pitture sovrammesse, incrostazioni calcaree, croste nere, graffiti, alghe, muschi e licheni. Un metodo di pulitura aero-abrasiva è il sistema Jos che, sfruttando una spirale di tipo elicoidale a bassissima pressione (0,1 0,5 bar) consentirà di operare interventi di pulitura, sia a secco (utilizzando aria e inerti di varia granulometria) che ad umido (impiegando aria, inerti e bassi quantitativi di acqua atomizzata max 5 l/h in base al tipo di ugello utilizzato e allo sporco da rimuovere). Questo sistema è stato utilizzato per la scialbatura di parziali strati di coloriture successive non originali.. La scelta degli inerti vè stata fatta in base al tipo ed alla consistenza della sostanza patogena da asportare, in ogni caso si tratterà sempre di sostanze neutre non tossiche con granulometria di pochi micron (da 5 a 300 µm) e con durezza che potrà variare da 1-3 Mohs utilizzate, talvolta, con spigoli arrotondati, così che si possano ovviare a fenomeni di microfratture, forti abrasioni o modificazioni delle alterazioni del materiale lapideo. Tra gli inerti più adatti al caso : il carbonato di calcio, bianco di Spagna, gusci di noce, noccioli, polvere, granturco macinato, pula di riso. Si procederà con la proiezione a vortice elicoidale degli inerti che colpiranno la superficie seguendo più angoli d incidenza secondo direzioni sub-tangenziali. La distanza che dovrà intercorrere tra l elemento di immissione (ugello) e il materiale varierà normalmente tra i 35 cm e i 45 cm. Il sistema Jos eviterà l insorgenza di un azione abrasiva sul materiale, poiché la pressione dell aria compressa diminuirà approssimativamente in proporzione al quadrato della distanza dall ugello, mentre la rotazione rimarrà inalterata. Per superfici molto deteriorate, è stato usato il sistema Jos a secco applicato ad una distanza dal supporto di circa 40-45 cm con una pressione di impatto non superiore all 0,2 bar; Nella pulitura esterna del manufatto( materiale ceppo lombardo utilizzato per le zoccolature ed il rivestimento esterno della stazione)è stato scelto il carbonato di calcio come inerte (in grani da 160 µm di diametro emessi da una distanza di circa 30-40 cm con pressione dell impianto pari a 2 bar in modo che l impatto sulla pietra sia pari a 0,4-0,5 bar).

Il sistema Jos è stato utilizzato a umido per la pulitura del ceppo lombardo, così da evitare l insorgenza di fenomeni di degrado legati all infiltrazione in profondità dell acqua. Per la pulitura abbiamo avuto l accortezza di utilizzare acqua deionizzata. In ogni caso il consumo di acqua è stato di circa 1 litro l ora in relazione e l ugello utilizzato è stato lo Jos piccolo con una pressione di impatto non superiore a 0,5 bar, questo ci ha permesso l eliminazione di vecchie scialba ture acriliche e vecchie pittura,lasciando inalterata la patina di invecchiamento della pietra. Fase di pulitura jos TINTEGGIATURA ALLA CALCE (SCIALBATURA) I vantaggi di una tintura alla calce risiedono nell alta compatibilità con i materiali del supporto, nel rispetto dei colori e dei toni cromatici dell edificio storico e nella sanificazione dell ambiente con conseguente prevenzione di muffe grazie alla naturale basicità e all elevato tasso di traspirabilità inquinanti dell aria. La procedura prevede che il grassello di calce, stagionato almeno 24 mesi (o calce idrata in fiore) venga stemperato in una quantità d acqua necessaria al fine di ottenere un composto sufficientemente denso (rapporto grassello acqua 1:2); dovrà essere lasciato riposare da un minimo di 6-8 ore ad un massimo di 48 ore. A stagionatura avvenuta il composto sarà passato al setaccio (con vaglio a 900 maglie/cm 2 ) allo scopo di eliminare le impurità presenti nell impa-sto (parti insolubili o corpi estranei). L acqua utilizzata per l impasto dovrà essere esente da impurità di carattere organico (acidi, sali e alcali) causa di non compattezza delle tinte, alterazioni dei colori e macchie. La coloritura dell im-pasto si otterrà tramite l aggiunta di pigmenti minerali (massimo 10% in volume rispetto al latte di calce) e terre naturali o artificiali (massimo 25-30% in volume, superando queste dosi potrebbe essere necessario integrare il potere del legante con additivi di varia natura: generalmente resine acriliche). I pigmenti prima di essere amalgamati al latte di calce, al fine di poter ottenere la dispersione omogenea dei colori, dovranno essere stati immersi in una quantità d acqua pari al doppio del loro volume, lasciati riposare per alcune ore e passati al setaccio (in modo da trattenere i grumi più grossi). La tinteggiatura alla calce, perde tono nei primi mesi dopo l applicazione, pertanto è stato opportuno amplificare leggermente il dosaggio di pigmento al fine di ottenere, a distanza di tempo, la coloritura desiderata.

La tinteggiatura a calce è stata impiegata come integrazione pittorica,a questo riguardo abbiamo aggiunto al composto utilizzato per la stesura della seconda mano, un additivo (legante) emulsione acrilica al 2-3% Primal) allo scopo di migliorare le caratteristiche fisiche. L intervento sul colore è complesso. Difficile è ritrovare la policromia originale: per ristabilire l unità cromatica dell edificio va applicata a spruzzo una velatura (non coprente) il tono originale ricercato, sotto ai cornicioni e agli aggetti o in laboratorio su campioni con sezione stratigrafica (ripresa del colore). Questa velatura creerà l effetto di una superficie leggermente consunta, ma con l indicazione di quello che era il colore originale. Laddove debba essere applicato su parti nuove di intonaco,è stato applicato a fresco a spruzzo e a pennello. Per quanto l industria fornisca una vasta gamma di prodotti, abbiamo preferito di intervenire con i mezzi tradizionali. Una buona miscela è stata, pigmento diluito in acqua + pochissimo latte di calce + 10%di Primal.. Qualunque altra soluzione pigmentata che formi pellicola di colore è da escludere in quanto non compatibile con lo strato di finitura dell intonaco che verrebbe in breve a staccarsi insieme alla pellicola stessa Preparazione scialbo parete scialbata PROTEZIONI Premessa metodologica Gli interventi di protezione devono assolvere principalmente il ruolo di salva-guardare il materiale dall aggressione degli agenti naturali esterni (infiltrazioni d acqua, depositi superficiali di sostanze nocive ecc.) e/o di natura antropica, ricorrendo all uso di tecniche consone ad ogni caso specifico. Eseguite generalmente a compimento dell intervento conservativo, le protezioni possono essere concepite sia come veri e propri presidi (schermi, tettoie, barriere ecc.) inseriti con l intento di ostacolare l innescarsi di patologie degenerative, pro-teggendo il manufatto in modo da ovviare direttamente alle cause di degrado, sia come applicazioni superficiali di materiali sacrificali, compatibili con la preesistenza, deteriorabili nel tempo. Lo scopo di entrambe le risoluzioni è quello di difendere i materiali da diversi fattori, in molti casi concomitanti, come l attacco fisico-chimico operato dagli agenti atmosferici e dalle sostanze nocive veicolate da questi, dalle azioni di organismi vegetali e animali, dai raggi ultravioletti, aerosol marini ecc.

Fondamentalmente lo scopo principale richiesto alle operazioni di protezione è quello di impedire il passaggio dell acqua all interno del materiale e, allo stesso tempo, ostacolare l aggressione degli inquinanti atmosferici; per fronteggiare entrambi i fattori i prodotti utilizzati devono presentare i requisiti di idrorepellenza, reversibilità, traspirabilità, assenza di sottoprodotti dannosi e stabilità alle radiazioni UV L idrorepellenza è determinante al fine di evitare i degradi connessi alla penetrazione dell acqua come i fenomeni ciclici di gelo e disge-lo, la cristallizzazione dei sali solubili (efflorescenze saline, sub-efflorescenze ecc.) e la veicolazione di sostanze nocive; la reversibilità deve essere concepita come la possibilità di poter rimuovere il prodotto (applicato superficialmente) in caso si dovessero verificare, nel tempo, indesiderati e nocivi effetti collaterali ( effetto bagnato ovvero un alterazione cromatica dell aspetto originale); la traspirabilità è altrettanto incisiva per la riuscita dell operazione, poiché il protettivo applicato non deve ostacolare il passaggio del vapore acqueo presente nei muri ma deve consentirne il regolare deflusso, così da mantenere costanti i valori igrometrici delle strutture evitando pericolosi ristagni interni d acqua. I prodotti adatti ad assolvere queste funzioni devono presentare, necessariamente, una buona compatibilità materica con il supporto così da avere comportamenti fisico-chimici similari mentre, per quanto concerne l impatto visivo, le protezioni utilizzata è stata scelta e concepita sia come apporto totalmente trasparente e neutra tali da consentire la totale leggibilità del supporto (sostanze principalmente di natura organica ) sia, come degli strati la cui funzione di protezione, (scialbature, velature, ecc.)preservino nel tempo l opera dalle aggressioni dannose. Le superfici lapidee esterne sono state trattate con Surfashield C in nanamolecole Tio2 a base acquosa, atto a formare una barriera superficiale trasparente ed idrofila capace di impedire o limitare considerevolmente il contatto con sostanze patogene esterne, ma al contempo di non eliminare la traspirabilità e la permeabilità al vapore acqueo. Generalmente le protezioni hanno una durata limitata nel tempo; risultano efficaci per un periodo che va al massimo dai 5 ai 7 anni dopodiché vengono a mancare le caratteristiche di idrofilia- idrorepellenza, per questo si rende necessario la messa in opera, di un nuovo intervento protettivo. Per questo motivo, l applicazione programmata nel tempo dei cicli protettivi deve essere inserita nei programmi di manutenzione periodica. L intervento sul colore è di natura complessa. Grazie alle stratigrafie abbiamo potuto ritrovare la policromia originale: per ristabilire l unità cromatica dell edificio interno ed esterno abbiamo applicato a spruzzo una velatura delicata (non coprente) il tono originale ricercato, sotto ai cornicioni e agli aggetti,alle pareti (ripresa del colore). Questa velatura ha creato l effetto di una superficie leggermente uniforme, ma con l indicazione di quello che era il colore originale. Su parti nuove di intonaco, è stata applicata a fresco a spruzzo e a pennello. Il restauro del cornicione è stata l ultima operazione eseguita,per la quale dopo accurata scopertura dei ferri di armatura e loro passivazione, è stato necessario formulare miscele di intonaco e di malte nonché rasante che presentassero caratteristiche compositive, tecnico-prestazionali e granulometriche il più possibile simili a quella dei materiali originali: l impiego dei prodotti specifici per il trattamento conservativo della struttura. Si tratta di una prassi che assicura la massima compatibilità fra il supporto esistente e i prodotti di nuova applicazione, che conferisce protezione e durabilità al manufatto e alle opere realizzate.

Cornicione prima del restauro Cornicione dopo in restauro Le conoscenze acquisite durante le indagini, l esperienza e la perizia di tecnici e maestranze e la qualità dei materiali hanno restituito il risultato che, oggi, è sotto gli occhi di tutti. Concludendo il restauro dell ex stazione di Bullona è stato eseguito seguendo l approccio del RESTAURO CRITICO. È un approccio metodologico al restauro formulato da Cesare Brandi, storico dell arte e direttore, per un lungo periodo, dell Istituto Centrale del Restauro (oggi Istituto superiore per il restauro e la conservazione). Il restauro critico propone il progetto di restauro come una lettura del monumento, da conservare nella sua stratificazione storica, tra immagine e materia, nella forma in cui ci è pervenuto. Questo è l'approccio che si avvicina di più a quanto definito nella normativa, poiché l'intervento tende a conservare il massimo di informazioni contenute nel bene, operando però una scelta per identificare i valori. DIRETTORE TECNICO Salvatore Del Brocco